Banca Popolare del Lazio, dalla lettera di “soci coraggiosi” alla fusione tra Blu Banca e Banca Valconca

Ancora al centro dell’attenzione del nostro quotidiano la fusione tra Blu Banca – la collegata del gruppo Banca Popolare del Lazio – e la Banca Popolare Valconca. In questa fase il ruolo dei media è importante perché funge anche da archivio storico della cronaca e critica degli ultimi tempi e permette di trarre conclusioni ragionevoli e coerenti con i fatti. Nel caso contrario, con l’appiattimento dei media spesso assoldati ai poteri forti, la memoria svanisce e si resta in balia del buono e del cattivo tempo.
E così, siamo qui a ricordare con tanto di video ritrovato, le parole che neppure due anni fa spendeva per la Banca Popolare Valconca l’attuale direttore generale Dario Mancini che con soddisfazione parlava del rilancio della popolare con la sua identità, appartenenza e valori, parlava di riduzione dei crediti deteriorati di oltre 75 milioni euro e approvazione bilancio con buone prospettive per il futuro da presentare in quella che era la prossima assemblea dei soci.

L’INTERVISTA DEL 2020 AL DG DI BANCA POPOLARE VALCONCA

Oggi, lo stesso Mancini pieno di speranze che soltanto due anni fa parlava di rilancio, giustifica la fusione con Blu Banca come se fosse l’unica via d’uscita per garantire un futuro a Valconca che naviga in brutte acque.

Intervista AL DG DI BANCA VALCONCA DEL 2022

Una banca che con la fusione andrebbe a perdere definitivamente la sua identità come del resto ha detto l’ex presidente Valconca Gianfranco Vanzini che stiamo cercando per farci una chiacchierata e anche Federconsumatori Rimini Graziano Urbinati che ha espresso preoccupazione per i soci Valconca e per questa fusione.

L’Osservatore d’Italia con questo “richiamo” giornalistico ha inteso mettere a confronto anche questi due spezzoni di video per capire meglio l’evoluzione di una banca “sana” due anni prima e che due anni dopo si trova talmente sull’orlo del default e che deve affrettarsi a garantirsi un futuro con la fusione con Blu Banca, costola del gruppo Banca Popolare del Lazio presieduta dal notaio Edmondo Maria Capecelatro che con grande sorpresa siede addirittura nel Consiglio di amministrazione della Banca Popolare Valconca. Strane coincidenze. A breve usciremo con una nuova puntata…

DI SEGUITO TUTTI GLI ARTICOLI DE L’OSSERVATORE D’ITALIA SU BANCA POPOLARE DEL LAZIO




YouTube si rifà il look per le esigenze dei più giovani

YouTube si rifà il look. Google cambia il modo di presentare i formati video sia sulla versione web che app, iOS e e Android, della popolarissima piattaforma. Come anticipato su Twitter dall’account ufficiale TeamYouTube, poi confermato sul blog del servizio, si vedranno presto tre menu distinti per altrettante tipologie di filmati. Uno per i video classici, il secondo per gli shorts e il terzo con le dirette degli utenti. La volontà sarebbe quella di riportare i più giovani sulla piattaforma, cercando di controbattere all’ascesa di rivali come Tik Tok. Quando si fa partire un cosiddetto “shorts”, il contenuto di breve durata, l’app mostreranno anche altri video dello stesso formato, sia dell’autore del primo che di altri correlati. Questo, per il team di YouTube, dovrebbe incrementare il tempo di fruizione dei filmati brevi. A fine settembre, il colosso americano aveva dichiarato la volontà di ampliare il programma di retribuzione per i creator, consentendo a più utenti di ricevere contributi per i loro video. Dal 2023, basterà raggiungere una soglia di 1.000 iscritti e 10 milioni di visualizzazioni sugli short in 90 giorni per entrare nel Partner Program. La riprogettazione di sito e app segue un altro importante aggiornamento di YouTube che ha introdotto, qualche settimana fa, gli “handle”, ossia la possibilità di scegliere un nome utente diverso per il proprio canale. Gli username permetteranno ai creatori di identificare il proprio canale e interagire meglio con gli spettatori attraverso gli shorts, le pagine e i commenti. Con queste modifiche la piattaforma video più famosa al mondo diventa ancora più fruibile e funzionale per i più giovani senza stravolgere quanto è presente nella versione attuale.

F.P.L.




Primo decreto sulla giustizia. Misure su Covid e rave

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto unico sulle misure per il Covid, i rave party e il carcere ostativo. Tra le misure decise nel decreto c’è anche il rinvio al 30 dicembre dell’attuazione della riforma Cartabia.

E’ stata inoltre approvata la nomina dei 31 sottosegretari e degli 8 viceministri. Stop all’obbligo vaccinale anti-Covid per medici e professioni sanitarie. Resta, invece, l’obbligo di mascherina negli ospedali e nelle Rsa.

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto unico sulle misure per il Covid, i rave party e il carcere ostativo.Tra le misure decise nel decreto c’è anche il rinvio al 30 dicembre dell’attuazione della riforma Cartabia. Stop all’obbligo vaccinale anti-Covid per medici e professioni sanitarie. Resta, invece, l’obbligo di mascherina negli ospedali e nelle Rsa.

LA CONFERENZA STAMPA “Abbiamo proceduto ad approvare un primo decreto che secondo me è molto importante. Per me è a tratti simbolico”, ha detto Meloni. “Avevamo promesso che saremmo stati veloci e veloci siamo stati”. “Sono molto contenta delle misure approvate sulla giustizia”, ha aggiunto Meloni. La premier si lascia andare anche ad una battuta: come avete visto “ho anche tolto il bavaglio al ministro Nordio”, ha detto alludendo ad alcune ricostruzioni giornalistiche.”Se ricordate, nella relazione che ho fatto in Parlamento avevo detto che la lotta alla criminalità organizzata era uno degli obiettivi del governo, e sono contenta che il decreto contenga una norma che va in questo senso, quella sull’ergastolo ostativo, una materia che ci sta a cuore”, ha detto la presidente del Consiglio.”C’è una corsa contro il tempo per la manovra, nel prossimo cdm del 4 novembre si aggiornerà la Nadef e si potrebbe aprire il dossier energia”, ha detto Meloni. Nel Consiglio dei ministri di venerdì “spero ci saranno alcuni primi provvedimenti sull’energia, al netto di quello che deve essere previsto con la Legge di bilancio”. Così in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Da venerdì, ha aggiunto, “passiamo a parlare di economia, spero anche di energia con alcuni primi provvedimenti. E poi ci saranno le deleghe ai ministeri”. Al termine della conferenza stampa Meloni è tornata a Palazzo Chigi “per una riunione” proprio sui temi economici, come ha annunciato lei stessa lasciando la sala Polifunzionale.”Abbiamo aperto il consiglio dei ministri tributando il nostro pensiero all’anniversario di una delle stragi che ci hanno colpito di più: la vicenda dei 27 bimbi e della maestra che a San Giuliano di Puglia sono morti per una scuola fatiscente. Lo abbiamo fatto per” ricordare “l’impegno che abbiamo in tema di messa in sicurezza degli edifici scolastici”, ha detto la premier.

LE MISURE SUL COVID “E’ anticipata al 1 novembre la scadenza dell’obbligo di vaccinazione Covid. Questo perché il quadro epidemiologico è mutato, in particolare dai dati si vede che impatto su ospedali è limitato e c’è diminuzione contagi e stabilizzazione occupazione ospedali. A cio’ si aggiunge la carenza del personale medico: quindi aver rimesso a lavorare questi medici non vaccinati serve a contrastare la carenza e garantire il diritto alla salute”, ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri.”Ho voluto un ministro della Sanità cosi perché il tema della scienza non si affronta con un approccio ideologico, ma con evidenze scientifiche a supporto dei provvedimenti. In passato sono stati presi una infinità di provvedimenti che non avevano alla base evidenze scientifiche. Quindi non si replica”, ha detto Meloni.”Se ci saranno nuove varianti siamo pronti a intervenire. Quanto al bollettino dei dati sul Covid, i dati sono raccolti tutti i giorni ma avere una stima settimanale dà un quadro diverso. I dati non sono secretati e sono a disposizione delle autorità competenti”, ha detto Schillaci.

ERGASTOLO OSTATIVO Sull’ergastolo ostativo “abbiamo accolto l’indicazione della Consulta”, ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, spiegando che “la norma non compromette la sicurezza e la certezza della pena. “Si tratta di adeguarci alle indicazioni della Corte, e anche di recepire l’indicazione data dal precedente Parlamento che aveva proposto questa modifica”. Abbiamo “accolto il grido di dolore di Procure, gip, Corti di Appello e Procure generale nel chiedere il rinvio dell’applicazione della riforma Cartabia che comunque va nella giusta direzione”, ha detto il ministro.

LA STRETTA SUI RAVE Ad una stretta sui rave party “ci stavano già lavorando. I requisiti di necessità e urgenza nascono dal fatto che l’assenza di una normativa efficace nel nostro Paese ci rendeva particolarmente vulnerabili, come testimonia la cronaca degli ultimi anni”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri.Con la norma sui rave party ” interveniamo sulla materia con una norma che prevede un reato nuovo, quello di Invasione per raduni pericolosi”, ha annunciato la presidente del Consiglio. “Inizialmente si era ragionato di intervenire su un’aggravante per il reato che già esiste, e cioè Invasione di terreni ed edifici, ma abbiamo scelto di introdurre un reato nuovo e diverso per evitare che si inserisse tra i reati contro il patrimonio e non per l’incolumità pubblica” ha spiegato Meloni.”Confidiamo, come avviene in altri paesi e in altri settori, che la norma, una volta introdotta, possa essere un elemento di deterrenza per questi eventi”, ha detto Piantedosi sottolineando che la pena per chi “organizza” un rave varia da 3 a 6 anni. Inoltre, ha aggiunto il titolare del Viminale, “confidiamo molto nella sanzione accessoria della confisca dei mezzi che vengono utilizzati” nei party.




Fusione Blu Banca (gruppo BPL) e Valconca: quando scegliere il “futuro” per il bene del passato

Graziano Urbinati esponente di Federconsumatori Rimini ha espresso preoccupazione rispetto alla accelerazione dei tempi per la fusione prevista tra Banca Popolare Valconca e Blu Banca. Dopo l’ok della Banca d’Italia, c’è una data stretta che scandisce ritmi serrati: l’assemblea dei soci prevista il 20 novembre. Federconsumatori Rimini è preoccupata per il futuro degli azionisti “che rischiano di ritrovarsi in Blu Banca, depauperati, come già malauguratamente accaduto con Banca Carim”.
Che intende? Semplicemente che Banca Carim dopo la fusione in Credit Agricole è fattivamente scomparsa, estinta come del resto ha spiegato Gianfranco Vanzini l’ex presidente della Banca Popolare Valconca in una recente replica pubblicata su “La piazza online” all’avv. Ronci, Presidente del Cda della Banca Popolare Valconca.
Ronco avrebbe detto a Vanzini che la Banca continuerà ad operare sotto le insegne storiche della Banca Popolare Valconca. La fusione serve a questo scopo: garantire un futuro a Banca Valconca…”.
Nelle idee di Vanzini però non è così perché nel progetto di fusione a pag. 5 c’è scritto: “La fusione determinerà, alla data del perfezionamento della stessa, l’estinzione della Società  Incorporanda”.
Vanzini è lapidario: “La fusione determinerà, alla data del perfezionamento della stessa, l’estinzione della Società  Incorporanda”.
E dice ancora: “Sull’utilizzo delle insegne BPV l’accordo quadro è chiaro sul punto e Blu Banca è impegnata alla loro conservazione sul territorio”. (Che cosa prevede l’accordo quadro? Possiamo saperlo?) Caro Presidente, non scherziamo sulle cose serie. Il Progetto di Fusione parla di ESTINZIONE che ha un significato ben preciso: la Banca scompare, non esiste più. Esattamente come è successo alla Carim dopo la fusione in Credit Agricole, sono rimaste solo le insegne scolpite nei muri delle filiali perché costava distruggerle, ma quelle che contano sono quelle aggiunte dopo e legittimamente da Credit Agricole. E allora non prendiamoci in giro, siamo tutti adulti e sappiamo leggere e scrivere, ragioniamo serenamente insieme e cerchiamo le soluzioni migliori e utili per i clienti, i dipendenti e gli oltre 4000 soci di BPV, ma con una premessa indispensabile diciamo LA VERITA’ e non nascondiamoci dietro discorsi vaghi e fumosi. Veniamo ai numeri, io ho citato gli unici numeri presenti nel Progetto di Fusione, che sono quelli che contano e che determineranno le quote di proprietà della nuova Blu Banca. Ai vecchi soci BLU Banca spetterà il 93% (Novantatre per cento)  ai nuovi soci (ex BPV) il  7% (Sette per cento), in pratica non conteranno niente.
Secondo me sono valori sproporzionati”.  Parole pesanti di vera preoccupazione quelle espresse da Vanzini ma sorrette da dati e da richiami inconfutabili.
Così quelle espresse da Graziano Urbinati di Federconsumatori Rimini: ”Da quanto apprendiamo – si legge in una nota dell’associazione – la fusione prevede una operazione di contro cambio. I termini dell’offerta prevedono l’emissione da parte di Blu Banca di 37.501 azioni ordinarie da assegnare ai soci della Banca Popolare Valconca. Ogni socio avrà una azione ordinaria Blu Banca di nuova emissione per ogni 282 azioni ordinarie”. Federconsumatori ricorda che “il sistema bancario del nostro territorio è stato rivoluzionato con operazioni di fusioni e acquisizioni, così come a livello nazionale, in cui il controllo dei nostri principali istituti bancari sta passando progressivamente in mani estere” e, prosegue l’associazione “questi profondi cambiamenti sono stati pagati a caro prezzo dai risparmiatori, spesso pensionati che avevano investito i loro risparmi o il TFR frutto di una vita di lavoro.”
E poi ci siamo noi della redazione dell’Osservatore d’Italia che continuiamo a dare lettura del verbale di Banca d’Italia per cui abbiamo già scritto diversi approfondimenti.
Un verbale che parla di mancate dichiarazioni di conflitti di interesse, rischi per finanziamenti dati senza garanzie. Prendiamo anche i mutui agrari come grande esempio del modus agendi del gruppo BPL.
“L’esame di un campione di 32 posizioni ha evidenziato la sistematica concessione di fido esorbitanti rispetto alle capacità di rimborso degli affidati. Il 38 per cento del campione è stato riclassificato tra le posizioni deteriorate, i conseguenti squilibri finanziari hanno spesso determinato il deterioramento delle posizioni a breve distanza dalle erogazioni. [   ]. In merito rileva inoltre la circostanza che le facilitazioni veicolate dalla società di mediazione (tra banca e agricoltore) Coopcredit sono state accordate anche in presenza di elementi di attenzione sollevati dagli analisti e a seguito del rigetto di precedenti richieste”.
Ad esempio i mutui per un totale di 6 milioni di euro concessi al gruppo Capitani dal consiglio di amministrazione su proposta dell’allora direttore generale BPL Massimo Lucidi (oggi alla guida di Blu Banca), destinati a finanziare capannoni e impianti agricoli. L’istruttoria aveva rilevato l’assenza di adeguata capacità di rimborso. “La garanzia ISMEA prospettata in istruttoria per 800 mila euro è stata esclusa con delibera d’urgenza del Presidente del 12/10/2016 su proposta del direttore. All’epoca delle concessioni erano noti vari elementi pregiudizievoli”.
Ma non è tutto è doveroso anche sottolineare come gli ispettori di Banca d’Italia abbiamo evidenziato che dalla movimentazione transitata sui conti in essere presso la Bpl si evince un utilizzo dei mutui per finalità diverse (sottoscrizioni di fondi, giroconti…).
“Hanno contribuito ad appesantire la situazione economica delle imprese finanziate – si legge ancora nel verbale – le commissioni corrisposte da queste alla Coopcredit (3% dell’importo erogato). In proposito è emerso che si trattava quasi sempre di aziende che non necessitavano di presentazione in quanto già clienti della Banca”. In pratica le relazioni di Coopcredit erano la copia dei dati già forniti alla Banca dalle stesse imprese. Paradossale come paradossale è il ruolo di Ampla (la società della cognata di Massimo Lucidi che spesso ha istruito le pratiche presso ISMEA per conto di Coopcredit); un meccanismo drogato dalla necessità ben poco trasparente di dover far affluire denaro della Banca alla società della cognata del direttore Generale Lucidi. Un sistema che Banca D’Italia non ha mai voluto vedere potendo ottenere in cambio, in una forma di malato rapporto simbiotico, la pulizia sul territorio di banche in cattive acque, fin quando non sarà la stessa incorporante che inevitabilmente verrà incorporata per essere essa stessa caduta in disgrazia a causa delle troppe acquisizioni. I soci che oggi fanno la parte del Leone, domani saranno a loro volta gazzelle al pari dei poveri ed evidentemente disperati soci Valconca. Tanto disperati da dover accettare di essere incorporati i una banca i cui vertici sono i “pupilli” della Banca d’Italia, non certo una garanzia di trasparenza, visti i precedenti.
Così come paradossale può rivelarsi la dinamica di girarsi dall’altra parte e fare finta di nulla, lasciare andarsi al fatto che chi decide il bello e il cattivo tempo, chi finanziare e chi no, chi tenere e chi scartare, a chi dare mutui milionari e a chi no, a chi premiare e a chi mettere alla porta siano sempre dei signori di una governance che non viene colpita da Banca d’Italia per le inadempienze ma addirittura sembra quasi “promossa” per la fedeltà nel togliere le caldarroste dal fuoco senza batter ciglio.
In tanti si chiedono perché Banca d’Italia che dovrebbe vigilare e perseguire le condotte e criticità che andiamo evidenziando da anni sembra quasi fare parte attiva di una dinamica che “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, ovvero quella per cui presumibilmente, dati i fatti, si chiude un occhio sulle condotte perseguibili e malsane in cambio di accogliere a braccia larghe banche sull’orlo del dafult, come successo per la popolare di Spoleto e ora con Valconca. Ma ad inglobare è un ormai colosso che agisce come vuole, sicura di essere intoccabile. Come dicevamo, sono solo pensieri cattivi. Ma se si aprisse un processo serio d’ufficio…allora forse sarebbe difficile giocare al gioco della scimmia: non vedo, non sento e non parlo.
Il 20 novembre è dietro l’angolo, un sussulto di appartenenza alle radici, la possibilità di domandare, dissentire, riflettere sul vero significato di “futuro”.




Lago Albano, successo per il Premio Lago di Castel Gandolfo: grandi novità per il bacino

Giornalisti e istituzioni alla manifestazione. Presente il Procuratore Capo della Repubblica presso il tribunale di Velletri Giancarlo Amato
Lago Albano di Castel Gandolfo, dopo la staffetta dei cinque Sindaci uniti per il lago, si conclude con successo “ACQUAEVITA” la prestigiosa iniziativa che include anche il “Premio Lago di Castel Gandolfo” promossa dall’associazione Lago di Castel Gandolfo con il contributo della Regione Lazio e finalizzata a sensibilizzare il tema della tutela ambientale e del risparmio idrico.
Presenti i primi cittadini: Il Sindaco di Castel Gandolfo Alberto De Angelis e il vicesindaco con delega al lago Cristiano Bavaro, il Sindaco di Ariccia Gianluca Staccoli, la Sindaca di Rocca di Papa Veronica Cimino, il Sindaco di Albano Massimiliano Borelli, il Sindaco di Marino Stefano Cecchi.
Le novità di quest’anno vedono impegnate cinque amministrazioni locali che affacciano sul lago agire compatte per interloquire con Enti sovracomunali per ottenere finanziamenti in grado di salvaguardare un bacino famoso in tutto il mondo: il lago Albano di Castel Gandolfo, Città Vaticano II.
Il consorzio di bonifica Litorale Nord, delegato dal contratto di Falda come soggetto attuatore del progetto, ha presentato una scheda al Ministero per il Sud per ottenere fondi finalizzati a riportare l’acqua al lago Albano di Castel Gandolfo. La scheda è stata trasmessa al CIS, Contratto Istituzionale Acqua, che mette a disposizione 1,9 miliardi di euro per questa tipologia di interventi. Sono risorse FSC, Fondo Sviluppo e Coesione.
Nel contempo degno di attenzione è stato l’impegno della consigliera regionale Michela Califano: «È un grande piacere aver ricevuto il premio Lago di Castel Gandolfo per il mio impegno a salvaguardia del patrimonio idrico laziale. Un onere e un onore che in questi anni, con orgoglio, ho fatto mio. E che ci porterà, entro la prossima settimana, ad approvare in Consiglio Regionale un importantissimo provvedimento che porta la mia firma.  Un piano di incremento e risparmio delle riserve idriche grazie al quale avremo maggiori strumenti per contrastare l’emergenza climatica e tutelare uno dei nostri asset più importanti: l’agricoltura e l’ambiente. Un grazie di cuore all’associazione Lago di Castel Gandolfo per lo straordinario evento organizzato ieri sera, a tutti i premiati, ai sindaci e agli amministratori presenti, uniti insieme siamo più forti per combattere e risolvere i problemi».
Dal 2017 è iniziata una operazione di sensibilizzazione al problema grazie al Premio Lago di Castel Gandolfo che ha attirato l’interesse delle istituzioni locali e sovracomunali nonché di Bruxelles nella persona di Daniel Calleja, direttore generale del Servizio Giuridico, protagonista del premio durante la kermesse «Acqua e vita» attraverso il riconoscimento conferito per i risultati conseguiti come direttore generale dell’Ambiente.
Il PREMIO LAGO DI CASTEL GANDOLFO è una iniziativa che nasce da alcune realtà ed eccellenze locali finalizzato a promuovere lo sviluppo e il turismo del territorio del Lazio e a tutelarne le bellezze e ricchezze naturalistiche e storico – culturali.
L’evento che si è appena concluso ha coinvolto come ogni anno prestigiosi ospiti di caratura nazionale e internazionale: ministri, prefetti, ambasciatori, senatori e deputati, istituzioni e imprenditori, rappresentati regionali, delle Forze dell’Ordine e di Sicurezza. Presente anche il Procuratore Capo della Repubblica presso il tribunale di Velletri Giancarlo Amato, molto vicino e sensibile alla tematica dell’acqua e della tutela ambientale.
Non è mancata anche la partecipazione del Prefetto Francesco Tagliente.
L’attenzione del Premio è rivolta con particolare riguardo ai settori Ambiente, Agricoltura, Comunicazione, Turismo e Attività Produttive. Il PREMIO promuove il tema “Acqua e Vita” e quest’anno i fondatori tra cui la Presidente Chiara Rai, giornalista che da oltre 18 anni scrive di ambiente, il Dottor Massimo Gargano esperto nazionale sul tema acqua e direttore generale Anbi (Associazione Nazionale Consorzi di bonifica), gli imprenditori Daniele e Dario Carducci, hanno inteso premiare cinque personalità che con la loro professione e dedizione fanno da traino al progetto per il lago sensibilizzando a loro volta sul tema a seconda delle proprie competenze.
Tra i premiati anche rappresentanti della società e che si sono distinti per azioni di rilievo morale e istituzionale promuovendo costantentemente i valori fondanti della Costituzione della Repubblica Italiana.
Tra gli obbiettivi del PREMIO vi è la volontà di consolidare un percorso che pone al centro dell’attenzione la sfida dei cambiamenti climatici e la volontà di perseguire politiche che mirano a migliorare la qualità di vita.
La serata di premiazione si è conclusa con un grande successo di presenze sulle rive del lago Albano a Castelgandolfo presso la prestigiosa location “I Quadri” in via dei Pescatori,  sede dell’associazione LAGO DI CASTEL GANDOLFO.
I premiati di quest’anno sono:
Dott. Maurizio Amoroso vicedirettore presso News Mediaset
Dott.ssa Roberta Serdoz, caporedattrice della redazione Rai del TgR Lazio
On. Michela Califano Consigliere regionale, tra i ruoli ricoperti è anche  Vice Presidente: XII commissione – Tutela del territorio e componente: IV commissione Bilancio e programmazione economico-finanziaria
Dott. Maurizio Capogrossi Presidente della Banca di Credito Cooperativo dei Colli Albani
Prof. Marco Mattei  Capo della segreteria tecnica del Ministero della Salute
Prof. Giuseppe Quintavalle Direttore generale del policlinico di Tor Vergata




Banca Popolare del Lazio, Blu Banca e fusione con la popolare Valconca: scoperto l’arcnano. Chi siede su più poltrone?

La prima settimana di Ottobre è stato ricevuto il provvedimento con il quale la Banca d’Italia ha rilasciato l’autorizzazione alla fusione per incorporazione di Banca Popolare Valconca S.p.A. in Blu Banca S.p.A..

Le società hanno depositato presso ciascuna delle sedi sociali di Blu Banca S.p.A. e di Banca Popolare Valconca S.p.A. la documentazione inerente alla fusione.

Il Consiglio di Amministrazione di Blu Banca S.p.A. provvederà a convocare l’assemblea straordinaria dei soci. Il Consiglio di Amministrazione della popolare Valconca ha già provveduto a convocare l’assemblea straordinaria dei soci, chiamata a deliberare in merito all’operazione di fusione per la data del 20 novembre 2022.

Sono giornate frenetiche in cui se prima, si presume, poteva aleggiare qualche titubanza sulla fusione in qualche recondita coscienza di soci o simpatizzanti della popolare Valconca, pian piano, un passo alla volta, la presunta nebbia sembra essersi diradata in favore di una idea: anziché fare naufragare la Valconca, meglio buttarsi nelle braccia di una banca come Blu Banca (Gruppo Banca Popolare del Lazio) pronta a risollevare le sorti della “malconcia”.

Chi è meglio avvezzo a utilizzare i proverbi direbbe con ironia “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”. Ma perché mai tanta ingratitudine? Non è forse Banca Popolare del Lazio l’istituto passato alle cronache per la poliedricità e il trasformismo ma anche per la drastica riduzione del valore delle azioni dall’insediamento dell’ultima governance?

È notizia consultabile e ufficiale che il prezzo delle azioni è sceso dalle quasi 40 euro dell’era precedente all’attuale governance fino a 17 euro e rotti centesimi. Soltanto lo scorso anno la BPL si è trovata a dover rimborsare con 40 mila euro una vittima del cosiddetto “risparmio tradito”.

Non è Banca Popolare del Lazio cui dinamiche di prestiti senza garanzie hanno richiamato l’attenzione della Guardia di Finanza e a scoppio presuntivamente ritardato della Banca d’Italia? Non è la BPL ad aver collezionato una sfilza di mancate dichiarazioni di conflitti d’interesse? Tanto che uno dei consiglieri ha subito un sequestro preventivo penale per ben 2 milioni di euro e il figlio oggi ancora siede nel Consiglio di amministrazione della banca.
Non è la BPL interessata da condanne alla restituzione del valore delle azioni ai presuntivamente malcapitati soci?

Ebbene, in un momento dove chi ha gli occhi foderati di prosciutto, le orecchie turate e le corde vocali sonnolenti (la presunta condotta: non vedo, non sento e non parlo), c’ è un ennesimo paradosso. Ma per farlo ben comprendere occorre declinare i cosiddetti “pezzi da novanta”.

Il presidente di Banca Popolare del Lazio è il notaio Edmondo Maria Capecelatro che si è trovato più volte diviso tra il suo ruolo di notaio e quello di “garante” della banca, chi non ricorda le vicende che abbiamo narrato di Capecelatro che poneva in essere una serie di attività tese a favorire Salvatore Ladaga (un politico locale di Velletri per cui il Notaio presidente ha fatto alienare dal Ladaga in favore della moglie separata tutti i propri beni immobili sottraendoli di fatto al credito vantato dalla Banca) e Italo Ciarla (ex vicepresidente della Banca, oggi presidente Onorario) che prima di far sottrarre i propri beni e dei loro cari dall’aggressione della BPL, pensava bene di citare in giudizio altri istituti bancari (Ex Toniolo) chiedendo la condanna per avergli praticato interessi usurari ed anatocistici.

Ma di situazioni che fanno arrossire i più sprovveduti ce ne sono più d’una. Proseguiamo con un altro membro della governance. Fino a circa due anni fa l’amministratore delegato di BPL era Massimo Lucidi, per intenderci citato in molte nostre cronache per essere cognato di Angela Ghirga socia di maggioranza di una società di mediazione della BPL, oppure lo ricordiamo per aver incoraggiato il finanziamento di oltre un milione e mezzo senza alcuna garanzia a una società di Perugia (la Protercave) di G.C. Lucidi, padre di Fabrizio che all’epoca dei fatti, diviene direttore di filiale della Banca Popolare di Spoleto dove lo stesso G.C. è consigliere d’amministrazione, lo stesso G.C. presidente del Consorzio Apifidi che ha garantito G.C. (se stesso!) e presentato in Banca Popolare del Lazio per l’apertura dei conti quale amministratore della Protercave.

Lucidi si è dimesso dalla Bpl per guidare la controllata Blu Banca. E Ora l’operazione Valconca, una popolare con sede in Emilia Romagna.

Ebbene, guardando la governance della Valconca rimaniamo di stucco: chi siede in consiglio di amministrazione? L’onnipresente Notaio Edmondo Maria Capecelatro!

Chissà se avrà votato a favore della fusione con la controllata della banca popolare del Lazio di cui è presidente?

Chissà se Capecelatro è al corrente che l’art. 36 del “Decreto Salva – Italia” (d.l. n. 201/2011, poi convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), ha introdotto nell’ordi­namento italiano un esplicito divieto di interlocking? Un interlocking directorate può essere definito come il legame personale che si instaura tra due imprese nel momento in cui l’amministratore di una sieda anche nel consiglio di amministrazione dell’altra.

Legami di tale tipo possono presentarsi come orizzontali o verticali, a seconda che le imprese interlocked operino o meno ad un medesimo livello sul mercato e l’art. 36 del Decreto Salva Italia è stato emanato per tutelare la concorrenza nei mercati del credito e finanziari.

Le preoccupazioni in merito alla situazione concorrenziale in tali settori erano state portate all’attenzione pubblica dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) all’esito dell’Indagine Conoscitiva sulla corporate governance di banche e compagnie di assicurazione attive in Italia, nota come IC36. Tale indagine aveva evidenziato come più dell’80% dei gruppi esaminati (pari al 96% dell’attivo globale del campione analizzato) presentassero al loro interno legami riconducibili alla tipologia degli interlocking directorates.

Ma ormai la tanto agognata commissione banche sembra essere un lontano ricordo naufragato nelle primordiali e più buone intenzioni del giornalista Paragone che tra l’altro è stato anche contattato per dire la sua sugli approfondimenti che questo giornale ha fatto su BPL.

Silenzio. Nessun fruscio sulle nostre sequenze. Non ci si sorprende quasi più di nulla. Ma poi, nel caso ci fosse qualche futuro sussulto giudiziario sarebbe difficile dover ammettere che nessuno ne aveva parlato.




Pomezia, la street art irrompe a scuola e i licei si illuminano di “Raggi di futuro”

74 gli studenti coinvolti per la realizzazione dei Murales
 
 
POMEZIA (RM) – I 4 licei pometini illuminati da” “RAGGI DI FUTURO. A Pomezia la scuola si fa Arte”, il progetto promosso dal Comune di Pomezia in collaborazione con le scuole superiori del territorio e la partecipazione degli street artist professionisti Solo e Diamond.
 
8 murales hanno trasformato le pareti esterne degli istituti Picasso, Pascal, Via Copernico e Largo Brodolini.  A progettare e realizzare le opere grafico-pittoriche sono stati gli studenti delle 4 scuole che hanno lavorato in rete e partecipato a corsi di formazione dedicati, in collaborazione con Solo e Diamond, scelti dalla direzione artistica del progetto affidata al liceo Picasso.
 
In continuità con “Sol Indiges. Arte pubblica a Pomezia tra mito e futuro”, che ha messo al centro il mito della fondazione di Pomezia (Lavinium) attraverso la figura dell’eroe Enea, “Raggi di futuro. A Pomezia la scuola si fa arte” si articola sulle figure dei supereroi, portatori dei valori di devozione, rispetto e senso civico, tipici di chi sceglie di mettersi a servizio della comunità.
 
Le opere sono state presentate al pubblico quest’oggi, alla presenza dellla subCommissaria Alessandra Pascarella.
 
“Un progetto dall’alto valore civico – dichiara la subCommissaria  Alessandra Pascarella – che prende mosse e ispirazione dall’articolo 9 della nostra Costituzione e si articola in un viaggio straordinario nei quattro istituti superiori del nostro territorio, dove un orizzonte futuro più giusto, equo e sostenibile, quello declinato dall’Agenda 2030  sottoscritta dai paesi ONU, viene plasmato dall’incredibile immaginazione e creatività degli studenti di Pomezia  e dall’opera dei due street artist professionisti Solo e Diamond. Le opere realizzate arricchiscono in modo permanente il patrimonio artistico e culturale della città e accompagneranno i cittadini di oggi e di domani in quel necessario percorso di consapevolezza sugli imperativi di sostenibilità, inclusione ed emancipazione che ritroviamo in esse graficamente materializzati”.
 
74 gli studenti coinvolti, in collaborazione con Città Metropolitana di Roma Capitale: 70 per la realizzazione dei Murales e 4 per la campagna social. I ragazzi hanno lavorato in 4 gruppi, formati da una rappresentanza di studenti provenienti da ogni Istituto. Ogni gruppo ha lavorato in una scuola.
 
L’intento del progetto è stato quello di trasformare l’esperienza artistica proposta in atto formativo per gli studenti delle scuole superiori, attraverso un Percorso per le Competenze e l’Orientamento in rete che ha mostrato i talenti dei ragazzi, contribuito ad arricchire il loro percorso scolastico e umano, offerto la possibilità di potenziare i rapporti con e tra il Comune e le realtà territoriali.
 
 
 




Sicilia, ANBI: “Solo la casualità ha evitato una nuova tragedia idrogeologica”

Le esondazioni dei torrenti Bajano e Verderame, che hanno allagato nei giorni scorsi Trapani e dintorni, senza fortunatamente provocare vittime, sono solo gli ultimi episodi, in ordine di tempo, di una serie di eventi estremi,  che stanno caratterizzando questo inizio d’autunno soprattutto nel CentroSud, dove violenti nubifragi si accompagnano a periodi di caldo quasi estivo, caratterizzati da  alte temperature sia dell’aria che del mare. Nello specifico, l’evento del 13 Ottobre scorso, che ha provocato la tracimazione dei due corsi d’acqua, ha visto rovesciarsi sulla città siciliana, in sole 2 ore, 80 millimetri di pioggia, quando, non di rado, in un intero anno ne cadono a malapena mm. 300. Seppur spalmate nell’arco di 48 ore, quantità di pioggia, superiori ai 50 millimetri si sono registrate, negli stessi giorni, anche in altre località siciliane, quali Cesarò (mm.82,4), Caronia (mm. 65,4), Sciacca (mm.51,2 ), Salemi (mm. 51), confermando l’Isola fra i territori più “umidi” di un’ “Italia idricamente rovesciata”.

Solo il caso ha voluto che i nubifragi abbiano colpito la provincia di Trapani, dove solo l’1,2% degli abitanti vive in zone soggette a medio-alto rischio di allagamento e lo 0,8% in zone ad elevato o molto elevato rischio di frane (fonte: ISPRA).

Ben diverse sarebbero state le conseguenze, se l’evento estremo si  fosse abbattuto sulle province di Palermo (dove il medio-alto rischio idraulico interessa il 9,3% della popolazione ed il rischio frane tocca il 2,8% degli abitanti) o Messina, dove il medio-alto pericolo idrogeologico coinvolge il 9,7% degli abitanti, di cui il 2,4% è a rischio di frane.

“Tali dati – indica Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) al nuovo Governo – evidenziano, da un lato, la necessità di aumentare la resilienza delle comunità attraverso la realizzazione di adeguate infrastrutture, capaci di trattenere le ondate di piena, dall’altro, di provvedere celermente all’approvazione della legge contro l’eccessivo consumo di suolo, che giace da anni nei meandri parlamentari.”

L’attuale condizione idraulica conferma la visione profetica, espressa dal principe, Fabrizio Salina, ne “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa:   “…questo clima che c’infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti, Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste… e poi l’acqua che non c’è o che bisogna trasportare da tanto lontano che ogni sua goccia è pagata da una goccia di sudore; e dopo ancora le piogge, sempre tempestose che fanno impazzire i torrenti asciutti, che annegano bestie e uomini proprio lì dove una settimana prima le une e gli altri crepavano di sete…”.

“A 64 anni dalla pubblicazione del libro, nulla è cambiato” conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.




Ristrutturazione a costo zero: tutti i consigli per risparmiare

La ristrutturazione della casa si rende necessaria quando l’edificio è ormai obsoleto o quando nascono delle nuove necessità da parte di chi vive la casa ogni giorno. In entrambi i casi, gli obiettivi di una ristrutturazione sono: migliorare il comfort abitativo e ridurre i consumi energetici grazie all’efficienza.
Grazie ai bonus casa previsti dal governo, la ristrutturazione può anche essere a costo zero, considerando che ci sono agevolazioni che permettono di recuperare l’intero investimento. 
Bisogna però fare attenzione non solo ai requisiti, ma anche alle scadenze delle singole agevolazioni che con la legge di bilancio 2022 sono state prorogate fino al 2025, ma con delle specificità da tenere sotto controllo. Il consiglio è quello di rivolgersi ad aziende esperte nel settore per avere un’idea chiara su come procedere e per capire, ad esempio, quanto costa rifare un bagno ex novo alla luce delle possibilità di sconto. In questo approfondimento ci sono tutti i consigli per risparmiare tenendo conto dei bonus previsti per legge e delle relative scadenze.

Superbonus 110%

Parliamo dell’agevolazione più conveniente di tutte, che permette di avere un’abitazione ad alta efficienza energetica recuperando tutto l’investimento in maniera immediata, con la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Negli ultimi mesi ha generato alcune criticità, poiché non erano ben chiari i sistemi di controllo e si è generato un blocco agli accrediti per le aziende che si erano esposte.

Nel decreto aiuti bis, tali problemi per il Superbonus 110% sono stati risolti, con alcune modifiche chiave per liberare i fondi a favore di chi aveva realizzato un progetto a norma e senza rischio truffa.
Alla luce delle nuove regole, si può quindi procedere, per i progetti edilizi con i bonus casa, alla richiesta di fondi per riqualificare la propria abitazione.
La scadenza per il Superbonus è fissata al 2025, ma dal 2023 cambieranno le percentuali di sconto in base al tipo di intervento:

  • per i lavori effettuati dai singoli contribuenti il 110% spetta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, con la condizione di aver saldato il 30% entro il 30 giugno 2022;
  • per gli interventi in condominio o in edifici da 2 a 4 unità immobiliari il bonus è prorogato fino al 31 dicembre 2023. Nel 2024 la percentuale scende al 70% e nel 2025 al 65%;
  • per la ristrutturazione di edifici, quali ex case IACP e cooperative edilizie, la detrazione è valida fino al 31 dicembre 2023 se entro il 30 giugno 2023 siano stati effettuati almeno il 60% degli interventi.

Ecobonus e bonus casa

Queste agevolazioni esistevano già prima del Superbonus 110%, e sono destinate agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Danno la possibilità di recuperare rispettivamente il 65% (fino all’85% per casi particolari) e il 50% delle spese sostenute. Sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2024 con le stesse condizioni e, se si effettuano lavori particolarmente avanzati dal punto di vista del risparmio energetico, i costi si possono detrarre direttamente in fattura, senza il rimborso Irpef nella dichiarazione dei redditi, che verrebbe spalmato su più anni.

Bonus mobili ed elettrodomestici

Chi ha eseguito lavori di ristrutturazione con i bonus, può anche richiedere il bonus mobili ed elettrodomestici, che consente di avere una riduzione delle spese del 50% per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici a basso consumo. Valido fino al 31 dicembre 2024, subirà delle modifiche per il budget massimo disponibile, che dal 1° gennaio 2023 passerà dai 16 mila euro attuali ai 10 mila euro.

 




Turismo, conclusa la 59esima edizione di TTG Travel Experience di Rimini

L’evento ha ospitato il debutto della Destinazione Lazio Meridionale D.M.O.
 
Appena conclusa la 59° edizione di TTG Travel Experience di Rimini, la manifestazione nazionale B2B di riferimento per la promo-commercializzazione del turismo mondiale in Italia e per la commercializzazione dell’offerta turistica italiana nel mondo. L’evento ha ospitato il debutto della Destinazione Lazio Meridionale D.M.O., l’associazione di promo-commercializzazione turistica nata a cavallo delle province di Frosinone e Latina grazie all’impegno di Enti sia pubblici che privati. La delegazione partecipante era composta dal presidente Giorgio De Marchis e dal Destination Manager Stefano Soglia che hanno registrato un primo, fondamentale, interesse da parte degli operatori sulla proposta proveniente da questo territorio, tanto ricco e variegato.

Una tre giorni intensa che ha visto i due rappresentanti prendere parte ad una serie di appuntamenti in quella che figura tra le principali fiere di settore in Italia. Particolare risalto ha avuto infatti il panel tenuto in collaborazione con la D.M.O. Latium Experience, la presentazione è stata tenuta dai rispettivi Destination Manager: Stefano Soglia per la Destinazione Lazio Meridionale e Paola Cosimi per Latium Experience.

L’evento si è svolto nel segno della ripartenza, confortato dai dati diffusi dal Unwto World Tourism Barometer, secondo i quali il settore turistico ha recuperato quasi gli stessi numeri arrivi/presenze pre-pandemia, riflettendo la forte domanda repressa di viaggi internazionali e l’allentamento delle restrizioni di viaggio.

Lo staff della D.M.O., finanziata dalla Regione Lazio attraverso l’Avviso pubblico “Attuazione di interventi a sostegno delle destinazioni turistiche del Lazio” del 11/02/2021, ha espresso grande soddisfazione per l’accoglienza ricevuta e per aver ritrovato in loco alcuni degli associati all’appuntamento riminese volto a promuovere il turismo.

“Siamo in una fase molto importante sia per la nostra D.M.O. che per il turismo nazionale” -ha dichiarato il Presidente Giorgio De Marchis– “in questo periodo infatti stiamo ultimando gli strumenti utili agli operatori del turismo territoriale per garantire un posizionamento sul mercato in linea con i principali competitor. La strategia che stiamo portando avanti prevede un’azione tanto in linea con la proposta regionale, quanto integrata con le vicine D.M.O. di Latina e della Valle di Comino. L’impegno sinergico e la standardizzazione dei prodotti garantiranno ai tre territori a Sud di Roma di rimanere sul mercato con le proprie migliori proposte ben oltre la fine del progetto finanziato dalla Regione Lazio. L’esperienza a Rimini di questi giorni ci ha dimostrato concretamente che, sia a livello nazionale che estero, c’è grande interesse intorno ai territori emergenti come il nostro. È stato un piacere annunciare in un contesto tanto prestigioso che a breve presenteremo il brand e l’immagine coordinata della nostra destinazione, in un evento appositamente realizzato.”




L’ANCRI concorre alla campagna di comunicazione per la prevenzione dei rischi naturali che interessano il Paese

Dalla pericolosità territoriale al concetto di rischio. L’Ing Paolo Ghezzi delegato ANCRI alla Protezione civile e all’ambiente e responsabile scientifico del Master Geca in economia circolare della Scuola superiore S. Anna ci offre una riflessione su cosa fare per limitare tragiche conseguenze delle alluvioni ed esondazioni mettendo a confronto sul piano operativo due gestioni emergenziali diverse di piene simili dell’Arno

Torna anche quest’anno l’iniziativa “Io non rischio – Buone pratiche di protezione civile”, campagna di comunicazione nazionale sui rischi naturali che interessano il nostro Paese. Promossa dal Dipartimento di Protezione Civile, l’iniziativa ha l’obiettivo di diffondere la cultura della prevenzione e le buone pratiche di protezione civile. In oltre 500 piazze del territorio nazionale saranno presenti punti informativi “Io non rischio” per sensibilizzare i cittadini sul rischio sismico e sul rischio alluvione.

In questo contesto di divulgazione di buone prassi ANCRI si è attivata per garantire il proprio contributo al dibattito e al confronto con una riflessione del proprio delegato nazionale alla Protezione Civile e all’ambiente – ing. Paolo Ghezzi. Oltre a individuare alcune tra le cause responsabili della fragilità del nostro territorio, Ghezzi richiama l’attenzione sulla necessità di costruire sistemi locali di protezione civile, efficaci e solidi, e in grado di interpretare le emergenze con spirito critico e capacità di lettura dei dati. Per questo viene proposto il confronto tra due eventi di piena del Fiume Arno, molto ravvicinati, del tutto simili ma gestiti in modo completamente diverso.

Ecco il suo contributo

I recenti eventi alluvionali che hanno colpito il nostro Paese inducono ad una riflessione sul livello di fragilità anche del territorio Toscano e sulla preparazione, più o meno diffusa, nell’affrontare con adeguata efficacia situazioni critiche se non di emergenza.

Eventi metereologici intensi e piogge di lunga durata hanno caratterizzato anche i secoli scorsi. Eppure i danni a persone e cose generati negli ultimi 70 anni non sembrano avere uguali e sono aumentati di pari passo con l’attesa, diciamo pure la giusta pretesa, della popolazione di avere risposte adeguate per prevenire l’emergenza e, se il caso, di intervenire tempestivamente.

Il concetto di rischio, associato alla probabilità di accadimento e alla magnitudo associata, è ormai chiaro a tutti. E’ quindi patrimonio comune che l’aggressione al territorio, anche quello fragile, perpetrata dal dopo guerra in poi, con picchi irresponsabili tra gli anni ’70 e ’90 ma con significativa evoluzione anche in tempi recenti, è la principale causa degli effetti disastrosi di eventi intensi.

Basta pensare che il 7,4% del territorio Toscano risulta in aree a pericolosità elevata di alluvione. Si tratta di oltre 1.400 km2, in cui vivono, esposte a rischio, oltre 270mila persone, quasi 70 mila edifici, 30 mila imprese e quasi 1.400 beni culturali anche di elevatissimo pregio. Il resto di Italia non va certo meglio ed è quindi logico aspettarsi che ad eventi particolarmente violenti, la cui probabilità di accadimento sembra aumentare, facciano seguito danni sempre crescenti: il concetto di magnitudo, appunto.

Ed è in questo quadro complesso e fragile, che si inseriscono la necessità di un modello predittivo e di un sistema efficace di prevenzione. Non è sufficiente disporre di un enorme patrimonio di dati, seppur informatizzati, per scongiurare eventi catastrofici e danni al territorio.

Mi è sempre piaciuto parlare di Sistema di Protezione Civile non come codifica normativa avulsa dalla realtà, ma come gruppo di competenze e forza lavoro che e opera secondo procedure condivise mettendo a fattor comune competenze ed esperienze di Enti e Associazioni di Volontariato. Un Sistema capace di lavorare fianco a fianco nel tentativo di costruire un sistema efficace in cui, pur nel rispetto delle prerogative e delle competenze di ciascuno, le singole eccellenze sappiano lavorare in sinergia e armonia.

Le pianificazioni, pur essenziali per una corretta gestione dell’emergenza, finiscono per essere comunque una linea di indirizzo e di lavoro che mette alla prova le capacità decisionali nei momenti critici. Ogni emergenza deve essere inquadrata in un contesto diverso e la conoscenza dei punti di forza e dei limiti del proprio sistema di intervento devono indurre ad assumere la decisione giusta. Non sempre la stessa, anche se in condizioni apparentemente molto simili.

Il Prefetto Francesco Tagliente, alcuni giorni fa, richiamava sulla stampa un evento del 2014 vissuto insieme e che è emblematico di questa flessibilità che deve caratterizzare l’operato di chi, ai vertici della catena di comando, deve prendere decisioni impattanti sulla vita delle persone.

Fra gennaio e febbraio 2014, a distanza di poche settimane, vennero gestite due piene simili in maniera assolutamente diversa. Entrambi gli eventi transitarono alla stazione di Pisa Sostegno con un livello di circa 5.00 m.sl.m. ma le risposte del sistema di protezione civile furono diverse e conseguenti agli scenari prefigurati e ai dati disponibili. La popolazione e il patrimonio urbano vennero salvaguardati con un impatto sulla qualità di vita completamente diverso nei due eventi.

Il primo evento fu quello del 31 gennaio – Il giorno precedente, venne diramato un bollettino di allerta moderata per precipitazioni locali che non lasciava presagire una piena dell’Arno significativa come quella poi gestita. Il sistema di Protezione Civile si mise in moto nella notte del 30 gennaio solo grazie ad una intuizione della protezione civile del Comune di Pisa. La piena prevista dai modelli era variabile da 2500 mc/s fino a 3200 mc/s., e il tempo disponibile per la reazione e l’adozione delle contromisure non era superiore alle 10 ore.

Nel quadro evolutivo della piena, incerto e con valori di portata così importanti e non compatibili con la capacità di smaltimento del fiume in città, nella notte vennero adottate tutte le misure previste nella Fase più critica del Piano di Protezione civile, quella a ridosso della potenziale esondazione: attivate in extremis lo scolmatore, e l’installazione delle opere di difesa (panconcelli). La città venne chiusa in tutte le sue funzioni con grande impatto sulle normali attività della popolazione.

Il secondo evento fu quello del 12 febbraio – In questo secondo evento, era giunto in largo anticipo un avviso di allerta elevata su tutta la Regione. Uno di quegli avvisi molto rari. Fu possibile seguire passo dopo passo l’evoluzione della piena e fare tesoro dell’esperienza da poco maturata nell’evento precedente anche ai fini del confronto dei livelli lungo l’asta fluviale. Le previsioni di evoluzione della piena cambiarono più volte anche nel corso della notte. I livelli reali raggiunti nelle stazioni di monte erano tutti ampiamente superiori a quelli della piena precedente e solo alcuni importanti affluenti sembravano apportare un contributo inferiore. Verso le 6.30 della mattina del 12 febbraio venne però confermato uno scenario simile al precedente. Attraverso valutazioni e comparazioni con l’evento di dieci giorni prima, la città venne mantenuta aperta ed attiva assumendo le giuste cautele nelle due ore previste per il passaggio del colmo di piena dalla città al fine di monitorare i reali livelli di transito e ridurre il rischio.

La gestione dei due eventi, in entrambi i casi condotta nell’ambito del Centro Coordinamento Servizi (CSS) convocato in piena notte in prefettura, mette in luce, con chiarezza, i diversi livelli di responsabilità decisionale e quel concetto di Sistema allenato che risulta indispensabile nella gestione preventiva di un’emergenza e in corso d’opera. Le decisioni a carico della città, pur se assunte nel CCS e condivise rientrarono nelle mie prerogative di rappresentante del Comune. A titolo di esempio, la chiusura o meno delle scuole, delle Università e degli esercizi commerciali; l’inibizione all’accesso alla città con l’attivazione dei 37 cancelli, il mantenimento dei servizi essenziali, l’evacuazione della popolazione e il soccorso alle persone non autosufficienti; la rimozione dei cassonetti, delle auto e di altri intralci. Pur con il conforto e con l’ascolto di ogni posizione rimane inalterata una chiara responsabilità personale: quella di assumere queste decisioni e di emanare per tempo le relative ordinanze, se necessarie, o pretenderne la formulazione da altri soggetti competenti.

Al Centro Funzionale della Regione, invece, spettò l’interpretazione dei dati che risultarono essenziali per assumere responsabilmente le scelte conseguenti nonché la gestione delle stazioni di misura (livelli e portate), dei modelli previsionali idraulici in base all’evoluzione meteo fornita dal Consorzio LAMMA. La Provincia di Pisa ebbe la responsabilità della gestione idraulica del fiume Arno con l’attivazione dello scolmatore e il montaggio dei panconcelli. Il Prefetto, infine, assunse la responsabilità della direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello provinciale attivando l’esercito per il montaggio dei panconcelli e gestendo con perizia il CCS ed i contatti con i Sindaci o Assessori dei comuni vicini.

In sintesi, dunque, un efficace lavoro di squadra portato a termine in piena comunione di intenti. La gestione dei due eventi ha richiesto un sistema decisionale articolato e complesso che, allora funzionò. Non ci furono protagonismi. I volontari, gli operatori di protezione civile, i Vigili del Fuoco, le forze dell’ordine, l’esercito, la polizia municipale: tutti seppero lavorare al meglio mettendosi a disposizione della regia del coordinamento.

Ma non è certo sufficiente un efficace sistema di protezione civile per mettere al sicuro un territorio e una comunità. E’ una questione soprattutto infrastrutturale. La protezione civile, nei due eventi sopra richiamati, ha certamente fatto tutto quanto era nelle proprie possibilità e, credo, lo abbia fatto al meglio. Ma se, a parità di sforzo del sistema complessivo e di decisioni assunte, i livelli della piena avessero investito i panconcelli o un argine avesse ceduto e l’acqua fosse tracimata, quali sarebbero stati il giudizio della comunità e la valutazione dell’operato svolto? E soprattutto quali e quanti sarebbero stati i danni alla città?

Un sistema sano di Protezione civile va mantenuto a livelli di eccellenza e deve poter sopravvivere ai continui cambiamenti ai vertici degli Enti che ne fanno parte. Ma soprattutto è compito di un articolato sistema di competenze e responsabilità che assurgono ai livelli pianificatori e regolamentari che spetto il compito di ridurre la magnitudo e quindi i danni a cose e persone a parità di evento e di capacità di intervento. E questo sistema preventivo e proattivo in emergenza è quanto mai fondamentali ai giorni nostri in cui la fragilità del territorio si somma ad una esposizione eccessiva ai potenziali danni.