Ex Ilva, Ugl:” Parte il confronto ma non si entra nel merito!!”

Si è concluso l’incontro, presso Confindustria Nazionale Roma sulla vertenza Ex Ilva alla presenza del management di Arcelor Mittal  e Invitalia.

Per l’Ugl Metalmeccanici hanno partecipato il Segretario  Nazionale Antonio Spera, Francescangeli Daniele Segretario Nazionale con delega alla Siderurgia unitamente ai segretari territoriali Ugl di Taranto, Concetta Di Ponzio e Alessandro Calabrese.

I lavori avviati ed illustrati dall’AD Morselli sul piano industriale partono dalla produzione, illustrando gli impianti principali in attività e quelli che andranno in manutenzione; le attività degli ordini del Forno 5 che sono partite, la costruzione del forno elettrico ch’è in programmazione progettuale per poi essere presentata al ministero dell’Ambiente per la richiesta e successiva approvazione . La produzione parte da 3 milioni di tonnellate per arrivare a 5 milioni nel 2021. Si pensa di riaprire l’acciaieria1, e a seguire i Treni nastri. La novità del piano è la riapertura del tubificio ERV il quale è stato certificato nonostante fosse un impianto chiuso – ribadisce l’A.D. Morselli -, un risultato da evidenziare. A seguire l’illustrazione degli interventi ambientali in essere. In merito al personale , le assunzioni di Ilva in Arcelor è di  10605 lavoratori. Questa convocazione nasce dall’esigenza di coinvolgere il sindacato e condividere un metodo di lavoro con gli addetti ai lavori stabilendo un programma.

L’Ugl Metalmeccanici, a nome del Segretario Nazionale Spera, ha affermato e fortemente ribadito che: ”Richiediamo di entrare nel dettaglio del piano industriale facendo un’analisi che sia realmente congiunta, e che coinvolga l’intera forza lavoro, partendo dai lavoratori in Cigs, in carico all’amministrazione straordinaria dei quali si è persa traccia nelle attuali discussioni”.




Banca Popolare del Lazio e Blu Banca: giro di poltrone ai vertici

Banca Popolare del Lazio ha reso noto che il proprio amministratore delegato, Massimo Lucidi, ha rassegnato le dimissioni dalla carica a far data dallo scorso primo gennaio, annunciando contestualmente la nomina dei nuovi vertici del gruppo.

Massimo Lucidi, pochi giorni dopo aver annunciato le dimissioni dalla Banca Popolare del Lazio, è stato nominato amministratore delegato della controllata Blu Banca in sostituzione di Massimiliano Raiola, cessato dalla carica per decorrenza del termine. Fabrizio Giallatini è il nuovo vice direttore generale.

Il presidente del consiglio di amministrazione, il notaio Edmondo Maria Capecelatro, ha infatti comunicato che, a seguito del progetto di ristrutturazione del gruppo bancario Banca Popolare del Lazio, il CdA ha nominato i nuovi dirigenti che, dal primo gennaio 2021, hanno assunto ruoli apicali della Banca Popolare del Lazio e della controllata Blu Banca Spa (già Banca Sviluppo Tuscia Spa).

Per la Banca Popolare del Lazio sono stati nominati Pietro Musatti come direttore generale e Marco Lenci come vice direttore generale.

Il Consiglio di amministrazione di Blu Banca ha eletto presidente Cesare Mirabelli, vice presidente vicario Carlo Palliccia, vice presidente Edmondo Maria Capecelatro (che è anche presidente della controllante), amministratore delegato Massimo Lucidi, segretario Claudio Iovieno.

Il CdA ha anche nominato membri del comitato degli amministratori indipendenti: Cesare Mirabelli, Claudio Iovieno e Nicola Rossi.

Oltre alle nuove nomine annunciate oggi, fanno parte del Cda di Blu Banca (in considerazione delle nomine dei consiglieri deliberate dall’assemblea dei soci del 17 dicembre) nel ruolo di consiglieri anche Nicola Rossi, Ermenegildo Caliciotti, Silvio Gentile, Ignazio Carbone e Mario Toscano.




Banca Popolare del Lazio, mutui agrari tra Coopcredit e Ampla: il Tribunale di Roma vuole vederci chiaro [L’inchiesta 11 parte]

L’imprenditore agricolo Stefano De Marchi dopo aver richiesto ed ottenuto un mutuo agrario con l’intervento oneroso della Coopcredit (3% sull’importo del mutuo), si è visto negare l’erogazione dalla Banca Popolare del Lazio, dopo la stipula dell’atto di vendita e del mutuo stesso

Respinto dal Tribunale di Roma il ricorso della società di mediazione Coopcredit S.C.p.A nei confronti dell’imprenditore agricolo Stefano De Marchi, titolare dell’Azienda Agricola di De Marchi Stefano che è stato travolto da una vicenda dai contorni paradossali e tutt’ora in corso con la banca Popolare del Lazio.

La grande notizia è che il giudice del tribunale di Roma Francesco Remo Scerrato vuole vederci chiaro su quella che si prefigura come una mediazione creditizia che di fatto non appare necessaria. Perché? Perché è “mediatore chi (Cass. 1447/2000; Cass. 6959/2000) interponendosi in maniera neutrale e imparziale tra due contraenti, deve metterli in relazione e farli pervenire alla conclusione dell’affare, cui è subordinato il diritto al compenso, e ricordato altresì che l’indipendenza del mediatore va intesa come assenza di qualsiasi vincolo o rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario”.

Il giudice ha ritenuto “opportuno non concedere la provvisoria esecutorietà e rimettere al prosieguo ogni migliore approfondimento sugli effettivi rapporti fra l’opposta e la mutuante”. Un grande risultato perché evidentemente, al Tribunale di Roma non appare chiara una situazione che è finita tra le questioni rilevate in un verbale di Banca d’Italia e evidenziate a più riprese nella nostra inchiesta giornalistica sulla Banca Popolare del Lazio.

LE PUNTATE PRECEDENTI DELLA NOSTRA INCHIESTA GIORNALISTICA

Nelle nostre puntate dove siamo entrati nei particolari abbiamo parlato anche dei fatti riportati nel verbale redatto dalla Banca D’Italia dell’anno 2018, rompendo un silenzio disarmante per i cittadini onesti e compiacente, probabilmente, per altri. Una sorta di rigurgito di verità che fino ad oggi ha fatto fatica ad emergere a causa di una presunta immobilità degli organi preposti, primo tra tutti la Vigilanza della Banca D’Italia. Quest’ultima ha anche abdicato al conflitto di interessi, certificato nel proprio verbale, non sanzionato individualmente e quindi ritenuto lecito, con buona pace del controllo sulla sana e prudente gestione.

Eppure, non sembra possa esserci nulla di sano e prudente nei fatti e casi che abbiamo raccontato. Ricordiamo tra tutti il caso Protercave, il caso Ciarla-Masi, la situazione Di Giacomantonio, la posizione Ladaga, alle quali la Vigilanza ha aggiunto i conflitti di interesse del Consigliere Natalizia, e conseguentemente del Dott. Romagnoli, presidente del collegio sindacale della Natalizia Petroli e della Banca Popolare del Lazio, tanto da dimettersi per primo subito dopo i rilievi della Vigilanza.

Sembrerebbe che la Vigilanza abbia fatto tesoro del famoso contenuto della lettera dei soci coraggiosi, lettera da cui è partita la nostra inchiesta, dimostrandone la affidabilità delle affermazioni contenute. Di contro, se la Vigilanza ha ritenuto che non costituiscano conflitto di interessi i fatti dalla stessa individuati, tutti gli amministratori di Banca in futuro potranno regolarsi di conseguenza, sapendo di non incorrere in sanzioni nel caso in cui vengano taciuti i propri rapporti professionali e di fornitura con clienti ai quali venga deliberata una qualche forma di affidamento, anche quando si sia a conoscenza di situazioni di rischio per la Banca che si è chiamati ad amministrare.

Si deve però prendere atto che per la prima volta, e speriamo sia solo l’inizio di un fiume in piena che neanche i più consolidati rapporti tra poteri paralleli più o meno occulti sia in grado di fermare, un Magistrato ha inteso mettere in dubbio la legittimità di uno dei tanti fatti, di quello che a noi sembra un malgoverno della Banca, posti in essere da amministratori non certo specchiati e da questo giornale narrati in tempi non sospetti.

Stiamo parlando della società Ampla, di proprietà della sig.ra Angela Ghirga moglie del sig. Roberto Lucidi, fratello del Ragioniere Massimo Lucidi, (amministratore delegato della Banca Popolare del Lazio ai tempi dei fatti narrati), società che si prestava ad emettere fatture di consulenza alla Coopcredit per ottenere il pagamento di una somma che sembrerebbe aver costituito parte delle somme che la Popolare del Lazio riconosceva a quest’ultima società (Coopcredit) per il lavoro definito dalla Coopcredit di intermediazione tra il cliente agricoltore e la banca.

Questo giornale ha trattato la questione in una puntata di officina stampa, nella quale con stupore ed una certa incredulità andammo a commentare i documenti dai quali risultava che la Coopcredit dopo aver ricevuto dagli agricoltori l’importo di mediazione pari al 3% dell’importo mutuato, provvedeva a saldare le fatture emesse dalla Ampla per prestazioni di consulenza immaginiamo finanziaria;

Sembrerebbe che solo nel primo anno di gestione da parte della Coopcredit, degli affidamenti in materia agricola per conto della Banca Popolare del Lazio, siano stati pagati circa 900mila euro dagli agricoltori a fronte di circa 30milioni di mutui. Di tale passaggio di denaro ne certificò l’esistenza perfino la Banca D’Italia la quale nella propria ispezione del 2018 constatò, mettendolo nero su bianco, della esistenza di tale sistema avendo avuto la possibilità di riscontrare la presenza di fatture emesse dalla Ampla srl a favore della Coopcredit.

Immaginiamo che Massimo Lucidi possa essere rimasto imbarazzato nel dover giustificare tali avvenimenti in Consiglio di Amministrazione, in ogni caso benevolo, per non essere i componenti stati in grado di scagliare la prima pietra, (non va dimenticato il Consigliere che mentre invitava ad acquistare azioni della Banca, si preoccupava di far liquidare quelle del padre venuto a mancare del valore di circa 232.755,00 euro) accontentandosi delle giustificazioni fornite, d qualcuno definite come “giustificazioni fanciullesche”.

Sembra che il ragionier Lucidi ne sia uscito brillantemente alla italiana maniera…. limitandosi ad affermare, nella più classica delle giustificazioni che non fosse a conoscenza dell’esistenza della società Ampla e di tale passaggio di denaro. La storia insegna.

Neanche il famoso Scajola seppe riferire chi gli aveva pagato la casa vista Colosseo, ma almeno lui fu indagato.

Così vanno le cose in Italia, soprattutto quelle bancarie in cui nessuno sa, nessuno vede e sicuramente nessuno interviene salvo fare a scaricabarile quando una banca affonda, in un rimbalzo di responsabilità tra la Banca D’Italia (sulle cui specifiche responsabilità ci piacerebbe tornare a parlare in futuro) che sembra non aver controllato a fondo, la Magistratura che non ha indagato e la Politica che non ha preso provvedimenti.

Viene alla memoria l’affermazione dell’Onorevole Paragone, non a caso fuoriuscito dai 5 stelle, il quale indicava come malato un sistema nel quale le Banche finanziano in modo trasversale i politici, questi ultimi nominano i vertici della Banca D’Italia e la Banca D’Italia dovrebbe prendere provvedimenti nei confronti di quegli amministratori che si sono dimostrati tanto affidabili da finanziare la politica che li ha nominati (i vertici di banca D’Italia).

Finché la giostra gira nessuno ha interesse a fermarla, ognuno ha la sua parte; I politici (vedi caso Verdini/Chiocci/Protercave) ottengono lauti finanziamenti occulti, i dirigenti della Banca D’Italia, se si dimostrano servili alla politica che li ha nominati, mantengono i loro privilegi, gli amministratori della Banche in questo ginepraio sanno che non saranno oggetto di provvedimenti dalla Vigilanza, qualunque Ampla decidano di far girare sulla giostra, fin tanto che saranno in grado di “aiutare” la politica.

Qualcuno potrebbe obiettare ma la magistratura?

Ebbene non vogliamo pensare che la Magistratura, come ha dimostrato il caso Palamara, non sia altro che lo specchio della politica; forse esiste qualche Procuratore che si metta anche solo a guardare come gira la giostra.

In tutto questo girotondo, gli unici che hanno pagato la realizzazione della giostra senza capire come funziona, sono i poveri investitori, in genere i micro-investitori, quelli realmente poveri, le famiglie i pensionati la cui utilità marginale degli investimenti è enorme, i grandi investitori forse sanno per tempo quando devono scendere dalla giostra, disinvestire e recuperare i propri profitti, forse hanno sempre un vocina che li mette in guardia, fa parte delle regole della giostra.

L’attività posta in essere, anche in questo caso non è rimasta priva di effetti per gli investitori della domenica

La vigilanza, infatti, dopo aver accertato i fatti ad essa segnalati, fu costretta a ritenere totalmente prive di efficacia le garanzia Ismea, acquisite grazie all’intervento, evidentemente ritenuto non troppo sapiente, della Coopcredit, con la conseguenza la Banca Popolare del Lazio, su imposizione della Vigilanza dovette eseguire accantonamenti sui mutui agrari anche per la parte che riteneva garantita da Ismea (50%), tanto che nell’anno in esame 2018, la semestrale si presentò in perdita e il bilancio chiuse con il più basso utile degli ultimi quaranta anni. Il valore delle azioni già in declino iniziò una inesorabile ed ancora oggi irreversibile picchiata.

Del resto un altro degli effetti negativi della giostra messa in piedi fu che le migliori e più solide aziende agricole emigrarono verso altri istituti bancari dai quali ottennero affidamenti a costi di gran lunga inferiori a quelli praticati dalla Banca Popolare del Lazio, che dal canto suo richiedeva la percentuale a favore della Coopcredit, un tasso a proprio favore ed uno a favore dell’Ismea oltre a qualche spicciolo per le spesucce di istruttoria; rimasero clienti della Banca solo coloro che non erano solidi ovvero che facevano richieste anomale, quali ad esempio mutui equivalenti all’intero prezzo della compravendita, tutte operazioni ad alto rischio.

Nella nostra inchiesta giornalistica ci siamo imbattuti in una unica grande azienda agricola che ha avuto la forza e la sfrontatezza di affrontare il Drago rifiutandosi di pagare la Coopcredit richiedendo indietro quanto già versato. Vinse la battaglia ma perse la guerra. Dopo aver ottenuto l’esenzione dal pagamento della provvigione a Coopcredit, a tempo debito ma con fermezza gli venne “educatamente” comunicato di accomodarsi alla porta in quanto cliente sgradito.

Ancora oggi nessuno, né la politica, né la vigilanza, né gli organi di indagine hanno mai avuto il coraggio o forse l’interesse di affrontare il Drago, quanto meno a tutela dei piccoli investitori, ciò fino a quando nell’imminente vigilia di Natale un Magistrato del Tribunale di Roma, ignaro del vespaio che ne sarebbe potuto seguire, ha sollevato dubbi sulla legittimità giuridica del rapporto di collaborazione che intercorreva tra la Banca Popolare del Lazio e la Coopcredit, rigettando le richieste di quest’ultima nei confronti di un povero agricoltore, ritenendo opportuno di indagare a fondo sull’”indipendenza del mediatore” Coopcredit, rispetto alla Banca ed all’agricoltore.

Anche quest’ultima vicenda è nota e ne abbiamo già parlato nella puntata di Officina Stampa del 15 ottobre 2020

Si tratta di Stefano De Marchi, che abbiamo avuto ed avremo nuovamente nostro ospite, insieme al suo legale l’Avvocato Francesco Innocenti nella prossima puntata di Officina Stampa del 14 gennaio 2021.

De Marchi avendo richiesto ed ottenuto un mutuo agrario con l’intervento oneroso della Coopcredit (3% sull’importo del mutuo), si vedeva negare l’erogazione dalla Banca Popolare del Lazio, dopo la stipula dell’atto di vendita e del mutuo stesso.

Mentre quest’ultima vicenda è all’attenzione di altri magistrati, l’agricoltore si vedeva anche recapitare una ingiunzione dalla Coopcredit per il pagamento di circa 39mila euro quale provvigione senza la quale sembrerebbe che non avrebbe potuto ottenere il mutuo.

Apprendiamo dalla lettura del provvedimento del magistrato che diversamente da quello che era sempre stato a noi evidente, la Coopcredit quale mediatore avrebbe dovuto essere equidistante tra le parti acquisendo autonomamente il cliente ed adoperandosi al fine di far ottenere un mutuo agrario.

L’evidente anomalia era che il cliente agricoltore non veniva intercettato e reperito dal mediatore Coopcredit e successivamente presentato alla Banca per la richiesta di mutuo, circostanza quest’ultima che forse avrebbe potuto giustificare il pagamento di un importo, per quanto a noi possa sembrare elevato, pari al 3% del mutuo da pare dell’agricoltore, si trattava al contrario di un cliente storico della Banca, che rivoltosi a quest’ultima sembra venisse indirizzato dal ragioniere alla Coopcredit, la quale, non avendo, come certificato dalla vigilanza, acquisito le garanzie Ismea e non avendo acquisito neanche il cliente, deve ritenersi che avesse il solo ruolo di farsi pagare la percentuale sul mutuo quasi fosse una garanzia per l’agricoltore di buon esito della pratica, anche e soprattutto, come accennato, quando il mutuo veniva richiesto, in modo del tutto anomalo, per l’intero prezzo di compravendita.

Alcuni professionisti del campo giuridico riferiscono che tale ricostruzione possa configurare anche ipotesi di reato quali l’estorsione ovvero presunte false fatturazioni emesse dalla Ampla. Per quanto ci riguarda non essendo esperti della materia ci limitiamo ad osservare gli eventi e gli sviluppi della vicenda, sempre che esista ancora qualcuno che abbia interesse a fermare la giostra, piuttosto che continuare a salirci sopra, ed abbia a cuore i piccoli investitori.




Nucleare, Cangemi (Lega) “Cnapi tema delicato, ma Governo lo approva di notte”

“Il tema scorie nucleari è delicato e dovrebbe essere affrontato con massima lucidità da parte del Governo, soprattutto perché interessa territori e cittadini. Invece Conte sceglie di approvare la Cnapi alla chetichella durante un Consiglio dei ministri notturno, con una prova muscolare che non ha visto il coinvolgimento degli enti locali e dei residenti”.

Lo dichiara il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio e consigliere Lega, Giuseppe Emanuele Cangemi.

“Non siamo disposti a  pagare lo scotto di un governo traballante e ormai in crisi. La Regione Lazio – conclude Cangemi – si impegni a tutelare i cittadini del viterbese, che ieri sono andati a dormire tranquillamente e oggi si svegliano con la minaccia di una pioggia di scorie radioattive sul territorio”.




Arma dei Carabinieri, nominato il nuovo comandante Provinciale di Roma

Il Generale di Brigata Lorenzo Falferi, proveniente dal Comando Generale dell’Arma, dove ricopriva l’incarico di Capo Ufficio del Comandante Generale, è il nuovo Comandante Provinciale dei Carabinieri di Roma

Falferi subentra al Generale di Brigata Francesco Gargaro destinato al superiore incarico di Comandante della Legione Carabinieri “Sardegna”, dopo essere stato al Comando dei Carabinieri della Provincia di Roma dal 3 settembre 2018.

Per il Generale Falferi, 54 anni, coniugato, con un figlio, è un ritorno nella Capitale dove, tra il 2001 e il 2005, ha comandato la Compagnia dei Carabinieri Roma Eur. In precedenza aveva già retto le Compagnie di Caltagirone e di Venezia.

Dopo aver lasciato la Compagnia Roma Eur ha prestato servizio all’Ufficio Pubblica Informazione dello Stato Maggiore della Difesa e successivamente ha comandato il Reparto Operativo di Milano, tra il 2008 e il 2011.

Non è il primo Comando Provinciale, quello di Roma, affidato al Generale Lorenzo Falferi avendo già retto il Comando Provinciale di Reggio Calabria, dal 30 luglio 2012 al 2 ottobre 2016. Dopo Reggio Calabria è stato destinato a capo dell’Ufficio Criminalità organizzata del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.

Il Generale Falferi ha iniziato la carriera militare nel 1986, frequentando i corsi dell’Accademia Militare di Modena e della Scuola di Applicazione Carabinieri di Roma e, infine, il Corso di “Istituto Superiore Stato Maggiore Interforze” presso il Centro Alti Studi della Difesa in Roma; è laureato in “Giurisprudenza” e in “Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna”, ha conseguito altresì il “Master di formazione in Esperti in problemi di Cooperazione e sicurezza internazionale”, il “Master in Studi Internazionali Strategico Militari” e il “Master in Strategia Globale e Sicurezza”; è stato insignito delle seguenti onorificenze: Croce d’Oro per anzianità di Servizio Militare; Medaglia Mauriziana al Merito Militare di 10 Lustri; Medaglia d’oro al Merito di Lungo Comando; Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.




Finlandia, esteso ai 18 anni l’obbligo scolastico

Mentre in Italia ci si arrovella sulla questione della riapertura o meno delle scuole a gennaio e sui rischi legati alla pandemia relativamente alla frequenza scolastica, il governo finlandese ha deciso di innalzare l’obbligo scolastico dagli attuali 16 anni ai 18.

La Finlandia sia aggiunge cosi ai quattro Paesi europei dove è in vigore l’obbligo dell’istruzione a 18 anni: Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e Germania.

Infatti, il Parlamento ha approvato lo scorso 15 dicembre una proposta che estende in tale direzione l’istruzione obbligatoria. Allo stesso tempo, l’istruzione secondaria superiore sarebbe gratuita per gli studenti dell’istruzione obbligatoria estesa. La riforma migliorerebbe anche l’orientamento degli studenti e svilupperebbe l’istruzione nella fase di transizione; la riforma entra in vigore il 1 ° agosto 2021. I giovani che terminano la loro istruzione scolastica completa nella primavera del 2021, principalmente i nati nel 2005, sarebbero i primi a essere interessati dalla riforma.

Il ministro dell’Istruzione finlandese. Jussi Saramo

L’estensione dell’istruzione obbligatoria è uno degli obiettivi fissati nel programma governativo. La riforma mira ad aumentare il livello di istruzione e competenza dei finlandesi, a ridurre i divari di apprendimento ed ad aumentare l’uguaglianza e la non discriminazione nell’istruzione. L’estensione dell’istruzione obbligatoria dovrebbe contribuire ad aumentare anche il tasso di occupazione.

Nonostante le numerose iniziative pubbliche a sostegno, circa il 16 % dei giovani non riesce ancora a completare una qualifica secondaria superiore e non è più possibile cavarsela nella vita e nella vita lavorativa con la sola istruzione di base. Con l’estensione della scuola dell’obbligo, a ogni giovane sarà quindi garantito un titolo di scuola secondaria superiore, secondo una dichiarazione del ministro dell’Istruzione.

Secondo la nuova legge, l’istruzione obbligatoria termina quando un giovane raggiunge i 18 anni od ha completato un ciclo di studio secondario superiore (il programma di scuola secondaria superiore e l’esame di immatricolazione o un titolo di istruzione secondaria superiore professionale). Istruzione e i pasti quotidiani (come avviene attualmente) restano gratuiti, insieme a libri di testo e altri materiali necessari per l’insegnamento, strumenti, abiti da lavoro e materiali, nonché i cinque test richiesti per completare l’esame finale, comprese le ripetizioni di test non superati. Anche il percorso verso la scuola per viaggi di 7 chilometri o più resta gratuito al livello secondario superiore mentre rimane a carico dello studente l’attrezzatura speciale necessaria per gli studi, come strumenti musicali ed attrezzature sportive. L’istruzione continuerà ad essere gratuita fino alla fine dell’anno solare in cui lo studente compie 20 anni, ed il periodo di istruzione gratuita potrebbe anche essere prolungato per giustificati motivi, ad esempio a causa di malattia od altri motivi specifici

Ai fornitori di istruzione scolastica completa compete intensificare l’orientamento degli studenti negli anni 8 e 9 della scuola dell’obbligo con particolare attenzione alla preparazione degli studenti per la fase successiva degli studi. Prima della fine dell’ultimo anno dell’istruzione scolastica di base, gli studenti devono presentare domanda per l’istruzione secondaria superiore, od un altro tipo di istruzione nell’ambito dell’istruzione obbligatoria. L’obbligo della domanda continuerà fino a quando lo studente non avrà trovato un istituto ove studiare. Allorquando gli studenti abbiano completato l’istruzione scolastica completa, il fornitore di questa rimane responsabile della guida, del supporto e della supervisione delle prestazioni degli studenti dell’istruzione obbligatoria.

Se uno studente che sta completando l’istruzione scolastica inferiore non riesce a ottenere un nuovo posto di studio, il responsabile del livello di istruzione inferiore è obbligato a informare le autorità locali del comune di residenza dello studente, che quindi prendono il giovane sotto la loro guida. Il comune deve esaminare la situazione generale del giovane e il suo bisogno di sostegno insieme allo studente ed al suo tutore o altro rappresentante legale; la riforma include inoltre un pacchetto di disposizioni per istruzione nella fase di transizione, da introdurre nel 2022.

Sui costi a copertura della spesa per il bilancio statale, le seguenti risorse finanziarie sono state allocate nel Piano Fiscale Generale dello Stato: complessivamente 22 milioni di euro nel 2021, 65 milioni nel 2022,107 milioni nel 2023, 129 milioni nel 2024.

Poiché la modifica legislativa riguarda una fascia di età per volta, la necessità di stanziamenti aggiuntivi aumenterà gradualmente ed essendo la durata media degli studi nell’istruzione secondaria superiore e nell’istruzione per la formazione professionale di circa tre anni, significa che la necessità di stanziamenti aggiuntivi sarà pienamente soddisfatta nel 2024.

La deputata socialdemocratica Eeva-Johanna Eloranta, in un suo intervento a difesa della riforma, osteggiata dalla destra all’opposizione, ha definito ‘limitati’ gli oneri finanziari derivanti dalla riforma poiché, con le sfide economiche e occupazionali causate dall’epidemia di COVID-19, in futuro l’impegno per estendere l’istruzione sarà molto più importante, anche con la stima che questa l’estensione dell’obbligo scolastico possa comportare un incremento del 4% del tasso di occupazione, e questo perché il tasso di occupazione di diplomati dalla scuola secondaria inferiore è di poco superiore al 40%, mentre quello dei diplomati di scuola media superiore o professionale lo è di più del 70%. Un aumento dell’occupazione solo dell’1% genererà un’entrata di circa 700 milioni di euro in più nelle finanze pubbliche e quindi. tenendo presente questo fattore, il costo della riforma non è elevato.




7 Gennaio 1978 via Acca Larenzia: una strage necessaria per qualcuno…

Grave la situazione politica italiana in quell’inizio del 1978 in cui si inserisce quella che viene ricordata come la “Strage di Acca Larenzia”. Un quadro politico che vede a rischio rottura quell’equilibrio democratico di quei partiti che avevano governato il Belpaese per oltre un trentennio.

“La crisi del governo Andreotti, – riportava l’Unità dell’8 gennaio del 1978 in un articolo a firma Emanuele Macaluso – non sorge quindi da un improvviso ripensamento del partito Comunista Italiano ma dall’incapacità oggettiva e soggettiva del governo di delineare una prospettiva chiara leggibile incisiva di fronte alle masse popolari per impegnarle fino in fondo nello sforzo di superare la crisi e non per vivere alla giornata.

Questo il quadro in cui si inseriscono i gravi fatti di via Acca Larenzia del 7 e 8 gennaio 1978 anno in cui la Democrazia Cristiana stava vagliando una possibile alleanza con il partito Comunista (compromesso storico) per la formazione di un nuovo governo che sfociò successivamente nel rapimento di Aldo Moro.



E la questione di rilevanza politica evidenziata all’epoca soprattutto da Civiltà Cattolica e da Carlo Donat Cattin era quella che la DC non poteva certamente formare un governo con il partito Comunista senza prima aver ottenuto l’assenso dal congresso e soprattutto da una conferma che poteva arrivare solo dalla consultazione elettorale.

Un clima di odio politico, dunque, quello che si respirava e che veniva amplificato dai vari media, soprattutto quelli schierati con determinati partiti che richiamavano al bisogno di recuperare quei valori democratici.

E dopo un decennio dei tragici fatti del Tuscolano in un covo delle Brigate Rosse di Milano viene trovata una mitraglietta modello Skorpion con la matricola ancora intatta: si tratta dell’arma che ha ucciso nel marzo del 1985 l’economista Ezio Tarantelli, nel febbraio 1986 l’ex sindaco di Firenze Lando Conti e nell’Aprile 1988 il senatore Roberto Ruffilli.

I periti accertano inoltre che la mitraglietta CZ 61 Skorpion calibro 7,65 era anche la stessa usata ad Acca Larenzia il 7 gennaio 1978 e poi usata anche nel sequestro di Aldo Moro.

Si scopre anche che la Skorpion nel 1971 era stata acquistata dal cantante Jimmy Fontana, collezionista di armi, poi venduta nel 1977, un anno prima dei fatti del Tuscolano, al funzionario di polizia Antonio Cetroli deceduto nel 2005 che si sarebbe sbarazzato dell’arma finita poi nelle mani di un soggetto abitante al Tuscolano che utilizzava la Skorpion nelle vicine grotte della Caffarella per esercitarsi.

Ma il funzionario di polizia prima nega di avere avuto contatti con il cantante (Jimmy Fontana) e poi ammette di essersi interessato all’arma di Fontana, ma come collezionista.

Sulle basi delle confessioni di una pentita il 30 Aprile 1987 il giudice istruttore Guido Catenacci spicca 5 ordini di cattura contro i presunti appartenenti ai nuclei armati per il Contropotere Territoriale responsabili dell’agguato ai giovani missini. Tra questi c’è Mario Scrocca figura fondamentale per capire da chi è perché era stato compiuto l’eccidio.

Per la magistratura infatti è il Mario visto dalla pentita nella casa dove si svolgevano le riunioni degli estremisti.

All’epoca dell’eccidio Scrocca aveva 19 anni e militava in Lotta Continua e l’ordine di cattura contro di lui parla di duplice omicidio, tentato omicidio, associazione sovversiva e partecipazione a banda armata.

Il 30 Aprile 1987 Mario Scrocca varca il cancello del carcere romano di Regina Coeli dove viene interrogato dai magistrati catenacci e Ionta ai quali nega di aver partecipato all’azione armata di 9 anni prima pur ammettendo la sua militanza politica dell’epoca ma il giorno dopo viene trovato impiccato ad una inferriata con un rudimentale cappio fatto con un asciugamano.

Mario Scrocca non corrisponde all’identikit fatto dal sopravvissuto Maurizio Lupini

L’intervista di Chiara Rai a Maurizio Lupini sopravvissuto alla strage di Acca Larenzia

Maurizio Lupini, tra i sopravvissuti alla strage, ha dichiarato che l’identikit che era stato fatto dagli inquirenti su sue indicazioni a una delle persone del commando, che aveva poi portato all’arresto di Mario Scrocca non corrispondeva assolutamente a quest’ultimo. Lupini ricorda chiaramente che la persona da lui descritta nell’identikit aveva un viso “quadrato”, “capelli lisci”, un po’ “grassoccio” e al momento della strage portava un paio di occhiali Ray Ban con lenti fotocromatiche tendenti al giallo.

*I fatti:

Sono le 18,23 del 7 gennaio del 1978. Via Acca Larenzia, nel quartiere romano del Tuscolano, è, più che una via, una piazzetta. Uno slargo non percorribile dalle auto, fra due strade. Un piazzale dove i ragazzini amano andare a fare due tiri al pallone. Un’area su cui affaccia l’ingresso della sezione del Tuscolano.

Cinque ragazzi, appartenenti a quella sezione, stanno per andare a raggiungere altri camerati per un volantinaggio. Appena escono dalla porta blindata, vengono investiti da una scarica di piombo. Gli assassini – cinque o sei, questo non si saprà mai con certezza – sono appostati dietro alcune colonnine di pietra che impediscono l’accesso alle auto, in basso. In alto c’è la scalinata su cui cadrà, colpito a morte, Francesco Ciavatta. Il primo ad uscire, Franco Bigonzetti, il più visibile dei cinque, data la sua mole, ma soprattutto per il bianco dell’impermeabile che era solito indossare, viene colpito ad un occhio. L’arma, verrà poi stabilito in sede autoptica, è di grosso calibro, almeno una 38 special. Il suo corpo si alza da terra, all’impatto, e lui cade, già senza vita, con le braccia aperte e il viso rivolto verso il cielo. Il secondo, Francesco Ciavatta, tenta una fuga disperata su per la scalinata, ma verrà anche lui raggiunto alla schiena da un colpo di 38. Morirà in ospedale il giorno dopo.

Gli altri tre, Giuseppe D’Audino, Vincenzo Segnieri – rimasto ferito ad un braccio – e Maurizio Lupini, riescono a chiudersi dentro

Inutilmente gli aggressori si scagliano contro quella porta, scaricando la loro rabbia e le loro bestemmie sul corpo inerte di Bigonzetti, su cui sparano anche una raffica dalla mitraglietta Skorpion cal. 7,65 – una delle armi utilizzate nell’agguato. Dopo quarant’anni, gli autori di questo attentato non sono stati individuati, nonostante fossero – e siano tuttora – evidenti molti elementi per le indagini, molte ‘piste’, che non si sono volute seguire. Ma che, se si fosse indagato, avrebbero portato certamente all’arresto degli assassini.

Cè pero anche una terza vittima

Il giovane Stefano Recchioni, accorso, il giorno dopo, con altri amici sul luogo dell’eccidio, colpito al capo, nei disordini seguiti alla strage, da un proiettile cal. 7.65, partito non s’è mai saputo da quale arma in pugno a chi. Del fatto fu incolpato all’inizio un capitano dei carabinieri, poi scagionato.

*Ricostruzione di Roberto Ragone pubblicata su questo quotidiano:




Pomezia, istituito il primo coro polifonico della città: 40 elementi diretti dal Maestro Roberto Bonfè

POMEZIA (RM) – Promuovere e valorizzare il territorio attraverso la diffusione della cultura musicale. Con questo spirito nasce il “Coro della Città di Pomezia”: il primo coro comunale cittadino. 

A guidare i 40 elementi, appartenenti all’associazione Nisi Vox, il Maestro Roberto Bonfè. Ricco il repertorio musicale del coro, che abbraccia principalmente lo stile della polifonia contemporanea.

Sono il blu e il rosso, i colori dello stemma comunale di Pomezia, a identificare i componenti del coro grazie ad una coccarda bicolore che indosseranno in occasione delle varie esibizioni in Città. 

“Pomezia apre la porta dei sogni alla musica – ha affermato la Vice Sindaco Simona Morcellini – il suono, le note e le voci come vibrazioni di luce che illuminano i cuori. È una grande emozione presentare il primo coro della nostra Città, un progetto importante che fa parte di un più ampio percorso di valorizzazione culturale di Pomezia che stiamo portando avanti con passione. Abbiamo deciso di istituire un coro che testimoniasse la nostra Città, nelle sue tradizioni come nel suo slancio verso il futuro, spartito di unione delle frequenze della comunità. Ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno risposto al bando pubblico manifestando la propria disponibilità a collaborare”. “Siamo molto contenti di questo riconoscimento – ha commentato il Maestro Bonfè – segno tangibile dell’apprezzamento per il lavoro svolto negli anni nell’ambito della musica e della cultura a livello amatoriale. Crediamo nelle associazioni corali e nell’importanza di mantenere una cultura musicale, fonte di aggregazione e di stare bene insieme”.

“Siamo lieti di accogliere il primo coro comunale cittadino – ha sottolineato il Sindaco Adriano Zuccalà – composto da 41 elementi, tutti pometini. L’associazione Nisi Vox e il Maestro Bonfè sono ben noti sul nostro territorio per le loro doti artistiche, capaci di emozionare il cuore del pubblico. Avremmo voluto assistere ad una loro esibizione già durante queste festività natalizie, ma la pandemia da Covid-19, e le conseguenti restrizioni in vigore per contenere il contagio, ce l’hanno impedito. Auspichiamo che in questo 2021 ci sia modo di arricchire gli eventi cittadini con la loro bravura”.




Venezia, progetto “Life Vimine”: salvati 100 ettari di barene grazie all’ingegneria naturalistica

Gargano Dir. Generale ANBI: “Un ambiente lagunare ben conservato contribuisce a sostenere l’occupazione”

Sono 95, gli ettari di barene (terreni di forma tabulare tipici delle lagune, periodicamente sommersi dalle maree) della laguna nord di Venezia (tra la palude dei Laghi e le isole di Burano, Mazzorbo, Torcello), protetti dall’erosione, in particolare causata dal moto ondoso, grazie al progetto Life Vimine, co-finanziato dal programma Life+Nature 2012 della Commissione Europea.

I soggetti aderenti, tra cui il Consorzio di bonifica Acque Risorgive, hanno deciso, dopo i positivi risultati della fase sperimentale, di dare seguito a questa attività, estendendo gli interventi protettivi ad altre barene e paludi più interne nella laguna.

Per proteggere i quasi cento ettari di barene sono state utilizzate, nei quattro anni di sperimentazione, 4.000 fascine prodotte con legno locale, infissi 11.000 pali in laguna, rimossi 60 metri cubi di rifiuti.

“Esemplare della moderna Bonifica – evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – il progetto Life Vimine, attraverso piccoli interventi di ingegneria naturalistica a basso impatto ambientale, prevede l’utilizzo di materiale biodegradabile, principalmente legno e fascine di rami, proveniente perlopiù dall’attività di gestione forestale e manutenzione idraulica, eseguita dall’ente consorziale nella Terraferma veneziana.”

A spingere i soggetti attuatori di “Life Vimine” (oltre al Consorzio di bonifica: il Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia; la Regione Veneto; il Comune di Venezia; l’Università di Padova) a continuare l’attività con la sottoscrizione di una convenzione della durata di ulteriori 5 anni è anche il coinvolgimento delle comunità locali.

“Un’attività come il progetto Life Vimine – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – non solo consente di proteggere un ambiente di grande valore ambientale in modo integrato e sostenibile, ma crea nuovi e stabili posti di lavoro per manodopera qualificata, costituita ad esempio dai locali pescatori. Inoltre, un ambiente lagunare ben conservato contribuisce a sostenere l’occupazione, legata ad attività come pescaturismo, ecoturismo e, più in generale, al turismo sostenibile.”

A supporto del progetto si è svolta anche un’intensa attività di comunicazione, che ha coinvolto circa 27.000 persone con la promozione di buone pratiche, quali la riduzione della velocità in barca e la segnalazione di criticità riscontrate nelle barene, come l’abbandono di rifiuti.

“La sperimentazione – conclude Carlo Bendoricchio, Direttore di “Acque Risorgive” – ha confermato che si tratta di un metodo di intervento rispettoso delle valenze ecologiche e paesaggistiche dei fragili ambienti lagunari, nonchè sostenibile dal punto di vista sociale ed economico.”




“Copid 2020”: la segnalazione di Luciano Sciurba, un grande “cronista di strada”

Senza un minimo d’imbarazzo, senza deontologia, senza pudore e soprattutto senza chiedere…. le foto, i testi e didascalie del noto fotoreporter de Il Messaggero per l’area dei Castelli Romani Luciano Sciurba vengono costantemente copiate e messe su siti di giornali online che però proteggono con tanto di Copyright le foto sgraffignate al cronista.

Ma non sarebbe meglio chiedere?

Questa è un po’ la domanda che si fa Luciano Sciurba come altri colleghi che fanno dell’originalità il proprio punto di forza in un mestiere sempre più da tastiera e meno da strada, ma Luciano è un cronista di strada, uno di quelli che si precipita sul posto e scatta con l’occhio di chi ha una esperienza ventennale sul territorio.

Sciurba ha chiamato questo fenomeno “Copid 2020”, perché virale è ormai diventata questa condotta di prendere, magari modificare qualche parola o i contorni della foto e poi pubblicare a tutto spiano: “Copiano soprattutto – dice Sciurba intervistato da L’Osservatore d’Italia – i testi dei vari fatti di cronaca che escono su Il Messaggero online. Io li chiamo spesso “leoni da tastiera” che guardano le altre testate, prendono e incollano tutto, spesso e volentieri incollano anche dei piccoli refusi…

Dietro alla firma di un giornalista o allo scatto di un fotoreporter c’è un lavoro professionale fatto sul campo con tanti rischi che si corrono, alle “simpatie” e “antipatie” che si riscuotono a seconda di ciò che si racconta, alle gogne mediatiche e non, ai pettegolezzi di alcuni neo colleghi o aspiranti tali cui piace screditare per chissà quali meccanismi e inneschi.

“Il lavoro di cronista di strada – continua Luciano Sciurba – comporta tanti rischi e pericoli e questo accadeva sia prima del Covid che a maggior ragione in questo momento delicato di pandemia che richiede un grande sforzo psicofisico. E vedere che qualcuno fa copia incolla di foto o testi sul web dopo che svolgi un duro lavoro fatto sul campo è una cosa molto fastidiosa per non usare altri termini. Non me ne faccio un problema personale perché da oltre 20 anni lavoro sul territorio ma è una condotta che non posso avallare, proprio non si fa! Se serve qualcosa si può anche provare a chiedere, non c’è nulla di male. Non significa che se sono in molti a copiare e incollare allora diventa quasi consentito farlo, le persone corrette non lo devono fare”.

Finirà questo copia e incolla virulento sfruttando il lavoro altrui per qualche click sul proprio sito?

Chi approccia a questo mestiere adesso non può pretendere di avere gli stessi contatti che ha una persona sul campo da 20 anni, ci vuole rispetto e scarpe comode per iniziare a camminare!

Ecco una delle foto più recenti di Luciano Sciurba in top alla classifica delle più copiate…

Può sembrare banale ma in piena pandemia, uscire e scattare un ingresso di un nosocomio evidentemente non è così scontato… meglio fare un autentico “Copid 2020”.

L’intervista [VIDEO] di Chiara Rai a Luciano Sciurba – cliccare sull’immagine per seguire




Roma, Polo Museale: il Comitato striglia il M5S. Le Opposizioni chiedono la Commissione Patrimonio

Il Comitato torna alla carica e striglia la maggioranza M5S di Palazzo Senatorio, che, astenendosi, ha provocato la bocciatura della mozione sul Polo Museale dei Trasporti da parte dell’Assemblea Capitolina. Il disappunto nella lettera aperta diretta al Presidente del gruppo consiliare, Giuliano Pacetti: «avete allungato l’agonia della struttura», rimarca, «non vogliamo pensare che il sito sia vittima delle logiche partitiche».

La débâcle il 23 dicembre scorso, nell’ultima seduta del Consiglio prima della pausa per le festività natalizie. Durante l’illustrazione la consigliera Svetlana Celli, promotrice dell’atto, richiama l’attenzione sullo stato di conservazione, pulizia e decoro dell’area, con particolare riferimento al materiale rotabile e all’archivio documentaristico. «In «almeno due vetture storiche ci piove dentro per le mancate manutenzioni –affonda – e le pulizie come la guardiania lasciano a desiderare. È mai possibile, mi domando? Sono beni vincolati ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 e similari». Silenzio.

«La mozione raccoglie i reiterati appelli del Comitato rimasti inevasi – prosegue l’esponente – e spinge l’Amministrazione ad intraprendere un percorso con la Regione Lazio, l’assessore ai trasporti Mauro Alessandri è favorevole, in cui coinvolgere quelle stesse realtà associative. Sono necessari interventi immediati». Altro silenzio.

La Celli spiega inoltre che il Consiglio dell’VIII Municipio ha approvato un atto analogo all’unanimità – M5S compreso – e che Roma Capitale è coinvolta in quanto il Polo Museale «svolge un ruolo importante nel tessuto sociale e culturale capitolino» e, soprattutto, perché il mezzi e l’archivio sono di proprietà Atac, società controllata al 100 per cento: «Lo dichiara l’Amministratore Unico Giovanni Mottura nella nota inviata all’assessore Alessandri».

Il documento cui fa riferimento è del 27 novembre: «L’area espositiva in parola ricompresa nelle pertinenze della Ferrovia Roma Lido – scrive il patron dell’Azienda – e quindi attualmente destinata a seguire le procedure di dismissione della Ferrovia da parte di Atac SpA in favore della Regione Lazio Ente proprietario dell’infrastruttura. Per contro, i rotabili d’epoca esposti nell’area ed un considerevole archivio storico documentale e fotografico sul trasporto pubblico a Roma sono di proprietà di Atac SpA».

Un passaggio chiave, che fuga ogni dubbio su chi deve fare cosa per salvare dalle intemperie e dalla ruggine i pregiati pezzi. Ma nemmeno questo è servito a convincere la maggioranza. Che, compatta, si è astenuta, consapevole di avere la supremazia numerica e di mandare al macero la mozione. E senza dare una giustificazione plausibile o illustrare quanto meno un piano di salvataggio alternativo. Il risultato è ormai noto. Su 25 consiglieri presenti, 20 hanno dato forfait, quelli del M5S, meno la consigliera Catini che si è unita al voto favorevole delle opposizioni.

Da qui il rimprovero del Comitato al capogruppo Pacetti. «Il Polo di Piramide è l’unico spazio, pubblico, a custodire la memoria storica dei trasporti di Roma e del Lazio che, nel tempo, si è trasformato in una valida piattaforma di attività e di cultura», ricorda nella lettera trasmessa il 2 gennaio. «È, inoltre, agricoltura biologica, biodiversità (nello spazio del museo sussistono cinque diverse specie di palme), sostenibilità ambientale: è presente un piccolo orto-bio curato dagli Anziani del Centro Ostiense, che hanno insegnato ai ragazzi l’amore per la terra e del vivere bene insieme».

«Non vogliamo pensare che alla Sua area politica interessi poco, o nulla, la difesa di tale e preziosa realtà o che la stessa sia stata vittima di logiche partitiche, lontane dai principi e dagli obiettivi sociali e culturali dello scrivente Comitato. Comunque sia, troviamo incomprensibile il voto di astensione. Perché mortifica il lavoro da noi svolto in questi anni, molto apprezzato dal territorio, e rinvia a data da destinarsi l’azione di riqualificazione e conservazione che, al contrario, sono urgenti e improcrastinabili».

Intanto, all’indomani del voto in Aula, la Celli insieme ai colleghi Pelonzi e Bulgarelli del Pd e Politi della Lega hanno chiesto, al Presidente Commissione Patrimonio Francesco Ardu (M5S) di convocare una seduta «al fine di al fine di riaprire al pubblico il Polo Museale, e predisporre un adeguato servizio di guardiania onde evitare danneggiamenti e/o furti. Si chiede inoltre di valutare l’opportunità di convocare la commissione congiunta a quella Mobilità visto l’argomento di cui tratta». «Il comma 2 dell’articolo 90 del Regolamento del Consiglio Comunale stabilisce che in questi casi, cioè quando la richiesta di una Commissione è formulata da un terzo dei suoi componenti – chiosa l’esponente della Lista Civica – il Presidente è tenuto a riunirla entro sette giorni, inserendo all’Ordine del Giorno le questioni proposte».