Genzano, una storia di maltrattamenti “invisibili” alla comunità ma che hanno segnato la serenità di una donna

GENZANO DI ROMA (RM) – “Le donne devono sapere che è possibile uscire dall’incubo delle violenze fisiche e psicologiche”. Chi parla è una donna originaria di un’altra regione italiana ma che vive da anni a Genzano.

La chiameremo con un nome di fantasia, “Rosanna” per tutelare la sua persona e la sua incolumità. Rosanna ci ha chiesto la cortesia di far conoscere la sua esperienza per lanciare un messaggio forte e chiaro a tutte le donne: “Denunciare subito – dice con fermezza – al primo spintone o schiaffo e non aspettare anni che le cose possano migliorare, il tempo in questo caso non aiuta se non a peggiorare”.

Rosanna si è sposata e ha messo su famiglia con un libero professionista noto nella città. La coppia ha avuto due bambini. Hanno sempre vissuto in una grande casa poco fuori Genzano, in mezzo al verde. Il racconto di Rosanna inizia dalla fine: un decreto di allontanamento a carico dell’ex marito notificato la scorsa settimana.

I due sono separati dal maggio 2016 perché lui aveva una relazione da qualche anno con una sua segretaria con la quale adesso convive.

“La violenza c’è sempre stata negli anni – racconta la donna – a volte con episodi importanti che mi hanno mandato in ospedale ma non ho mai denunciato per vergogna e tanta solitudine. Ad inizio estate ha iniziato a fare pressione con insulti minacce e aggressioni fisiche e verbali anche di fronte ai bambini affinché lasciassi casa a lui perché la nuova compagna ha molti bambini e hanno bisogno di spazio. In estate, mi ha minacciata con la pistola, probabilmente non regolare e i carabinieri l’hanno sequestrata a seguito di una mia denuncia. Da settembre è stato un susseguirsi di minacce e aggressioni, ad ottobre mi ha picchiata violentemente minacciandomi di morte se non me ne fossi andata ma è stato registrato dalla videosorveglianza che lui stesso aveva fatto installare anni fa. Sono intervenuti anche due familiari ed ha aggredito anche loro di fronte ai bimbi. Ha continuato a minacciare anche successivamente, a fine dicembre mi ha detto che se vedeva chiunque entrare, soprattutto i miei parenti, dal cancello dava fuoco alle macchine e a noi tutti, ho vissuto un vero incubo! Stavo chiusa in casa perché lui aveva le chiavi ed entrava in casa con prepotenza praticamente quando voleva. A seguito della denuncia il giudice ha emesso ordine di allontanamento e divieto di avvicinamento per il massimo tempo previsto. I bimbi sono scioccati, io ho ancora paura, tanta”.

Rossana è una bella donna eppure l’uomo che per anni l’ha maltratta fisicamente e moralmente l’ha fatta sentire inadeguata. Ha vissuto nel terrore psicologico con la paura di farlo arrabbiare, profondamente sola e senza aiuto e sostegno. Senza la possibilità di poter parlare con nessuno: “E quando mi ha tradita – prosegue a raccontare Rossana – e negli anni lo ha fatto almeno cinque volte confessate e chissà quante altre, mi ha fatto sentire inadeguata per un uomo come lui. Non lo meritavo perché ero ingrassata dopo i figli, e lui invece, meritava di meglio. Sono stata malissimo… ero totalmente succube psicologicamente”.

Ormai la libertà di questa donna era totalmente azzerata, prigioniera delle pressioni psicologiche subite. Così fragile, così stanca, così a terra, così annientata.

Aveva perso la voglia di guardarsi allo specchio e trovarsi bella. La voglia di volersi bene. Ma poi è arrivato il giorno, dopo anni, che si è detta: “Mi risollevo, reagisco”. Lo ha fatto, ha sporto denuncia ai carabinieri di Ariccia: “Mi sono detta – ha raccontato – ce la posso fare! Ho trovato sostegno all’associazione Aquilone Rosa dei Castelli Romani, senza di loro non lo so se ce l’avrei fatta. Hanno compreso i miei pianti e le mie paure, mi hanno abbracciato ed ho fatto il primo passo verso libertà da un’oppressione psicologica che rischiava di trascinarmi nel baratro, nonostante la separazione. Lui mi ha persino obbligata a tener nascosto a tutti che ci eravamo separati, diceva che temeva per me, che chissà che mascalzone avrei potuto incontrare, era meglio far finta di nulla, e poi con tutte le sue conoscenze a tutti i livelli mi avrebbe fatto sparire se fossi diventata un suo problema”.

La vita è una sola e va vissuta! Rossana ha preso coraggio e ha deciso di uscire dal vortice della violenza. Aiutiamo questa donna con il sostegno morale che merita anche se ha deciso di restare nell’anonimato. La sua storia deve aiutare tante persone a riacquistare la propria dignità. E noi l’abbiamo pubblicata esclusivamente per questo motivo.




Canale Monterano, bracconiere dai lacci d’acciaio sorpreso a cacciare nella Riserva

BRACCIANO – Cacciava di frodo nella area proibita della Riserva di Monterano, utilizzando una tecnica vietata e particolarmente crudele; esche e lacci creati con cavi d’acciaio che uccidono indiscriminatamente animali selvatici, domestici e di specie protette, infliggendo loro una lunga agonia. Infatti, gli esemplari che finiscono in queste trappole, trovano la morte solo dopo ore di sofferenze, per dissanguamento o strangolamento.

Nel corso di servizi mirati alla tutela dell’ambiente, i carabinieri della Sezione Radiomobile insieme al personale “Guardiaparco” di Canale Monterano, hanno sorpreso il bracconiere, un 56enne del posto, proprio nel momento in cui stava posizionando la sua ultima trappola.

Al termine della successiva perquisizione presso l’abitazione dell’uomo, i militari hanno rinvenuto e sequestrato un altro laccio metallico ed un fucile da caccia regolarmente detenuto.

Il cacciatore è stato, infine, denunciato in stato di libertà di all’Autorità Giudiziaria, per violazione dell’esercizio venatorio.




Emiliano Minnucci (PD) all’attacco di Mara Venier: “Ha salutato il fascista Antonio Pallante”. E a Lanuvio sono tutti contro la bella consigliera Ferrari

Il Consigliere Regionale PD, Emiliano Minnucci critica fortemente la conduttrice Mara Venier per aver salutato “il fascista Pallante”: “Quello che è accaduto questo pomeriggio nel corso della trasmissione ‘Domenica In’ ha dell’incredibile.

Anzi, del vergognoso. Mara Venier, a seguito della presentazione del libro di Stefano Zurlo, si è tranquillamente permessa di salutare il fascista Antonio Pallante (ndr. classe ’23 è un ex attivista italiano, noto per aver realizzato un fallito attentato contro il leader comunista Palmiro Togliatti il 14 luglio 1948).

Un fatto di gravità inaudita soprattutto perché si è consumato nella rete di punta della nostra tv di stato. Mi auguro che i vertici RAI prendano immediatamente le distanze condannando l’accaduto in maniera seria e determinata. Stiamo parlando di un fascista che nel ’48 attentò alla vita di Togliatti, trascinando l’Italia sull’orlo della guerra civile con manifestazioni violente in tutto il paese che portarono alla morte di decine di persone. La TV di stato non può essere questo”.

Anche una amministratrice a Lanuvio è stata fortemente criticata dalla sinistra. Ecco come è andata:

La Consigliera comunale di Lanuvio Gabriella Ferrari posta su Facebook una foto che la ritrae sorridente vicino la cripta di Mussolini: “Tappa doverosa per portare omaggio a chi ha scritto 20 anni della storia italiana”, scrive. E scatena un fiume di reazioni a tal punto che il suo post viene pubblicato capovolto a “testa in giù” e l’epiteto più delicato con cui viene appellata è “fascista”! La bella consigliera di maggioranza, apparsa di recente nel caledario di “miss mamma” con un abito lungo e sexi, non immaginava di suscitare tante polemiche e neppure che i consiglieri di minoranza e i partiti di sinistra chiedessero la sua testa al sindaco di Lanuvio Luigi Galieti. Il Partito Comunista insieme ad altri quattro consiglieri della lista civica “Lanuvio Unita” hanno protocollato al sindaco una richiesta dimissioni della consigliera “per salvaguardare la democrazia e la memoria storica della nostra Lanuvio”. E nel consiglio comunale straordinario di lunedì (domani 21 gennaio 2019) a Lanuvio, all’ultimo punto dell’ordine del giorno si mette ai voti una mozione “a sostegno dei valori e principi della costituzione Repubblicana nata dalla resistenza antifascista. Misure contro ogni manifestazione di neofascismo e di discriminazione razziale”. Il clima è teso, la vicenda di uno scatto di una giovane donna che si definisce semplicemente “appassionata di storia” e “innamorata del Tricolore” rischia di ingigantirsi con il passare delle ore anche se l’amministrazione, al momento, fa scudo intorno al “caso Ferrari”: “Il sindaco ha chiesto delle spiegazioni – ha detto la consigliera – sono stupita di come una visita di carattere esclusivamente storico sia stata vista da qualcuno, che ha evidentemente strumentalizzato, come qualcosa che in Italia è reato, il fascismo, arrivando addirittura a chiedere pubblicamente le mie dimissioni. Non guardiamo indietro a inutili apologie, ma guardiamo avanti per regalare un futuro migliore ai nostri cittadini. Se oggi per la sinistra lavorare per il sociale, aiutare gli anziani, i disabili, gli italiani in difficoltà e amare la propria terra è considerato fascismo, significa probabilmente che stanno toccando il punto più basso della loro storia. Amo la mia patria e sono fiera di essere italiana”. Solidarietà arriva dal coordinatore di Sud Protagonista Simone Carabella (compagno attuale di Ferrari) e da Roberto Cuccioletta (coordinatore di Fratelli d’Italia di Albano Laziale e Monica Picca (capogruppo Fratelli d’Italia al consiglio del X Municipio di Roma: “Premesso che una visita ad una tomba di un personaggio storico non costituisce reato contro la Costituzione, ritengo essere fortemente strumentale l’atteggiamento della sinistra che ancora rimane radicata ad una cultura novecentesca fondata sull’odio sociale. Una destra moderna, attenta al territorio e al sociale, guarda oltre, per cui invitiamo Gabriella a non cadere nella provocazione e a continuare il suo lavoro egregiamente come ha dimostrato di saper fare”




Valle Aurina, slavina “inghiotte” sei sciatori durante un fuoripista: due morti

Due morti in Alto Adige a causa di due diverse valanghe. Il primo incidente è avvenuto su monte Spicco, in Valle Aurina durante un fuoripista a 2.400 metri di quota.

La vittima, un 22enne, era in compagnia di un gruppo di amici quando la slavina si è staccata inghiottendo sei sciatori.
Mentre cinque sono stati estratti vivi, il sesto ormai era morto. Inutili i tentativi di rianimazione del medico d’urgenza sul posto.

In Vallunga, una laterale della Val Gardena, uno scalatore è stato invece travolto da una valanga mentre stava scalando una cascata di ghiaccio. L’uomo è stato trascinato dalle masse nevose per centinaia di metri ed è morto sul colpo.
L’incidente si è verificato poco lontano dal centro di addestramento alpini dei Carabinieri. Sul posto sono intervenuti gli uomini del Soccorso alpino e un elicottero.




Municipio VI, Comitati e opposizioni bocciano il piano rifiuti a 5 Stelle. L’impianto Rocca Cencia resta

ROMA – È terminato tra le vibranti proteste dei cittadini il Consiglio straordinario del Municipio VI sull’emergenza rifiuti, alla presenza di alcuni funzionari dell’AMA e dell’assessore capitolino Pinuccia Montanari. Messa sulla graticola, inevitabilmente, insieme alla maggioranza pentastellata. “Rivendica l’efficiente gestione della crisi all’indomani dell’incendio all’indomani dell’incendio del TMB Salario – dicono dal Comitato Periferie Roma Est -, sarà, ma lo stato di sporcizia e di degrado in cui continuano a versare i nostri quartieri ci raccontano tutta un’altra storia”.  “Ho avuto la netta sensazione che si stesse girando una puntata della trasmissione Scherzi a parte” ironizza Dario Nanni, consigliere e coordinatore di Roma e Provincia di Italia in Comune.

Resta incandescente il clima a due giorni dalla seduta del Consiglio municipale che ha toccato, per l’ennesima volta, uno dei temi più sentiti nel vasto territorio. Per via della presenza dell’impianto del trattamento rifiuti di Rocca Cencia e per le condizioni, inqualificabili, in cui versano le strade, coperte come sono dai sacchetti dell’immondizia. Da Torre Spaccata a San Vittorino, da Torre Angela a Torbellamonaca, passando per la Borghesiana e Corcolle, la situazione non sembra, oggettivamente, rispecchiare le rassicuranti parole spese dall’assessore. E non gliele hanno mandate a dire, dentro e fuori l’emiciclo, al punto da costringere il Presidente del Consiglio Alberto Ilaria a sospendere la seduta.

“Ai cittadini e Comitati di Quartiere – riferisce il consigliere Massimo Fonti di Fratelli d’Italia – la Montanari ha dato risposte vaghe, di prossimi programmi di raccolta con AMA, dell’esperienze avute in merito a sistemi di raccolta a Reggio Emilia, dove questo sistema ha funzionato dimenticando, però che Reggio Emilia ha la metà degli abitanti del Municipio VI. Della chiusura di Rocca Cencia, entro il 2019, come paventato dalla maggioranza, con un atto di delibera, non ne ha fatto parola. Il sistema di raccolta differenziata porta a porta è fallito. Senza parole”. “La gente è esasperata –gli fa eco il consigliere e collega di partito Antonio Villino – ci sono le entrate delle scuole invase dai rifiuti. Ho invitato l’assessore a farsi un giro per le strade dei nostri quartieri”.

Dal PD è il vicesegretario romano Mariano Angelucci a fare il punto della
situazione, chiedendo le immediate dimissioni: “L’impianto di trattamento
rifiuti a Rocca Cencia è ormai al collasso e nonostante questo tutta Roma è
invasa dalla spazzatura. Ancora una volta, durante il Consiglio straordinario
in VI municipio, l’assessore del comune di Roma Montanari ha manifestato la
totale confusione del M5S sul tema
dei rifiuti. Nessuna proposta, nessuna soluzione e questo tutto a danno dei
cittadini. La cosa peggiore è che nessuno si prenda una responsabilità
riversandola sui dipendenti Ama che invece con grande difficoltà fanno il loro
lavoro. Una vergogna. È ora di dire basta a tutto questo”.

“Nel mio intervento –
attacca il consigliere Dario Nanni – ho dovuto ricordare all’assessore
Montanari, agli assessori e consiglieri di maggioranza che in questo momento
storico sono loro che governano praticamente ovunque: a livello nazionale
insieme alla Lega, e poi il Comune di Roma, la Città Metropolitana, lo stesso
Municipio e che alla Regione Lazio presiedono le due commissioni competenti su
questi temi, ossia Rifiuti e Ambiente. Dai loro interventi, infatti, non si capiva
in alcun modo di chi fossero le responsabilità rispetto alle decisioni da
prendere e chi fossero fisicamente i detentori dei vari livelli di potere. Gli
ho anche ricordato delle promesse fatte sulla gestione dei rifiuti, sulla
pulizia delle strade, sulla chiusura di Rocca Cencia, ovviamente tutti impegni
totalmente disattesi. Le parole dell’assessore Montanari – continua l’esponente
di Italia in Comune – purtroppo non hanno convinto non solo il sottoscritto ma
anche i cittadini presenti che, sentendosi presi in giro, hanno perso la
pazienza. La cosa più assurda però – conclude – è che per l’ennesima volta ci
siamo trovati di fronte ad un vuoto planetario senza una minima prospettiva per
il futuro e senza tempi certi rispetto alle varie problematiche poste da noi e
dai cittadini rispetto alla fallimentare gestione dei rifiuti”.

Il Presidente Manna durante l’intervento in Aula

Anche il Comitato
Periferie Roma Est una sonora bocciatura. “La sbandierata chiusura dello
stabilimento di Rocca Cencia entro il 2019 – spiega il Presidente Marco Manna – è ufficialmente scomparsa
dalle priorità politiche di chi ci governa. Nelle parole dell’assessore
Montanari il superamento di Rocca Cencia diventa un obiettivo di lungo periodo,
la conseguenza di un piano industriale all’avanguardia che non dovrà più
ricorrere al trattamento meccanico biologico dei rifiuti. Tutto molto bello, ma
riguardo modi e, soprattutto, tempi di realizzazione del progetto? Non ci è
dato sapere. L’assessore all’ambiente snocciola poi una serie di cifre che
dovrebbero dimostrare i successi nell’ambito della raccolta differenziata.
Rivendica inoltre l’efficente gestione della crisi dei rifiuti all’indomani
dell’incendio del TMB Salario. Sarà, ma lo stato di sporcizia e di degrado in
cui continuano a versare i nostri quartieri ci raccontano tutta un’altra
storia. Una storia che difficilmente può essere negata, tanto da suscitare più
di qualche mal di pancia tra le stesse fila della maggioranza a 5 stelle”. E
ancora: “Il Consiglio straordinario del VI Municipio ci ha dunque lasciato in
bocca il sapore amaro delle promesse non mantenute, della consapevolezza che,
per chissà quanto tempo ancora, la nostra vita e quella dei nostri cari
potrebbe essere messa in pericolo dalle emissioni dello stabilimento di Rocca
Cencia. Che la sera, al ritorno da una giornata di lavoro, saranno i suoi miasmi
terrificanti ad accoglierci a casa, gli stessi che nelle calde giornate estive
ci impediranno di aprire le finestre in cerca di un po’ di refrigerio. E al
membro del consiglio municipale che ha inveito rabbiosamente contro le proteste
dei nostri rappresentanti, accusandoci di fare del teatrino per chissà quale fine politico, noi diciamo una cosa sola:
lei sta sbagliando di grosso”. Il Presidente tiene inoltre a precisare che tra i
promotori del comitato “figurano operai, impiegati, insegnanti e
professionisti. Persone pienamente inserite nel tessuto sociale del territorio,
che ad esso contribuiscono e che pertanto non ci stanno a sentirsi trattati da
cittadini di serie B. Non abbiamo nessun secondo fine politico, né alcuna
prevenzione ideologica nei suoi confronti, e se si fosse degnata di rispondere
alla richiesta di incontro che le abbiamo rivolto qualche mese fa, forse se ne
sarebbe resa conto”.




Sanità a rischio nella Tuscia, costituito il comitato per la salvaguardia dell’ospedale S. Anna di Ronciglione

RONCIGLIONE (VT) – Con un Atto Aziendale la Direzione Generale della ASL, Viterbo vuole chiudere i Punti di Primo Intervento di Montefiascone e Ronciglione.

Abbiamo da queste colonne più volte stigmatizzato il fatto che la Sanità italiana fosse in mano (Lorenzin) a chi nessuna competenza potesse avere nello specifico, essendo titolare soltanto di un diploma di maturità classica, e lontana dalle competenze mediche necessarie per gestire un Ministero fondamentale come quello che riguarda la salute di milioni di cittadini.

E così, mentre a Napoli e in Sicilia le siringhe continuavano a costare tre o quattro volte il prezzo pagato al nord, si è voluto a tutti i costi, con soluzione burocratica – che trasforma i cittadini in numeretti su di un foglio – risparmiare sulle spese, adottando tagli orizzontali, e trasformando il nostro Paese in qualcosa di simile al Terzo Mondo. Anzi, peggio, visto che in Africa i nostri medici volontari vanno ad impiantare nuovi ospedali, mentre in patria si smantellano quelli esistenti, con una logica illogica, che trasforma il cittadino in suddito, cioè in un soggetto che ha solo da accettare decisioni calate dall’alto, senza diritto di replica, come in questo caso, dettate solo dalla cieca burocrazia del denaro, mentre uno dei diritti costituzionali fondamentali, come quello alla salute e alle cure, – art. 32 della Costituzione Repubblicana – viene violato a man salva. Liste d’attesa interminabili, rinuncia alle cure, accesso forzato alla sanità privata, ingolfamento dei Pronti Soccorso e delle disponibilità di ricovero, sono i primi e prevedibili effetti di queste decisioni da pallottoliere della prima elementare, che definire becere è un eufemismo.

Ma già, in Italia si sa chi comanda realmente, chi ha in mano il potere esecutivo: siamo preda e vittime di una burocrazia elefantiaca e sonnolenta, oltre che poco intelligente, dove chi non fa, non sbaglia; quella scienza che, appunto, trasforma i cittadini in numeri. Tranne quando ad aver bisogno sono i soliti noti, che dispongono , ad horas, di interi piani presso i nostri migliori ospedali, oltre che migliori medici e luminari. Pare che la loro vita sia più preziosa della nostra.

Questo si chiama discriminazione, ed anche questa condizione è al di fuori della nostra Costituzione Repubblicana, in particolare dell’art. 3, che riguarda l’uguaglianza dei cittadini senza alcuna distinzione di alcun genere. Insomma, figli e figliastri, aggiungendo al danno la beffa.

Il caso limite dell’ospedale di Ronciglione

Un caso limite riguarda l’ospedale S. Anna di Ronciglione, che, pur essendo al centro di un bacino di utenza di tredici paesi limitrofi, con una potenzialità di intervento su circa 60 o 70.000 cittadini, subisce da tempo pesanti tagli alla sua operatività, e sta per essere definitivamente declassato, pur avendo un numero effettivo di accessi che supera abbondantemente i 6.000 richiesti dalla delibera n. 70/2015. In più, dobbiamo constatare che l’ospedale più vicino – quello di Belcolle, a Viterbo – pur essendo sulla carta a breve distanza, risulta di accesso a volte molto difficoltoso, dovendosi superare la barriera dei Monti Cimini, con una strada di montagna ricca di curve e tornanti, spesso impercorribile per nebbia, neve e cattivo tempo. Un viaggio che di fatto impedisce ogni intervento salvavita che sappiamo dover essere messo in atto in pochi minuti, particolarmente in caso di affezioni cardiache; interventi che, al contrario, come testimoniano numerosi cittadini di Ronciglione, hanno potuto salvare la vita di loro congiunti, quando l’ospedale era nella sua piena funzione. Già oggi, invece, l’ospedale di Belcolle risulta intasato nel Pronto Soccorso, oltre che nei ricoveri, mentre tutti i codici dal giallo in giù subiscono attese di ore, e non per cattiva volontà degli operatori. Attese a volte oltre l’anno sono a carico dei mutuati, anche di esami cardiologici o ginecologici, per i quali si supporrebbe una corsia preferenziale, oltre che per gli oncologici, mentre il tumore ha tutto il tempo per crescere a suo piacimento. Ci auguriamo che l’azione di questo Comitato sia efficace, e riesca a farsi sentire dalla nuova amministrazione della Sanità pubblica – dottoressa Giulia Grillo, finalmente un medico – e che riesca a far ripristinare i servizi che l’ospedale S. Anna erogava una volta. Siamo infatti convinti che tutte queste chiusure e preclusione di diritti civili non abbiano portato ad un significativo risparmio nelle casse dello Stato. Quello Stato che ha già incamerato il denaro per i servizi sanitari, pur negandone l’erogazione. E sappiamo come si chiama qualcuno che incassa senza obbligo di corrispettivo. A questo proposito, trasmettiamo integralmente il comunicato stampa del Comitato per la difesa dell’ospedale S. Anna.

“Una morte annunciata, – dichiarano dal Comitato Ospedale Sant’Anna Ronciglione – si dirà, dal momento che questa chiusura era prevista grazie al Decreto Ministeriale 70/2015, secondo il quale per mantenere un PPI sono necessari almeno 6000 casi all’anno. E questo non sembra essere il caso di Ronciglione. Ma e’ questo il dato che da origine alle perplessità e riserve dei cittadini di Ronciglione che hanno assistito al lento smantellamento del terzo Ospedale della Provincia di Viterbo e centro di eccellenza medica. Questa chiusura non e’ effetto di una semplice diminuzione di accessi, ma del fatto che il servizio integrato del fu Pronto Soccorso di Ronciglione ha subito uno “spacchettamento” dei suoi servizi e la applicazione di direttive che hanno sottratto elementi e risorse al servizio.

Primo fra tutti – proseguono dal Comitato Ospedale Sant’Anna Ronciglione – il Servizio Radiologico che ha cessato di erogare i suoi servizi a partire dalle ore 13 con la conseguenza che nel comprensorio coperto dall’Ospedale di Ronciglione ci si può rompere una gamba o un braccio (o la testa) solo fino alle ore 13. Dopo, sperando e confidando nella buona sorte, si può essere attesi solo a Belcolle, a Viterbo. Questa disposizione “amministrativa” falsa il valore degli accessi al PPI. Ma non basta. La seconda disposizione riguarda il percorso delle ambulanze durante la notte, alle quali e’ stato indicato di non convergere sul PPI di Ronciglione, ma di recarsi direttamente a Belcolle con conseguente diminuzione degli accessi, da un lato, e sovraccarico del Pronto Soccorso di Belcolle che presenta sintomi chiari di difficoltà, dall’altro. Con il risultato di pochi casi che arrivano al PPI di Ronciglione durante la notte, e che rappresentano un ulteriore evidenza del dirottamento di risorse realizzato con la finalità di arrivare allo smantellamento totale della struttura. Se a questo poi aggiungiamo l’istituzione di un Punto di Assistenza Infermieristica (PAINF) ed una Guardia Medica separate dal Punto di Primo Intervento, si comprende meglio il senso di questa operazione. Essendo l’accesso al PAIN, infatti, regolato da un passaggio per il CUP, impedisce che questi movimenti siano registrati come attenzione prestata nel PPI. Lo stesso ragionamento vale per la Guardia Medica. Ma ancor di più risulta risibile il richiamo al DM 70/2015, in quanto il limite fissato da questo decreto deve necessariamente essere messo in rapporto con le caratteristiche geografiche del territorio interessato che nel nostro caso hanno, nei Monti Cimini, una barriera naturale che rende poco agevole l’accesso a Belcolle e che da novembre ad aprile risulta più complicato sia per le condizioni meteorologiche sia per lo stato di mantenimento delle strade.

Alla luce di questi elementi i cittadini che integrano il Comitato Ospedale Sant’Anna hanno deciso, in primo luogo, di rivolgersi direttamente ai Sindaci dei tredici (13) paesi che integrano il comprensorio su cui insiste l’Ospedale di Ronciglione affinché convochino in modo urgente un Consiglio Comunale straordinario per approvare una mozione o delibera in cui si richieda alla Direzione della ASL di Viterbo, l’annullamento dell’Atto Aziendale in questione. Come cittadini intendiamo infatti che da questo atto derivino gravi problemi per il rispetto del principio sancito nell’art. 32 della Costituzione e che, in ogni caso, la salute e la vita dei cittadini non possono cedere il passo davanti a “presunte” considerazioni di carattere economico. Invitiamo pertanto tutti i Primi Cittadini dei Comuni interessati – concludono dal Comitato Ospedale Sant’Anna Ronciglione – a mobilitarsi insieme ai Consigli Comunali e a tutta la cittadinanza per difendere il Diritto Fondamentale di tutti i cittadini alla Salute”.

Roberto Ragone




Cattive abitudini a tavola: ecco la dieta ‘universale’ di Lancet per salvare la salute e il pianeta

Si moltiplicano giorno dopo giorno gli studi, che confermano l’utilizzo di una dieta sana per salvarci e salvare il pianeta. Le cattive abitudini a tavola provocano rischi più alti per la salute di tabacco, sesso non protetto e alcol tutti insieme. Per salvare noi e il pianeta occorre raddoppiare a livello globale i consumi di frutta, verdura, legumi e noci e ridurre di oltre il 50% quelli di zuccheri e carni rosse entro il 2050.

Sono alcuni dei passaggi dello studio della Commissione Eat-Lancet presentato a Oslo e pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Lancet.

La commissione, finanziata dalla Fondazione Eat della coppia di miliardari norvegesi Petter e Gunhild Stordalen, riunisce autori considerati tra i massimi esperti di nutrizione e sostenibilità (dal professore di Harvard Walter Willett all’inventore del ‘chilometro zero’ Tim Lang) provenienti da università di tutto il mondo e organizzazioni come Fao e Oms.

L’obiettivo è piuttosto ambizioso: proporre una ‘dieta sana universale di riferimento’ basata su criteri scientifici per nutrire in modo sostenibile una popolazione mondiale di 10 miliardi di persone nel 2050 ed evitando fino a 11,6 milioni di morti l’anno dovuti a malattie legate ad abitudini alimentari non sane.

Anche lo studio del World Economic Forum, dimostra come il bilanciamento del consumo di carni con fonti proteiche alternative può portare a benefici significativi sia per la salute umana sia per l’ambiente. Per quanto riguarda la salute dell’uomo, lo studio dimostra che passare dal consumo di manzo a quello di proteine alternative potrebbe ridurre il totale dei decessi legato alla dieta alimentare del 2,4%, raggiungendo il 5% nei Paesi più ricchi.

Allo stesso tempo, in termini di impatto ambientale, i dati del 2010 rilevano come la sola produzione di carne di manzo sia responsabile del 40% delle emissioni di gas serra legate al cibo.

La ricerca evidenzia quindi la forte differenza della produzione di gas serra derivata dalla carne rispetto alle altre fonti proteiche: se il manzo ha infatti un’intensità di emissione pari a 23,9 kg di CO2 per un equivalente di 200 Kcal, altre fonti proteiche come fagioli, insetti, grano e nocciole emettono circa 1 kg di CO2 per un equivalente analogo di valore nutrizionale.

“Sarà impossibile soddisfare in modo sostenibile la domanda futura di carni a livello mondiale. Ciò che questo studio dimostra è che può invece essere possibile produrre abbastanza nutrimento per 10 miliardi di persone nel mondo e migliorare la salute delle persone anche senza eliminare la carne totalmente, ma a patto di utilizzare produzioni innovative e di adottare uno stile alimentare vario e bilanciato”, sottolinea il Managing director del World Economic Forum, Dominic Waughray.

Marco Staffiero




Il viaggio verso il “Premio Castel Gandolfo 2019” Intervista esclusiva all’Avvocato Giuseppe Mazzotta sul “Servizio di ascolto e sostegno per prevenire tragedie Familiari”

“Il rapporto tra creditore e debitore vive nel quadro di una relazione complessa, che esprime valori anche nelle sue criticità, poiché l’eventuale scarsità di risorse induce i suoi protagonisti a scegliere e a valorizzare: recuperare situazioni di crisi del debito significa favorire la crescita di tutti i soggetti coinvolti”.
Questo, in estrema sintesi, il pensiero dell’Avvocato Giuseppe Mazzotta, presidente Unione giuristi cattolici di Pisa, che abbiamo contattato per avere una sua valutazione sociale del “Servizio di ascolto e sostegno”
per le situazioni Sovraindebitamento, in vista del suo intervento al convegno sul tema: “La persona umana come valore fondante del nostro ordinamento Costituzionale”, programmato per le ore 17 del 25 gennaio, a Castel Gandolfo.

L’avvocato pisano è stato chiamato dal Prefetto Francesco Tagliente a portare la sua testimonianza al Convegno promosso dal Sindaco Milvia Monachesi insieme agli organizzatori del Premio Castel Gandolfo: la giornalista Chiara Rai e la dottoressa Maria Grazia Piccirillo.

L’avvocato Mazzotta dell’Unione Giuristi cattolici è stato uno dei componenti del Servizio di ascolto e sostegno, attivato a Pisa dopo il suicidio di un imprenditore colpito dalla crisi economica, e si è occupato personalmente della difesa legale di alcuni assistiti dimostrando una grandissima vocazione e solidarietà sociale .

In attesa di sentire la sua testimonianza lo abbiamo raggiunto per rivolgergli alcune domande. Ecco il testo dell’intervista esclusiva che ci ha rilasciato.

Avvocato Mazzotta, ci anticipa cos’è e di cosa si occupa il servizio di ascolto e sostegno?
Un nucleo di persone espressione delle più diverse competenze, economiche giuridiche ed anche psicologiche ma, soprattutto, operanti in un ambito professionale ed in una posizione istituzionale altamente pertinente e sensibile rispetto alla condizione dell’indebitato.

Con quale modalità?
Volendo sintetizzare in un’immagine, possiamo pensare ad un’orchestra, nella quale ciascuno, dagli avvocati ai commercialisti, da Agenzia delle Entrate, all’Ordine degli Avvocati, dei Commercialisti, dei Notai, dai rappresentanti delle Banche alle Organizzazioni di Volontariato, degli Artigiani e delle Camere di Commercio, e tanti altri ancora, operano su uno spartito unico, in armonia tra loro, e con una comune finalità, azionando ogni strumento utile a recuperare ad una presenza sociale e, possibilmente,
professionale e di mercato, quei soggetti che, data la loro condizione indebitamento, non avrebbero più alcuna oggettiva possibilità di riprendersi con i soli e unici mezzi posti a contenuto del rapporto
obbligatorio.

Con quali benefici per il sistema?
Vede, una famiglia sovraindebitata, che viene recuperata ad una condizione di solvibilità, ricomincerà a lavorare, a stabilire nuovi e più virtuosi rapporti economici, rientrerà nel sistema del mercato, azionando altre risorse economiche, e tutti gli altri soggetti economici torneranno a relazionarsi economicamente e socialmente con essa: l’ingrediente più prezioso dei rapporti economici è la fiducia e le scelte volte al recupero di situazioni di crisi la rafforzano.

Mi faccia un esempio concreto
Le posso citare l’ultimo è più complicato caso che è stato possibile risolvere, ovviamente rispettando la riservatezza dei soggetti coinvolti: una famiglia con una piccola impresa entra in una condizione di sovraindebitamento ovvero, a fronte di una condizione di insolvenza, mette in atto azioni che, complice la crisi economica degli ultimi anni, non fanno che portarla ad un indebitamento sempre maggiore, sino a quando la produzione del suo debito, divora, giorno dopo giorno, ogni sua energia, aumentando per effetto di un proprio moto, ormai spontaneo e inarrestabile, privandola di ogni speranza di possibile ripresa.

Quindi? Che succede?
In quella famiglia vive un ragazzo con gravissimi problemi di salute, dalla nascita: mentre ci si accorge che non si riesce a pagare, anche per le più immediate necessità, si guarda a quel ragazzo sul cui futuro non si è
più in condizione di rassicurare, arrivano anche i tradizionali mezzi di esecuzione, precetto, pignoramento, che aggrediscono l’unico bene di proprietà di quella famiglia, ma che soprattutto minacciano la condizione
di quel giovane, in gravissime condizioni di salute che, se costretto ad uscire da quell’immobile, ne riceverebbe un trauma ulteriore ed irreparabile.

Come siete intervenuti?
E’ stato esaminato il caso, con un gruppo di esperti, di una commissione costituita ad hoc, con le esclusive competenze necessarie al caso stesso e si è rilevato come la disastrosa prospettiva di una vendita all’asta dell’appartamento di quella famiglia, da un lato, avrebbe privato il debitore del suo essenziale appartamento e, dall’altro, avrebbe privato invece il creditore del 80 – 90% dell’ammontare originario del proprio credito: vi era anche, però, la possibilità di ricorrere a risorse che, ad una valutazione professionale, risultavano essere state sino a quel momento totalmente trascurate.

Come vi siete mossi?
Nel rispetto di quella famiglia che, per ragioni identificate e curate anche mediante competenze professionali in abito sociale e psicologico, oltre che economico, non aveva azionato quei meccanismi di salvaguardia della propria attività che avrebbero impedito il tracollo di fronte alla difficoltà.

Con quali tempi?
Quelli iscritti nella struttura e nella genetica codice di quello specifico rapporto credito – debito e, in particolare, quelli necessari a ricostituire un tessuto organizzativo e relazionale funzionale al recupero di quel credito: oggi quella famiglia ha compreso che cosa non ha funzionato, ha reperito risorse utili a soddisfare il credito evitando la vendita all’asta, in tal modo permettendo al creditore di rientrare al 70% del proprio credito. Si è arrivato ad una transazione che lasciato a quella famiglia la propria casa, la
possibilità di conservare nel proprio congiunto ammalato la fiducia di poter essere curato dai propri famigliari. Il mercato ha recuperato un soggetto economico che, restituito ai normali rapporti sociali ed economici, attiverà meccanismi, questa volta virtuosi e ricomincerà a sentirsi utile agli altri con la propria attività, creando anche lavoro per gli altri.

Ottima iniziativa forse sarebbe il caso di diffonderla …
Mah, vede, non si tratta di una pur lodevole iniziativa personale di alcuni volenterosi pionieri, bensì di Protocollo di Intesa per l’Istituzione di un Servizio di Ascolto e Sostegno dei soggetti che versano in situazioni di disagio originate da motivi economici o comunque riconducibili alla situazione di crisi economica, un servizio pubblico e gratuito, nato, il 19 settembre 2013, ad un tavolo convocato dall’allora Prefetto di Pisa Francesco Tagliente che, previa individuazione delle regole di funzionamento dell’organismo, ha predisposto un regolamento successivamente approvato dal Ministero degli Interni, con l’appoggio sottoscritto da oltre cinquanta realtà professionali e istituzionali della città, che hanno messo a disposizione la propria competenza e presenza nel tessuto economico sociale per la soluzione delle situazioni di crisi delle quali parliamo

Un protocollo insomma…
Direi meglio, una risposta, un atto di servizio, ma anche l’esercizio di una responsabilità verso chi si trova in difficoltà, non perché ha deciso di andare a vivere in un atollo del Pacifico ma perché vive ed opera in un
sistema di relazioni sociali ed economiche delle quali tutti noi facciamo parte integrante con i benefici dei quali possiamo, invece di scartare, rendere partecipe chi ha contribuito a produrlo prima di essere
sopraffatto dalle difficoltà.

Allora buon lavoro …
Grazie, accetto e ricambio ma nell’ambito dell’augurio che, nel nostro lavoro professionale, con i nostri collaboratori ci scambiamo ogni mattina sapendo che non facciamo nulla di più del nostro dovere quotidiano poiché, per tentare di risolvere situazioni di grande difficoltà, non abbiamo necessità di aggiungere alcun impegno professionale a quelli che già abbiamo salvo orientarci in sintonia con le competenze e i servizi già espressi dagli altri.

Alle 17 di venerdì 25 aprile verro ad ascoltare il sui intervento a Castel Gandolfo. Parlerà di questo caso ?
Non mi è stato assegnato un tema specifico quindi mi adeguerò alle esigenze che mi saranno rappresentate dal prefetto Tagliente che mi ha chiesto di partecipare al Convegno e che per la circostanza interviene
anche come chairman e moderatore dell’evento.




Concetto di bellezza, stereotipi e canoni da Greta Garbo ai giorni nostri

Ogni epoca ha avuto propri canoni di bellezza, ma come si sono evoluti negli anni?

Il video servizio




Roma-Viterbo, vincono Pendolari e Sindaci. Atac ripristina i treni extraurbani

La netta presa di posizione dei sindaci, che hanno
fatto proprie le rimostranze del Comitato
Pendolari della RomaNord
, ha sortito gli effetti sperati. Dai preposti uffici
della Regione Lazio, ente
proprietaria delle infrastrutture ferroviarie, sarebbe partito un siluro che
avrebbe indotto Atac a ripristinare buona
parte dei treni soppressi ricadenti, nella tratta extraurbana della Roma-Civita Castellana-Viterbo. Quella
più critica.

Nella lettera al vetriolo inviata l’11 gennaio, i
sindaci Patrizia Nicolini (Sacrofano), Riccardo Travaglini (Castelnuovo
di Porto
), Ermelindo Vetrani (Riano), Fabio Di Lorenzi (Rignano)
e Ettore Iacomussi (Morlupo) avevano “fortemente invitato”
Regione e l’Azienda Capitolina “a ripristinare sulla Ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo
i treni da tempo soppressi sulla tratta extraurbana, che stanno creando enormi
disagi agli utenti che quotidianamente utilizzano la ferrovia per raggiungere
il posto di lavoro e le scuole”, facendo seguito “alla nota del 7 gennaio u.s.,
inoltrata a questa Amministrazione dall’Assessore Pasquale Annunziata del XV
Municipio di Roma Capitale
”. Sottolineano inoltre “la assoluta necessità di
organizzare quanto prima un tavolo con Atac per la risoluzione definitiva della
questione”.

Il Comitato Pendolari ha giocato un ruolo importante in questa vicenda

Iniziativa che è stata accolta favorevolmente dal
Comitato: “li ringraziamo a nome dei pendolari”, recita la nota pubblicata
sulla pagina Facebook all’indomani, “perché almeno stanno iniziando a dare
seguito alle tante nostre richieste di manifestarsi e di farsi parte attiva,
per fare in modo che il nostro e vostro treno resti integro e fruibile a lungo.
Non ci dobbiamo fermare”.

E dato il chiasso suscitato, e il bando regionale di
prossima pubblicazione concernente la messa a gara delle concesse che preme,
Atac non ha potuto fare altro che rimediare. A stretto giro di boa. Stamattina,
18 gennaio, dalla Direzione dell’Esercizio è partito un fonogramma epistolare (n.11/2019 RV) avente per oggetto “effettuazione
treni soppressi”. “Si porta a conoscenza del personale interessato”, si legge
nel documento, “dell’effettuazione dei seguenti treni – previsti nell’Orario di
Servizio – a far data dal 21/01/2019”.

I treni ripristinati sono quattro: l’804 (Catalano-Viterbo delle ore 7.40),
l’809 (Viterbo-Catalano delle ore
9.03), il 304 (Montebello-Catalano delle
ore 12.08) e il 305
(Catalano-Montebello delle ore 10.33). “Si ribadiscono – fino a nuovo ordine –
le soppressione dei treni 303 e 306 previste nel Fonogramma n. 4/2019 RV del 4 gennaio.

Le soppressioni nella tratta extraurbana

Che qualcosa si sia mosso nei piani alti della Regione, lo si deduce scorrendo proprio quest’ultimo fonogramma, emesso sempre dalla Direzione dell’Esercizio. Con quale informava il personale che “a far data dal 7 Gennaio torna in vigore l’Orario di Servizio invernale” e, inoltre, ribadiva la soppressione dei treni 804-809-304-305. Treni che oggi, a distanza di pochi giorni, sono stati magicamente e rapidamente reintegrati. Coincidenze? Non proprio, perché arrivando alla fine del documento si scopre che nell’orario in vigore sono stati inseriti due treni straordinari nella tratta urbana, uno alle 9.38 (Flaminio-Montebello) l’altro alle ore 13.10 (Montebello-Flaminio). E per di più in orario di morbida, nonostante la conclamata crisi dell’extraurbano.

Vien da pensare, infatti, che al momento Atac non aveva alcuna intenzione di mettere le mani alla linea alta, oltre Montebello, e che soltanto la compattezza dei Pendolari e dei Sindaci – seguita da una scampanellata regionale – gli abbia fatto cambiare idea. Come giusto che sia.   




Bologna, operazione “Mondo sepolto”: in via Ugo Bassi la base Bunker dove girava il “nero” dei servizi funebri

Trenta misure cautelari e di contestuali 43 perquisizioni in direzione di altrettanti indagati. Lunghe e complesse le attività di sequestro disposte dal GIP del Tribunale di Bologna, per un valore complessivo di circa 13 milioni di euro, che hanno visto colpiti ben 6 assetti societari – con il complesso dei beni mobili ed immobili loro riconducibili (35 unità locali e 75 mezzi) – parte dei patrimoni degli indagati in ragione della stima dei profitti realizzati nel corso delle attività di indagine circa 145.000,00 euro), nonché l’ufficio “bunker”, prescelto dai vertici del “C.I.F.” in un’anonimo palazzo nei pressi della centralissima via Ugo Bassi ed eletto quale base logistica dell’associazione, fulcro delle illecite attività amministrativo/contabili del sodalizio stesso.

Erano le complesse attività di osservazione e pedinamento svolte dagli investigatori dell’Arma a consentire la localizzazione del sito in questione, laddove mai in corso d’opera veniva registrato un esplicito riferimento sul punto da parte degli arrestati, che peraltro strategicamente evitavano di portarsi in zona affidandosi alla raccolta “porta a porta” effettuata da BERTAGNI Patrizia, in movimento quasi sempre a piedi e/o con i mezzi pubblici. E’ infatti proprio qui che la donna ed una sua fidata collaboratrice gestivano in perfetta autonomia le ingentissime somme settimanalmente raccolte presso le ditte consorziate (frutto del “nero” realizzato attraverso le mancate fatturazioni relative ai servizi funebri effettuati nel corso dei giorni antecedenti), provvedendo in tale ambito a tenere una contabilità parallela tanto in relazione alle esigenze di regolare rendicontazione nei confronti dei vertici dell’associazione quanto, nell’immediato, al fine di predisporre le buste con i liquidi finalizzate ad alimentare il processo corruttivo degli incaricati di pubblico servizio infedeli e redistribuire il restante tra gli affiliati.

Si trattava dunque di un flusso di denaro assolutamente rilevante, in continuo movimento, determinante significativi illeciti introiti per tutti, in proporzione a grado e ruolo rivestito. Le attività di perquisizione condotte all’interno delle abitazioni e degli 2 uffici degli indagati (estese anche a cassette di sicurezza e luoghi di deposito bancario) confermavano infatti quanto sopra, consentendo di rinvenire ingentissime somme, perlopiù in contanti, nella disponibilità dei sottonotati:

ARMAROLI Giancarlo: 4.000,00 euro

BENETTI Massimo: 2.600,00 euro

LELLI Lorenzo: 212.000,00 euro

MAZZINI Nadia: 6.000,00 euro

PALLONI Gianluca: 28.000,00 euro

PARISE Giuseppe: 2.000,00 euro

BULTRINI Daniele: 3.200,00 euro

RAMOSCELLI Francesco: 4.700,00 euro

ZAMBONELLI Marco: 3.300,00 euro

ROSSI Maurizio: 7.700,00 euro

BIAGI Massimiliano: 2.700,00 euro

LELLI Romano: 10.700 euro

P.C. cl.’53: 7.800,00 euro

A.S. cl.’80: 29.000,00 euro

E.D. cl.’75: 10.500,00 euro

Anche le perquisizioni condotte all’interno dell’appartamento bunker, base operativadel “C.I.F.” fornivano esito positivo, laddove non soltanto veniva rinvenuto e sequestrato in blocco il materiale documentale riguardante la contabilità parallela ma anche somme contanti, per euro 112.000,00 circa, pronte per essere riciclate e reimmesse in circuito.

Allo stato, dunque, le attività di perquisizione hanno consentito di sequestrare complessivi 440.000,00 euro in contanti, nonché altri 55.000 euro circa in orologi di valore (ad A.S. cl.’80) ed altro materiale (tra oro, monili ed altri beni) tuttora in via di quantificazione e qualificazione sotto il profilo prettamente investigativo.

Quanto alle modalità di occultamento, le stesse sono risultate talvolta anche elaborate; al di là dell’interno di mobili e/o vani dell’abitazione meno utilizzati, anche siti assolutamente originali, ricercati dai succitati per aumentare le condizioni di sicurezza in caso di indesiderate attenzioni. Precauzioni che nella fattispecie non sono bastate.

Attività, quelle in oggetto, rese particolarmente lunghe dalla mole e complessità del materiale rinvenuto e via via sottoposto a sequestro e che, tuttavia, stanno apportando inequivocabili ulteriori riscontri alle acquisizioni investigative raccolte in corso d’opera, confermando ancora una volta il quadro indiziario complessivo.

Le intercettazioni ambientali e video hanno documentato in maniera inequivocabile le varie fasi delle condotte corruttive, consentendo di registrare decine di episodi presso gli uffici di ambedue le camere mortuarie, ove risultavano destinate le mazzette predisposte.

Sistematica infatti la presenza di addetti delle varie agenzie funebri che, previa attivazione degli addetti presso gli ospedali, si portavano sul posto per prendere contatti con i familiari dei defunti e proporre, anche all’interno di quegli uffici (in palese contravvenzione di norme Regionali) le “offerte” del momento. La successiva visita, come documentato dagli allegati estratti video, risultava invece finalizzata al pagamento della prestazione: innumerevoli gli episodi censiti acclaranti le consegne di liquidi da parte di titolari ed addetti delle imprese ai loro referenti di base, con cifre variabili tra i 200 ed i 350 euro (“… lo sai che quando posso ti do di più !…”), tanto “in chiaro” (magari passando le banconote brevi manu o infilandole sotto un passacarte, quanto con le buste predisposte (che poi gli stessi incaricati di pubblico servizio provvedevano a dividere tra loro, in ragione della partecipazione alla specifica aggiudicazione di lavoro). Usi e consuetudini che le indagini emergevano essere assolutamente consolidate e risalenti nel tempo. Lo dimostra tanto la nutrita schiera di soggetti affiliati negli anni, presso entrambi gli ospedali (il che metteva i vertici in condizione di operare con sistematicità, e dunque non soltanto in costanza di turno di lavoro di uno o due addetti “amici” in particolare), ma anche il ricorso sempre meno frequente a linguaggio criptico nel corso delle conversazioni (indice di una grande sicurezza maturata nello specifico ambito) o la mancanza di dialoghi incentrati sul quantum da ricevere per ogni lavoro acquisito piuttosto che finalizzati a prendere appuntamenti volti a corrispondere il dovuto o trattare dettagli. Tutto secondo rodati automatismi.