Noi, ai tempi del coronavirus… [La riflessione]

“Noi ai tempi del coronavirus”, noi all’epoca dell’informazione flash, delle notizie che viaggiano a livello globale ed in tempo reale, noi che eravamo abituati a credere di avere ‘Il Tutto’ sotto il nostro controllo e sicuri di poter monitorare con un click la vita degli altri, fino a quando solo poche settimane fa all’improvviso è arrivato “Lo Tsumani” della Sanità, il Covid-19. Il coronavirus che fino al 12 gennaio era conosciuto solo agli addetti ai lavori, insieme alla parola “Covid-19” dal 23 al 29 febbraio 2020 sono state fra le parole più cliccate su Google.

All’improvviso la nostra visione antropocentrica viene messa in discussione da un nemico infinitamente piccolo, ma infinitamente grande, tanto che sta tenendo banco in tutto il mondo.

È stato definito “Il Cigno nero” un evento inaspettato che ha cancellato “con un battito d’ali” certezze che avevamo, nel giro di un paio di settimane la nostra vita, le nostre abitudini sono state cambiate da un nemico inaspettato.

Questo è un momento storico difficile, surreale, strano e delicato, il governo italiano chiede agli italiani di essere responsabili del proprio destino e delle persone che ci circondano, ma difficile da accettare per molti, di voler essere accentrati da qualcosa che sembrava fino a poco tempo fa debellato, all’improvviso la nostra presunzione sembra incredibilmente messa in discussione.




Associazioni matrioska, come fermarle e come stanarle – 2° video puntata

di Cristiana Zarneri

Associazioni matrioska, come fermarle e come stanarle – 2 video puntata




L’Italia dell’onnipresente sor Conte tra coronavirus, processo a Salvini e… nobel per la pace a Carola Rackete?

Il ‘Ce lo chiede l’Europa’ è una frase che ricordiamo bene. Quando si è trattato di stravolgere alcune delle nostre più radicate tradizioni alimentari, e quando ci sono stati imposti limiti e misure varie per qualsiasi cosa, – IMPOSTE, non PROPOSTE!!! – la chiosa era sempre quella: ‘Ce lo chiede l’Europa’. Per cui lentamente ci siamo accorti d’aver infilato la testa in un cappio ‘sovranazionale’, che ci stava strangolando e che ben presto avrebbe avuto una influenza nefasta sul nostro destino, imponendoci sacrifici economici, importazioni che avrebbero distrutto il mercato interno – in parte, a finire l’opera ci ha pensato Monti, per sua stessa ammissione, tirandoci ‘fuori dal baratro’: o spingendoci, in seguito a disposizioni europee?

Delle centinaia di suicidi di quel periodo solo pochi hanno avuto l’onore delle cronache, in virtù di ben precise disposizioni

Se in Italia fosse stato proposto un referendum, come in altre nazioni, che dall’UE sono rimaste fuori, certamente non saremmo entrati nell’Unione Europea. Specialmente se ci avessero spiegato per filo e per segno che cosa avrebbe significato per la nostra sovranità nazionale. Tutto è stato fatto alla chetichella, approfittando del fatto che le notizie diffuse dai vari Tiggì davano sempre il ritratto di un’Italia gaudente e dedita piuttosto ai week-end e ai ponti da trascorrere fuori porta, con ‘dieci milioni di veicoli’ sulle strade. Come facessero a contarli prima della partenza, è una domanda a cui forse potrà rispondere un erede di Nostradamus. Tutto è andato avanti subdolamente e silenziosamente, fino a quello che i ‘nostri’ uomini politici autori dell’operazione (legati in qualche modo a questa sovranazionalità, ma non alla nostra nazione) hanno chiamato ‘il punto di non ritorno’. Con una lira stracciata a livello di circa 2000 lire per un euro, mentre in Germania un euro fu scambiato con un marco, circa 800 lire.

Avendo sul collo, novella spada di Damocle, un organismo sovranazionale, che condiziona la vita di tutti gli Italiani, è consequenziale che qualcuno, più affezionato alla nostra Patria – termine desueto e che oggi viene tacciato di ‘fascismo’, mentre c’è gente che per la Patria c’è morta, ma che è rimasta nei libri, negletti, di storia – non sopporti che un estraneo venga a comandare in casa nostra senza chiedere permesso, specialmente se questo personaggio – o personaggi – è amico delle lobby che fanno capo all’UE.

Oggi l’Europa ci chiede di processare Salvini, riesumando anche la questione Open Arms già archiviata, tanto per dare un peso ulteriore ad una accusa assurda e strumentale

Si dice che il bugiardo deve avere buona memoria. Non vogliamo tacciare il premier Conte di mendacio, ma ognuno di noi ricorda le frasi lapidarie pronunciate dal nostro in più occasioni. Ad esempio: “Ho sempre fatto l’avvocato, da domani sarò l’avvocato del popolo”. Frase populista, a quanto pare. Ma oggi il premier Conte non ama più i populismi, e di conseguenza il popolo; e di conseguenza, la sua difesa. “La mia esperienza di governo inizia e finisce qui. Non voglio vivacchiare, o c’è una maggioranza, oppure… “Le parole esatte non sono importanti: importante è l’intenzione di ‘mollare’ ove non ci fosse più la possibilità di governare a vele spiegate, quello che si è realizzato oggi con un governo litigioso, logorroico, fanfarone, verboso, parolaio, inconcludente, e un premier presenzialista, che si presenta in TV al posto del ministro della Salute a spiegare i provvedimenti adottati per contrastare la diffusione del Coronavirus: come farebbe un presidente eletto dal popolo, in una repubblica presidenziale.

L’uomo forte al potere è Conte, nonostante lui stesso ne condanni la figura negli altri. Un’altra delle dichiarazioni del nostro, è stata: “Non faccio questo governo contro qualcuno, ma per qualcuno”, intendendo che non avrebbe sfruttato l’infelice esperienza del governo giallo-verde per puntellare il rosso-giallo. I fatti gli danno torto. Non c’è un giorno in cui non si nomini Salvini come la bestia nera della nostra Repubblica, il pericolo incombente, il neofascioleghista autoritario, il sequestratore di ‘poveri’ migranti bisognosi, l’uomo da uccidere, per qualcuno, con una “7,57 magnum già pronta” per lui.

L’opera di delegittimazione è quotidiana, e purtroppo la maggioranza dei media vi si presta disciplinatamente

Del MES, il fondo salvastati, che ci costerà qualche centinaio di miliardi, pur non potendone noi stessi usufruire per regolamento. Un fondo salvastati firmato da Conte e Gualtieri senza il consenso del nostro parlamento, dove invece avrebbero dovuto discutere la proposta. Una decisione, se ce ne fosse ancora bisogno, che si configura nella figura dell’uomo solo al comando, prono alle disposizioni dell’UE, in pratica un Macron bis. Oggi, nonostante le assicurazioni dei due ‘birichini’, l’adesione non è più negoziabile.

Ora c’è in ballo il processo a Salvini, per le questioni Diciotti e Open Arms

Riesumata anche l’eroina dei salvataggi, Carola Rackete a cui manca poco che attribuiscano il Nobel per la pace. Pur avendo essa stessa, con la sua nave, contravvenuto a precise disposizioni di legge vigenti in quel momento in modo regolare e legittimo nella nostra nazione, e messa in pericolo, con le sue manovre, una nave militare italiana. Davvero ci facciamo sputare in faccia da chiunque. Salvini sarà processato, e sappiamo già come andrà a finire. In Italia la magistratura è divisa in correnti. E non è necessario andare oltre. Tutti negheranno l’uso politico della magistratura, ma la realtà è che esiste una corrente che si rifà alla sinistra italiana. Oggi Conte è uno dei nemici più aspri di Salvini, che lui adopera come punto d’appoggio per la leva della sua politica. Criticare Salvini oggi ricorda tanto quella pubblicità che diceva ‘Ti piace vincere facile’. Tanto che perfino degli studenti come le Sardine – chi c’è dietro? Renzi? D’Alema? – si sono scatenati contro il capo della Lega, senza per questo andar più oltre; senza un’idea, un movimento, un disegno politico. Soltanto ‘contro’: assolutamente idiota. Come le loro espressioni vacue e i loro vuoti discorsi.

Siamo in un regime? Potremmo anche concludere in maniera affermativa. Di certo c’è che chiunque abbia, anche velatamente un’idea di sovranità nazionale viene tacciato d’esser poco meno d’un delinquente. Perfino Papa Bergoglio supporta, con il peso della chiesa cattolica, l’azione contro ‘I nuovi populismi’, che, secondo lui, ricordano quelli del nazifascismo. Spettro sempre valido da agitare davanti alle coscienze, specialmente se lo dice il Papa. Democrazia, dove sei? In Italia, in sessanta, più o meno, milioni di abitanti, esiste una cospicua parte di persone che vorrebbero una politica più orientata verso un sentimento di coesione nazionale, senza per questo sconfinare nel nazionalismo: il che ci farebbe chiamare nazisti anche i nostri personaggi del Risorgimento, quelli che l’Italia l’hanno fatta. Anche se per la maggior parte gli Italiani sono ancora da fare, come voleva Nino Bixio. Una quota di persone che va considerata e che non va criminalizzata e privata del proprio diritto di manifestare le proprie idee, conculcate dagli interventi anche del capo della chiesa cattolica.

Gli sbarchi sono una illegittimità. Una cosa è soccorrere in mare chi ne ha bisogno – anche se queste persone sono state messe apposta in condizioni di pericolo – e un’altra è farli sbarcare in una nazione sovrana (ah, già, non siamo più Italia, siamo una provincia d’Europa!) contro ogni legge sull’immigrazione. Stiamo attenti: se il Coronavirus dovesse esplodere in Africa, sarebbe suicida fare sbarcare ancora gli africani nei nostri porti. Nessuno li vorrebbe, delle altre nazioni europee, e in quel caso torneremmo ad essere non più parte dell’Europa, ma soltanto Italia.




Associazioni matrioska, come fermarle e come stanarle – 1° video puntata

di Cristiana Zarneri

Associazioni matrioska, come fermarle e come stanarle – 1 video puntata




Governo Conte bis… che pende che pende e mai non vien giù

Nella celeberrima piazza del Duomo di Pisa, domina il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta universalmente conosciuta come la Torre di Pisa. Questo famoso monumento, fu costruito nell’arco di due secoli, tra il XII ed il XIV secolo. E già nelle prime fasi della costruzione, a causa di un cedimento del terreno sottostante, si verificò un’inclinazione dell’edificio in misura 3,9° rispetto all’asse verticale. E da lì il detto la Torre di Pisa che pende che pende e mai non vien giù.

Con il trascorrere degli anni l’inclinazione si è allargata tanto che negli ultimi anni del XX secolo ci fu un concreto pericolo di crollo a causa dell’inclinazione, allora valutata in circa 4,5°. Fu subito posto rimedio con lavori di ingegneria avanzata iniziati nel 1990 e finiti nel 2001.
Fu così rispettata la saga della Torre di Pisa alla quale il governo Conte bis sembrerebbe essersi ispirato.

Nello storico palazzo di Montecitorio, che si affaccia su piazza del Parlamento, sede della Camera dei deputati della Repubblica, il 1 giugno 2018 si è insediato il governo Conte 1. Una coalizione rachitica strutturalmente ed asfittica progettualmente, formata dal M5S e dalla Lega. Già dai primi giorni dalla sua nascita dava segni di cedimento, incrinature e sfaldamenti. Coalizione nata per volontà di Palazzo dopo il risultato fallimentare del 4 marzo 2018. Questo primo governo Conte ha resistito in carica per 461 giorni e per un colpo di testa di Salvini, il 5 settembre 2019 ha dovuto buttare giù la spugna.

Invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia

Il presidente Conte non mollava l’osso, non demordeva. Morto un papa se ne fa un altro. A Montecitorio, seduti imbronciati sui banchi dell’opposizione aspettando di vedere passare il cadavere politico dell’avversario c’erano tanti che bussando alla porta del presidente Conte offrivano i loro servizi, mossi animosamente, “sempre e solamente per il bene della Patria” e così è nato il Governo Conte II.

E’ proprio vero che al peggio non c’è mai fine

All’abbuffata si sono iscritti: come capo tavola il M5S, con accanto il Pd e Leu e Renzi si era riservato l’onore di scegliere il menù. Chi si pensava di assistere al “risorgimento” dell’economia, della finanza, l’inversione della disoccupazione, la riscossa dei consumi, la ricostruzione strutturale del paese e non solo, chi ci credeva in tutto questo e magari in una riforma della giustizia, è rimasto più che deluso. L’auto eletto avvocato del popolo si è dato da fare per tagliare un suo spazio a Bruxelles, sapendo inchinarsi, baciare le mani alla Merkel e ad Ursola von der Leyen ma in casa propria si è distinta solamente la sua politica “vade retro Matteo” e così facendo ha generato l’ennesimo “governo in bilico”.

Renzi a Bonafede… che Conte ascolta: “Fermati finché sei in tempo”

Il pomo della discordia, questa volta è il lodo Prescrizione. Dall’assemblea di Italia Viva, a Roma, Renzi ha lanciato il suo ultimatum, logoro e demodé, senza averne uno migliore: “Il 27 parte la campagna sulla giustizia giusta e lanceremo questa battaglia con un impegno molto chiaro che assumo: se qualcuno pensa che in nome del mantenimento dello status quo del governo, noi domani mattina veniamo meno ai principi di civiltà giuridica, si sbaglia clamorosamente”.

Tra liti e malumori il travaglio del lodo Conte

I ministri di Italia Viva disertano il Cdm e Conte se la cava con l’accordo tra Pd e 5s. Non si è fatta aspettare la dichiarazione di Renzi: “Sfiducia per Bonafede”. Conte trema ed il governo è in forse.

Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio

Allo stato attuale delle cose tutto è possibile e non si può escludere nulla. Una cosa è certa però che in previsione ci sono le 431 cariche da nominare, nomine che fanno gola a tutti e ai quali, si può stare certi, nessun Renzi, Pd o M5s saranno pronti a rinunciare. Poi all’orizzonte c’è sempre la nomina del futuro Presidente della Repubblica, che, sempre per il “bene del paese”, tutti vogliono partecipare attivamente. La conclusione non può essere che una, cioè la restaurazione del vecchio e questo sarebbe come cadere dalla padella alla brace perché come c’è scritto in Marco 2:21-28 : “ il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore.”

Ma i signori politici riusciranno a capirlo?




A.A.A. cercasi Parrocchia dove si celebra messa senza strimpellatori di chitarra & affini

Oggi non si parla che delle crisi. Domina la crisi economica, quella finanziaria e quella occupazionale, però quella demografica non è da meno. Ultimamente hanno inserito nel paniere delle crisi, anche quella “green”. E al di là del biondo Tevere qualcuno fa cenno ad una crisi di fede.

In questa dissertazione si vuole parlare, anzitutto, del decadimento indotto della liturgia domenicale e si può tranquillamente asserire, sia concausa della mancata partecipazione di tanti fedeli a quella che dovrebbe essere “una sacra liturgia Eucaristica”. Si legge in “Vivere il silenzio nella liturgia” di Pascal Destheux, licenza in teologia all’Università di Friburgo, attualmente vicario episcopale del cantone di Ginevra: “Nel contesto liturgico, il silenzio è quel luogo dell’anima dove ognuno resta solo col suo Signore. Il silenzio liturgico rinvia immancabilmente a quell’interiorità, mia, ma più grande di me, Dio mi invita. Il silenzio liturgico è dunque come un incrocio spirituale”.

Come fa, il malcapitato fedele, che vuole partecipare alla S. Messa domenicale o festiva, a riconciliare la sua anima, rimanendo solo con il suo Signore e contemporaneamente estraniarsi dagli strimpellatori di chitarre da spiaggia con il loro, dum- tram -trim , l’alleluja rock e dello shalom- shalom pop?

Che sia ben chiaro, qui nessuno ha niente contro la chitarra, al contrario, piace molto la musica per chitarra, in particolare quella di Francisco Tarrega, la Granada di Albéniz, specialmente se suonate dal maestro Andres Segovia. Non dispiace ascoltare il Concierto de Aranjuez suonato da Joaquin Rodrigo. Si ascolta ben volentieri Los Indios Tabajaras quando suonano El Condor Pasa oppure Le Foglie Morte o Maria La O. Ciò nonostante non si può mai accettare che siano suonate durante la liturgia Eucaristica.

“La S. Messa è memoriale nel senso che rende presente ed efficace sull’altare, in modo incruento, il sacrificio che Cristo, in modo cruento, ha offerto al Padre sul Calvario per la salvezza di tutti gli uomini.” Così insegna la dottrina!

Come si può suonare la chitarra , ballare il tuca tuca e battere le mani quando si commemora un sacrificio cruento? Perché tanta resistenza al canto gregoriano, la polifonia sacra e altra musica spirituale che invita al raccoglimento anziché alla distrazione?

Con l’avvento del Concilio Vaticano II, al tramonto di giovedì 29 giugno 1972, durante la celebrazione della messa , solennità dei SS. Pietro e Paolo, alla presenza di una moltitudine di fedeli, Paolo VI, ora santo, profetizzava: “da qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio”. Mai parole furono così profetiche!

Solamente, la profezia di Paolo VI difetta in un particolare. In effetti non c’è stata una semplice fessura, no, purtroppo c’è stata una voragine. Il decadimento lo dimostrano le sfilate di moda in chiesa e le nozze simulate; il prete a Pinerolo che rifiuta di recitare il credo perché tra i fedeli nota che ci sono persone non di fede cattolica, il prete che sbanda mentre il suo vescovo gira i pollici .

Il decadimento si propaga come un virus contagioso e ne è evidenza in: “la messa per la terra” celebrata dal neo cardinale Czemy a Santa Maria In Transportina, con tanto di slogan indigenisti, immagini di donne che allattano animali e statue di idoli sull’altare davanti al Santissimo.
Storie come queste a non finire, come quella banalmente giustificata con “Il Signore accoglie tutti”, uscita dalla bocca del vescovo Delpini di Milano davanti all’esecrabile pseudo opera d’arte dell’altare della chiesa di Gallarate, composta da sculture di teste mozzate dalla Madonna della Pietà all’imperatore gay, Adriano.

Episodi esecrabili del genere si possono raccontare a iosa e tanti sfuggono al comune fedele. Non sfugge però il decadimento , a chi resiste di partecipare alla messa rock o pop o ye ye domenicale, sempreché sia dotato di spirito di sopportazione, di resistenza a quei battiti di mani, scomposti ed irriverenti da curva sud, assistendo a quelle signore pie che ancheggiano ogni volta che si intona “l’Alleluia” e il “Gloria”.

L’armonium o Organo a Canne messo a tacere , un gruppo di ragazzi e adulti , strimpellatori in erba, attaccano con il loro cacofonico trim trim, mentre tamburi e tamburelli , banjo, pifferi ed affini irrompono impetuosi sui fedeli intontiti.

Qualche fedele non resiste, si alza e lascia la chiesa. Il parroco sull’altare gongola, fiero e soddisfatto, il coro delle “pie” alza il timbro di voce e a questo punto, solamente qualche vecchio, che togliendosi l’apparecchio auricolare e ripiombando nel silenzio, può ritrovare quel luogo dell’anima per restare solo col suo Signore.

Che sia permesso chiudere questa dissertazione con una citazione estratta da un immaginaria “Petizione al Padre Nostro”, dello stesso scrivente, raccomandando vivamente a S. Pietro di non lasciarsi sorprendere dal sonno come quella volta nell’orto del Getsemani. Deve sapere, scrive l’autore, “ che in agguato ci saranno tanti strimpellatori di chitarra, soffiatori di pifferi, battitori di bongo e banjo, tutti pronti a sgattaiolare dentro non appena si presenta l’occasione. Vi raccomando”, continua lo scrittore, “ non li fate entrare perché vi rovineranno tutto.

Chi ancora crede nel silenzio, nella meditazione, nel colloquio intimo con il Santissimo durante la celebrazione dell’Eucaristia, specialmente la domenica, deve andare in giro per cercare una chiesa dove si possa pregare in pace senza distrazioni ed intrattenimenti vari.

Chi di dovere,avendo autorità e responsabilità, potrebbe richiamare i parroci facendogli fare corsi di aggiornamento, istruendo loro che la liturgia Eucaristica non è un intrattenimento domenicale a ritmo di “ disco music”.

L’augurio è che qualcuno si muova così il gregge disperso potrà ritornare all’ovile.




Iva e Fondo salva-stati: tutte bugie?

Quello che lo scorso sabato era in prima pagina su un ‘giornalone’ come ‘Il tradimento di Conte’ era prevedibile ed ampiamente previsto.

Riguarda l’aumento dell’IVA e il cosiddetto ‘Fondo salva-stati’, che prevede un versamento miliardario da parte degli Stati europei – compresa l’Italia – di una cifra pari a 700 miliardi di euro (praticamente 1.400 miliardi delle vecchie lire, un bilancio statale) ad un organismo sempre targato UE, che non si sa da chi sarà controllato e gestito, né si potrà intervenire sull’utilizzo dei denari del fondo.

E comunque i gestori del fondo godranno, per regolamento – ma chi li approva ‘sti regolamenti europei? – di una immunità totale, che non ha neanche il capo della BCE.

Roba da ex Unione Sovietica

Il nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato, in quel giorno di giugno, a Bruxelles, segretamente, anche contro il parere del suo stesso governo, all’insaputa degli Italiani, e senza che il nostro Parlamento – esautorato ancora una volta da una sinistra che strepita ogni volta che vien messa la fiducia, purchè non la mettano loro – abbia potuto minimamente discutere il provvedimento, come si fa in una sana democrazia. Il ‘coup d’etat’ di Conte è stato attuato in segreto perché evidentemente lesivo degli interessi della nostra nazione e di tutti i cittadini, gli unici che dovranno versare nelle casse dello Stato i 125 miliardi e rotti necessari, così evitando che un’opposizione legittima potesse trovare mille motivi per negoziare una tale firma – e di motivi ce ne sarebbero stati. ‘Pizzicato’ da Salvini con le mani nella marmellata, abbiamo visto il premier veramente in difficoltà, in quei giorni. Fino a che un provvidenziale Gualtieri non lo ha cavato dai guai, asserendo, e mettendoci il suo bel faccione, che il provvedimento, pur se firmato, avrebbe ancora potuto essere discusso e rivisto. Cosa che a tutti è parsa da fantascienza, e che, puntualmente s’è scoperta non essere aderente alla realtà. In soldoni, la cifra che l’Italia – per meglio dire, Giuseppe Conte – s’è impegnata a versare alle già pingui casse europee è, in totale, di 125,40 miliardi di euro, una parte dei quali, cioè 14,33 miliardi, è già stata versata. La differenza fa 111 miliardi, che Conte si è impegnato, a nome di un governo mai interpellato, di un Parlamento debitamente esautorato, e di un popolo artatamente tenuto all’oscuro, a versare entro sette giorni a semplice richiesta. Viene da chiedersi da che parte stia il nostro presidente del Consiglio. In più, pare che quel denaro servirà più che altro ad acquistare titoli tossici detenuti dalle banche tedesche. Di tutti gli Stati EU solo la Francia e la Germania versano più di noi, rispettivamente 132,70 la patria di Macron, e 190,02 la Germania, che praticamente finanzia sè stessa. Ironia della sorte, denaro che l’Italia, per regolamento, non potrà utilizzare qualora il nostro Stato avesse bisogno d’essere ‘salvato’, a causa del suo alto debito pubblico. Viene da chiedersi come sono stati fatti i conti, visto che dei 700 circa miliardi in preventivo l’Italia da sola ne versa quasi un sesto: ma le nazioni dell’UE, dopo la Brexit, non sono 27…? Rimane il fatto che una manovra come questa fa cadere, oltre che la stima verso il personaggio, anche la sua dichiarazione d’esser lui ‘L’avvocato degli Italiani’.

Se questo è l’avvocato, scusate, ma preferisco difendermi da solo

Ha un bel tuonare contro ‘l’uomo forte al governo’, il buon Giuseppi: in realtà è esattamente la parte che sta interpretando. Cioè, in pratica, l’uomo forte è lui, e questo è il ruolo che interpreta, pur criticandolo quando viene attribuito ad altri. Infatti chi, se non un ‘uomo forte’ che non deve dar conto a nessuno, sarebbe volato a Bruxelles, bruciando altro denaro dell’italico bilancio? Insomma, potremmo dire ‘un Macron della mutua’.  Anche il suo presenzialismo esasperato lo porta ad essere ovunque, abito blu, camicia sempre con lo stesso modello di colletto, cravatta blu, scarpe nere. Mentre Zingaretti gli fa da colonna sonora, promettendo alla leggera posti di lavoro, rinascita, ripresa economica e simili: ma non eravamo ‘fuori dal tunnel’ già ai tempi di Gentiloni? C’è un bel proverbio napoletano che recita così: “Chiacchiere e tabacchiere ‘e legno, ‘o Banc’ ‘e Napul’ non l’impegna”. E mentre Di Maio, avendo furbescamente rinunciato alla guida del partito – solo di nome ma non di fatto, comunque sotto la copertura di Casaleggio e Grillo  –  tutto fa tranne che il ministro degli Esteri: un mestiere che non s’improvvisa.

Altro argomento del giorno è la ‘rimodulazione’ dell’IVA

Anche qui gli Italiani sono stati gabbati. Ma anche questo era prevedibile e ampiamente previsto, ancorché negato a gola spiegata, considerando lo scarso spessore dei personaggi che abbiamo al governo – un governo ‘abusivo’, che ha una maggioranza solo in Parlamento. E che schiva le elezioni perché sa che andrebbe a casa. Dopo il ‘gran rifiuto’ di Salvini, e la creazione di questo manipolo governativo, tutti i tiggì trasmettevano i soliti messaggi politici di personaggi anche poco conosciuti – peones – che dichiaravano che avevano ‘scongiurato’ l’aumento dell’IVA: quella tassa che il cattivo Salvini avrebbe voluto aumentare, e che invece, con l’intervento di Sir Galahad, senza macchia e senza paura, era stata messa da parte. Come? Con magheggi economici che certamente una destra brutta, cattiva e fascista non avrebbe saputo mettere in atto. Loro, invece, i ‘buoni’, erano anche bravi, e avrebbero ‘messo dei soldi nelle tasche degli Italiani’: non come chi quei soldi li voleva togliere. Ma quando la coperta è corta, rimane solo la menzogna. La realtà oggi è che si affaccia una ‘rimodulazione’ dell’IVA, quella tassa che era – ed è – soltanto richiesta dall’UE (ce lo chiede l’Europa, ricordate?) e non da Salvini. Il quale, anzi si pronunziò contro l’aumento di una imposta che avrebbe ricadute a pioggia su qualsiasi bene primario o secondario. E toglierebbe soldi dalle tasche degli Italiani. Cosa significa ‘rimodulare’? è un altro termine che significa ‘aumentare’? Allora, come al solito, come nel caso della firma al MES, ci hanno presi in giro. Non hanno preso in giro soltanto quelli che votano a destra, ma anche i loro stessi elettori. E quando lo capiremo che di questa gente non ci si può fidare? Certamente non sappiamo ‘di chi’ fidarci. Ma almeno, se ti prendono in giro così spudoratamente, mandali a casa!




Bonaccini fa l’uovo e Zingaretti fa coccodè

Si legge nella guida di “Vita in Campagna” che “Ogni gallina in età riproduttiva mette in atto strategie utili a difendere la prole e garantire così la prosecuzione della specie. Il segnale dell’uovo deposto, il classico “coccodè”, è uno di questi”.

Quello che qui interessa è il discorso della strategia del coccodè, segnale utile a difendere la prole e garantire così la prosecuzione della specie. Che c’entra con tutto questo Bonaccini? Che c’entra Zingaretti?

Bonaccini, sicuramente un moderato che si è accostato alla politica verso la fine degli anni 80 tramite i movimenti per la pace, non è esatto e quantomeno pretestuoso affiliarlo con la linea politica di Zingaretti. Quest’ultimo, infatti, è un politico di lungo corso, con un ricco curriculum istituzionale a datare dal 2004 e ormai è confuso nel pensiero giustizialista dei pentastellati.

Colui che osserva dall’esterno può condividere o meno la politica del presidente Bonaccini, però non può negare che per le ultime regionali dell’Emilia Romagna, questi ha condotto una campagna solitaria. Se non fosse stato per i continui attacchi urlati da Salvini, ogni riferimento al PD sarebbe rimasto nascosto.

Anche per questo sembra strano che Zingaretti possa pretendere di salire sul carro del vincitore. Il Pd è stato assente anche dai manifesti del “suo candidato”. La visita che il governatore del Lazio aveva fatto a Bonaccini in Emilia-Romagna, poi, è stata “in incognito”. E qui sta la grossa anomalia: nella regione rossa per eccellenza, durante un’assise elettorale che ha tenuto il Presidente Conte con il fiato sospeso, il partitone rosso si è reso vistosamente latitante come d’altronde smorta è stata la presenza del segretario del Pd. Con quale faccia, dunque, Zingaretti pretende di adottare la strategia del coccodè, segnale utile a difendere la prole e garantire così la prosecuzione della specie?

Trovandosi in questo frangente, che bello non è di sicuro, il segretario Pd si trova a comandare una ciurma disfattista e perciò fatica a tenere la dritta contro le sue correnti interne. Si è ingenuamente aggrappato al salvagente delle Sardine e preso dall’euforia annunciava “un partito nuovo” e a chi lo interrogava ci teneva a precisare “non un nuovo partito”. Cosa intendeva precisamente lo spiegherà se nel frattempo non dovesse cambiare pensiero. Intanto è salito sul carro del vincitore Bonaccini e gonfiandosi il petto fa il giro dei salotti tv urlando il suo “coccodè”, strizzando l’occhio alle Sardine, anche se conosce bene che più di metà di quelle piazze era formato dai quindicenni. Quindi per avere il loro voto Zingaretti ancora deve attendere.
Le Sardine, in una lettera al Presidente del Consiglio Conte, firmata “6mila sardine” hanno chiesto di essere ascoltate sul loro programma, articolato in tre punti: Sud, sicurezza e dignità. Largo alle novità! Leggendo poi bene la loro lettera, traspare l’ingenuità di questi ragazzi. Fanno domande che gli stessi italiani ormai stanno facendo da decenni e fino ad ora nessuno è stato capace di dar loro le giuste risposte, ne destra, ne centro, ne sinistra.

Zingaretti che è salito sul carro di Bonaccini, come fa a dare una vera risposta, quando gli chiedono “abbiamo bisogno di capire di chi possiamo fidarci?”. Il Pd che si era vergognato di schierarsi con la sua macchina da guerra accanto al suo candidato Bonaccini, come fa a mostrare fiducia a questi ragazzi quando chiedono: “politici coraggiosi e lungimiranti?”

Sul Corriere della Sera dello scorso 10 gennaio, Marco Imarisio, scrivendo appunto della campagna elettorale condotta da Bonaccini, chiudeva l’articolo con: ”Questo articolo comunque va inteso anche come appunto a futura memoria. Per quando, in caso di riconferma del Bonaccini solitario, sul carro del vincitore non ci sarà spazio neppure per uno spillo.”
Mai parole furono scritte dotate di tanto spirito profetico. Zingaretti non ha perso tempo a salire sul carro del vincitore, per lanciare ai suoi tanti correnti il segnale di un uovo deposto gridando “coccodè, coccodè”.

Nicola Zingaretti inutile gridare perché alla sede del PD non l’ascolterà nessuno.




Ce lo dice l’Europa e… “ho detto tutto!”

Quante volte si è sentito rispondere alle domande dei cittadini “ce lo dice l’Europa”. Ognuno avrà da raccontare la propria storia citando un caso specifico. Quanti avranno capito cosa abbia detto precisamente l’Europa con quel detto?Certamente pochi sono rimasti soddisfatti dalle risposte ricevute.

Noi abbiamo aggiunto “…e ho detto tutto”. Famosa frase recitata dal grande Peppino De Filippo nell’immortale film “Totò, Peppino e la malafemmina” che poi nel film segue l’altrettanto famosa risposta stizzosa di Totò, al fratello Peppino: “ … ma che dici co st’ho detto tutto che non dici mai niente”. Queste due frasi tratte dal film dei “fratelli” Totò/Peppino chiariscono meglio di qualsiasi altra cosa il contenuto ed il messaggio che si vuole trasmettere con questo scritto.

Una plastica dimostrazione

Una plastica dimostrazione di quello che si sta dicendo la offre la Regione Siciliana. Il 15 gennaio scorso l’Ispettorato centrale per la qualità e la repressione delle frodi agroalimentari della sede distaccata di Catania e del Corpo forestale , ha svolto un controllo presso un’azienda importatrice di prodotti ortofrutticoli di Siracusa. Durante il controllo sono stati sequestrati oltre ventimila chili di limoni varietà Meyer di provenienza Turca. Gli agrumi sequestrati non presentavano le caratteristiche idonee all’immissione al consumo, come stabilito dalla normativa comunitaria prevista dal regolamento Ue.

Facciamo un passo indietro. A Siracusa si producono tra i migliori limoni del mondo. Il paradosso è che nei mercati locali ci si smercia quelli esteri. Perché può accadere questo, domandano tanti. Ma è facile spiegarlo. Perché ce lo dice l’Europa.

Alea iacta est – Prodi e la resa di Roma all’euro

Il dado fu tratto precisamente il 1 gennaio 2002 quando Prodi sbagliò barattando il cambio lira/euro e Berlusconi non aveva vigilato sui prezzi.
Per poter partecipare alla nuova valuta, gli stati membri avrebbero dovuto rispettare, fra l’altro, un deficit pari o inferiore al 3% del prodotto interno lordo e un rapporto debito/PIL inferiore al 60%. L’Italia non era certo in grado di rispettare quei parametri, sta di fatto che qualcuno avendo truccato i conti fece sì che la lira passasse il Rubicone dell’euro. Mentre sei paesi membri di questa Europa, aderendo, scelsero di mantenere la convertibilità fra la vecchia valuta e l’euro, l’Italia, più realista del re, la convertibilità la effettuò subito. La vicina Spagna fu più prudente, prese tempo, volendo sondare, analizzare e solamente dopo decise che le sue banconote e monete potessero comunque essere cambiate in euro presso il Banco de España fino al 31 dicembre 2020, privilegio non concesso alla lira. Forse è bene ricordarlo che il marco tedesco non “scade”, come non hanno nessuna scadenza le valute dell’Austria, Irlanda, Lettonia, Estonia e Lussemburgo. Se allora, a Prodi fosse stato chiesto il perché la Bundesbank non aveva smesso di accettare il cambio del vecchio conio e, a differenza di quanto accade con la lira, può essere ancora scambiato gratuitamente senza limiti di tempo, senza alcun dubbio avrebbe risposto : perché ce lo chiede l’Europa. Per capire le origini delle difficoltà che incontra oggi l’Italia con l’Europa attuale, cerchez Romano Prodi, e ho detto tutto!

In Italia l’evento euro – i suoi vizi e le sue virtù

Quante discussioni e dibattiti accesi intorno al tema “povertà percepita e povertà reale.” Fior fiore di analisti, economisti e sociologi dibattono per ore e ore. Per esempio il ben noto Guido Carli e la sua opinione sulla moneta unica : “I vizi italiani si superano importando le virtù dell’Europa”. Come controcanto si citano i dati ufficiali tra il 1999 e il 2009 per l’andamento dei prezzi dei nostri manufatti in confronto a quelli prodotti nel resto d’Europa evidenziando un aumento del 7,5% contro un aumento del 5% in Francia e zero in Germania. Ad osannare l’evento euro non poteva naturalmente mancare Mario Draghi che, secondo il suo autorevole parere “grazie alla moneta unica siamo più forti, perché uniti”. Lascio a chi legge valutare quanto siamo più forti e più uniti. Ci sono quelli del politically correct. Questi non contraddicono alcuno ma si fanno sentire e dicono cose a sproposito. Per esempio dicono che non sono cambiati più di tanto i prezzi di beni più costosi, come le macchine. Per capirci, il prezzo della Bmw non è raddoppiato di colpo.

Contenti? Le fasce deboli e “l’ambaradan” dei prezzi di consumo

Per dirla con Totò, è la somma che fa il totale. Il pensiero comune è: con un milione di lire ( euro 500 ca.) prima si riusciva a fare la bella vita, ora con 1000 euro non si arriva a fine mese.

Altro che il raddoppio del prezzo della BMW!

Un quadro approssimativo dell’impoverimento della busta paga, che poi non ha subito alcun adeguamento all’euro, lo forniscono i dati Istat, registrando che la variazione dei prezzi al consumo tra il 31 dicembre 1998, quando venne introdotto il cambio, e il 2002 – anno in cui l’Euro sostituì effettivamente la Lira – ha superato di poco il 10 per cento. Uno studio fatto da Luca Piana e pubblicato su L’Espresso indicava valori di ben altro tenore. Nel periodo a cavallo tra il periodo 2001/2014 molti articoli di largo consumo hanno subito impennate intorno al 42%. Il pane, per esempio, si è visto aumentare del 43% al kg, gli spaghetti aumentati del 42% al kg, il cappuccino più cornetto si è visto lievitare con un aumento del 45%, il parrucchiere- messa in piega è schizzato con un aumento del 67%, un lavaggio di un paio di pantaloni in lavanderia è aumentato del 68% e via dicendo. Solo la busta paga è rimasta fedele ai valori di sempre, faticando di reggere il peso degli aumenti che secondo uno studio dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano di allora, nel 2002, anno della conversione dalla Lira all’Euro, i prezzi sono aumentati di pochi punti percentuali ,di circa il 2,5 per cento e solo un leggero effetto è stato stimato per l’introduzione della nuova moneta comune. Come spiegare questa eterna dicotomia tra il 2,5% percepito e il 43% vissuto sulla propria pelle? Di certo non ce lo dice l’Europa. Viene in aiuto il sommo Dante al Canto XVII del Paradiso :“Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale“. E ho detto tutto.




Selvaggia Lucarelli e i suoi haters a prescindere

E’ di ieri un post apparso su Facebook della nota giornalista Selvaggia Lucarelli.

Selvaggia provocatrice per vocazione, istrionica è innegabilmente un’ottima penna. Andiamo al post di ieri dove la Lucarelli testualmente scrive : “A chi pensa che l’Emilia Romagna resti la roccaforte rossa, ricordo che la Lega ha triplicato i voti rispetto alle regionali del 2014 e Fratelli d’Italia è il partito che proprio in Emilia Romagna è cresciuto di più rispetto alle regionali che alle europee. Ci vorrà qualcosa in più che farsi crescere la barba e cambiare la montatura degli occhiali, per vincere la guerra”.
Lo trovo un post intellettualmente onesto e diamo a Cesare quel che è di Cesare. La cosa che lascia basiti sono i commenti sotto, commenti degli haters a prescindere, come amo definirli.
La Lucarelli viene accusata di dire un’ovvietà ma, ritengo che, l’ ovvietà (semmai fosse), ha un suo preciso valore quando con arguzia rivela un’onestà intellettuale, aldilà di ogni ragionevole dubbio.
Cristiana Zarneri




Riforma della prescrizione e presunti innocenti in carcere: Bonafede, i dati ministeriali e… quelle prese di posizione

Il ministro Alfonso Bonafede
continua a collezionare molte critiche per le sue “uscite” e prese di posizione
riguardo un mondo che a volte sembra essere lontano dalla sua comprensione.

Soltanto lo scorso 24 gennaio,
durante il programma de La7 “In Onda” ha detto che “gli innocenti non finiscono
in carcere”, dimostrando quindi di ignorare i dati del suo ministero.

CLICCARE SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO SERVIZIO

Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 30/01/2020

Nelle carceri italiane, infatti, il 34,5% dei detenuti è oggi in attesa di giudizio, cioè presunti innocenti. Dal 1992 alla fine del 2017, 26.412 persone hanno subito una custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, prima di essere riconosciute innocenti con sentenza definitiva.

Quindi oltre 26 mila innocenti ristretti nelle patrie galere

Per risarcirli, lo Stato ha versato complessivamente poco meno di 656 milioni di euro. Ma non è tutto. A stigmatizzare il comportamento del Guardasigilli è stato anche il Garante dei detenuti, Mauro Palma, che ha criticato il video “postato dal ministro della giustizia e pubblicato sulla rivista online ministeriale”, che “si aggiunge a quel riferimento al ‘marcire’ che il ministro dell’Interno ha più volte espresso in suoi video, riferimento che indica una finalità della pena detentiva opposta a quella voluta dalla nostra Costituzione”.

Ma non è finita perché ci
sono le palesi proteste contro la legge Bonafede sulla riforma della
prescrizione.

In sostanza, da quest’ anno
la prescrizione dei reati si interromperà dopo la sentenza di primo grado, sia
di condanna sia di assoluzione.

Oltre a non snellire i tempi
della giustizia, secondo molti questa riforma metterà a dura prova gli uffici
giuridici, portando il sistema italiano al collasso totale