ALESSANDRIA: ISPETTORE DI POLIZIA SGOMINA BANDA DI RAPINATORI MENTRE FA RIENTRO A CASA

Redazione

Alessandria – Il contrasto al crimine, ed in particolare agli odiosissimi reati predatori, non conosce sosta per i Poliziotti di Corso Lamarmora: L’accurata attività di prevenzione e repressione, condotta con encomiabile dedizione ed anche correndo gravi rischi a livello personale da parte dei membri della Squadra Mobile della Questura e della Sezione Investigativa del Commissariato di Casale Monferrato, ha permesso di sgominare una banda di ladri che aveva recentemente provato ad insinuarsi nel territorio e recuperare un’ingente refurtiva, che verrà quanto prima resa agli interessati.

Nel tardo pomeriggio di martedì 10 dicembre 2013 un Ispettore di Polizia in servizio presso la Questura, nel rincasare dopo una giornata intera trascorsa sulle tracce di pericolosi delinquenti dediti a commettere furti e rapine, notava in via Oberdan un individuo fermo nella parte non illuminata di un piazzale, in evidente attesa di qualcuno. Proseguendo lungo la strada, notava dopo pochi metri altri due individui che, con mossa fulminea, erano saltati in strada da un terrazzo di un condominio cercando di scappare per le vie limitrofe.

Nessun dubbio vi poteva quindi più essere su cosa avessero appena fatto. Resosi ovviamente subito conto di quanto stava accadendo, l'Ispettore di Polizia si poneva all’inseguimento dei tre fuggitivi, ovverosia i due che si erano calati dal terrazzo ed il “palo” notato poco prima all’angolo della via, riuscendo a bloccare proprio quest’ultimo.

Nonostante gli energici tentativi di divincolarsi alla presa posti in essere dal ladro, l’esperto Poliziotto riusciva ad impedire ogni tentativo di fuga, riuscendo nel contempo a guadagnare terreno verso la Questura, non distante dal luogo dell’accaduto. Contemporaneamente però uno dei due complici poco prima calatisi dal terrazzo, avvicinatosi subdolamente all’Ispettore, riusciva a spintonarlo violentemente contro un muro facendogli perdere la presa sul complice ed a permetterne la fuga.

L’operatore, seppure contuso e dolorante, riusciva a notare gli individui fuggire a bordo di un’autovettura, memorizzandone il tipo e parte della composizione alfanumerica della targa; immediatamente dopo si rialzava e corso negli uffici della Questura dava l’allarme.

L’immediata e frenetica attività d’indagine, svolta fin dai primi istanti dall’accaduto dalla Squadra Mobile – insieme al Collega protagonista dell’episodio, mai tiratosi indietro nonostante le ferite riportate – e dal personale del Commissariato di Casale Monferrato, portava dapprima ad accertare che i soggetti coinvolti avevano effettivamente perpetrato un furto in un alloggio di via Oberdan, asportando un computer e vari preziosi e successivamente, seguendo una pista investigativa già in corso e che si faceva via via sempre più corposa e convincente, permetteva di individuare proprio in Casale Monferrato l’appartamento/base logistica dei malfattori.

Dopo aver organizzato un accurato servizio di appostamento, finalizzato al monitoraggio dell’intero gruppo malavitosi, nel pomeriggio del giorno 11 dicembre, gli operatori della Squadra Mobile e del Commissariato di Casale Monferrato “chiudevano il cerchio” attorno al sodalizio, riuscendo ad individuare ed a bloccare tutti i componenti dello stesso ed a recuperare una cospicua refurtiva, costituita da parte di quella sottratta nell’alloggio di via Oberdan e da altra, verosimilmente provento di altri analoghi eventi delittuosi, in via di restituzione agli aventi diritto. 

Venivano, pertanto, sottoposti a fermo di polizia giudiziaria per i reati di “rapina” e “lesioni aggravate” due cittadini albanesi entrambi domiciliati in Casale Monferrato. Altri due soggetti, un albanese ed una ragazza italiana, tutti domiciliati in casale Monferrato, sono stati invece denunciati in stato di libertà all’autorità giudiziaria per la loro correità nella vicenda.
 




CIRO' MARINA: TAGLIANO ALBERI IN ZONA SOTTOPOSTA A VINCOLO IDROGEOLOGICO E PAESAGGISTICO AMBIENTALE

Redazione

Cirò Marina (KR) – Militari del NORM della Compagnia Carabinieri di Cirò Marina, nella serata dello scorso venerdì 13 dicembre 2013, durante un servizio di controllo del territorio, in località Mortilletto, in agro di Crucoli, presso un terreno di proprietà comunale, hanno proceduto a denunciare in stato di arresto alla Autorità Giudiziaria competente tre persone, identificate in Esposito Adriano di anni 42, Stancato Gianluca di anni 35 e Ioverno Francesco di anni 33, tutti di Crucoli, resisi responsabili di furto aggravato.

A seguito delle indagini e dei relativi accertamenti è emerso che gli autori del furto, avevano proceduto all’abbattimento di svariate piante di eucalipto, per poi trafugare il relativo materiale legnoso caricandolo a bordo di un veicolo di proprietà di uno dei tre arrestati.

Le piante erano radicate all’interno di un vasto complesso boscato, costituito da specie “miste”, e le stesse erano state abbattute nei pressi dell’arenile che costeggia il bosco. I tre, all’atto dell’intervento, sono stati sorpresi intenti a tagliare con una motosega uno degli alberi appena abbattuti. La località Mortilletto, è ubicata nella frazione Torretta del comune di Crucoli, a poche decine di metri dal mare, la stessa è sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico-ambientale. Pertanto, gli indagati sono stati segnalati all’Autorità Giudiziaria competente anche per l’ ipotesi di reato di deturpamento di bellezze naturali.
I tre arrestati, su disposizione della A.G. competente, sono stati posti agli arresti domiciliari. Nella mattinata di ieri 14 dicembre 2013, la Compagnia Carabinieri di Cirò Marina disponeva servizi coordinati svolti dal personale dipendente coadiuvato da un velivolo dell’8° Elinucleo di Vibo Valentia, anche  al fine di contrastare il verificarsi di altri simili episodi delittuosi.  
 




CAMPI BISENZIO: LAVORATORI CINESI CON BAMBINI INTOSSICATI DA MONOSSIDO DI CARBONIO

Redazione
Campi Bisenzio (FI)
– Nella serata del 12 dicembre, in Campi Bisenzio, in una palazzina di quel centro,  per cause riconducibili alla fuoriuscita di monossido di carbonio presumibilmente proveniente da uno scaldabagno, alcuni cittadini di nazionalità cinese, impegnati a lavorare in diversi laboratori tessili siti all’interno dell’edificio, rimanevano intossicati. Le vittime  venivano  prontamente trasportate dal personale del 118, presso gli Ospedali di Careggi e Ospedale Pediatrico del Meyer, poiché all’interno vi erano anche dei bambini, ove alla data di ieri si trovavano ancora ricoverati per “postumi da intossicazione da monossido di carbonio”, non versavano in gravi condizioni di salute. Sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco di Firenze per gli accertamenti del caso.
 




FIRENZE, RAPINA ALLA RINASCENTE: ARRESTATI DAI CARABINIERI

Redazione
Firenze
-Lo scorso 12 dicembre 2013, verso le ore 11,00, una pattuglia del Nucleo Radiomobile del Comando Provinciale dei Carabinieri, interveniva presso l’esercizio commerciale “La Rinascente”, a Firenze, Piazza della Repubblica, dove poco prima due individui di nazionalità rumena, S.L.M. 20enne e H.F.C. 18enne, entrambi senza fissa dimora e pregiudicati, dopo essersi impossessati di alcuni capi di abbigliamento, per un valore di circa 5.400,00 euro, occultandoli all’interno di sacche appositamente predisposte, hanno cercato la via d’uscita tentando di eludere aggredendo gli addetti alla sorveglianza. Il personale dell’Arma ivi intervenuto è riuscito a bloccare i malviventi prima che riuscissero a scappare. La refurtiva interamente recuperata è stata restituita all’avente diritto, mentre i due sono stati tratti in arresto per rapina in concorso ed associati alla Casa Circondariale di Firenze Sollicciano a disposizione dell’A.G..
 




SOLOFRA: CHAMPAGNE TAROCCATO. SEQUESTRATE 4500 BOTTIGLIE

Redazione

Solofra (AV) – Con l’approssimarsi delle festività natalizie si intensificano i controlli operati dai Carabinieri anche in materia di salute pubblica. Ed è così che durante la mattina di venerdì 13 dicembre 2013 i militari del N.A.S. di Napoli, attivamente coadiuvati da personale della Stazione di Solofra –  nell’ambito di una complessa attività di indagine che ha interessato tutto il territorio nazionale e che ha portato all’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare in carcere – hanno scoperto circa 4500 bottiglie di champagne “Moet&Chandon” con marchio contraffatto, pronte per essere introdotte sul mercato.
I “falsi d’autore” erano stati sapientemente occultati all’interno di un’abitazione disabitata ubicata a Solofra e solo un occhio esperto avrebbe potuto notare i pochi dettagli che contraddistinguono le bottiglie autentiche da quelle falsificate: piccole difformità nelle etichette celavano in realtà enormi diversità qualitative, tanto in termini di gusto quanto in termini igienici.

Dall’indagine, infatti, è emerso che le bottiglie venivano acquistate presso una vetreria piemontese e venivano poi riempite con vini di scarsa qualità, per essere infine trasportate in una località nell’area dei Castelli Romani, ove, con l’ausilio di un enologo del posto, venivano trasformate in “principesse” del mercato enologico, mediante etichette e cartoni sapientemente contraffatti.

Il valore dello “champagne” sequestrato oggi in tutta Italia ammonta a circa 400.000 Euro ed avrebbe potuto fruttare quasi 2.5 milioni agli abili contraffattori, se solo fossero riusciti ad introdurlo in commercio.

L’attività investigativa ha riguardato poi altre 9 persone, indagate  a vario titolo per i reati di ricettazione e frode fiscale. Una cosa tuttavia è certa: con l’operazione odierna i cittadini irpini potranno brindare al nuovo anno certi della qualità dei vini che stanno consumando.
 




NAPOLI, GRANDE OPERAZIONE ANTI USURA: ARRESTATI 7 STROZZINI AI "600 ALLOGGI"

di Christian Montagna

Pozzuoli (NA) – Nella zona conosciuta come "600 alloggi" all'alba di questa mattina i militari hanno eseguito 7 misure di custodia cautelare. I destinatari tutti residenti nel quartiere di Pozzuoli sono accusati di usura ai danni di famiglie disagiate. Cinque le donne tra gli arrestati. Nel corso delle indagini della procura partenopea, il gip di Napoli ha ordinato la confisca di beni mobili e immobili.
Usura ed estorsione sono diventate le basi delle attività criminali, strumenti sicuri per poter percepire periodicamente capitali da reinvestire in altre attività illecite. Altrettanto diffuso è il fenomeno del racket o
"pizzo" volto ad ottenere pagamento di somme di denaro in cambio dell'offerta di protezione da parte di attività commerciali ai cosiddetti strozzini. La cronaca ormai riporta sempre più spesso avvenimenti di questo
genere soprattutto nel Mezzogiorno italiano. E' proprio in questo periodo di grande crisi che l'usuraio svolge a tempo pieno la sua professione: uomini in preda alla disperazione, schiacciati dalla pressione fiscale e indebitati fino all'osso con le banche si rivolgono ai re dell'illegalità chiedendo in prestito somme di denaro ignari della mega percentuale di interessi da dover
pagare in seguito.
Piegarsi alla paura e pagare significa però imboccare una strada che conduce alla perdita della propria libertà. Secondo alcuni sondaggi ultimamente è incrementata la presenza di donne all'interno delle organizzazioni. Figlie, parenti o mogli di boss scendono in strada amate ma temute da tutti come vere donne d'onore. Sono le donne del sistema. Organizzano, gestiscono, ordinano e comandano insieme ai propri affiliati traffici illeciti. Il fenomeno cresce e si espande in tutta Italia. Il ministero dell'Interno ha messo a disposizione il numero verde anti-racket e per fortuna il Parlamento ha approvatola legge 108/96 che ha meglio definito il reato di usura e inasprito le pene per chi lo commette, prevedendo anche il sequestro e la confisca dei beni dell'usuraio.
Proprio come è accaduto questa mattina a Pozzuoli.

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ROMA: PRESENTATO IL CALENDARIO STORICO E L'AGENDA STORICA DELL'ARMA DEI CARABINIERI

Redazione

Roma
– Nella mattinata, presso l’Aula Magna della Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, alla presenza del Comandante Generale dell’Arma Leonardo Gallitelli, si è svolta la cerimonia di presentazione del Calendario Storico e dell’Agenda Storica 2014 dell'Arma dei Carabinieri, le cui tavole completano il ciclo degli ultimi tre calendari ripercorrendo i momenti più significativi per l’Istituzione nel suo “quarto Cinquantennio di Storia” sino al 2014, “Bicentenario della Fondazione”.

Il notevole interesse verso il Calendario Storico dell’Arma, quest’anno giunto a una tiratura di 1.300.000 copie, di cui 8.000 in lingue straniere (inglese, francese, spagnolo e tedesco), è indice sia dell’affetto e della vicinanza che ciascun cittadino nutre nei confronti della Benemerita a cui è legata da uno speciale vincolo, sia dei sentimenti di coesione e unità esistenti tra i Carabinieri attraverso il richiamo a intramontabili valori e semplici eroici gesti quotidiani.

Nato nel 1928, dopo l’interruzione post-bellica dal 1945 al 1949, la pubblicazione del Calendario, giunta alla sua 81^ edizione, venne ripresa regolarmente nel 1950 e da allora è stata puntuale interprete, con le sue tavole, delle vicende dell’Arma e, attraverso di essa, della Storia d’Italia.

Le artistiche tavole dell’edizione 2014 del Calendario Storico, ideate e realizzate dal Maestro Paolo Di Paolo – dal Sig. Massimo Maracci riguardo alla pagina centrale – sono state presentate al pubblico da Massimo Giletti.
La mattinata è cominciata con la proiezione di un filmato commentato da Gianni Bisiach che, nell'ispirarsi ai contenuti dell’opera, ha raccontato l’Arma dei giorni nostri, un’Istituzione moderna e aderente alle mutate esigenze operative ma al tempo stesso forte dei valori e delle tradizioni che l’hanno sempre contraddistinta.

 




TRAPANI: ABBATTUTA LA TORRE MAFIOSA DEI MESSINA DENARO

Redazione

Trapani – Arrestati i vertici operativi dell'organizzazione tra cui la sorella del boss latitante Matteo Messina Denaro Patrizia Messina Denaro e il nipote Francesco Guttadauro ed i cugini Mario Messina Denaro, Lorenzo Cimarosa E Giovanni Filardo. 
Nella mattinata odierna, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e D.I.A., hanno portato a termine un’importante operazione nei confronti del latitante Matteo Messina Denaro e del mandamento mafioso di Castelvetrano.
I provvedimenti di arresto sono stati disposti dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta dei magistrati della locale Procura Distrettuale che coordinano le attività di ricerca del boss trapanese: il Procuratore aggiunto d.ssa Teresa Principato e i sostituti procuratori Paolo Guido e Marzia Sabella. Lle ordinanze di custodia cautelare hanno riguardato 30 soggetti indagati, a vario titolo, per i reati di associazione mafiosa, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni, favoreggiamento aggravato, compravendita elettorale, corruzione, turbativa d’asta, aggravati dalle finalità mafiose.
 
I carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Trapani hanno eseguito 17 provvedimenti nei riguardi di soggetti indiziati a vario titolo di far parte delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara. In particolare, le indagini hanno documentato le attività illecite del mandamento mafioso di Castelvetrano, accertando i ruoli di vertice degli esponenti della famiglia dei Messina Denaro, il capillare controllo del territorio ed il sistematico ricorso all’intimidazione per infiltrare il tessuto economico locale attraverso imprese di diretta emanazione dell’organizzazione criminale. L’articolata attività conferma il ruolo apicale tutt’ora rivestito dal latitante Matteo Messina Denaro all’interno del mandamento e della provincia mafiosa, che si concretizza nella direzione delle varie articolazioni dell’organizzazione, nella risoluzione di controversie interne al circuito familiare e nella gestione degli ingenti interessi economici del sodalizio. in tale ambito, è stato possibile documentare il ruolo di vertice operativo assunto da Francesco Guttadauro, figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro, anche quale collettore delle relazioni connesse all’attività di sostentamento della famiglia dei Messina Denaro e dello stesso latitante. Sono stati in particolare documentati, anche attraverso intercettazioni di notevole valore probatorio, i ripetuti interventi del Guttadauro per dirimere i contrasti interni al circuito familiare, inerenti la spartizione dei guadagni provenienti dalle società controllate dagli imprenditori mafiosi Antonino Lo Sciuto e Lorenzo Cimarosa, quest’ultimo cugino del latitante.

Le indagini hanno altresì documentato come i citati Cimarosa e lo Sciuto, titolari delle società B.F.Costruzioni s.r.l. e M.G. Costruzioni s.r.l. abbiano gestito, per conto dell’organizzazione, la realizzazione di importanti commesse pubbliche e private nell’area di Castelvetrano, quali strade della zona industriale ed opere di completamento del cd. “polo tecnologico” di contrada airone, nonché i lavori per le piazzole e le sottostazioni elettriche del parco eolico denominato “ventodivino”, nel comune di Mazara del Vallo, a seguito di un accordo spartitorio con quest’ultimo mandamento mafioso. In tale quadro, le indagini hanno accertato anche le modalità di aggiramento dei vincoli imposti dal protocollo di legalità sottoscritto dall’appaltatore del parco eolico, l’impresa Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative s.r.l., con la Prefettura di Trapani.

Nel corso delle indagini, si registrava anche l’intervento del Cimarosa e dei Lo Sciuto nei confronti dell’imprenditore mazarese Carlo Loretta, per risolvere una disputa nata con riferimento alla quota dei lavori da far eseguire all’impresa M.E.S.T.R.A. srl., riconducibile alla locale famiglia mafiosa. La piena riconducibilità delle vicende societarie alla famiglia del latitante veniva confermata dai conflitti sulla spartizione degli utili d’impresa, ritenuta iniqua da Patrizia Messina Denaro e da Rosa Santangelo, zia del ricercato, con l’intervento risolutore, anche in questo caso, di Francesco Guttadauro.

Il provvedimento comprende, inoltre, le indagini sviluppate nei confronti di Nicolò Polizzi, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, ritenuto uno dei principali referenti dei flussi di comunicazioni mafiose verso la provincia di Palermo, con particolare riferimento ai contatti preparatori delle riunioni, tra il noto Francesco Luppino e i responsabili dei mandamenti di cosa nostra palermitana. il Luppino costituiva, infatti, all’epoca in cui le articolazioni palermitane di cosa nostra stavano tentando di ricostituire la commissione provinciale, il referente trapanese delle comunicazioni destinate a Matteo Messina Denaro.

Dopo l’arresto del Luppino, lo sviluppo delle investigazioni nei confronti di Polizzi Nicolò consentiva l’acquisizione di elementi che, oltre a confermarne la contiguità al latitante di Castelvetrano, definivano il ruolo di condizionamento delle commesse pubbliche e private in ambito locale. in particolare, il predetto emergeva quale referente nella gestione di alcune operazioni propedeutiche alla realizzazione del villaggio turistico della catena Valtur, in località Tre Fontane a Campobello di Mazara, ad opera della società Mediterraneo Villages s.p.a.. dalle indagini è emersa anche la capacità di quest’ultimo nel rapportarsi con la locale amministrazione comunale e con vari operatori economici per l’ottenimento di posti di lavoro e la cura di altri interessi del sodalizio mafioso. In particolare, è stato riscontrato l’appoggio offerto dal predetto polizzi e dalla famiglia mafiosa ad una candidata alle elezioni regionali del 2012, in cambio di rilevanti somme di denaro.
 
La Squadra Mobile di Trapani – S.C.O., ha eseguito 8 provvedimenti che hanno riguardato sia l’articolazione mafiosa di Paceco che quella di Castelvetrano.

A carico dell’indagata  Messina Denaro Patrizia, cui viene contestata l’associazione a delinquere di stampo mafioso,  la Polizia di Stato (Servizio Centrale Operativo  e Squadre Mobili Di Palermo e Trapani) ha raccolto importanti risultanze al fine di dare contezza dell’intraneità della sorella del latitante alla famiglia mafiosa di Castelvetrano. In particolare le intercettazioni dei colloqui in carcere tra la donna ed il di lei marito, Panicola Vincenzo (detenuto e già condannato in primo grado a dieci anni di reclusione per 416 bis c.p. nell’ambito del processo Golem fase II), hanno evidenziato come ai legami di parentela si siano affiancati ed addirittura sovrapposti i più stretti vincoli derivanti dalla comune appartenenza a cosa nostra.

I colloqui intercettati evidenziavano come la Messina Denaro Patrizia avesse avuto il compito dal marito di interloquire con il fratello latitante per sapere se lo stesso avesse o meno autorizzato l’imprenditore Grigoli Giuseppe a rendere dichiarazioni accusatorie contro altri indagati, con il fine ultimo di salvaguardare le aziende a lui sequestrate (il gruppo 6g.d.o. esercente nella grande distribuzione con il marchio Despar). 

Tale esigenza originava dal malumore maturato nei confronti del Grigoli a seguito di sue propalazioni processuali e quindi dalla eventualità che lo stesso potesse essere “punito” con un pestaggio da parte di altri detenuti.
La donna, nel corso di successivi colloqui, dava conto di aver comunicato (in maniera riservata) con il noto latitante e di aver da lui ricevuto chiare direttive “di lasciare stare” il Grigoli, non tanto perché avesse autorizzato lo stesso a rendere dichiarazioni ma perché un’eventuale sua piena collaborazione avrebbe arrecato un più grave danno all’organizzazione criminale.
Sulla base di tali intercettazioni, pertanto, si acquisiva prova del fatto che la donna, dimostrando di essere in grado di interloquire direttamente con il fratello latitante, svolgesse un ruolo funzionale all’interno della famiglia mafiosa di Castelvatrano  tale da garantire al Messina Denaro Matteo tempestiva e piena cognizione di questioni d’interesse della consorteria e di poter esercitare le sue prerogative di valutazione e decisione, correlate alla funzione di vertice allo stesso riconosciuta.

Viene contestata all’indagato Mario Messina Denaro la tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. In particolare è stato verificato come il Messina Denaro Mario frequentasse, senza averne plausibili motivazioni, il centro diagnostico Hermes di Castelvetrano. Non potendo escludere che tale frequentazione potesse essere connessa a fatti di natura illecita o, peggio, ad ipotesi di favoreggiamento nei confronti del più noto cugino latitante, venivano esperite più approfondite indagini anche di natura tecnica.
Le investigazioni consentivano, quindi, di acquisire importanti inconfutabili elementi di riscontro in ordine al tentativo di estorsione posto in essere dal  Messina Denaro Mario ai danni della Hermes di Castelvetrano ed in particolare  della sua rappresentante Ferraro Elena e del socio Tagliavia Francesco.
Le indagini evidenziavano come il Messina Denaro Mario si fosse presentato alle vittime, avvalendosi della reputazione negativa goduta sul territorio castelvetranese in quanto cugino del noto latitante nonché per i suoi trascorsi giudiziari (il Messina Denaro Mario è stato già condannato a 5 anni di reclusione per il reato di estorsione aggravata commessa nel 2008 nei confronti di un imprenditore di Castelvetrano) al fine di chiedere un’ingiusta dazione di denaro intimando alla Ferraro Elena di collaborare con altra clinica operante nel nord italia per poi prospettare la necessità di emettere delle fatture di importo superiore a quanto effettivamente eseguito allo scopo di costituire un  fondo “in nero” da consegnare illecitamente all’indagato che, a suo dire,  l’avrebbe utilizzato per sostenere le famiglie dei detenuti. Lo stesso Messina Denaro Mario, secondo quanto acquisito, avrebbe millantato di ricoprire un ruolo di vertice in seno alla consorteria mafiosa castelvetranese (testualmente si presentava come il capo di tutto) al fine di incutere maggiore timore alle vittime.
All’esito dei servizi tecnici venivano anche escusse le parti offese che confermavano il quadro delle acquisizioni probatorie fornendo un importante riscontro ai fini della successiva emissione del provvedimento restrittivo in argomento.
Gli altri provvedimenti hanno riguardato esponenti contigui al noto mafioso Mazzara Michele al quale viene contestato il reato di intestazione fittizia unitamente ai soci della SPE.FRA. Costruzioni s.r.l. in ordine a tale filone di indagine si realizzava una convergenza investigativa con i carabinieri che pervenivano ad acquisizioni analoghe deferendo all’A.G. i medesimi soggetti per gli stessi fatti. Si acquisivano fonti di prova secondo le quali il Mazzara, sempre al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, aveva fittiziamente intestato la sopra citata impresa SPE.FRA. Costruzioni s.r.l. agli indagati, Spezia Francesco, Agosta Antonella e Matteo (moglie e cognato dello spezia) e Fabiano Francesco, mantenendone la gestione diretta e fruendo degli utili d’impresa.

Monitorando il medesimo filone investigativo emergevano chiari indizi di colpevolezza in ordine a fatti di corruttela emersi nell’esecuzione, da parte della SPE.FRA. Costruzioni s.r.l., di lavori di “manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti presso la casa circondariale ucciardone di Palermo” affidati alla menzionata impresa.

Nel dettaglio si accertava come l’indagato Marino Giuseppe – funzionario tecnico (ingegnere) del Ministero della Giustizia in servizio presso il Provveditorato Regionale del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria di Palermo – avesse ricevuto del denaro per compiere atti contrari al proprio ufficio per evitare alla ditta SPE.FRA. Costruzioni s.r.l. una penale per il ritardo nell’esecuzione nei lavori di cui sopra. per la promessa di pagamento al Marino Giuseppe (di 10.000 euro n.d.r.) venivano deferiti anche gli indagati Spezia Francesco e Pilato Giuseppe (un geometra dipendente della SPE.FRA. Costruzioni s.r.l.).

Nel medesimo contesto investigativo si evidenziavano prove a carico degli indagati Pilato Giuseppe e Torcivia Salvatore (altro funzionario tecnico del Ministero della Giustizia in servizio presso il Provveditorato Regionale del D.A.P. di Palermo) in ordine alla turbativa d’asta, manipolata in favore della menzionata ditta, relativa a due diverse procedure per lavori da eseguirsi presso la casca circondariale ucciardone  di Palermo (una di circa 44 mila euro per la realizzazione di impianti di sicurezza, ed un’altra di circa 37 mila euro per l’allacciamento di impianti tecnologici).
 
I militari del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata – G.I.C.O – del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, con la collaborazione del Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata – S.C.I.C.O. – della Guardia di Finanza di Roma, hanno dato esecuzione a quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, nei confronti di  Giovanni Filardo (50 anni), cugino del boss per parte di madre, la moglie, Franca Maria Barresi (45 anni) e le due figlie della coppia Floriana (26 anni) e Valentina (27 anni) componenti della fitta rete di fiancheggiatori del boss di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, accusati di trasferimento fraudolento di società e valori.

Ulteriori acquisizioni investigative sono confluiti nei provvedimenti eseguiti dai carabinieri nei confronti di Lorenzo Cimarosa  e Antonino Lo Sciuto.

Le investigazioni della Guardia di Finanza hanno permesso di scoprire, oltre alle personali responsabilità penali degli indagati nell’azione di supporto alla latitanza del boss trapanese, l’esistenza di un circuito imprenditoriale preordinato ad assicurare un completo controllo economico del territorio nel settore dell’edilizia e relativo indotto mediante la gestione dell’acquisizione, della spartizione e della realizzazione di importanti commesse, capeggiato proprio dal Filardo che dal carcere, ove all’epoca era recluso, dirigeva di fatto le imprese edili della famiglia, con l’appoggio di altre aziende della zona “disponibili” a supportare gli affari della “famiglia”.
dal luogo di detenzione, infatti, il Filardo impartiva ai suoi familiari (la moglie, le figlie, il cognato e i nipoti) precise disposizioni e direttive sull’attività imprenditoriale, puntualmente recepite e attuate, sostituendosi nella gestione degli affari di famiglia al congiunto detenuto, partecipando fattivamente all’acquisizione delle commesse per la realizzazione di strutture industriali/commerciali nel territorio di Castelvetrano e della provincia trapanese, come parchi eolici, capannoni e punti di ristorazione, curando anche la riscossione dei crediti presso i vari committenti (pubblici e privati) nonché i rapporti con gli istituiti di credito.
Le direttive impartite da Giovanni Filardo hanno riguardato sia la gestione delle aziende edili – con particolare riferimento alle assunzioni, ai licenziamenti, ai pagamenti ed alle riscossioni – sia il progressivo prosciugamento delle disponibilità finanziarie sociali e personali, per eludere l’applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale previste dalla normativa antimafia. per il trasferimento delle somme dai conti correnti bancari e per talune operazioni di banca, una delle figlie si rivolgeva, su indicazione del padre, a impiegate compiacenti di alcuni importanti istituti di credito che con deferenza fornivano la necessaria consulenza.
Con particolare riferimento all’attività di sostegno economico al circuito familiare del latitante garantito dal Filardo emerge la contiguità e il ruolo di responsabilità decisionale raggiunto in seno al sodalizio mafioso da un’altra donna della famiglia Messina Denaro, Anna Patrizia, sorella di Matteo. quest’ultima, artefice d’insistenti pretese di denaro avanzate alla famiglia Filardo, verosimilmente quale contributo dovuto per le commesse ottenute, ha ricevuto somme in acconto corrisposte da Floriana Filardo proprio su indicazioni del padre recluso.
 
Personale della DIA ha eseguito due provvedimenti restrittivi maturati nell’ambito delle indagini condotte da personale della direzione investigativa antimafia, supportate da numerose attività tecniche, nelle quali venivano raccolti una vasta mole di elementi convergenti che, riscontrati da fonti di prova di natura dichiarativa oltre che dalle risultanze investigative, hanno permesso di accertare la commissione di estorsioni, aggravate dal metodo mafioso, da parte di  Messina Denaro Patrizia, sorella del latitante Matteo Messina Denaro e Guttadauro  Francesco, figlio del pregiudicato mafioso Filippo e di  Rosalia Messina Denaro, altra sorella di Matteo.
Secondo la ricostruzione prospettata dagli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia, la sorella ed il giovane nipote del noto latitante, avrebbero indebitamente richiesto a due ereditiere di Castelvetrano (TP), una quota sostanziosa delle cospicue somme di denaro che le stesse avevano ricevuto in eredità a seguito di lasciti di una loro conoscente, recentemente scomparsa.
una delle vittime, La Cascia Girolama, cedendo alle pressioni estorsive,  ha corrisposto a Messina Denaro Patrizia la somma di euro 70.000,00 (settantamila), mediante  assegni  circolari, la cui emissione veniva giustificata da inesistenti operazioni immobiliari.

La Cascia Girolama, seguendo le precise indicazioni impartitegli  da  Messina Denaro Patrizia,  rendeva al personale della D.I.A. false dichiarazioni, al fine di coprire l’attività delittuosa dei propri aguzzini.
Per tali ragioni, le veniva contestato il reato di favoreggiamento e sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari.
L’altra vittima, Campagna Rosetta, restia ad aderire alle illegittime pretese economiche della Messina Denaro, veniva, anche, contattata dal giovane Francesco Guttadauro, che non esitava a sollecitare reiteratamente anche i suoi prossimi congiunti, chiedendo anche a questi la corresponsione delle somme pretese dall’organizzazione criminale alla consanguinea.
Il Giudice delle indagini preliminari, nel provvedimento cautelare, non ha mancato di stigmatizzare come Messina Denaro Patrizia ed il nipote Guttadauro Francesco, per raggiungere i loro fini illeciti, non abbiano avuto necessità di ricorrere a condotte caratterizzate da atti di violenza o all’uso di espressioni apertamente minacciose, essendo sufficiente potersi avvalere della “forza intimidatrice” del vincolo associativo, evocando l’appartenenza, con ruoli apicali e di vertice, dei propri congiunti all’organizzazione criminale di tipo mafioso “cosa nostra”, tanto radicata in quel territorio dal pretendere di imporre anche una propria “imposta di successione” sui cittadini.
 
Oltre all’esecuzione delle misure cautelari personali, il G.I.C.O. e lo S.C.I.C.O. della Guardia di Finanza hanno proceduto, congiuntamente ai Carabinieri  e alla Polizia di Stato, al sequestro preventivo (art 321 cpp; art 12 sexies d.l. 306/92) di nr. 3 complessi aziendali ( B.F Costruzioni s.r.l. – M.G. Costruzioni s.r.l. – Spe.Fra. Costruzioni s.r.l.) riconducibili al latitante ma fittiziamente intestati ai suoi prestanome, costituiti da società operanti nel settore dell’edilizia per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro, il tutto ricostruito con articolate indagini economico – finanziarie.
 




IMU: QUANDO E CHI DEVE PAGARLA

di Maurizio Costa

L’Imu, l’Imposta Municipale Unica, è la tassa che più di tutte grava sulle spalle dei cittadini. La vecchia Ici è stata reintrodotta negli ultimi anni per rimpinguare le tasse dello Stato che, a causa della crisi economica, non versano in condizioni ottimali.
La seconda rata Imu per l’anno 2013 è stata abolita con il Decreto Legge n.133 del 2013. Questo decreto stabilisce chi è esente dal pagamento della tassa ma anche chi deve pagarla comunque. Sono escluse dal pagamento le prime abitazioni e le relative pertinenze, ma chi ha una classificazione catastale di tipo A/1, A/8 o A/9 (case di lusso, castelli, palazzi storici e residenze signorili) dovrà pagare la seconda rata Imu entro il 16 dicembre 2013, cioè lunedì prossimo. Dovranno pagare, sempre entro la stessa data, anche i proprietari di seconde case, di terreni agricoli (coltivati e non) e di fabbricati rurali ad uso strumentale.

I proprietari di seconde case nelle grandi città, come Roma e Milano, non dovranno fare molti calcoli: infatti, dovranno dare la stessa cifra che hanno pagato già per la prima rata, senza nessuna modificazione, dato che l’aliquota era già al massimo imponibile (1,06%).

Negli altri Comuni, invece, la storia è diversa: se l’aliquota è aumentata, bisogna ricalcolare basandosi sull’aliquota del 2013 e sottrarre successivamente l’anticipo della prima rata Imu.

Passiamo adesso alla cosiddetta mini-Imu. Il comma 5 del Decreto Legge n. 133 del 2013 è molto chiaro: il contribuente in possesso di prima casa deve pagare, in misura del 40%, la seconda rata Imu, solamente se il Comune nel quale è locato l’immobile, abbia aumentato, dallo 0,40% allo 0,60%, l’aliquota base per l’abitazione principale. Quindi il cittadino dovrà: calcolare l’imposta Imu applicando l’aliquota secondo la delibera del Comune, poi effettuare lo stesso calcolo applicando l’aliquota base, fare la differenza tra i due calcoli e, infine, calcolare il 40% del risultato. Il termine massimo di pagamento per questa seconda categoria di contribuenti è il 16 gennaio 2014.

Non tutti i Comuni hanno aumentato l’aliquota Imu, quindi non tutti i cittadini dovranno pagare questo 40%. Si calcola che su un totale di 8'093 Comuni, 2'391 abbiano aumentato l’aliquota nel corso del 2013, mentre sono 5'702 i Comuni nei quali, grazie ai Decreti Legge, non si pagherà l’Imu.
Negli ultimi giorni si sta discutendo in aula un provvedimento per ammortizzare il costo del 40% per chi deve pagare la seconda rata; infatti il PD ha proposto di diminuire la TASI, che sostituirà l’Imu dall’anno prossimo, per tutti coloro che abbiano pagato la seconda rata Imu sulla prima casa.

La situazione è molto complicata e sono molte le famiglie di anziani che sicuramente non hanno tutti questi mezzi informatici per calcolare e informarsi: la distanza cittadino-amministrazione aumenta sempre di più insieme al costo delle tasse.
 




LEGA, SCANDALO RIMBORSI: BELSITO SI SFOGA SUI VERSAMENTI IN NERO

A.P.

Parla e si sfoga Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega, durante i vari interrogatori, resi tra il maggio e il luglio scorso, ai pm della procura milanese che indagavano sui finanziamenti al Carroccio. Oltre allo scontato Umberto Bossi, il quale avrebbe speso 500 euro per iscriversi a un sito di poker on line, personaggi tutt’ora in vista della Lega, da Tosi, il sindaco di Verona, a Cota, attuale presidente della Regione Piemonte, dal neo segretario Matteo Salvini a Roberto Calderoli. Belsito avrebbe fatot dichiarazioni pesanti quali quella di aver pagato la fattura di un auto per Cota.  Belsito non risparmia nessuno. Nemmeno il neo segretario Matteo Salvini. «Il nero che gli imprenditori versavano – riporta Belsito in un articolo pubblicatgo da La stampa – veniva utilizzato a volte per la campagna elettorale e veniva gestito senza passare dalle casse del partito. Ad esempio ricordo che Bonomi, in quota Lega per la Sea (la società che gestisce Linate e Malpensa) diede in contanti 20 mila euro a Salvini, circostanza che mi venne riferita dalla Dagrada (segretaria di via Bellerio, ndr). Quindi Salvini per sanare i suoi obblighi di oblazione verso la Lega intendeva girare al partito questa somma, cosa che non mi risulta sia avvenuta». E poi ognuno si dava da fare come poteva per la raccolta fondi. Secondo Belsito ci sarebbero stati parlamentari che si occupavano di telecomunicazioni come Maroni che reperì da Telecom 100 mila euro. Nella sanità, Salvini ebbe la nomina della dottoressa Cantù a capo delle Asl a Milano.  Per non parlare di ben 90 mila euro spesi per l’istruzione di Riccardo, del «Trota» e di Moscagiuro, il capo scorta dell’ex vicepresidente del Senato Rosi Mauro: tre lauree prese in Albania.




TRAPANI, COLPO ALLA MAFIA: ARRESTATI I FAMILIARI DEL BOSS LATITANTE MATTEO MESSINA DENARO

Redazione

Trapani – Un duro colpo all’organizzazione mafiosa capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro e’ stato inferto questa mattina dalle forze di polizia ancora impegnate in un’imponente operazione disposta dalla Procura Distrettuale Antimafia Di Palermo nei confronti dei vertici operativi del mandamento di Castelvetrano. le indagini hanno confermato il ruolo dirigenziale tuttora rivestito dal latitante Matteo Messina Denaro all’interno del mandamento e nella provincia mafiosa, accertandone la funzione di direzione tra le varie articolazioni dell’organizzazione e di collegamento con le altre strutture provinciali di cosa nostra.

Sono stati raggiunti dal provvedimento restrittivo anche familiari del latitante, tra cui il nipote Francesco Guttadauro, la sorella Patrizia Messina Denaro, e i cugini Giovanni Filardo, Cimarosa Lorenzo e Mario Messina Denaro.

Le indagini hanno accertato l’esistenza di un articolato circuito imprenditoriale, che assicurava di fatto il controllo quasi monopolistico nel settore dell’edilizia e relativo indotto, mediante la gestione e la realizzazione di importanti commesse, tra cui opere di completamento di aree industriali, parchi eolici, strade pubbliche e ristoranti. L’organizzazione era, infatti, in grado di monitorare costantemente le opere di maggiore rilevanza del territorio, intervenendo nella loro esecuzione con una fitta rete di societa’ controllate in modo diretto o indiretto da impreditori mafiosi ed elementi di spicco del sodalizio.
con riferimento all’attività di sostegno economico al circuito familiare del latitante, e’ emersa la contiguità e il ruolo di responsabilità decisionale raggiunto in seno al sodalizio mafioso da Patrizia Messina Denaro e da Francesco Guttadauro, rispettivamente sorella e nipote del ricercato.
E’ stata inoltre accertata la diffusa pressione estorsiva esercitata sul territorio anche ai danni di imprese concorrenti e perfino di privati cittadini che avevano ereditato una rilevante somma di denaro. 
Nel quadro delle complessive attivita’, la Guardia di Finanza sta  procedendo, congiuntamente ai Carabinieri  e alla Polizia di Stato, al sequestro preventivo (art 321 cpp; art 12 sexies d.l. 306/92) di complessi aziendali  riconducibili al latitante intestati a prestanome, costituiti da società operanti nel settore dell’edilizia, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.