Milano, all’UniCredit Tower Hall il rapporto sul turismo enogastronomico 2020

MILANO – UniCredit è sponsor del Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2020, la ricerca più completa sulla domanda e sull’offerta del settore, promosso e realizzato dall’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico

Il rapporto verrà presentato il 29 gennaio alle 15.00, presso UniCredit Tower Hall (via Fratelli Castiglioni 12 a Milano), una presentazione riservata solo ed unicamente alla stampa accreditata.

Si parlerà dell’offerta di prodotti e servizi del settore, scenario europeo
nel contesto italiano, prodotti d’eccellenza, strategie di crescita,
intermediazione, caratteristiche della domanda con focus sui turisti
enogastronomici, impatto sul settore, influenze sociali, ecc.

Saranno presenti Massimo
Costantino Macchitella (UniCredit), Roberta Garibaldi (coordinatrice della ricerca nonché massima
esperta di turismo e cultura, docente presso l’Università degli Studi di
Bergamo e consulente di UniCredit all’interno del programma Made4Italy), Bruno Bertero (PromoTurismoFVG), Giorgio Palmucci (Presidente
Enit), Alberto Lupini (Direttore
responsabile Italia a Tavola).




Arce, omicidio Serena Mollicone e morte del Brigadiere Santino Tuzi: due facce della stessa medaglia?

La famiglia del brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi è
stata ammessa, insieme all’Arma dei carabinieri, come parte civile nel
procedimento penale che, se il Gup del Tribunale di Cassino riterrà sufficienti
le prove addotte dalla pubblica accusa, si svolgerà a carico del Maresciallo
dei carabinieri Franco Mottola, di sua moglie e di suo figlio Marco, indagati
con altri due militari dell’Arma per la morte di Serena Mollicone e per il
reato di istigazione al suicidio riguardante appunto la morte del brigadiere Santino
Tuzi.

Addentrarsi nel caso del suicidio del brigadiere Santino
Tuzi è come avventurarsi nelle sabbie mobili di una palude in cui alla fine si
perde il senso d’orientamento. Una donna che dichiara di essere stata l’amante
del brigadiere, riferisce il fatto che Santino si sarebbe tolto la vita con un
colpo di pistola al petto di cui lei ha sentito la deflagrazione attraverso il
cellulare durante una conversazione con Santino, dopodichè il telefonino è
stato chiuso.

Il cadavere del brigadiere è stato trovato riverso sul sedile di guida della sua Fiat Marea, con la pistola d’ordinanza posta sul sedile accanto, quello del passeggero. E questi sono gli unici fatti certi, di cui esistono immagini, tranne quelle, che sarebbero state preziosissime, del corpo del brigadiere.

La famiglia, ed in particolare la figlia Maria, nega ogni possibilità che il brigadiere Santino Tuzi avesse una relazione extraconiugale, e che addirittura la ragione del suicidio sia da trovare nell’intenzione della sua amante di lasciarlo per un’altra persona.

L’intervista all’avvocato Rosangela Coluzzi e Maria Tuzi figlia del Brigadiere dei Carabinieri Santino Tuzi

Viene anche posto in dubbio il fatto che il brigadiere, descritto come marito affettuoso, in procinto di andare in pensione per dedicarsi al nipotino, avesse una relazione adulterina.

Viene adombrato il dubbio che qualcuno sia intervenuto nella sua morte, che cioè sia stato ‘suicidato’, dato che a breve sarebbe stato ascoltato in merito alla morte di Serena Mollicone, quale unico testimone che avesse visto Serena, in quella fatidica mattina del primo giugno, entrare nella caserma per non uscirne più, fino a quando il Tuzi era di piantone. Né vogliamo addentrarci qui in considerazioni che sarebbe troppo lungo esperire. L’unico fatto oggettivo è la morte del brigadiere.

È chiaro però un fatto: nessuna indagine scientificamente esatta è stata fatta dai carabinieri o da chi per loro sul luogo della morte di Tuzi, né sono state poste in essere tutte quelle cautele che riguardano una che oggi possiamo definire una scienza esatta, cioè l’esame della scena del crimine.

Non si sa se esistessero due fondine d’ordinanza, né perché sia stato dichiarato che una era stata reperita nell’armadietto del brigadiere, e l’altra sul sedile posteriore dell’auto. Non sono stati fatti esami comparativi con la pistola d’ordinanza, ritrovata sul luogo della morte di Tuzi, dell’ogiva che lo ha ucciso, per stabilire se effettivamente era l’arma del delitto. Non è stato fatto alcun esame per rilevare tracce di polvere da sparo (stub) sulle mani del brigadiere, per vedere se fosse stato lui a sparare.

Non sono stati fatti rilevamenti per stabilire se lo sparo fosse avvenuto nell’abitacolo dell’auto. Ha generato sospetti il fatto che la pistola fosse sul sedile del passeggero, ma nessuno ha chiesto ai carabinieri intervenuti (della caserma di Isola Liri, dove Tuzi era stato da poco trasferito) se per caso avessero toccato l’arma, ne avessero ripulito le impronte e l’avessero spostata; anche se il medico legale prof. Costantino Ciallella ha dichiarato che sparandosi un colpo al petto probabilmente il Tuzi avrebbe potuto impugnare l’arma con ambedue le mani, e quindi il fatto che la stessa sia stata trovata su quel sedile ci sta tutto.

Non si sa perché – e non si sa se – dal caricatore della Beretta mancassero non uno ma almeno due cartucce, né si sa se nell’abitacolo siano stati repertati uno o due bossoli; né gli stessi sono stati esaminati per l’evidenziazione di tracce papillari (impronte digitali) di chi l’avrebbe dovuta materialmente caricare, cioè Santino Tuzi. Questo per cominciare.

La leggenda metropolitana, visto anche che la figlia Maria nega recisamente che il padre avesse un carattere tale da portarlo al suicidio e men che meno per una presunta amante che volesse lasciarlo, fa intendere che il Tuzi sarebbe stato ‘suicidato’ perché teste chiave nel procedimento contro la famiglia Mottola, quale unico testimone di un fatto che non è mai stato accertato senza ombra di dubbio, e cioè che Serena Mollicone quella mattina del primo giugno 2001 sia effettivamente andata in caserma dal maresciallo Mottola. E quindi il ‘suicidio’ porterebbe a ben altri scenari, cioè un crimine commesso per coprirne un altro commesso precedentemente. E questo accuserebbe il maresciallo Mottola e la sua famiglia. La morte di Tuzi è stata comunque archiviata come suicidio, e il capo d’accusa che la riguarda, nei confronti dei cinque imputati, è quello di ‘istigazione al suicidio’.

In tanto marasma, un altro fatto è certo: che nei confronti della morte di Santino Tuzi nessuna indagine è stata fatta, o ciò che è stato fatto è stato fatto ‘con i piedi’, per usare un’espressione corrente. Tanti fatti non sono più verificabili, e non sapremo mai la verità.

Vogliamo, in chiusura, riportare una dichiarazione del professor Carmelo Lavorino, consulente della difesa della famiglia Mottola, già artefice dell’assoluzione del carrozziere Carmine Belli dopo diciassette mesi di isolamento, accusato dello stesso omicidio.  

Carmelo Lavorino: “Poiché risulta che il brig. TUZI era UOMO E CARABINIERE onesto, fermo, coerente, coraggioso, con alto senso della LEGALITÀ e tutore dell’ordine, MAI E POI MAI se avesse realmente assistito a un reato (entrata di Serena Mollicone nella caserma e percezione dell’aggressione ai suoi danni così come dicono gli Inquirenti “rumore della colluttazione al piano superiore tanto che Serena veniva sbattuta con forza contro la porta”) avrebbe permesso tale reato e lo avrebbe taciuto: AVREBBE FATTO SICURAMENTE IL SUO DOVERE. MAI avrebbe omesso di avvertire i superiori provinciali e la Procura sorpassando il m.llo Mottola, MAI si sarebbe reso complice di tale misfatto. QUINDI, il brig. Tuzi, proprio per le sue qualità personali, NON HA VISTO NULLA E A NULLA HA ASSISTITO altrimenti non avrebbe omesso per sette anni la verità ed avrebbe sicuramente salvato Serena Mollicone (la reticenza ripetuta è inganno: un carabiniere ha l’obbligo giuridico di dire la verità e di impedire reati). QUINDI, il brig. Tuzi per complicati e delicati fenomeni e processi psichici ha riferito un qualcosa che MAI ha visto (altrimenti non sarebbe stato reticente) e, per motivi da investigare, ha riferito un qualcosa che MAI ha visto. Per la morte di Tuzi, che gli inquirenti hanno archiviato come suicidio dopo due consulenze medico legali, stiamo attendendo il fascicolo per capire noi, in modo indipendente, come siano andate le cose.”




Roma, inchiesta Cotral: a febbraio l’udienza preliminare per 21 indagati

Il Tribunale ordinario di Roma ha notificato a 21 indagati sull’inchiesta Cotral l’avviso di fissazione di udienza preliminare il prossimo 18 febbraio in relazione al procedimento penale nei confronti di Masciotti e degli altri soggetti, tra cui ex dirigenti e imprenditori.

Attentato alla sicurezza dei trasporti, truffa ai danni dello Stato, frode in pubbliche forniture, abuso d’ufficio e falso, i reati contestati a vario titolo

La manutenzione non veniva effettuata, anche se gli organi di controllo aziendali attestavano il contrario, e, in caso di sostituzione di pezzi, al posto di quelli nuovi e originali venivano utilizzati pezzi di ricambio usati e ripuliti.

Nell’ordinanza del gip Battistini si legge: “Lascia molto perplessi la familiarità che c’è tra i dirigenti Cotral e le ditte appaltatrici e che si estende a tutti i livelli”.

Gli imputati potranno rinunciare all’udienza preliminare e chiedere il giudizio immediato. Chi sono? Di alcuni conosciamo le vicissitudini

Mauro Valentini, il titolare di una società di Ladispoli affidataria dell’appalto per la manutenzione e riparazione degli autobus che in una intercettazione, quando le verifiche della Guardia di Finanza erano in corso, aveva detto: “Noi dobbiamo ruba’ nei modi giusti! Noi dobbiamo ruba’ nei modi giusti!”. Una condotta la sua e quella degli altri indagati che il gip bolla come “reiterata e spudorata“: le società appaltatrici certificavano la manutenzione incassavano i soldi delle fatture emesse, ma gli autobus viaggiavano con gli stessi problemi di quando erano finiti nelle loro officine e si guastavano come e più di prima.

Pier Davide Valentini, Effedi Diesel, società che si occupa di riparazioni meccaniche di autoveicoli, sita in Via Aurelia Km. 40,400, nell’area adiacente alla caserma della Guardia di Finanza. La società sarebbe riconducibile a Mauro Valentini

Tania Lalli, dipendente di Mauro Valentini. Lalli riceve una telefonata del suo titolare (Valentini) che sostanzialmente gli dice che devono “rubà nei modi giusti” e non fare gli “zozzoni” lasciando i pezzi di ricambio sporchi e montandoli vecchi e sporchi sugli autobus per poi spacciarli “sulla carta” come nuovi

Pasqualino Sigillino ex responsabile manutenzioni che si occupava, tra l’altro, dell’affidamento a terzi dei servizi di manutenzione meccanica (manodopera e ricambi) degli autobus appartenenti alla flotta Cotral Spa.

Cotral decise, nonostante non gli spettasse per legge, di corrispondergli una somma lorda di 200.000,00 (duecentomila) euro con atto transattivo di conciliazione con finalità, la risoluzione del rapporto di lavoro.

Franco Fiori in servizio presso il deposito COTRAL di Poggio Mirteto (Ri)

Fabio Arcangeli Capotecnico del deposito Cotral di Civita Castellana

Francesco Buttinelli Capo Unità Tecnica presso il deposito COTRAL di Viterbo

Pichezzi Antonio, Capo Unità Tecnica presso il deposito COTRAL di Tivoli

Pascasi Leonardo, Capo Tecnico del deposito COTRAL di Rieti

Carlo Graziani, ex presidente della Viterbese. L’allora presidente del Cotral, come riportato dal Corriere della Sera, aveva inviato un’ingiunzione al gruppo viterbese Graziani srl chiedendo tre milioni di euro di penali a Cotral. L’imprenditore Carlo Graziani, a fronte di questa richiesta si sarebbe rivolto a Libanori e questo replica: ”Perché vedi, Ca’, non è tanto che il presidente ti ha mandato una lettera, è che sto pezzo de merda non c’ha detto niente”.

Francesco Buttinelli capo tecnico del deposito Cotral di Viterbo

Patrizio Pigna, capotecnico dell’impianto di Viterbo e capo dell’unità tecnica del deposito di Blera

Sergio Ippoliti Capo Operatori dell’impianto COTRAL di Palombara

Carlo Amati

Rettifica ex art. 8 della legge 47/1948

“Egregio Direttore, ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 della legge 47/1948 sulla stampa, al fine di ristabilire la verità dei fatti, Le chiedo, nella mia qualità di legale della Romana Diesel s.p.a., di voler cortesemente pubblicare, a tutela del buon nome e della reputazione commerciale della medesima Società -con la stessa evidenza, provvedendo alla modifica di quell’articolo online che elimini definitivamente dal web qualsiasi traccia della precedente, errata versione- la seguente rettifica con riferimento all’articolo comparso nella giornata di venerdì sulla vostra testata online “Osservatore Italia”, come da link che segue   https://www.osservatoreitalia.eu/roma-inchiesta-cotral-a-febbraio-ludienza-preliminare-per-21-indagati/ Ivi si afferma, fra l’altro, quanto segue: Carlo Amati concessionario esclusivo Iveco per il Lazio, ossia la «Romana Diesel» di Carlo Amati, che da concessionario Fiat controlla già la manutenzione dei bus Atac. Un appalto Cotral finito fu affidato alla «Romana Diesel» In realtà la Romana Diesel s.p.a., unica concessionaria Iveco (oltre che Fiat Professional) nell’area della regione Lazio (oltre che in altre), che si è occupata e si occupa, nell’ambito delle sue attività, anche della manutenzione dei bus Atac, è una persona giuridica (società per azioni) nella quale il Sig. Carlo Amati (così come gli altri membri della sua famiglia) non riveste alcun ruolo, essendo la totalità delle sue quote detenuta da persone fisiche/giuridiche che nulla hanno a che vedere con il Sig. Amati, la sua famiglia e/o società ad esso/i facenti capo. Non risulta altresì, per inciso, che il Sig. Carlo Amati ovvero società ad esso facenti capo sia mai stato concessionario Iveco e/o Fiat. La formulazione errata dell’articolo potrebbe ingenerare nell’opinione pubblica l’altrettanto erronea convinzione che la Romana Diesel s.p.a. faccia capo al Sig. Carlo Amati, ovvero sia collegata con la sua famiglia, e/o soprattutto sia, in qualche modo, coinvolta nella vicenda oggetto dell’articolo alla quale, invece, è del tutto estranea, con grave nocumento per la sua immagine e reputazione.”

L’Osservatore d’Italia è stato l’unico quotidiano che attraverso diverse puntate inchiesta ha pubblicato un nutrito dossier Cotral denunciando numerose anomalie, rischio di doppie fatturazioni e condotte scriteriate. Siamo stati anche denunciati ma la Procura di Roma ha archiviato. Ma torniamo all’inchiesta Cotral.

Il Gip di Roma Massimo Battistini ha parlato di condotta “reiterata e spudorata”

Le “omissioni e irregolarità” erano la “norma“, secondo il giudice per le indagini preliminari che sottolinea come controlli eseguiti anche se su un campione è emerso che le ispezioni condotte “hanno accertato violazioni ed omissioni praticamente nel 100% dei casi“. I pezzi venivano sottoposti a “sabbiatura” o riverniciati, ma la fattura emessa era per pezzi nuovi.

La mancata manutenzione riguardava anche pezzi importanti del bus, come il sistema frenante e le parti meccaniche principali. Il Ma non solo: un controllo su circa 1.400 mezzi, praticamente la quasi totalità dei bus Cotral, ha fatto inoltre emergere che anche i cronotachigrafi digitali non venivano revisionati dall’impresa che aveva vinto l’appalto, che però forniva la necessaria certificazione. Dall’analisi dei sistemi di geolocalizzazione è infatti emerso che nelle date in cui veniva attestata la revisione, i mezzi era in realtà regolarmente in servizio. I finanzieri hanno così sequestrato all’azienda disponibilità finanziarie per circa 91mila euro, l’importo che il Cotral ha pagato per la taratura dei cronotrachigrafi.

L’iscrizione nel registro degli indagati per almeno 50 persone risale a gennaio 2017. Di questi 50 indagati ora si devono presentare, appunto, i 21 soggetti (di cui sopra) all’udienza preliminare di febbraio.




Albano Laziale, impianto trattamento rifiuti. Da Pontina Ambiente a Colle Verde srl: una mera volturazione?

ALBANO LAZIALE (RM) – Il Tar Lazio ha respinto la richiesta dell’Amministrazione Comunale di Albano Laziale di sospensiva della determina Regionale che prevede il ripristino dell’impianto di Trattamento Meccanico Biologico – TMB – di Roncigliano andato distrutto da un incendio nel 2016.

Il Tribunale amministrativo si è espresso senza entrare nel merito della questione.

CLICCARE SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO SERVIZIO

Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 16/01/2020

Il sindaco di Albano Laziale, Nicola Marini, ha annunciato un ricorso al Consiglio di Stato e al contempo ritiene necessario approfondire le ragioni “in modo che le decisioni – ha detto il primo cittadino – abbiano valore e siano comprensibili, anche se non condivisibili. Per il TAR Lazio si tratta invece di “mera volturazione” della originaria Autorizzazione Integrata Ambientale. Ma il problema era proprio questo! A nostro giudizio l’AIA non poteva essere volturata”.

Che vuol dire che
l’autorizzazione di Impatto Ambientale è stata “volturata”?

Facciamo un passo indietro e torniamo nel periodo estate / autunno del trascorso 2019. Tutto comincia da una prima missiva arrivata a palazzo Savelli dove la società Colle Verde s.r.l. informa della sottoscrizione di un contratto di affitto del ramo d’azienda della Pontina Ambiente rivolto, tra l’altro, alla rimessa in pristino e gestione dell’impianto TMB.

In una seconda missiva
si rappresenta poi la volontà di avviare una non meglio precisata attività di
ripristino dell’impianto.

La Regione,
targata Pd, fa due comunicazioni che si contraddicono e che mettono in crisi
l’amministrazione comunale di Albano Laziale targata sempre Pd.

La Regione
comunica sostanzialmente che l’Aia (Autorizzazione d’Impatto Ambientale)
rilasciata a Pontina Ambiente è scaduta lo scorso 13 agosto del 2019 e che la
nuova società deve richiedere i permessi. In una seconda comunicazione la
Regione fa un clamoroso dietrofront e in pratica dice che l’Aia non è scaduta e
che può usufruirne anche la nuova società (da qui il termine “volturazione” ).
E si arriva alla notizia più recente. Il Comune ricorre alla giustizia
amministrativa e il Tar rigetta. Ora, la questione sembra essere arrivata a un
punto morto, in attesa del ricorso annunciato dal sindaco al Consiglio di Stato.




Trento, a palazzo Thun si inaugura lo spazio per Alcide De Gasperi

TRENTO – Sabato 18 gennaio alle 18.00 a Trento, a Palazzo Thun, sarà inaugurato uno spazio dedicato allo statista trentino Alcide De Gasperi. Oggetti personali, fotografie, documenti, video compongono un’esposizione permanente – promossa dalla Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con il Comune di Trento – che permette di ricostruire la dimensione pubblica e privata di De Gasperi. Dopo l’inaugurazione, lo spazio sarà riaperto al pubblico sabato 25 gennaio in occasione della visita ufficiale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e sarà visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 18.

Nel 2018 Maria Romana De Gasperi, figlia di Alcide De Gasperi, ha donato un’importante parte dell’archivio del padre alla Fondazione Museo storico del Trentino che, in stretta collaborazione con il Comune di Trento, allestisce ora uno spazio permanente a Palazzo Thun per ricordare lo statista.

Il luogo individuato è sembrato il più adatto per la forte dimensione simbolica che unisce il passato – De Gasperi è stato eletto consigliere comunale nel 1909 – al presente di quella città dove ha abitato fino al 1918.

Nel 2019 l’esposizione temporanea Alcide De Gasperi, la montagna, il Trentino. Tracce di rapporto sentimentale, allestita a Cappella Vantini, aveva permesso di mostrare alcuni documenti della donazione, legati alla dimensione privata della vita di Alcide De Gasperi.

L’intera vicenda biografica dello statista trentino rivive ora nello Spazio De Gasperi attraverso un allestimento che restituisce l’idea di un archivio familiare in una forma stilizzata, contemporanea, che valorizza i documenti esposti in originale. Oggetti, biglietti, appunti, trovano posto nella sala, dove è visibile, tra l’altro, l’edizione originale della Carta Costituzionale.

Le fotografie vengono mostrate nel loro formato originale, alcune stropicciate, altre con i promemoria dei familiari, per diventare oggetti a loro volta capaci di far entrare il visitatore, quasi fisicamente, all’interno della casa di Alcide, della moglie Francesca e delle loro figlie.

Il montaggio di alcuni filmati ufficiali dell’Istituto Luce, uniti ad altri girati da trentini che con le loro cineprese amatoriali hanno documentato un conterraneo diventato famoso, dà nuova vita ad Alcide De Gasperi, e restituisce al pubblico il sapore degli anni cinquanta del XX secolo.

Separata ma ben visibile ai visitatori, è possibile ammirare la scrivania personale utilizzata quotidianamente da Alcide De Gasperi nell’abitazione di via Bonifacio VIII a Roma (ora via Alcide De Gasperi) fino alla sua scomparsa.

Oltre alla tradizionale visita guidata per tutte le fasce d’età, l’Area educativa della Fondazione Museo storico del Trentino valorizzerà lo Spazio De Gasperi inserendolo in più ampi progetti per le scuole, relativi alla storia dell’autonomia trentina e della costituzione della Repubblica italiana. Le attività si svolgeranno nella sala interrata, dove sono predisposte delle grandi riproduzioni fotografiche e un montaggio di interviste a storici che ricostruiscono la vicenda biografica e politica di Alcide De Gasperi.




Atac, aggredito macchinista Roma-Lido. I lavoratori: “Mancanza di sicurezza”

Ancora sangue, ancora un’aggressione
contro il personale Atac. L’ennesimo
episodio, che riaccende i fari sul tema della sicurezza, si è consumato martedì
sera, 14 gennaio, alla fermata Tor di
Valle
della ferrovia regionale Roma-Lido.
Quando, nello specifico, il macchinista rimproverava tre giovani balordi con
accento dell’est, visibilmente ubriachi e alterati dai fumi dell’alcool.  

Secondo una prima ricostruzione
dei fatti, il conducente, richiamato dall’accensione della spia “allarme
passeggeri” sul banco di manovra del treno, raggiungeva diligentemente il
vagone dal quale era partita la segnalazione. Ma una volta arrivato, si
accorgeva che quella leva era stata tirata per puro spirito di divertimento: nessuno
stato di imminente pericolo o anomalia del convoglio, tali da attivare l’allarme,
ma solo un assurdo gioco, un passatempo.

Da qui il rimprovero – sacrosanto
– trasformatosi, in pochi secondi, in un acceso diverbio, dove sarebbero volate
parole grosse e pesanti. Nella concitazione uno dei tre balordi, forse
infastidito, avrebbe sferrato un violento cazzotto in faccia al malcapitato
macchinista, stordendolo, per poi darsi vigliaccamente alla fuga insieme ai compari
della bravata.

Immediata la reazione delle RSU del
“Collegio n. 18 di Atac SpA”, messa nera su bianco nella segnalazione,
congiunta, trasmessa questa mattina ai vertici aziendali. “Più volte le stesse
scriventi”, recita il documento, “hanno denunciato le criticità relative alla
mancanza di sicurezza in cui tutto il personale è obbligato a lavorare,
specialmente nelle ore notturne sulla linea Roma-Lido. Si richiede pertanto un
maggior controllo da parte delle autorità di pubblica sicurezza e una riorganizzazione
più razionale del servizio vigilanza GPG [vigilanza, ndr] lungo tutta la linea”.
I rappresentanti sindacali esprimono “solidarietà al collega” e ammoniscono: “in
caso di nuove aggressioni, attiveranno tutte le azioni possibili previste dalla
L. 146/90 e successive modificazioni”. Ovvero, l’astensione immediata dal
lavoro del personale su questa linea, formula consentita, ma solo in questi
specifici casi, dalla normativa citata nella nota.

Nella fermata Tor di Valle, altra particolarità, “è presente dalle 5 alle 24 un vigile esclusivamente per piantonare il passaggio lasciato aperto sotto dal cantiere in costruzione”, racconta in forma anonima un lavoratore, “e rimasto tale dopo la sua sospensione”.




Arce, omicidio di Serena Mollicone. Udienza preliminare per il Maresciallo dei carabinieri Franco Mottola: un caso in salita per il criminologo Carmelo Lavorino

Dopo diciotto anni, pareva che si avvicinasse la conclusione
del caso di omicidio che ha riguardato la morte di Serena Mollicone, ad Arce,
in provincia di Frosinone, uccisa presumibilmente il 1 giugno del 2001, giorno
in cui non fece ritorno a casa.

Ne fu trovato il cadavere due giorni dopo, il 3 di giugno, nel
bosco della Anitrella, in località Fontecupa, in un luogo già setacciato nelle
ricerche dai carabinieri. Il corpo era adagiato in posizione supina coperto da
alcuni arbusti e fogliame, la testa avvolta in un sacchetto di plastica, mani e
piedi legati con scotch e fil di ferro. Naso e bocca erano stati avvolti con
diversi giri di nastro adesivo, causando presumibilmente alla ragazza una lenta
morte per asfissia.

Del delitto fu accusato in un primo tempo Carmine Belli, un carrozziere
di Arce, condannato in prima istanza, poi assolto in appello e Cassazione
grazie al pool difensivo che vedeva come consulente il professor Carmelo
Lavorino.

Lo stesso criminologo è presente ora nel pool difensivo del
maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di
Arce, di sua moglie Annamaria, e di suo figlio Marco, accusati dell’omicidio
che, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto proprio nei locali della caserma dei
carabinieri. In particolare, il figlio Marco avrebbe avuto a che fare con un
giro di droga in paese, ragione per la quale Serena Mollicone quella mattina si
sarebbe recata in caserma per denunziare il figlio al padre: da qui il movente
per l’omicidio.  

La prima udienza preliminare per il rinvio a giudizio dei
Mottola si è tenuta ieri mattina, presso il Tribunale di Cassino. Dopo diciotto
anni, e dopo il lavoro ai fianchi effettuato nei confronti dell’opinione
pubblica dal padre di Serena e dai vari programmi di intrattenimento televisivi
che lo hanno visto ospite, Guglielmo Mollicone riteneva che le sue accuse, da
lui ritenute fondate in base alla conoscenza che lui stesso si era formata del
caso e degli eventi, trovassero finalmente la loro logica conclusione nella
condanna della famiglia Mottola. Ma così pare che non sia.

Lo stesso professor Lavorino che ha fatto assolvere Belli,
si occupa ora, con il suo team criminologico-investigativo, della consulenza
per la difesa dei Mottola.

Lavorino afferma che non assume mai la consulenza per la
difesa di persone che lui stesso, a ragion veduta, ritenga colpevoli. Si
prospetta per lui, dato tutto ciò che è stato detto e scritto, un lavoro in
salita.

Abbiamo voluto intervistarlo, e queste sono le sue parole

Carmelo Lavorino criminologo

Professor Lavorino, dopo l’udienza preliminare di oggi,
ritiene che il camino sia ancora lungo?

Ci vorranno ancora tre udienze, programmate per il mese di febbraio, in cui il giudice dovrà valutare alcuni aspetti. dopodichè verso aprile deciderà per l’eventuale rinvio a giudizio di una o più persone. Abbiamo presentato la nostra consulenza, del dottor Antonio Dalla Valle medico legale, dello psicologo dottor Enrico Delli Compagni, oltre che del sottoscritto, una relazione complessa, in cui affrontiamo tutti i temi, e praticamente confutiamo dal punto di vista tecnico-scientifico e criminalistico l’impianto accusatorio, e concludiamo con ventiquattro punti.

Professor Lavorino, ci dica un po’ chi è lei. Noi la
conosciamo da tempo, e conosciamo bene la sua professionalità e il suo ‘tirar
diritto’, ma visto che in televisione vanno sempre certi personaggi, vorremmo
far sapere a chi non la conosce chi è il criminologo Lavorino, quali sono state
le sue esperienze, quali casi ha trattato, e così via. Sappiamo anche che lei
cura la pubblicazione on line di un periodico che tratta di criminologia, e che
ha la gestione del CESCRIN, una scuola di formazione criminologica e
criminalistica.

Bè, mi sono formato essenzialmente sul campo, mi sono
occupato di circa duecentocinquanta omicidi, ho iniziato con i delitti del
‘mostro di Firenze’, attribuiti al contadino di Mercatale val di Pesa Pietro
Pacciani, che facemmo assolvere in appello assieme all’avvocato Nino Marazzita
con un pool tecnico investigativo fondato da me, e sono specializzato
nell’organizzare, fondare e coordinare pool tecnici di difesa o investigativi
di analisi criminale. Mi sono interessato del caso di Via Poma, facendo
prosciogliere Federico Valle, e poi del caso di Arce, in cui facemmo assolvere
in primo grado, appello e Cassazione Carmine Belli, accusato di essere
l’assassino di Serena Mollicone. Ora invece per gli inquirenti l’assassino non
è più Carmine Belli, ma l’assassino sarebbe Marco Mottola con il concorso del
padre e della madre. Ancora, l’omicidio di Cogne, e diversi altri. Sono
professore a contratto all’Università dell’Aquila alla facoltà di Scienza
dell’investigazione, in analisi e scena del crimine.

Quindi anche se il grosso pubblico televisivo non la
conosce, è chiaro che lei può vantare un’esperienza che pochi altri possano
dire di avere accumulato.

Sono d’accordo con lei soltanto sulla seconda delle sue
affermazioni. Per ciò che riguarda la prima, una volta il pubblico televisivo
mi conosceva, poi è successo che pian piano sono stato messo un po’ in
punizione, perché non mi piego mai ai dettami degli autori e di chi vuol far
diventare il crimine un argomento da salotto, in cui si parla di tutto e del
contrario di tutto senza avere le basi, e poi anche perché molti opinionisti
del crimine non gradiscono la mia presenza perché secondo loro potrei rubare
loro visibilità. E poi questi soggetti sono abituati, in maniera molto
maleducata, e non deontologica, che, congiuntamente alla loro attività di
opinionisti in certi programmi, poi si procacciano clienti proprio abusando di
questa visibilità. Io questo lo vedo in effetti come concorrenza sleale, però
tanto è, tanto succede in Italia, non m’importa nulla, ciò che mi importa è la
scienza del crimine.

Quindi lei possiamo dire che è un personaggio un po’
scomodo per la televisione.

Senz’altro per un tipo di televisione in cui è evidente il
pressappochismo nell’analisi criminale, nei fatti di cronaca, e in cui si cerca
di usare la tecnica del fango, la tecnica di molestare le persone imputate
perché le vogliono trascinare per forza sullo schermo per fare spettacolo,
eccetera. Io sono per uno studio del crimine, della criminologia e della
criminalistica e dell’investigazione criminale, in una forma seria, tecnica,
scientifica a prova, e con molta coerenza, bisogna essere coerenti.

Quindi, secondo ciò che si sente soprattutto in
televisione, in questi programmi di intrattenimento, quella che lei ha preso in
mano oggi è una patata bollente, forse derivante dall’esperienza che lei ha
maturato nella difesa del carrozziere Carmine Belli?

Certo, una patata estremamente bollente perché ci troviamo
contro tutti. Questa famiglia [Mottola ndr] è sospettata e anche indagata da
circa otto anni per l’omicidio di Serena Mollicone, e siamo riusciti ad
ottenere gli atti del processo, quindi conoscere le investigazioni fatte e i
capi d’accusa, soltanto da sei, sette mesi, e sono ben cinquantadue faldoni.
Naturalmente è una patata bollente perché li abbiamo tutti contro, perché
finora, l’opinione pubblica, grazie agli opinionisti, grazie alle ‘vittime’,
fra virgolette, che si lamentano di ciò che è accaduto eccetera, l’opinione
pubblica è stata ammorbata con la notizia che questi tre sono colpevoli e non
presunti innocenti. L’opinione pubblica è convinta fermamente che nella caserma
dei carabinieri DI Arce è avvenuto l’omicidio ai danni di Serena Mollicone,
cosa che, secondo me, è falsa. L’opinione pubblica è convinta che l’arma del
delitto contro Serena Mollicone sia la porta del bagno che è stata sequestrata
sempre in questa caserma. Secondo me e i nostri consulenti è una notizia falsa
e sballata. Hanno propalato per anni queste notizie, l’opinione pubblica ha
abboccato, ha bevuto tutto, e purtroppo ora ci troviamo a cercare di pulire, di
eliminare il veleno della vipera che si è sparso. Però devo dire che da quando
abbiamo incominciato a fare delle conferenze stampa con dei giornalisti, –  però a ragion veduta, perché lì abbiamo dovuto
studiare tutti quanti gli atti, non abbiamo sparato cavolate, come fa ogni
tanto qualche opinionista, senza sapere nulla, –  dobbiamo dire che il vento sta cambiando,
perché giornalisti e opinione pubblica stanno incominciando a rendersi conto di
non trovarsi di fronte ad un caso risolto, e che molte fesserie, o altrimenti
molte versioni di parte sono state finora propalate a cavolo.

Questa volta lei e il pool difensivo avete di fronte due
nuovi avversari, l’Arma dei carabinieri che si costituisce parte civile, e la
figlia del brigadiere Santino Tuzi. Lei, però, afferma che assume la consulenza
di personaggi che secondo le sue valutazioni non sono assolutamente colpevoli.

La famiglia Tuzi con la famiglia Mottola non c’entra nulla, quindi conseguentemente con la morte di Serena Mollicone. Noi avremo come avversari l’Arma dei carabinieri, i familiari della Mollicone, e probabilmente ancora qualcun altro. Però è una cosa che non ci preoccupa assolutamente, perché ora che siamo arrivati al contraddittorio, e tutto quello che dovrà essere fatto sarà fatto in maniera estremamente seria, organizzata, meticolosa, per cui daremo il massimo di quello che possiamo dare. Una cosa che mi da’ fastidio come essere umano e criminologo professionista, è che, quando facemmo assolvere Carmine Belli, accusato dello stesso omicidio, contro di noi c’erano tutti quelli che abbiamo contro anche oggi. Tutti quanti puntarono contro Carmine Belli come l’assassino di Serena Mollicone, addirittura anche i familiari di Serena vedevano Carmine Belli come l’assassino. Fummo noi a salvare il Belli, e congiuntamente salvammo anche la giustizia e la verità. Ora ci troviamo a fare lo stesso schieramento contro diversi avversari tra cui ci sono alcuni che sono gli stessi di prima, che così come prima hanno sposato una tesi senza avere cognizione di causa, lo stanno facendo tuttora. Quindi una patata bollente molto forte, e una sfida molto forte che noi accettiamo, perché siamo certi che il nostro lavoro si produrrà al massimo delle sue potenzialità.




Inaugurata a Marino la mostra “Favole (con)fuse” del centro diurno Appha

Si è svolta a Marino nella sede municipale di palazzo Colonna nella sala antistante l’Aula Consiliare l’inaugurazione della Mostra “Favole (con) fuse” che sarà aperta e visitabile fino al 14 febbraio 2020.

Dopo l’edizione 2019 in cui il tema era quello degli Animali, quest’anno gli utenti del Centro si sono ispirati al tema della FIABA dando vita ad immagini originalissime basate sull’idea di una “fusione” di 2 favole classiche per crearne una nuova, bizzarra e confusa.

Ad accogliere gli autori delle opere in esposizione, gli utenti disabili adulti del Centro Diurno APPHA di Ciampino, gli Assessori Barbara Cerro ai Servizi Sociali, Ada Santamaita alle Attività Produttive, oltre ai dirigenti dei Servizi Sociali e del Distretto socio-sanitario ASL RM 6.3 Sociali dott.ssa Ludovica Iarussi e a tutti gli operatori dei Servizi Sociali comunali e distrettuali.

Per il Centro Diurno APPHA è intervenuta la Responsabile Monica Petricola insieme a tutti gli utenti partecipanti al progetto e la direttrice del laboratorio di pittura creativa Liesbeth Veltkamp.

“Sono contenta che questo progetto nella sua seconda annualità abbia l’obiettivo di far conoscere alla nostra comunità il valore artistico e la ricchezza umana come espressione autentica del loro mondo interiore – ha affermato l’Assessore alle Politiche Sociali Barbara Cerro – Un plauso alla maestra d’arte Liesbeth Veltkamp e alle operatrici e operatori dell’Associazione che con amorevole dedizione supportano e incoraggiano le persone coinvolte”.




“L’Affare Modigliani” tra i protagonisti della serata Ancri: Mondini e Loiodice raccontano un bel momento con Rino Barillari

L’evento in occasione Giornata nazionale della bandiera Organizzata dal Prefetto Tagliente delegato ai rapporti istituzionali dell’Associazione Nazionale Insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica (ANCRI)

di Dania Mondini e Claudio Loiodice

Presso la Scuola Superiore di Polizia – Ateneo della Sicurezza, l’ANCRI ha organizzato la giornata nazionale della bandiera, istituita per la prima volta il 7 gennaio 1797.

Un incontro voluto e organizzato dal Sig. Prefetto Francesco Tagliente. Un evento emozionante al quale abbiamo partecipato con entusiasmo e commozione data la presenza viva di tante donne e tanti uomini che del rispetto delle regole e l’amore per la Repubblica, hanno fatto il principale scopo di vita.

Il Sig. Prefetto Tagliente ha poi voluto ospitarci, insieme agli insigniti provenienti da tutta Italia al ricevimento tenuto al circolo dei funzionari della Polizia di Stato. La serata ci ha riservato una piacevole sorpresa. È stata una vera e gradita sorpresa scoprire che l’ANCRI aveva riservato per il “re dei Paparazzi” Rino Barillari la tessera onoraria dell’Associazione. Barillari non è solo il più noto fotografo italiano, ma è ed è stato un favoloso e coraggioso cronista. Ancora a sorpresa il dott. Tagliente ha chiamato Dania Mondini che ha intervistato il re dei paparazzi. Tanti gli aneddoti e i dettagli che i due giornalisti si sono scambiati. Ricordi comuni di cronaca di una Roma di molti anni fa.

Ma la vera sorpresa arriva con l’entrata in campo di altri quattro giornalisti di razza: Osvaldo Bevilacqua Massimo Giraldi, Chiara Rai e Mario Proto

Affiancano Dania in una raffica di domande e offrono all’eclettico Rino l’opportunità di dare vita a simpatici siparietti, come quando svela la citazione che porta incisa su una medaglietta appesa al collo: “La guerra è guerra!” Il suo motto da una vita.

E’ stato quindi un onore per noi consegnare due copie autografate del nostro libro “L’Affare Modigliani” al nostro ospite, il presidente dell’ANCRI Tommaso Bove e, appunto a Rino Barillari.

Presentare il nostro lavoro davanti al grande “paparazzo” e a molti giornalisti e rappresentati di tutte le forze dell’ordine, spronati dalle domande del Prefetto Tagliente e di Chiara Rai ci dà forza per proseguire nella nostra battaglia di legalità.

Il nostro libro voleva essere e crediamo lo sia, una vera inchiesta a metà tra il giornalismo investigativo e pura indagine di polizia. Una indagine svolta sul campo, “consumando le suole delle scarpe”, come Barillari ha testimoniato nel corso della sua lunga vita professionale. Abbiamo raccontato il malaffare e suggerito l’apertura di nuove indagini e spinto affinché i procedimenti penali in corso vengano portati a termine. Non è facile, gli interessi sono tanti, ma sappiamo di poter contare sul sostegno degli insigniti d’Italia e del fraterno abbraccio dell’amico Francesco Tagliente, al quale va il nostro più sincero e affettuoso ringraziamento.
Insieme ce la faremo per il bene e l’onore della nostra gloriosa bandiera.




Reggio Calabria, cosca Tegano: all’alba scattata operazione di polizia

REGGIO CALABRIA – La Polizia di Stato di Reggio Calabria, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, ha eseguito dalle prime ore di questa mattina un’articolata operazione finalizzata all’esecuzione di 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio aggravati (ad eccezione del tentato omicidio) dalla circostanza del metodo mafioso e dall’avere agevolato la ‘ndrangheta unitaria, nella sua articolazione territoriale denominata cosca Tegano, operante nel quartiere Archi di Reggio Calabria. Eseguite diverse perquisizioni domiciliari.




Ferrovie concesse, guerra aperta tra Atac e Pendolari. Mozione per la Roma-Giardinetti

È guerra aperta tra Atac e le Associazioni consumatori – con il Codacons in testa – e, direttamente o indirettamente, con i pendolari.

Al centro i disservizi che ogni giorno affliggono le ferrovie regionali ex-concesse Roma-Lido e Roma-Viterbo, immortalati da Pendolaria, il consueto rapporto di Legambiente sulla qualità dei servizi ferroviari italiani. E la Roma-Giardinetti? Ce n’è anche per questa linea, la settimana appena iniziata potrebbe infatti riservare spiacevoli sorprese.

La
Viterbo attenzionata dal Garante.
Irrompe
il Codacons con il comunicato di tre giorni fa dove evidenzia che l’ART – Autorità di Regolazione dei Trasporti
ha deciso di far luce sul servizio ferroviario della Roma-Viterbo in
affidamento all’Azienda Capitolina, “annunciando”, recita la nota, “specifiche
azioni di verifica a riscontro delle criticità oggetto di segnalazione”. Nelle
settimane scorse infatti il Codacons, a seguito delle numerose proteste
ricevute dal cittadini, aveva presentato un esposto all’ Autorità in cui si
chiedeva di intervenire a tutela dei pendolari e degli utenti. “La ferrovia è
il mezzo di trasporto più problematico vista la lunghissima durata dei viaggi e
i frequenti ritardi dovuti alla presenza del binario unico”, scriveva l’associazione
consumatori nell’esposto, “presenta tutt’ oggi gravi carenze, sia nello stato
di salute dei mezzi, che continuano ad avere guasti e a presentare
infiltrazioni d’ acqua, sia nella frequenza delle corse, che obbligano spesso
gli studenti e i lavoratori ad arrivare a scuola o a lavoro in ritardo oppure a
uscire anticipatamente per poter raggiungere le fermate, obbligandoli ad
aspettare per ore dopo l’ uscita o impedendogli in molti casi di frequentare
corsi pomeridiani a causa della mancanza di corse nel secondo pomeriggio per il
rientro nei paesi di residenza”. Situazione “che potrebbe finire con l’incidere
anche sul diritto allo studio o sulle prestazioni lavorative di ciascun utente
fruitore. Duole notare la situazione di incuria e mala gestio di una delle tratte che dovrebbe essere un fiore all’occhiello
della città e dell’intera Regione: un concentrato di degrado quasi irreale, che
non risparmia nulla e infetta ogni singolo elemento della vita civile: strade, ponti,
cavalcavia, gallerie”. Nell’esposto il Codacons chiedeva l’intervento della
Procura e dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, “affinché si ponesse fine
all’ odissea quotidiana dei pendolari”.

Botta
e risposta al vetriolo
.
L’annuncio del Codacons, intenzionata ad avviare una “class-action” al riguardo,
acuisce l’ormai atavica diaspora che vede protagonisti Atac stessa e il Comitato Pendolari RomaNord. “Finalmente
un’associazione di consumatori si accorge della nostra situazione e denuncia”, attacca
il portavoce Fabrizio Bonanni, “ma
d’altra parte basta leggere quello che pubblichiamo quotidianamente attraverso
i nostri canali sociali facebook e twitter per farsi una idea di come stiamo
messi”. E non solo. Nei giorni antecedenti il Comitato aveva aggiornato la lunga
lista delle soppressioni, salite a 1200 in 190 giorni, “al netto” delle
cancellazioni “fantasma”, precisano, ovvero di quei treni che sarebbero stati “annunciati
e poi scomparsi dopo la partenza e non segnalati ufficialmente ma ricavati
dalle segnalazioni utente in stazione, senza che siano effettivamente state
effettuate le rispettive corse”.  Piccata
la risposta dell’Azienda: “non risponde al vero che Atac eviti di comunicare le
eventuali cancellazione di corse”, si legge nel comunicato di ieri pomeriggio,
12 gennaio.  “Lo stato del servizio della
ferrovia Roma-Viterbo è pubblicato in tempo reale sul sito atac.roma.it e sugli
altri canali aziendali (ad esempio i social), distribuito open data ai
principali altri canali e distribuito dalle principali app”, tuonano da via
Prenestina. E rispetto alle soppressioni precisano che sabato “sono state
cancellate 20 corse, ed esclusivamente nella tratta urbana, e non ‘una trentina’,
come riportato. Nessuna cancellazione ha riguardato la tratta extraurbana. Si
fa notare in particolare che sulla tratta urbana, in alcuni momenti delle ore
di punta la frequenza dei treni tra Montebello e Flaminio scende sino a 5
minuti. Riportare dati”, aggiungono, “aggregati su base plurimensile senza
rapportarli al totale delle corse programmate è gravemente distorsivo della
realtà, dalla metà di settembre alla fine di dicembre del 2019 è stato
effettuato il 96,2% delle corse previste. 
Le 1.200 corse cancellate, riportate, inoltre si riferiscono a oltre 190
giorni di esercizio. Ciò significa che parliamo di circa 6 corse in media
cancellate al giorno, quando nei giorni feriali ne sono previste 226”.

Nemmeno 12 ore dopo…A stretto giro di posta la replica del Comitato, seguito dallo scossone tellurico di questa mattina. “Ieri sera [domenica 12 gennaio, ndr] abbiamo ribattuto punto su punto al comunicato Atac che ci accusava sostanzialmente di dire bugie sul servizio erogato sulla nostra ferrovia”, annota Bonanni, “ecco che nemmeno 12 ore dopo succede quello che diciamo da tempo: Atac non comunica in tempo i disagi e non attiva per tempo i servizi sostitutivi. Stamattina infatti, dalle ore 7.30 si sono susseguite informazioni tra i pendolari circa un ipotetico guasto a un treno extraurbano. Tale guasto, poi purtroppo confermato da chi era a bordo, ha di fatto bloccato la linea per oltre un’ora. Ebbene, in questo frangente Atac ha sempre valutato come regolare il servizio, mentre accadeva il pandemonio tra Sacrofano e Riano: treno guasto, tentativo di rimorchio fallito da parte di altro treno, passeggeri messi a rischio e ritardi mostruosi sull’intera tratta. Tutto regolare, appunto, secondo Atac almeno fino alle 8.24”.  A corredo di quest’ultima nota, la foto del sito aziendale, dove, effettivamente, nella parte che riguardava la Viterbo non compariva alcuna annotazione sul guasto.

L’annotazione pubblicata dal Comitato Pendolari

Arriva
l’esposto sulla Roma-Lido?
Sulla
ferrovia litoranea, anch’essa segnala dai disservizi, rendicontati soprattutto da
Odissea Quotidiana, è, invece, l’associazione
Assotutela a minacciare un’azione
legale, similare a quella del Codacons. A dirlo il presidente nazionale, Michel Emi Maritato:“Come associazione che difende i
diritti dei consumatori, vogliamo esprimere la nostra forte vicinanza ai
pendolari della Roma-Lido, che nella giornata di ieri [9 gennaio, ndr] hanno
dovuto sopportare ennesimi disagi sulla linea. Una odissea quotidiana, una
triste abitudine che Assotutela denuncia da anni e sulla quale non possiamo più
rimanere inermi. Le istituzioni preposte continuano a essere lacunose,
lasciando al proprio destino una delle linee dei trasporti laziali più importanti
del nostro territorio. Anche e soprattutto alla luce dei disservizi tecnici di
ieri, Assotutela ha intenzione di presentare un esposto alla Procura della
Repubblica al fine di comprendere le dinamiche specifiche che conducono ai
continui disagi sulla Roma-Lido”.

E la Roma-Giardinetti? La linea sulla Casilina, per metà ferrovia e per l’altra metà tranvia (o viceversa), sta vivendo un periodo di stagnazione. Da un lato c’è il progetto di ammodernamento e prolungamento formulato dall’ingegner Andrea Spinosa, e inserito da Roma Capitale nel PUMS, dall’altro il servizio attuale che si trascina a stento. “La linea si trova a un bivio, devono sbrigarsi”, sottolineano dall’associazione TrasportiAmo che ha lanciato una petizione popolare sostenuta tra gli altri da ORT – Osservatorio Regionale sui Trasporti, Legambiente Lazio e dal Comitato di Quartiere Tor Pignattara, presieduto da Luciana Angelini.

“L’idea Spinosa è l’unica praticabile”, riprende l’associazione, “in quanto consente la valorizzazione dell’infrastruttura esistente a costi contenuti”. E sulla pagina proprio del Comitato Andrea Tortorelli de Sferragliamenti sulla Casilina rimarca: “Sebbene il sentire comune vorrebbe l’adeguamento allo scartamento ordinario ‘perché è così che deve essere’, tale scelta porta con sé notevoli complicazioni progettuali ed extracosti. Il mantenimento dello scartamento ridotto, aggiornato con le tecnologie ed i confort della modernità, consentirebbe la creazione di una vera e propria rete metrotramviaria ad est della città, alla stregua della Docklands Light Railway londinese. La presa di posizione del Ministero – prosegue – mi sembra sia caduta in questo peccato ‘di convinzione’. Per tale ragione, fermo restando che il Riparto 2019 rappresenta un’occasione unica ed irripetibile per la salvezza della linea, ritengo che l’Amministrazione Comunale debba sfruttare il rimando al 30 aprile 2020 per rafforzare le tesi che a suo tempo condussero saggiamente verso la scelta dei 950 mm”.

La mozione. Le osservazioni delle associazioni trovano un punto di forza nella mozione (n. 319/2019) a firma della consigliera capitolina Svetlana Celli (capogruppo RomaTornaRoma), che impegna la “Sindaca e la Giunta a porre in essere ogni iniziativa utile a definire il trasferimento della linea ferroviaria Roma-Giardinetti dalla Regione Lazio a Roma Capitale, e a provvedere alla riapertura della tratta Centocelle-Giardinetti o al prolungamento della linea fino al Parco di Centocelle”. La mozione impegna altresì a sollecitare “il MIT affinché assegni le risorse necessarie per l’ammodernamento e il prolungamento, ad avviare gli interventi di revisione generale agli elettrotreni” e, infine, a “istituire un Osservatorio presso Roma Capitale, aperto ai Municipi, alle Associazioni/Comitati utenti/cittadini del territorio e alle Organizzazioni Sindacali, finalizzato a monitorare l’avanzamento dei lavori”. Argomenti rispetto ai quali la compagine pentastellata difficilmente potrà sottrarsi. “Un intero quadrante aspetta la riqualificazione della ferrotranvia Roma-Giardinetti, promessa dal M5S in campagna elettorale quattro anni fa”, attacca la consigliera Celli. “La maggioranza aveva prospettato la riapertura fino alla stazione Giardinetti e la presa in carico della linea. Ma nulla di fatto ed oggi tutto è fermo. Dallo snodo con la Metro C, all’altezza del Parco di Centocelle, al rilancio della Roma-Giardinetti come metropolitana di superficie, proprio come avviene nelle grandi capitali europee. Tutti progetti possibili, dei quali si avvantaggerebbero i cittadini e l’ambiente, oltre che l’intero sistema Tpl. Questa settimana in Aula andrà al voto la mozione preparata come gruppo RTR che auspica proprio questi scenari futuri. Ci auguriamo sia l’occasione per la maggioranza per rilanciare un progetto strategico per Roma”.

Dello stesso avviso il capogruppo Pd al Municipio VI, il consigliere Fabrizio Compagnone: “I cittadini dei quartieri interessati dalla non sono più disposti a tollerare l’immobilismo dell’Amministrazione Capitolina e il silenzio assordante del Presidente del Municipio VI Romanella e della sua Giunta, le zone commerciali insistenti sul percorso sono allo stremo. Rispetto a questo tema, infatti, in campagna elettorale avevano promesso la riapertura fino alla stazione Giardinetti e la presa in carico della linea. Allo stato attuale, invece, constatiamo che nulla di quanto paventato è stato realizzato. È necessario, a questo punto, un’azione rapida e concreta al fine di individuare quelle soluzioni esaustive in modo da sboccare l’intera situazione e dare un presente e un futuro alla Giardinetti, così tanto importante per un quadrante della Capitale. Ci associamo alle preoccupazioni espresse dalle associazioni e dei comitati di quartieri e speriamo che l’anno appena iniziato risvegli dal torpore l’Amministrazione, votando, in primis la mozione della consigliera Celli”.