Pomezia, la street art irrompe a scuola e i licei si illuminano di “Raggi di futuro”

74 gli studenti coinvolti per la realizzazione dei Murales
 
 
POMEZIA (RM) – I 4 licei pometini illuminati da” “RAGGI DI FUTURO. A Pomezia la scuola si fa Arte”, il progetto promosso dal Comune di Pomezia in collaborazione con le scuole superiori del territorio e la partecipazione degli street artist professionisti Solo e Diamond.
 
8 murales hanno trasformato le pareti esterne degli istituti Picasso, Pascal, Via Copernico e Largo Brodolini.  A progettare e realizzare le opere grafico-pittoriche sono stati gli studenti delle 4 scuole che hanno lavorato in rete e partecipato a corsi di formazione dedicati, in collaborazione con Solo e Diamond, scelti dalla direzione artistica del progetto affidata al liceo Picasso.
 
In continuità con “Sol Indiges. Arte pubblica a Pomezia tra mito e futuro”, che ha messo al centro il mito della fondazione di Pomezia (Lavinium) attraverso la figura dell’eroe Enea, “Raggi di futuro. A Pomezia la scuola si fa arte” si articola sulle figure dei supereroi, portatori dei valori di devozione, rispetto e senso civico, tipici di chi sceglie di mettersi a servizio della comunità.
 
Le opere sono state presentate al pubblico quest’oggi, alla presenza dellla subCommissaria Alessandra Pascarella.
 
“Un progetto dall’alto valore civico – dichiara la subCommissaria  Alessandra Pascarella – che prende mosse e ispirazione dall’articolo 9 della nostra Costituzione e si articola in un viaggio straordinario nei quattro istituti superiori del nostro territorio, dove un orizzonte futuro più giusto, equo e sostenibile, quello declinato dall’Agenda 2030  sottoscritta dai paesi ONU, viene plasmato dall’incredibile immaginazione e creatività degli studenti di Pomezia  e dall’opera dei due street artist professionisti Solo e Diamond. Le opere realizzate arricchiscono in modo permanente il patrimonio artistico e culturale della città e accompagneranno i cittadini di oggi e di domani in quel necessario percorso di consapevolezza sugli imperativi di sostenibilità, inclusione ed emancipazione che ritroviamo in esse graficamente materializzati”.
 
74 gli studenti coinvolti, in collaborazione con Città Metropolitana di Roma Capitale: 70 per la realizzazione dei Murales e 4 per la campagna social. I ragazzi hanno lavorato in 4 gruppi, formati da una rappresentanza di studenti provenienti da ogni Istituto. Ogni gruppo ha lavorato in una scuola.
 
L’intento del progetto è stato quello di trasformare l’esperienza artistica proposta in atto formativo per gli studenti delle scuole superiori, attraverso un Percorso per le Competenze e l’Orientamento in rete che ha mostrato i talenti dei ragazzi, contribuito ad arricchire il loro percorso scolastico e umano, offerto la possibilità di potenziare i rapporti con e tra il Comune e le realtà territoriali.
 
 
 




Sicilia, ANBI: “Solo la casualità ha evitato una nuova tragedia idrogeologica”

Le esondazioni dei torrenti Bajano e Verderame, che hanno allagato nei giorni scorsi Trapani e dintorni, senza fortunatamente provocare vittime, sono solo gli ultimi episodi, in ordine di tempo, di una serie di eventi estremi,  che stanno caratterizzando questo inizio d’autunno soprattutto nel CentroSud, dove violenti nubifragi si accompagnano a periodi di caldo quasi estivo, caratterizzati da  alte temperature sia dell’aria che del mare. Nello specifico, l’evento del 13 Ottobre scorso, che ha provocato la tracimazione dei due corsi d’acqua, ha visto rovesciarsi sulla città siciliana, in sole 2 ore, 80 millimetri di pioggia, quando, non di rado, in un intero anno ne cadono a malapena mm. 300. Seppur spalmate nell’arco di 48 ore, quantità di pioggia, superiori ai 50 millimetri si sono registrate, negli stessi giorni, anche in altre località siciliane, quali Cesarò (mm.82,4), Caronia (mm. 65,4), Sciacca (mm.51,2 ), Salemi (mm. 51), confermando l’Isola fra i territori più “umidi” di un’ “Italia idricamente rovesciata”.

Solo il caso ha voluto che i nubifragi abbiano colpito la provincia di Trapani, dove solo l’1,2% degli abitanti vive in zone soggette a medio-alto rischio di allagamento e lo 0,8% in zone ad elevato o molto elevato rischio di frane (fonte: ISPRA).

Ben diverse sarebbero state le conseguenze, se l’evento estremo si  fosse abbattuto sulle province di Palermo (dove il medio-alto rischio idraulico interessa il 9,3% della popolazione ed il rischio frane tocca il 2,8% degli abitanti) o Messina, dove il medio-alto pericolo idrogeologico coinvolge il 9,7% degli abitanti, di cui il 2,4% è a rischio di frane.

“Tali dati – indica Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) al nuovo Governo – evidenziano, da un lato, la necessità di aumentare la resilienza delle comunità attraverso la realizzazione di adeguate infrastrutture, capaci di trattenere le ondate di piena, dall’altro, di provvedere celermente all’approvazione della legge contro l’eccessivo consumo di suolo, che giace da anni nei meandri parlamentari.”

L’attuale condizione idraulica conferma la visione profetica, espressa dal principe, Fabrizio Salina, ne “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa:   “…questo clima che c’infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti, Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste… e poi l’acqua che non c’è o che bisogna trasportare da tanto lontano che ogni sua goccia è pagata da una goccia di sudore; e dopo ancora le piogge, sempre tempestose che fanno impazzire i torrenti asciutti, che annegano bestie e uomini proprio lì dove una settimana prima le une e gli altri crepavano di sete…”.

“A 64 anni dalla pubblicazione del libro, nulla è cambiato” conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.




Ristrutturazione a costo zero: tutti i consigli per risparmiare

La ristrutturazione della casa si rende necessaria quando l’edificio è ormai obsoleto o quando nascono delle nuove necessità da parte di chi vive la casa ogni giorno. In entrambi i casi, gli obiettivi di una ristrutturazione sono: migliorare il comfort abitativo e ridurre i consumi energetici grazie all’efficienza.
Grazie ai bonus casa previsti dal governo, la ristrutturazione può anche essere a costo zero, considerando che ci sono agevolazioni che permettono di recuperare l’intero investimento. 
Bisogna però fare attenzione non solo ai requisiti, ma anche alle scadenze delle singole agevolazioni che con la legge di bilancio 2022 sono state prorogate fino al 2025, ma con delle specificità da tenere sotto controllo. Il consiglio è quello di rivolgersi ad aziende esperte nel settore per avere un’idea chiara su come procedere e per capire, ad esempio, quanto costa rifare un bagno ex novo alla luce delle possibilità di sconto. In questo approfondimento ci sono tutti i consigli per risparmiare tenendo conto dei bonus previsti per legge e delle relative scadenze.

Superbonus 110%

Parliamo dell’agevolazione più conveniente di tutte, che permette di avere un’abitazione ad alta efficienza energetica recuperando tutto l’investimento in maniera immediata, con la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Negli ultimi mesi ha generato alcune criticità, poiché non erano ben chiari i sistemi di controllo e si è generato un blocco agli accrediti per le aziende che si erano esposte.

Nel decreto aiuti bis, tali problemi per il Superbonus 110% sono stati risolti, con alcune modifiche chiave per liberare i fondi a favore di chi aveva realizzato un progetto a norma e senza rischio truffa.
Alla luce delle nuove regole, si può quindi procedere, per i progetti edilizi con i bonus casa, alla richiesta di fondi per riqualificare la propria abitazione.
La scadenza per il Superbonus è fissata al 2025, ma dal 2023 cambieranno le percentuali di sconto in base al tipo di intervento:

  • per i lavori effettuati dai singoli contribuenti il 110% spetta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, con la condizione di aver saldato il 30% entro il 30 giugno 2022;
  • per gli interventi in condominio o in edifici da 2 a 4 unità immobiliari il bonus è prorogato fino al 31 dicembre 2023. Nel 2024 la percentuale scende al 70% e nel 2025 al 65%;
  • per la ristrutturazione di edifici, quali ex case IACP e cooperative edilizie, la detrazione è valida fino al 31 dicembre 2023 se entro il 30 giugno 2023 siano stati effettuati almeno il 60% degli interventi.

Ecobonus e bonus casa

Queste agevolazioni esistevano già prima del Superbonus 110%, e sono destinate agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Danno la possibilità di recuperare rispettivamente il 65% (fino all’85% per casi particolari) e il 50% delle spese sostenute. Sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2024 con le stesse condizioni e, se si effettuano lavori particolarmente avanzati dal punto di vista del risparmio energetico, i costi si possono detrarre direttamente in fattura, senza il rimborso Irpef nella dichiarazione dei redditi, che verrebbe spalmato su più anni.

Bonus mobili ed elettrodomestici

Chi ha eseguito lavori di ristrutturazione con i bonus, può anche richiedere il bonus mobili ed elettrodomestici, che consente di avere una riduzione delle spese del 50% per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici a basso consumo. Valido fino al 31 dicembre 2024, subirà delle modifiche per il budget massimo disponibile, che dal 1° gennaio 2023 passerà dai 16 mila euro attuali ai 10 mila euro.

 




Turismo, conclusa la 59esima edizione di TTG Travel Experience di Rimini

L’evento ha ospitato il debutto della Destinazione Lazio Meridionale D.M.O.
 
Appena conclusa la 59° edizione di TTG Travel Experience di Rimini, la manifestazione nazionale B2B di riferimento per la promo-commercializzazione del turismo mondiale in Italia e per la commercializzazione dell’offerta turistica italiana nel mondo. L’evento ha ospitato il debutto della Destinazione Lazio Meridionale D.M.O., l’associazione di promo-commercializzazione turistica nata a cavallo delle province di Frosinone e Latina grazie all’impegno di Enti sia pubblici che privati. La delegazione partecipante era composta dal presidente Giorgio De Marchis e dal Destination Manager Stefano Soglia che hanno registrato un primo, fondamentale, interesse da parte degli operatori sulla proposta proveniente da questo territorio, tanto ricco e variegato.

Una tre giorni intensa che ha visto i due rappresentanti prendere parte ad una serie di appuntamenti in quella che figura tra le principali fiere di settore in Italia. Particolare risalto ha avuto infatti il panel tenuto in collaborazione con la D.M.O. Latium Experience, la presentazione è stata tenuta dai rispettivi Destination Manager: Stefano Soglia per la Destinazione Lazio Meridionale e Paola Cosimi per Latium Experience.

L’evento si è svolto nel segno della ripartenza, confortato dai dati diffusi dal Unwto World Tourism Barometer, secondo i quali il settore turistico ha recuperato quasi gli stessi numeri arrivi/presenze pre-pandemia, riflettendo la forte domanda repressa di viaggi internazionali e l’allentamento delle restrizioni di viaggio.

Lo staff della D.M.O., finanziata dalla Regione Lazio attraverso l’Avviso pubblico “Attuazione di interventi a sostegno delle destinazioni turistiche del Lazio” del 11/02/2021, ha espresso grande soddisfazione per l’accoglienza ricevuta e per aver ritrovato in loco alcuni degli associati all’appuntamento riminese volto a promuovere il turismo.

“Siamo in una fase molto importante sia per la nostra D.M.O. che per il turismo nazionale” -ha dichiarato il Presidente Giorgio De Marchis– “in questo periodo infatti stiamo ultimando gli strumenti utili agli operatori del turismo territoriale per garantire un posizionamento sul mercato in linea con i principali competitor. La strategia che stiamo portando avanti prevede un’azione tanto in linea con la proposta regionale, quanto integrata con le vicine D.M.O. di Latina e della Valle di Comino. L’impegno sinergico e la standardizzazione dei prodotti garantiranno ai tre territori a Sud di Roma di rimanere sul mercato con le proprie migliori proposte ben oltre la fine del progetto finanziato dalla Regione Lazio. L’esperienza a Rimini di questi giorni ci ha dimostrato concretamente che, sia a livello nazionale che estero, c’è grande interesse intorno ai territori emergenti come il nostro. È stato un piacere annunciare in un contesto tanto prestigioso che a breve presenteremo il brand e l’immagine coordinata della nostra destinazione, in un evento appositamente realizzato.”




L’ANCRI concorre alla campagna di comunicazione per la prevenzione dei rischi naturali che interessano il Paese

Dalla pericolosità territoriale al concetto di rischio. L’Ing Paolo Ghezzi delegato ANCRI alla Protezione civile e all’ambiente e responsabile scientifico del Master Geca in economia circolare della Scuola superiore S. Anna ci offre una riflessione su cosa fare per limitare tragiche conseguenze delle alluvioni ed esondazioni mettendo a confronto sul piano operativo due gestioni emergenziali diverse di piene simili dell’Arno

Torna anche quest’anno l’iniziativa “Io non rischio – Buone pratiche di protezione civile”, campagna di comunicazione nazionale sui rischi naturali che interessano il nostro Paese. Promossa dal Dipartimento di Protezione Civile, l’iniziativa ha l’obiettivo di diffondere la cultura della prevenzione e le buone pratiche di protezione civile. In oltre 500 piazze del territorio nazionale saranno presenti punti informativi “Io non rischio” per sensibilizzare i cittadini sul rischio sismico e sul rischio alluvione.

In questo contesto di divulgazione di buone prassi ANCRI si è attivata per garantire il proprio contributo al dibattito e al confronto con una riflessione del proprio delegato nazionale alla Protezione Civile e all’ambiente – ing. Paolo Ghezzi. Oltre a individuare alcune tra le cause responsabili della fragilità del nostro territorio, Ghezzi richiama l’attenzione sulla necessità di costruire sistemi locali di protezione civile, efficaci e solidi, e in grado di interpretare le emergenze con spirito critico e capacità di lettura dei dati. Per questo viene proposto il confronto tra due eventi di piena del Fiume Arno, molto ravvicinati, del tutto simili ma gestiti in modo completamente diverso.

Ecco il suo contributo

I recenti eventi alluvionali che hanno colpito il nostro Paese inducono ad una riflessione sul livello di fragilità anche del territorio Toscano e sulla preparazione, più o meno diffusa, nell’affrontare con adeguata efficacia situazioni critiche se non di emergenza.

Eventi metereologici intensi e piogge di lunga durata hanno caratterizzato anche i secoli scorsi. Eppure i danni a persone e cose generati negli ultimi 70 anni non sembrano avere uguali e sono aumentati di pari passo con l’attesa, diciamo pure la giusta pretesa, della popolazione di avere risposte adeguate per prevenire l’emergenza e, se il caso, di intervenire tempestivamente.

Il concetto di rischio, associato alla probabilità di accadimento e alla magnitudo associata, è ormai chiaro a tutti. E’ quindi patrimonio comune che l’aggressione al territorio, anche quello fragile, perpetrata dal dopo guerra in poi, con picchi irresponsabili tra gli anni ’70 e ’90 ma con significativa evoluzione anche in tempi recenti, è la principale causa degli effetti disastrosi di eventi intensi.

Basta pensare che il 7,4% del territorio Toscano risulta in aree a pericolosità elevata di alluvione. Si tratta di oltre 1.400 km2, in cui vivono, esposte a rischio, oltre 270mila persone, quasi 70 mila edifici, 30 mila imprese e quasi 1.400 beni culturali anche di elevatissimo pregio. Il resto di Italia non va certo meglio ed è quindi logico aspettarsi che ad eventi particolarmente violenti, la cui probabilità di accadimento sembra aumentare, facciano seguito danni sempre crescenti: il concetto di magnitudo, appunto.

Ed è in questo quadro complesso e fragile, che si inseriscono la necessità di un modello predittivo e di un sistema efficace di prevenzione. Non è sufficiente disporre di un enorme patrimonio di dati, seppur informatizzati, per scongiurare eventi catastrofici e danni al territorio.

Mi è sempre piaciuto parlare di Sistema di Protezione Civile non come codifica normativa avulsa dalla realtà, ma come gruppo di competenze e forza lavoro che e opera secondo procedure condivise mettendo a fattor comune competenze ed esperienze di Enti e Associazioni di Volontariato. Un Sistema capace di lavorare fianco a fianco nel tentativo di costruire un sistema efficace in cui, pur nel rispetto delle prerogative e delle competenze di ciascuno, le singole eccellenze sappiano lavorare in sinergia e armonia.

Le pianificazioni, pur essenziali per una corretta gestione dell’emergenza, finiscono per essere comunque una linea di indirizzo e di lavoro che mette alla prova le capacità decisionali nei momenti critici. Ogni emergenza deve essere inquadrata in un contesto diverso e la conoscenza dei punti di forza e dei limiti del proprio sistema di intervento devono indurre ad assumere la decisione giusta. Non sempre la stessa, anche se in condizioni apparentemente molto simili.

Il Prefetto Francesco Tagliente, alcuni giorni fa, richiamava sulla stampa un evento del 2014 vissuto insieme e che è emblematico di questa flessibilità che deve caratterizzare l’operato di chi, ai vertici della catena di comando, deve prendere decisioni impattanti sulla vita delle persone.

Fra gennaio e febbraio 2014, a distanza di poche settimane, vennero gestite due piene simili in maniera assolutamente diversa. Entrambi gli eventi transitarono alla stazione di Pisa Sostegno con un livello di circa 5.00 m.sl.m. ma le risposte del sistema di protezione civile furono diverse e conseguenti agli scenari prefigurati e ai dati disponibili. La popolazione e il patrimonio urbano vennero salvaguardati con un impatto sulla qualità di vita completamente diverso nei due eventi.

Il primo evento fu quello del 31 gennaio – Il giorno precedente, venne diramato un bollettino di allerta moderata per precipitazioni locali che non lasciava presagire una piena dell’Arno significativa come quella poi gestita. Il sistema di Protezione Civile si mise in moto nella notte del 30 gennaio solo grazie ad una intuizione della protezione civile del Comune di Pisa. La piena prevista dai modelli era variabile da 2500 mc/s fino a 3200 mc/s., e il tempo disponibile per la reazione e l’adozione delle contromisure non era superiore alle 10 ore.

Nel quadro evolutivo della piena, incerto e con valori di portata così importanti e non compatibili con la capacità di smaltimento del fiume in città, nella notte vennero adottate tutte le misure previste nella Fase più critica del Piano di Protezione civile, quella a ridosso della potenziale esondazione: attivate in extremis lo scolmatore, e l’installazione delle opere di difesa (panconcelli). La città venne chiusa in tutte le sue funzioni con grande impatto sulle normali attività della popolazione.

Il secondo evento fu quello del 12 febbraio – In questo secondo evento, era giunto in largo anticipo un avviso di allerta elevata su tutta la Regione. Uno di quegli avvisi molto rari. Fu possibile seguire passo dopo passo l’evoluzione della piena e fare tesoro dell’esperienza da poco maturata nell’evento precedente anche ai fini del confronto dei livelli lungo l’asta fluviale. Le previsioni di evoluzione della piena cambiarono più volte anche nel corso della notte. I livelli reali raggiunti nelle stazioni di monte erano tutti ampiamente superiori a quelli della piena precedente e solo alcuni importanti affluenti sembravano apportare un contributo inferiore. Verso le 6.30 della mattina del 12 febbraio venne però confermato uno scenario simile al precedente. Attraverso valutazioni e comparazioni con l’evento di dieci giorni prima, la città venne mantenuta aperta ed attiva assumendo le giuste cautele nelle due ore previste per il passaggio del colmo di piena dalla città al fine di monitorare i reali livelli di transito e ridurre il rischio.

La gestione dei due eventi, in entrambi i casi condotta nell’ambito del Centro Coordinamento Servizi (CSS) convocato in piena notte in prefettura, mette in luce, con chiarezza, i diversi livelli di responsabilità decisionale e quel concetto di Sistema allenato che risulta indispensabile nella gestione preventiva di un’emergenza e in corso d’opera. Le decisioni a carico della città, pur se assunte nel CCS e condivise rientrarono nelle mie prerogative di rappresentante del Comune. A titolo di esempio, la chiusura o meno delle scuole, delle Università e degli esercizi commerciali; l’inibizione all’accesso alla città con l’attivazione dei 37 cancelli, il mantenimento dei servizi essenziali, l’evacuazione della popolazione e il soccorso alle persone non autosufficienti; la rimozione dei cassonetti, delle auto e di altri intralci. Pur con il conforto e con l’ascolto di ogni posizione rimane inalterata una chiara responsabilità personale: quella di assumere queste decisioni e di emanare per tempo le relative ordinanze, se necessarie, o pretenderne la formulazione da altri soggetti competenti.

Al Centro Funzionale della Regione, invece, spettò l’interpretazione dei dati che risultarono essenziali per assumere responsabilmente le scelte conseguenti nonché la gestione delle stazioni di misura (livelli e portate), dei modelli previsionali idraulici in base all’evoluzione meteo fornita dal Consorzio LAMMA. La Provincia di Pisa ebbe la responsabilità della gestione idraulica del fiume Arno con l’attivazione dello scolmatore e il montaggio dei panconcelli. Il Prefetto, infine, assunse la responsabilità della direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello provinciale attivando l’esercito per il montaggio dei panconcelli e gestendo con perizia il CCS ed i contatti con i Sindaci o Assessori dei comuni vicini.

In sintesi, dunque, un efficace lavoro di squadra portato a termine in piena comunione di intenti. La gestione dei due eventi ha richiesto un sistema decisionale articolato e complesso che, allora funzionò. Non ci furono protagonismi. I volontari, gli operatori di protezione civile, i Vigili del Fuoco, le forze dell’ordine, l’esercito, la polizia municipale: tutti seppero lavorare al meglio mettendosi a disposizione della regia del coordinamento.

Ma non è certo sufficiente un efficace sistema di protezione civile per mettere al sicuro un territorio e una comunità. E’ una questione soprattutto infrastrutturale. La protezione civile, nei due eventi sopra richiamati, ha certamente fatto tutto quanto era nelle proprie possibilità e, credo, lo abbia fatto al meglio. Ma se, a parità di sforzo del sistema complessivo e di decisioni assunte, i livelli della piena avessero investito i panconcelli o un argine avesse ceduto e l’acqua fosse tracimata, quali sarebbero stati il giudizio della comunità e la valutazione dell’operato svolto? E soprattutto quali e quanti sarebbero stati i danni alla città?

Un sistema sano di Protezione civile va mantenuto a livelli di eccellenza e deve poter sopravvivere ai continui cambiamenti ai vertici degli Enti che ne fanno parte. Ma soprattutto è compito di un articolato sistema di competenze e responsabilità che assurgono ai livelli pianificatori e regolamentari che spetto il compito di ridurre la magnitudo e quindi i danni a cose e persone a parità di evento e di capacità di intervento. E questo sistema preventivo e proattivo in emergenza è quanto mai fondamentali ai giorni nostri in cui la fragilità del territorio si somma ad una esposizione eccessiva ai potenziali danni.




Catania e Acireale: un weekend per “le vie dei tesori”

Muoversi sulle tracce dei viaggiatori del Grand Tour, affascinati dai colori e dalla naturalezza di questo lembo di Sicilia: sarà un’esperienza speciale quella in programma questa domenica (16 ottobre) per il terzo weekend delle Vie dei Tesori Catania. Siamo nei pressi in effetti,  davanti alle Isole Ciclopi di Aci Trezza: qui, a Villa Fortuna, è stato ideato un percorso immersivo multimediale attraverso le riproduzioni fedeli di acquerelli, tele, disegni  realizzati dai viaggiatori che da fine Settecento sono giunti in Sicilia. Rivivono scene di vita quotidiana, scorci di un tempo che ormai non esiste più, ma che gli occhi e la matita dei viaggiatori registrarono con attenzione. Il percorso proposto domenica inizierà dall’antico scalo dei Malavoglia, per poi passare tra le barche in legno dei mastri d’ascia, sostare nel giardino spontaneo sul mare per ammirare le formazioni rocciose dei basalti colonnari. Si chiude vicino all’edicola della Madonna della Provvidenza, citata da Verga, con la Torre dei Faraglioni, e il museo dedicato a Salvatore Valastro, fotografo del secolo scorso che ha scattato tante immagini dell’antica Aci Trezza.

Ma non sarà l’unica esperienza proposta, anzi: nel cuore del centro storico sarà possibile (sia sabato alle 18 che domenica alle 11 e alle 17) entrare dietro le quinte del teatro dei pupi della famiglia Napoli, accedere al laboratorio dove nascono i pupi, carpire qualche segreto che si tramanda di padre in figlio.

E mentre Catania si prepara al suo terzo weekend, Ragusa, Scicli e Alcamo sono invece pronte a varare l’ultimo: a Ragusa la devozione popolare si stringe attorno alla Madonna di san Filippo Neri, che dopo sessant’anni ritorna tra la gente; a Scicli si va per chiese rupestri e sulle tracce dell’inossidabile commissario Montalbano; e a Alcamo è stata aggiunta una degustazione di vini del territorio che permetterà di scoprire le cantine e i vitigni più importanti.

Catania dunque: tra antichi palazzi (lo Scuderi Libertini è un capolavoro prezioso in stile rinascimentale e conserva ancora intatti gli arredi d’epoca), chiese che grondano storia e cappelle bizantine, cripte e antiche mura (il Bastione degli Infetti voluto da Carlo V  è aperto solo sabato ma c’è anche il castello Ursino costruito da Federico II che ha resistito ad ogni calamità),  grotte e piccoli musei. Sabato mattina si potrà visitare Cartura, bottega d’arte dedicata alla carta, ma anche l’ex calzaturificio Ega con il suo passaggio segreto verso il teatrino Dusmet. E se raggiungete piazza Scammacca, troverere un bellissimo esempio di rigenerazione urbana di un intero quartiere. Ma è fuori porta che assiste ad una maratona creativa straordinaria: a Montatagrande, a 615 metri d’altezza, a Trecastagni si va per filari e frutteti e si accarezzano le asinelle di famiglia; ma si proverà anche l’introvabile Donnavita, il liquore dell’Etna; a Viagrande si visitano anche gli ambienti agricoli di quella che fu la residenza di campagna dei marchesi di San Giuliano, oggi un relais. Si andrà per mare, per tentare i fondali con un sub esperto o veleggiare guardando Ognina. Si potrà scoprire un angolo di paradiso sulla lava (il Parco Paternò) a Sant’Agata Li Battiati; visitare un parco esotico calato tra reperti antichi a Mascalucia o scoprire un orto sostenibile.

ACIREALE

Inserito quest’anno nel programma di Catania, ecco Acireale dove sabato si potrà seguire un laboratorio della maestra della cartapesta: Laura Laudani spiegherà tecniche e materiali ai visitatori che poi verranno invitati a “mettere le mani in pasta”. Domenica invece un percorso tra fitness e storia si srotolerà tra i sentieri delle Chiazzette, fino alla Fortezza del tocco, seguendo l’istruttrice Francesca Russo. E non mancherà di intrigare anche un mestiere antico come è quello dei nevaroli: Franco Patanè, mastro gelataio aprirà le porte del suo laboratorio per spiegare come un tempo nascevano le granite, tanto amate nei salotti nobiliari settecenteschi.

Tra i luoghi che aprono le porte,la biblioteca Zelantea con i suoi 250 mila volumi, incunaboli, manoscritti, edizioni rare; la chiesa di San Benedetto con le rifiniture in oro sulle pareti e sul soffitto; ultima occasione per la barocca San Francesco di Paola,  costruita anche grazie al lavoro forzato dei carcerati; l’antichissima Sant’Antonio di Padova dove si salirà sul campanile e sarà anche possibile suonare le campane. Due siti diversi: un presepe in stile partenopeo, con ben 150 personaggi tra le caratteristiche rovine pompeiane; e il Museo del Carnevale dove ogni singolo pezzo, maschera, calco, prevede la lunga opera dei maestri.

Grande novità dell’anno, una App agile e funzionale, scaricabile gratis, dove avere tutte le informazioni per vivere il festival, acquistare i coupon, avere in tempo reale le notifiche sull’ultimora.

Scelto quest’anno dall’assessorato regionale al Turismo tra le manifestazioni che promuovono SeeSicily, Le Vie dei Tesori, con il supporto del main sponsor Unicredit, ha saputo creare sinergie e dialogo, e attivato un progetto che si compie grazie alla collaborazione di oltre 200 partner: Regione, Atenei, Comuni, Diocesi, gestori privati, istituzioni dello Stato, proprietari di palazzi nobiliari, col sostegno di Poste Italiane.




Merano, partito il count down per la 30esima edizione dei mercatini di Natale

Il villaggio tradizionale tirolese sarà riproposto in Piazza della Rena con un progetto tutto nuovo

In assoluto tra i più antichi d’Italia, i Mercatini di Natale di Merano festeggiano quest’anno il trentesimo anniversario e tornano in grande stile dal 25 novembre al 6 gennaio, con una suggestiva festa di inaugurazione il 24 alle ore 17.

Più di 60 casette in legno saranno protagoniste ai mercatini con il loro moderno design, ispirato alle vette che circondano la città, e ospiteranno un’attenta selezione di prodotti, espressione dell’artigianalità del territorio e della tradizione culinaria altoatesina. Tutto da vivere e gustare immersi in un’atmosfera autentica natalizia che probabilmente è la vera unicità dei Mercatini di Merano tra il fiume Passirio, i portici, le passeggiate, il Kurhaus, l’illuminazione della città e le montagne tutt’intorno.

Ecco una selezione delle cose più belle da visitare durante la prossima edizione

Il villaggio tradizionale tirolese sarà riproposto in Piazza della Rena con un progetto tutto nuovo, che porterà in città una tradizionale e accogliente “Almhütte” di ben 100mq, decorata secondo il gusto natalizio altoatesino, dove si potranno gustare le migliori specialità culinarie locali.
La Almhütte sarà anche sede del Goldys Club, il progetto di successo dedicato ai bambini dove anche gli adulti avranno possibilità di cimentarsi in laboratori pratici, come la preparazione dei canederli o la creazione di una corona d’avvento. Per gli amanti delle degustazioni ci sarà, inoltre, una speciale degustazione di gin. Non mancheranno i momenti musicali e un programma completo di laboratori, attività e musica, aggiornato sul sito ufficiale dei Mercatini di Merano.

L’Albero infopoint, già punto di riferimento nel cuore della manifestazione per farsi guidare tra i numerosi punti di interesse, quest’anno si arricchisce di piccole eccellenze dell’enogastronomia del territorio, attentamente selezionate tra le aziende altoatesine. Sempre al suo interno sarà acquistabile anche la tazza ufficiale dei Mercatini di Merano, che per il suo trentesimo anniversario avrà un prezioso design dorato, imperdibile per i collezionisti. In esclusiva saranno in vendita anche il berretto e la fascia “RE-BELLO x Merano”, 100% cashmere riciclato, 100% Made in Italy sviluppato in collaborazione con Rifo-Circular Fashion, oggetto testimone dell’impegno della manifestazione a rendersi promotore di attività sostenibili.

Da non perdere anche le visite guidate, momenti ideali per scoprire cultura, luoghi nascosti e aneddoti della città, dalla suggestiva visita guidata “A lume di lanterna” a quella naturalistica “I segreti di Merano giardino d’inverno”, per scoprire le storiche passeggiate che hanno reso Merano tra le più famose città-giardino.
Molto interessante anche la visita del Kurhaus, gioiello Jugendstil tra i simboli della città, elegante edificio che fa da sfondo ai Mercatini di Merano.

In Piazza Terme torneranno le colorate sfere, eleganti palline di Natale dove degustare ottime pietanze altoatesine accompagnate da una ricca carta vini.

È richiesta la prenotazione tramite app, maggiori info su www.termemerano.it. Inoltre, divertimento all’aria aperta con la pista di ghiaccio, il panoramico Skybar e i Christmas Aperitif ogni sabato mattina fino a Natale, con musica dal vivo.

Tra gli stand storici o interessanti:

  • “Dolciumi Dressel” l’immancabile stand degli spiedini di frutta ricoperti di cioccolato e di panpepato e “Schlossbeck”, un vero must della manifestazione, con le sue Dinnede preparate e cotte al forno sotto gli occhi dei visitatori;
  • Roman Perfler”, “l’oste del castello Pienzenau”, oggi anche scrittore, che vanta un’esperienza di più di 40 anni nella gestione di castelli dell’Alto Adige e ama trasmettere la sua passione per il medioevo e per le ricette autentiche altoatesine. Da lui ci si mette in coda per assaggiare il suo panino con arrosto affumicato.
  • “Al bosco incantato”, del giovane Matteo Menegotto, è una grotta di fate, gnomi e creature magiche realizzate in ceramica che prendono vita attraverso il racconto delle loro fiabe e saghe.
  • “By Mommy”, fondata da Kathi, sarta e mamma di tre bambini, che cuce a mano articoli per neonati e bambini utilizzando solo tessuti 100% certificati e 100% passione.
  • la new entry “Rescheralm – Hanslini”, il progetto culinario curato da Elin e Hannes. La giovane coppia porterà in città la vita alpina e in particolare saranno serviti piatti tradizionali realizzati con materie prime di produzione propria.
  • “Fischerhof”, punto di riferimento al mercatino per gli appassionati di distillati, con un’offerta di ben 45 diversi prodotti tra grappe premiate, brandy fruttati, liquori, gin e rum. La cultura della distillazione è propria del maso Fischerhof, a Cornaiano, da più di 100 anni e con la loro esperienza e professionalità guidano gli ospiti alla degustazione e all’acquisto.
  • “Hundebar” un angolo riservato ai cani attrezzato con ciotole d’acqua e cibo presso lo stand “Simon Schönweger”, che intende accogliere al meglio anche i visitatori a quattro zampe.

I Mercatini raggiungono quest’anno un altro traguardo altrettanto importante, ovvero, la decima edizione certificata “Green Event”. Insieme agli altri Mercatini Originali dell’Alto Adige, la manifestazione ha lavorato edizione dopo edizione al miglioramento della propria impronta ecologica e invita i visitatori a condividere i valori di eco-sostenibilità.

I Mercatini resteranno aperti da lunedì a giovedì, dalle ore 11 alle 19 (gastronomia fino alle 21); venerdì, sabato e festivi dalle ore 10 alle 20 (gastronomia fino alle 22.30); domenica dalle ore 10 alle 19 (gastronomia fino alle 21).
Aperture speciali: 24 e 31 dicembre, dalle ore 10 alle 15.30 (gastronomia fino alle 17). Il mercatino resta chiuso il 25 dicembre.




Passeggiando per Roma tra puzza, degrado e… tanti turisti in giro

Se solo fossero gli svizzeri o i francesi o i tedeschi a gestire tale incomparabile unico contesto architettonico e storico

Roma, domenica 9 ottobre, una giornata splendida con una temperatura di 25 gradi. Via Tuscolana, terzo mondo, ma non ci sono più sui marciapiedi le bancarelle e la pista delle bicilette si snoda funzionale, pur senza biciclette. Lo spettacolo della incredibile quantità di bidoni della spazzatura, quasi tutti sporchi luridi o sgangherati, è semplicemente desolante, terzo mondo!

Sono stato alla Università La Sapienza dove si leva il Monumento di Amleto Cataldi agli studenti caduti nella prima Guerra Mondiale, inaugurato solennemente il 1920 e da allora mai curato o manutenuto. Ora grazie al nuovo Rettore, una donna, la professoressa Polimeni di concerto con l’arch Marino, una donna, direttrice dell’Istituto Centrale per il Restauro ne hanno affidato i lavori di ripristino che saranno terminati il 30 ottobre: una folta schiera di tecnici ne sorveglierà lo svolgimento.

Passando sul Lungotevere davanti alla Sinagoga ho notato molto movimento; essendo ottobre si pensa alla festività del Kippur. Ho lasciato mia moglie in macchina in un parcheggio libero un pò distante e mi sono avviato verso l’antico Ghetto, passando, ricordo, per Via del Pellegrino: uno scorcio di Roma antica unico, irripetibile, splendidi palazzi e chiese e piazzette: quante sensazioni! Tanti turisti in giro. Ma incredibile il degrado e l’assenza totale di manutenzione; in un angolo un mucchio di immondizia, cartacce un pò dovunque, perfino erbacce in quantità lungo i muri: sotto un portico addirittura un letto con valige, cuscini, ecc. A Roma antica, oggi! bisognerebbe introdurre di nuovo almeno la berlina ed esporre al pubblico ludibrio i colpevoli di tale disastro, altrimenti le cose non cambieranno mai! Vengono a mente le parole di Goethe scritte nel lontano 1786: “questo popolo pur vivendo in mezzo alle magnificenze e alla maestà della religione e dell’arte, non è dissimile di un capello da quel che sarebbe se vivesse nelle caverne e nelle foreste”. Nulla è mutato. Quale emozione e quale atmosfera: se solo fossero gli svizzeri o i francesi o i tedeschi a gestire tale incomparabile unico contesto architettonico e storico! Arrivo al Ghetto, è un luogo in cui sostare e guardarsi attorno è una emozione. Quanta gente. Mi avvicino a qualcuno e chiedo: mi spiegano che il Kippur è passato da pochi giorni, oggi è la giornata del quarantennale dell’attentato alla Sinagoga, una commemorazione solenne di quel fatto terribile in cui vi fu anche la morte di un bimbo. Mi commuove vedere bimbi con la kippah: fortunati, mi dicevo. Scoperto il motivo dell’assembramento, rifaccio un percorso che amo fare e cioè imbocco Via della Reginella: un vicoletto la cui sola vista suscita pensieri e ricordi e ti avvolge in un‘atmosfera particolare. Davanti agli usci delle abitazioni ogni tanto vedi le cosiddette pietre di inciampo e cioè quelle piastre di ottone quadrangolari di circa 10×10 cm conficcate nel terreno dove è scritto un nome, delle date e delle località; sono le vittime di quell’immondo e ladro kappler nazista:16.X.1943 Auschwitz.
Al termine di via della Reginella si apre una piazzetta e al centro lo spettacolo che veramente trasporta in un mondo differente di bellezza e di perfezione: la cinquecentesca Fontana delle Tartarughe: quale gioia degli occhi e quale godimento, quale fortuna poterla ammirare, integra, ancora oggi: è qui che si dovrebbero collocare i carri armati a protezione di tali tesori unici al mondo! Torno indietro e vado all’incontro di un mio figlio. Stiamo un pò assieme ad una delle tante trattorie dei vicoli della Roma di Via Monserrato. Anche qui quale atmosfera impagabile ma anche qui, guardandoti attorno, si rimpiangono gli svizzeri o i francesi o i tedeschi a gestire tale incomparabile eccezionale patrimonio! Poi andiamo alla residenza dei miei in Via Po. Mentre ci intratteniamo, noto un palazzone in vetro di quattro o cinque piani dove in caratteri cubitali sulla facciata è scritto: ISTITUTO NAZIONALE PER L’ANALISI DELLE POLITICHE PUBBLICHE: mai sentito nominare, che cosa sarà mai? ANALISI DELLE POLITICHE PUBBLICHE! …

Alla fine verso Campo dé Fiori, una visita al caro Giordano Bruno: quel mercato che si svolge tutti i giorni dalle 6 di mattina alle cinque-sei di sera in quella piazza miracolosa nel cuore della Roma secentesca è un semplice abbominio, a parte la triviale oggettistica che pure vi si offre in vendita: ma come si può accettare oggi ancora che un tale inverecondo, perfino impudico, spettacolo si possa offrire agli occhi della Storia e delle migliaia di visitatori in quel luogo magico e pieno di malia? Non si immagina quello che avviene alle 6 di sera quando i camion e i furgoni della nettezza urbana e il personale addetto intervengono per la pulizia della piazza: rumori, emissioni di fumi, grida, i bancarellieri che ricaricano nei furgoni le loro mercanzie, una baraonda indescrivibile, indegna, immeritata per tutti, e i turisti che assistono stupiti, ogni sera! Voglio ricordare la storiella a chi non la conosce. Piazza Campo dé Fiori da sempre, come testimoniano i quadri dei pittori dell’epoca, era luogo dove quasi ogni mattina le contadine in numero di tre-quattro-cinque andavano a vendere i propri prodotti verdure, frutta, ecc. Alla fine del 1800 una quantità di uomini di lettere e di cultura decise di erigere una statua in onore del martire del libero pensiero Giordano Bruno, bruciato vivo dalla Chiesa proprio in questa piazza nel 1600 perché ‘eretico’ cioè dissidente! Fu dato incarico allo scultore Ettore Ferrari di realizzare l’opera. Il Vaticano, che aveva già subito l’usurpazione del 20 settembre 1870, considerò l’iniziativa un ulteriore torto alla propria storia e si oppose con tutti i mezzi. La cultura ebbe il sopravvento e il monumento fu eretto dove oggi si trova. Allorché una trentina di anni dopo, in epoca mussoliniana, in lunghe trattative nel 1929 si addivenne alla firma del famoso Concordato Chiesa-Italia, la questione di Giordano Bruno tornò in auge: la statua va rimossa, imponeva il papato, è un’offesa. Mussolini, forse erano gli originari sentimenti socialisti e di libertà ancora presenti in lui, si oppose alle mire pretesche; allo stesso tempo, non voleva né poteva opporsi eccessivamente. E si addivenne ad un compromesso che accontentò le due parti: Mussolini impose che Piazza Campo dé Fiori dalle 6 di mattina fino alle sei di sera, ogni giorno dell’anno, fosse data in concessione ai commercianti romani muniti di regolare licenza per la vendita dei loro prodotti e il Papa definì Mussolini, ‘uomo della Provvidenza’ e rispose alla iniziativa mussoliniana santificando due anni dopo Roberto Bellarmino, l’inquisitore assassino di Giordano Bruno. Effettivamente è avvenuto che la figura di Giordano Bruno a seguito delle tende e delle bancarelle e dei rifiuti che quotidianamente si accumulano ai suoi piedi, è diventata invisibile: si può ammirare solo a partire dal tramonto. Si attende che qualche politico attento, possibilmente il sindaco del Municipio o di Roma Capitale, si faccia promotore finalmente del ripristino dei luoghi originari e della cancellazione dell’abbominio attuale e degrado.
Ci congediamo da nostro figlio e famiglia e nella via che da Campo dé Fiori immette a Piazza Farnese assistiamo ad un altro spettacolo fuori del comune: avevo già notato la grande quantità di turisti e tutte le trattorie e locali quasi tutti pieni di avventori. Ora qui davanti al ristorante ‘da Fortunata’ dove tutti i tavoli dentro e fuori erano impegnati, vi erano almeno cinquanta persone in piedi, in attesa di qualcosa. Chiedo come mai tutti in fila là fuori. La risposta è: in attesa che si liberi qualche posto al ristorante!




Clima, l’Osservatorio ANBI Risorse Idriche lancia l’allarme: “Mentre è ancora siccità su larga parte d’Italia cresce il rischio alluvioni

Nel Lazio calano i livelli del fiume Tevere, così come del Sacco e del lago di Nemi, mentre crescono le portate di Liri ed Aniene
 
In Nord Italia, l’attesa di precipitazioni intense e regolari per riequilibrare il grave deficit idrico del 2022 continua a protrarsi, sistematicamente disattendendo  le speranze di piogge provvidenziali (per esempio: da inizio d’Ottobre su Udine, Pordenone, Trieste, nell’ormai ex “catino d’Italia” del Friuli Venezia Giulia, non si è finora registrato un significativo evento meteo) ed aumentando contestualmente il rischio idrogeologico su corsi d’acqua oggi irriconoscibili.
 
La percezione dell’alto pericolo idraulico si ha evidente, osservando la condizione del Piemonte dove, ad una timida ripresa della Stura di Lanzo (risalita a 9,5 metri cubi al secondo, ma l’anno scorso era  mc/s 18 e nel 2020 era mc/s 23!)  si contrappone la persistente  “asciutta” di corsi d’acqua, temuti per il regime torrentizio ad alto rischio come la Bormida e l’Orba; nella confinante Valle d’Aosta, dove le precipitazioni settembrine sono state inferiori alla media, si sono dimezzate le portate della Dora Baltea.
 
“Molti degli alvei oggi in secca sono stati, nel recente passato, protagonisti di disastrose esondazioni; i Consorzi di bonifica monitorano il territorio di competenza, ma va sollecitata l’attenzione anche delle comunità locali, perché un territorio arido è uno straordinario acceleratore della velocità delle acque di pioggia, le cui previsioni hanno dimostrato di non poterne determinare con precisione né la quantità, né le modalità” ricorda preoccupato Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e della Acque Irrigue (ANBI) 
 
Esemplare della grave crisi idrica, che si sta continuando a registrare nell’Italia settentrionale, è la situazione della Lombardia, dove permane in sofferenza il fiume Adda, nonostante il “sacrificio” del lago di Como, che sta rilasciando una portata quasi doppia di quella in entrata, immolandosi ad un crescente deficit che, in assenza di piogge, ne fa facilmente presagire l’insostenibilità; sono dimezzate anche le riserve idriche della regione, dove i bacini montani contengono solo il 30% dell’acqua, che normalmente hanno in questo periodo.
 
Tutti i grandi laghi del Nord sono prossimi ai livelli minimi, quando l’anno scorso segnavano percentuali di riempimento pari almeno al 60% (oggi il lago d’Iseo è al 6,4%, il Lario è al 10,6%, il Maggiore è al 20%, il Benaco al 22,1%!).
 
In Veneto calano i livelli dei fiumi (la Livenza è m. 1,80  sotto  quanto registrato l’anno scorso), pregiudicando la ricarica delle falde mai così basse in tempi recenti: in gran parte del trevigiano, nella fascia occidentale della provincia di Venezia, nella parte settentrionale del padovano  ed in alcune zone del medio-basso Polesine, è indicata una condizione di siccità estrema (fonte: A.R.P.A.V.).
 
Il fiume Po è quasi ovunque nuovamente sotto il minimo storico: al rilevamento di Pontelagoscuro si sfiora ancora la soglia limite per contrastare l’intrusione salina (mc/s 450 mc), registrando una portata inferiore di quasi il 75% a quella registrata lo scorso e addirittura -87% sul 2020!
 
Per i fiumi appenninici dell’Emilia Romagna, l’estate non sembra finire con portate ferme ai valori tipici dei periodi più siccitosi (Reno, mc/s 1,49  contro una media mensile di mc/s 8,4;  Secchia, mc/s 2,49 contro mc/s 8,54; Enza, mc/s 0,87 contro mc/s 6,89  della media mensile) con il livello della Trebbia, che ristagna attorno ai 35 centimetri.
 
Dopo gli exploit di fine settembre-inizio ottobre, le portate dei fiumi toscani  registrano ora cali generalizzati.
 
 
Lo scenario cambia man mano, che si scende verso Sud
 
Nelle Marche, i corsi d’acqua principali  si mantengono ad un buon livello idrometrico con andamento settimanale positivo per Tronto, Nera, Sentino , mentre  In calo sono Potenza ed Esino.
 
Analizzando i dati pluviometrici, l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche evidenzia un asse latitudinale, che va dall’alluvionata Senigallia alla livornese San Vincenzo, su cui in Settembre si sono rovesciate le maggiori precipitazioni, che sulle località toccate in Umbria hanno registrato una media di 167 millimetri (quasi 400 millimetri a Pieve di Saddi); a conferma dell’ormai consolidata localizzazione degli eventi estremi, nella stessa regione sono in calo i livelli del fiume Tevere, ma soprattutto del lago Trasimeno, che oggi segna metri –1,54 contro una media di -0,72 metri!
 
Nel Lazio, in linea con quanto verificato a monte, calano i livelli del fiume Tevere, così come del Sacco e del lago di Nemi, mentre crescono le portate di Liri ed Aniene.
 
Buoni, seppur in calo, sono i flussi negli alvei dei fiumi campani, tra cui spicca la buona performance del Garigliano.
 
Le alte temperature  proseguono la necessità di apporti irrigui  per le campagne di Basilicata e Puglia, i cui bacini hanno visto calare i volumi trattenuti rispettivamente di 6 e 5 milioni di metri cubi in una settimana.
 
In Calabria, analogia situazione si registra nel crotonese, dove  l’invaso di Sant’Anna è al minimo in anni recenti (Mmc.1,39 ).
 
Infine, la Sardegna, i cui invasi trattengono complessivamente una quantità d’acqua (circa 1 miliardo di metri cubi) inferiore alla media del decennio, ma sono bastati solo una trentina di millimetri di pioggia per allagare Orosei.
 
“E’ evidente che le situazioni soprattutto urbanistiche sono differenti, ma è altrettanto vero che la prevenzione civile parte ovunque dall’ordinaria manutenzione – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Per questo ci appelliamo ad Amministrazioni Comunali e cittadini perché, in una situazione di conclamato rischio come l’attuale, mantengano alta l’attenzione sull’efficienza delle reti idrauliche nei centri urbani ad iniziare dalla pulizia di caditoie e fossi anche privati: la caduta autunnale delle foglie, infatti, può trasformarsi in un drammatico tappo al fluire delle acque in condizioni di criticità.”
 




Roma, Mattarella presenzia alla celebrazione dei 110 anni della Stampa estera

In occasione del 110° anniversario dalla fondazione dell’Associazione della Stampa Estera in Italia, ASEI, lo scorso 10 ottobre presso la prestigiosa sede romana delle Terme di Diocleziano, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, è stato presentato il documentario “La storia siamo (anche) noi” commissionato alla regista Diana Ferrero. Un racconto corale dei servizi sul campo, le notizie in esclusiva e le sfide di alcuni corrispondenti stranieri a Roma, dai “grandi” decani delle testate storiche ai giovani battitori liberi che si ingegnano ogni giorno per trovare il loro posto nella professione.
 
L’Associazione della Stampa Estera in Italia nasce nel 1912 a Roma ed è al giorno d’oggi la più grande organizzazione di corrispondenti esteri nel mondo, con circa 450 soci, tra Roma e Milano, da 54 Paesi che rappresentano oltre 800 testate. La storia dell’Associazione della Stampa Estera in Italia inizia nel famoso Caffè Faraglia a Piazza Venezia, quando il 17 febbraio del 1912 per la prima volta 14 giornalisti da 6 paesi diversi decisero di associarsi. La sede attuale è in Via dell’Umiltà ed ancora oggi il suo ruolo è quello del giorno della fondazione: offrire ai giornalisti stranieri servizi, assistenza professionale e vita sociale, ed alla città di Roma e al paese, una finestra sul mondo, un canale di comunicazione diretto con decine di paesi attraverso i soci corrispondenti. Il documentario ha l’obiettivo di raccogliere testimonianze importanti da parte dei soci giornalisti, le cui vite si sono intrecciate con la storia dell’Italia negli ultimi 110 anni.
 
110 anni di storia. I migliori giornalisti da tutto il mondo. Gli eventi, i personaggi, gli incontri, le conquiste e i premi che hanno segnato la storia d’Italia dal 1912 ad oggi, attraversando due guerre mondiali, riassunti in 47 minuti.
 
La francese Marcelle Padovani racconta la mafia e l’antimafia attraverso le sue interviste a porte chiuse con Giovanni Falcone; la messicana Valentina Alazraki rievoca i suoi 40 anni da vaticanista al fianco di cinque Papi; l’americana Patricia Thomas testimonia la sua presenza nel coprire sbarchi di migranti e proteste; l’iraniano Hamid Masoumi Nejad descrive il suo lavoro da tuttofare coprendo politica e manifestazioni. La presidente, Esma Çakır, turca, sfoglia gli archivi dell’associazione dai tempi di Mussolini, e ci riporta al presente con la missione di rappresentare i giornalisti indipendenti nell’era digitale e coprire l’Italia ai tempi del Covid.
 
Tra terremoti, migrazioni, politica, pandemia, arte e cibo, si costruisce così il mosaico del lavoro quotidiano di centinaia di giornalisti, italiani ed esteri, che da anni coprono l’Italia per i giornali, con i mezzi di comunicazione di massa internazionali.
 
Attraverso il racconto delle attività dell’associazione – dal premio cinematografico Globo D’Oro al Gruppo dello Sport, a quello della Cultura – il documentario è la fotografia di 110 di storia italiana, ma anche l’excursus di una professione in evoluzione, e soprattutto un racconto umano. Il racconto di chi è stato testimone della storia e ha avuto il privilegio e la responsabilità di capire, interpretare e raccontare l’Italia al resto del mondo.
 




Banca Popolare del Lazio, “minaccia” a L’Osservatore d’Italia: O si cancella l’articolo o sono 2mila euro al giorno…

Rispondiamo con chiarezza e senza troppi giri di parole

Il 4 ottobre ci arriva una lettera che non abbiamo problemi a definire “temeraria” dall’avvocato Gianluca Massimei in rappresentanza della Banca Popolare del Lazio per contestare “la natura diffamatoria, sotto plurimi profili, della pubblicazione “Conflitti di interesse, amici delle banche e curriculum striminziti: a.a.a. cercasi Banca d’Italia”.

Una lettera che contesta un articolo pubblicato su questo quotidiano lo scorso 26 giugno ma che arriva a ottobre, in un momento, caso vuole, dove pare ci siano diversi maldipancia dovuti a una operazione (resa pubblica a giugno scorso) in cui la Banca Popolare Valconca viene incorporata in Blu Banca, che fa capo alla Banca Popolare del Lazio.

Immaginarsi dunque quanto possa apparire scomodo, in questo momento, un giornale libero che ha sempre mantenuto la propria indipendenza di pensiero esercitando il sacrosanto diritto di critica e di cronaca. Mettere in luce gli affidamenti dati senza garanzie, il verbale di Banca d’Italia e certe strane coincidenze proprio mentre Blu Banca ingloba una popolare non è il massimo che i soci della Popolare Valconca possano sperare per il loro futuro.

In un momento delicato quindi dove l’operazione di fusione viene sostanzialmente sottoposta al vaglio autorizzativo della Banca d’Italia che L’Osservatore d’Italia ha spesso richiamato nei suoi articoli in quanto ha l’onere di vigilare sul corretto andamento delle banche e che in questi ultimi anni non risulta aver evidenziato le tante criticità rilevate poi in un verbale che all’esito non colpisce la governance della banca Popolare del Lazio facendo un po’ la parte del genitore che fa al figlio disobbediente una sgridata un po’all’acqua di rosa: “Ti sei comportato male, non farlo più e adesso esci pure con gli amici e divertiti!”.

Dopo cosicché le assemblee dei soci di Blu Banca e di BPV potranno pronunciarsi in merito alla medesima subordinatamente al positivo esito del procedimento autorizzativo in Banca d’Italia.

L’avvocato Massimei, dall’alto dell’incarico a lui affidatogli si concede la licenza di scrivere al giornale che “L’Articolo (il nostro articolo di giugno titolato su Banca d’Italia) arreca grave pregiudizio alla Banca, soprattutto per via della grave e notevolissima progressione informativa che la narrativa – ricca di superflue enfasi, sottesi e (poco celate) allusioni – ingenera nel lettore, inducendolo a dubitare della corretta gestione dell’Istituto”. Peraltro appare davvero singolare il fatto che la Banca Popolare del Lazio si faccia addirittura paladina e difensore della Banca d’Italia. E ancor più singolare che nessun fatto narrato nell’articolo in questione è stato contestato come non vero. Insomma anche la banca indirettamente sembra ammettere che non abbiamo raccontato falsità. Basta leggere “la lettera temeraria”.

Rispondiamo con chiarezza e senza troppi giri di parole:

Quello che abbiamo scritto è fondato, gli articoli non sono “informative” aziendali ma sono scritti proprio per far riflettere chi legge, in pieno diritto dell’esercizio della libertà di espressione e critica. Tanto più se gli ispettori di Banca d’Italia (che dal 15 maggio al 26 luglio del 2018 hanno effettuato una ispezione nella direzione generale di Banca Popolare del Lazio a Velletri ) scrivono nero su bianco che l’attività creditizia di Bpl ha seguito logiche puramente commerciali che hanno comportato l’assunzione di elevati rischi, anche per l’erogazione di finanziamenti al settore agricolo promossa, senza un attento vaglio, con l’intervento di una società di mediazione creditizia (Coopcredit). Gli ispettori di Banca d’Italia, (la stessa che ratifica la fusione di Blu Banca con la popolare Valcanonica) scrivono ancora che gli accertamenti hanno fatto emergere risultanze “parzialmente sfavorevoli da ascrivere ad un sistema di governo inciso da conflittualità interne che, oltre a ledere l’immagine della Banca, hanno compromesso l’efficacia dell’azione di indirizzo gestionale, con negativi riflessi sul presidio dei rischi creditizi e operativi nonché sulla redditività aziendale”. E ancora nelle considerazioni: “Gli organi aziendali (ndr. I vertici della Banca Popolare del Lazio) non hanno assicurato piena trasparenza informativa su potenziali conflitti d’interessi”.

Potremmo continuare ancora con esempi calzanti e circonstanze ma rischiamo di replicare quanto già accuratamente scritto nei precedenti nostri approfondimenti.  E poi, sinceramente, nel 2022 e con una mole di diritto che ci sostiene, perché mai dovremmo giustificare la pubblicazione di articoli critici che non piacciono certo ai diretti interessati ma che sono senz’altro approfondimenti di pubblico interesse e con anche la finalità di rendere un pubblico servizio utile alla società nonché a rendere informazioni utili che difficilmente si trovano sui canali promozionali di soggetti che ovviamente sono interessati a comunicare le loro virtù piuttosto che i chiaroscuri. Noi il bavaglio non lo mettiamo. E ci hanno provato e ci provano ancora.

Risparmiamo la lungaggine dei virgolettati del nostro articolo riportati e contestati e andiamo alla parte che consideriamo più grave e offensiva: la parte della minaccia economica

Per ogni giorno che “disobbediamo” a quanto ordinato dall’avvocato Massimei ci intimano di pagare duemila euro. Una minaccia bella e buona: se non cancelliamo gli articoli sono duemila euro al giorno che dobbiamo corrispondere alla Banca Popolare del lazio.

Non siamo il Tg1 e neppure una testata da migliaia di copie vendute ogni giorno nelle edicole italiane. Siamo però una redazione libera che non si piega ad alcun condizionamento. Forse non siamo troppo “affidabili” per mantenere un silenzio imposto ma siamo onesti nel rispedire al mittente queste offensive missive.

Iniziassero a fare il conto alla rovescia noi non ci pieghiamo a questo deplorevole e condannabile comportamento. Una condotta che ci riserviamo di denunciare alle Autorità competenti perché viola diversi principi costituzionali.

Leggere per credere (pubblichiamo per intero la diffida che ci è arrivata dalla Banca). Tant’è. E come diceva il grande Corrado con il suo bel sorriso aperto nella sua indimenticabile trasmissione “La Corrida”: “Non finisce qui”.