Dolcetto o scherzetto? Tra zucche e decorazioni spaventose arriva la notte di Halloween

Bambini, giovani e anche gli adulti si travestono in costumi spaventosi o fantasiosi, gironzolano per le strade e bussano alle porte delle case vicine…

La tradizione di Halloween in Italia è un fenomeno relativamente recente, ma sta guadagnando popolarità tra i giovani e le famiglie italiane.

Questa festa di origine celtica, che si celebra il 31 ottobre, ha radici antiche legate all’idea di onorare i morti e respingere gli spiriti maligni. Mentre l’origine di Halloween è irlandese, scozzese e britannica, l’adozione di questa tradizione in Italia è stata influenzata dalla cultura popolare americana e dalle serie televisive e i film che hanno reso Halloween famoso in tutto il mondo.

Uno degli elementi chiave di Halloween è la tradizione di intagliare le zucche, un’usanza che ha iniziato a diffondersi in Italia. Le zucche vengono svuotate e intagliate con volti spaventosi, trasformate in lanterne e posizionate fuori dalle case per creare un’atmosfera spettrale. Questa pratica è spesso accompagnata da feste a tema, dove i partecipanti si travestono da streghe, fantasmi, vampiri e altri personaggi dell’orrore.

Un altro elemento importante di Halloween è il dolcetto o scherzetto, una tradizione in cui i bambini bussano alle porte delle case chiedendo dolcetti. Se non vengono accontentati, possono giocare piccoli scherzi. Anche questa usanza sta diventando sempre più popolare in Italia, specialmente tra i più giovani.

Le decorazioni spaventose, come ragnatele finte, teschi, scheletri e fantasmi, adornano sempre di più le case e le vetrine dei negozi italiani durante il periodo di Halloween. Molti negozi offrono costumi e accessori a tema, contribuendo a diffondere la cultura di Halloween nel paese.

Un aspetto importante da considerare è che, mentre Halloween è sempre più apprezzato in Italia, le tradizioni locali di Ognissanti (1 novembre) e il Giorno dei Morti (2 novembre) sono profondamente radicate nella cultura italiana. Durante questi giorni, le persone visitano i cimiteri per onorare i propri defunti e adornano le tombe con fiori e lumini. Queste festività sono più sacre e riflessive rispetto alla spensieratezza di Halloween.

In breve, la tradizione di Halloween in Italia è in crescita, ma coesiste con le festività tradizionali di Ognissanti e il Giorno dei Morti. Questo dimostra la capacità della cultura italiana di abbracciare nuove influenze, pur mantenendo le sue radici e tradizioni secolari. Halloween offre una scusa divertente per i giovani italiani di festeggiare e divertirsi, ma è anche importante non dimenticare le festività più profonde e significative che fanno parte del patrimonio culturale italiano.

Dolcetto o Scherzetto: l’intrigante tradizione di Halloween

Il 31 ottobre, in molti paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti, il Regno Unito e sempre più frequentemente in Italia, c’è una notte in cui i bambini, i giovani e anche gli adulti si travestono in costumi spaventosi o fantasiosi, gironzolano per le strade e bussano alle porte delle case vicine. La richiesta è sempre la stessa: “Dolcetto o scherzetto?” Questa tradizione, conosciuta come “Trick or Treat” in inglese, è un aspetto iconico delle celebrazioni di Halloween ed è ampiamente praticata da generazioni di festaioli.

L’origine di Dolcetto o Scherzetto

L’origine di “Dolcetto o Scherzetto” è un po’ oscura, ma risale a antiche radici celtiche e europee. Inizialmente, la notte di Halloween era considerata una sorta di “zona grigia” tra il mondo dei vivi e dei morti, quando gli spiriti avevano il permesso di vagare sulla Terra. Per tenere lontani gli spiriti malvagi, le persone si travestivano in creature spaventose e si nascondevano dietro maschere.

La tradizione di chiedere cibo o regali durante Halloween ha origine in una pratica chiamata “souling” (dall’inglese “soul,” che significa anima). Nell’Inghilterra medievale, i poveri andavano di casa in casa chiedendo “soul cakes” (dolci speciali), promettendo in cambio di pregare per le anime dei defunti dei donatori. Questo è un chiaro precursore dell’attuale “Dolcetto o Scherzetto.”

Come funziona Dolcetto o Scherzetto

La tradizione di “Dolcetto o Scherzetto” è semplice ma divertente. I partecipanti, di solito bambini o giovani, si travestono con costumi fantasiosi, spaventosi o comici e portano con sé una sacca o una calza per raccogliere i dolcetti. Si dirigono verso le case dei vicini o dei quartieri, bussano alla porta e recitano la famosa domanda: “Dolcetto o Scherzetto?”

Se il proprietario della casa è ben disposto, offre dolcetti o caramelle come dono. Tuttavia, se la richiesta di “Dolcetto o Scherzetto” non viene soddisfatta, i piccoli festeggiatori possono giocare uno scherzo di bassa intensità, come spaventare con un rumore improvviso o fare uno scherzo innocuo.

Il ruolo di Dolcetto o Scherzetto nelle celebrazioni di Halloween

“Dolcetto o Scherzetto” è uno degli aspetti più divertenti e riconoscibili delle celebrazioni di Halloween. Le strade si riempiono di bambini e giovani entusiasti, tutti in cerca di dolcetti e di un po’ di divertimento. Le case sono decorate con zucche intagliate, ragnatele finte, fantasmi e altre decorazioni spaventose per creare l’atmosfera perfetta per questa notte misteriosa.

Questa tradizione offre l’opportunità di stimolare la creatività nei costumi, incoraggiando l’immaginazione e il divertimento. È un momento in cui le comunità si riuniscono, i vicini si conoscono meglio e tutti possono condividere un sorriso, un sorriso spaventoso o un dolcetto.

Conclusione

La tradizione di “Dolcetto o Scherzetto” è un elemento cruciale delle celebrazioni di Halloween in molte parti del mondo, compresa l’Italia. Oltre a rievocare le radici antiche e celtiche di questa festa, offre un’occasione per la gioia e l’interazione tra le persone di tutte le età. Quindi, preparate i vostri costumi spaventosi o creativi, preparate i dolcetti e aspettate con impazienza la prossima notte di Halloween per divertirvi con “Dolcetto o Scherzetto!”




Federico Fellini, 30 anni fa moriva il genio del cinema

Erano le 12 di un assolata domenica di fine ottobre del 1993. Al policlinico Umberto Primo di Roma, appena 24 ore dopo il 50mo anniversario di matrimonio con Giulietta Masina, se ne andava il Grande Riminese, Federico Fellini.

Da allora l’ombra del suo genio si è distesa sul cinema e la cultura internazionale, si sono scritte ancora migliaia di pagine sulla sua opera, la sua vita, il suo mondo interiore.



Memorabile e in qualche modo esaustivo il monumentale “Fellini 23 1/2 ” di Aldo Tassone edito dalla Cineteca di Bologna in occasione del centenario della nascita (20 gennaio 1920), da leggere insieme al celeberrimo “Libro dei sogni” curato da Gian Luca Farinelli, Sergio Toffetti e Felice Laudadio per Electa nel 2019. Oggi è quasi impossibile fare i conti con l’immaginario del XX secolo senza ritrovare, volta a volta, gli echi de “La strada” o de “La dolce vita”, di “Fellini 8 e ½” o di “Amarcord”, fino al disperato e trasognato “La voce della luna” che nella memoria appare davvero come il suo testamento espressivo nel 1990.

Quanto abbia inciso sul nostro modo di vedere, sul rapporto tra conscio e inconscio figurato, sulla fotografia del mutamento del tempo, è facile riscontrare nei tributi – diretti e indiretti – che altri maestri gli hanno reso negli anni.
Federico Fellini appartiene a quella generazione che si fa strada nel mondo sulla scia di un nuovo cinema italiano letteralmente creato da Roberto Rossellini e Vittorio De Sica all’indomani della seconda guerra mondiale. In uno straordinario fiorire di talenti, il suo si accompagna a quello di Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni.

Oggi si può però dire che la grandezza di Fellini sta nel suo essere genio quando gli altri sono soprattutto artisti. Sono questi i valori non soltanto artistici che marcano oggi un vuoto incolmabile, trent’anni dopo. Perché la sua lezione può essere compresa, assorbita, rievocata mille volte, ma non può essere riprodotta fino alla nascita di un nuovo Fellini, certamente diverso dall’originale, ma altrettanto potente e unico. L’opera del Grande Riminese possiamo contemplare e applaudire, ma sapendo che la sua immortalità è ormai garantita solo dal filtro della memoria collettiva. 




Roma, tutto pronto per la 2° edizione del novembre è nordico

Dal 2 al 28 novembre Roma svela il suo legame con le culture nordiche per la 2a edizione di Novembre Nordico.
 
Tracce nordiche a Roma promosso dalle Ambasciate di Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, il Circolo Scandinavo e i quattro Istituti culturali e scientifici nordici: l’Accademia di Danimarca, l’Istituto di Finlandia a Roma, l’Istituto di Norvegia in Roma, l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma, che si uniscono in questa occasione per divulgare un ricco programma di iniziative per valorizzare il legame storico dei Paesi Nordici con la città di Roma e per creare nuovi momenti di scambio attraverso mostre, conferenze, concerti e proiezioni. Novembre Nordico.
 
Tracce nordiche a Roma offre una panoramica della cultura nordica, più di 20 eventi in tutta la città di Roma, molti gratuiti, spaziando tra l’architettura, l’arte visiva, la poesia, la musica, la ricerca, il cinema. Dopo il successo dello scorso anno saranno a Roma artisti, registi, ricercatori, accademici e musicisti nordici per presentare i loro lavori, e verranno anche celebrate figure storiche di rilievo: da scrittori come Stig Dagerman e drammaturghi e autori come Henrik Johan Ibsen, designer come Harri Koskinen e i salotti culturali internazionali storici, e ancora mostre, proiezioni e appuntamenti per apprendere le lingue nordiche.
 
La rassegna è inoltre occasione per raccontare numerosi luoghi a Roma particolarmente importanti per gli esponenti del mondo nordico come il Cimitero Acattolico, Palazzo Corsini, Palazzo Capranica, la Residenza dell’Ambasciatore di Svezia. Attraverso una mappa interattiva online è possibile riscoprire le tracce nordiche in città, una guida nel programma e nei luoghi di Novembre Nordico.
 
Per questa edizione Novembre Nordico viene anticipato da una piccola anteprima di due eventi a fine ottobre. Il 26 ottobre la Residenza dell’Ambasciatore di Svezia ospita la presentazione (in lingua inglese) del romanzo Kvinnokungen (Il Re donna), il nuovo libro della scrittrice svedese Kristina Sjögren, sulla Regina Cristina di Svezia che fu la prima donna a diventare monarca in Svezia (1632-1654) e in seguito, dopo la sua abdicazione, diventò una grande protagonista della vita culturale romana oltre icona di stile, il suo approccio alle questioni di genere fu rivoluzionario. Il 27 ottobre inaugura la mostra personale di Nina Torp METHODS OF PATTERNMAKING / Between knowing and speculation presso il Museo delle Origini della Sapienza Università di Roma. Nella sua prima mostra personale in Italia, l’artista norvegese Nina Torp presenta un video, sculture e interventi in tessuto, legno, carta e ceramica, che indagano le possibilità interpretative del campo dell’archeologia. Il progetto, in mostra fino al 22 dicembre, fa parte del “The Farfa Valley Project”, un progetto di scavo archeologico interdisciplinare di grotte utilizzate nel Neolitico nell’area laziale. Nina Torp terrà anche un talk il 10 novembre in cui approfondirà il suo progetto biennale di collaborazione interdisciplinare con Cecilia Conati Barbaro e il Museo delle Origini dell’Università Sapienza di Roma.
 
Dal 31 Ottobre al 5 Novembre va in scena lo spettacolo Sinfonia d’autunno, un omaggio al celebre maestro svedese Ingmar Bergman con la regia di  Rosario Tronnalone al Teatro di Documenti di Roma. La musica diventa l’unico linguaggio con il quale le protagoniste sono in grado di comprendere e col quale comunicare. Ciò appare con solare evidenza nella scena chiave della doppia esecuzione del preludio, metafora del rapporto che lega e separa madre e figlia.
 
La rassegna si apre ufficialmente il 2 novembre presso l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma con la mostra di Sophie Westerlind dal titolo She affect us, indeed. Sophie Westerlind (Stoccolma, 1985) costruisce un corpus pittorico che, a partire da fotografie inedite e d’archivio, ritrae soggetti dislocati nei luoghi che l’artista ha frequentato e vissuto durante gli ultimi dieci anni. Il risultato è una geografia fatti di affetti e ricordi, che suggerisce una riflessione sul ruolo politico e identitario dell’Europa contemporanea.
 
Per gli amanti dell’architettura, lunedì 6 novembre presso l’Institutum Romanum Finlandiae di Villa Lante al Gianicolo si tiene il seminario su Reima Pietilä, architetto e teorico finlandese: L’interno dell’esterno nell’architettura finlandese in occasione del centenario della sua nascita. L’accademico Reima Pietilä (1923-1993) è conosciuto come una figura eccezionale nel campo dell’architettura finlandese e internazionale. Novembre Nordico è l’occasione ideale per approfondire i suoi legami con l’Italia, a partire dagli archivi, tra cui quello personale di Helsinki e alcuni archivi italiani come la Fondazione Bruno Zevi e l’Archivio Progetti IUAV di Venezia. Lo stesso giorno, lunedì 6 novembre, per gli appassionati di teatro e letteratura, presso l’Istituto di Norvegia, si tiene la conferenza su Henrik Johan Ibsen con il Prof. Giuliano D‘Amico  (Centro di studi ibseniani, Università di Oslo), la Prof.ssa Maria Cristina Lombardi (Università L’Orientale, Napoli). Il dott Stanislao de Marsanich, presidente dei Parchi Letterari, rappresenterà il Parco letterario dedicato a Ibsen a Skien, in Norvegia.
 
Segue l’8 novembre la conferenza con il prof. Francesco D’Angelo Dalla Norvegia a Gerusalemme: il viaggio di re Sigurd Jórsalafari (1107-1111) presso l’Istituto di Norvegia a Roma. Ricercatore in storia medievale e Guest researcher all’Istituto di Norvegia in Roma, D’Angelo farà rivivere al pubblico il viaggio straordinario che fece il re norvegese Sigurd Magnússon, il primo sovrano cristiano a visitare la Terrasanta dopo la crociata di Gerusalemme. Dall’Inghilterra alla Spagna musulmana, dalla Sicilia a Gerusalemme, fino a Costantinopoli: uno degli episodi meno conosciuti e più affascinanti della grande storia delle crociate che unisce ai tratti tipici delle scorrerie vichinghe a quella tensione spirituale di cui è permeata tutta l’epoca, e che farà guadagnare al suo giovane protagonista fama imperitura.
 
Immancabili protagonisti nel programma di Novembre Nordico sono i concerti di musica classica, il primo il 9 novembre al Teatro Palladium vede come protagonista il giovane talento norvegese Tiril Holand insieme ad Alessandro Guaitolini, violoncello solista, Roma Tre Orchestra (archi) e Alessandro Alonzi, direttore e cembalo ne “La gloria del Barocco”. Tiril Holand (classe ‘99) a 14 anni è stata ammessa al programma per talenti Giovani Musicisti a Trondheim, ricevendo nello stesso anno una borsa di studio dalla Helgeland Sparebank. È stata selezionata come solista per Giovani Solisti dell’Helgeland due volte – a 15 e 19 anni – con il Concerto per violoncello di Elgar. Il concerto propone un viaggio alla scoperta di due dei più grandi compositori del periodo barocco, Luigi Boccherini e Antonio Vivaldi. Per chi volesse regalarsi una gita fuori porta, gli stessi musicisti suoneranno anche il 5 novembre nella Chiesa di San Silvestro a Viterbo.
 
Sempre il 9 novembre porte aperte alla Residenza dell’Ambasciatore di Svezia per un evento di letteratura e storia, accompagnato da un aperitivo light. La sovrintendente di Villa San Michele a Capri, Kristina Kappelin, farà conoscere l’affascinante storia del noto medico e scrittore svedese Axel Munthe (1857–1949) e la sua opera Villa San Michele, ancora oggi un posto magico e punto di riferimento per artisti svedesi e italiani. Durante la serata Tomas Bacoccoli, imprenditore e scrittore italo-svedese, presenta il suo libro “Ritorno in Umbria”, in cui racconta come staccarsi dalla quotidianità che viveva a Stoccolma per trasferirsi con tutta la famiglia in un vigneto fatiscente a Corciano per prendersi cura del padre malato di Alzheimer.
 
Il calendario riprende dopo pochi giorni, giovedì 16 novembre con un evento dedicato a Harri Koskinen, uno dei designer finlandesi contemporanei più famosi al mondo, protagonista della conferenza ospitata presso la Rinascente Roma Tritone a cura di Arianna Callocchia. Koskinen presenta in esclusiva e in anteprima per l’Italia, una selezione di alcuni dei suoi progetti di product ed interior design signicativi per il loro approccio sostenibile. Durante l’incontro verrà presentato anche l’approccio di Artek alla sostenibilità attraverso gli iconici sgabelli Stool 60, progettati da Alvar Aalto nel 1933. L’azienda finlandese fabbrica da 90 anni questo leggendario oggetto di design.
 
Si prosegue con la musica, il 18 Novembre si esibisce alla Casa del Jazz il Cecilia Sanchietti Swedish Quintet. COLOURS è il nuovo album di Cecilia Sanchietti, batterista e compositrice italiana con base in Svezia e in Italia, che uscirà il prossimo gennaio con l’etichetta Parco della Musica Record.  Il risultato di questo lavoro è un suono elettrico, jazz/world music, vicino alle atmosfere lounge rock. E per chi ama le gite fuori porta, lo stesso giorno Novembre Nordico si sposta a Tolfa (RM) per il Tolfa Gialli&Noir, festival letterario dedicato al genere giallo, in cui Helene Flood, psicologa e scrittrice norvegese, presenta il suo primo romanzo, La terapeuta, già stato venduto in ventitré paesi ancor prima della pubblicazione in Norvegia ed è stato nominato per il Norwegian Booksellers’ Prize nel 2019.
 
Il 21 novembre presso la Residenza dell’Ambasciatore norvegese si terrà l’evento In The Garden of Arctic, a cura della Reale Ambasciata di Norvegia, un evento prezioso per presentare il prossimo lavoro dello scrittore e giornalista Davide Sapienza. In the Garden of Arctic fa parte di ARCTICulation – titolo generale del programma ufficiale di Bodø 2024 – Capitale Europea della Cultura. L’evento prevede una conferenza con l’introduzione dell’Ambasciatore norvegese Johan Vibe, la presentazione del progetto di Davide Sapienza con la moderazione di Lorenzo Pavolini, e l’intervento del Teatro Nordland per presentare “The Trail Way”, progetto di interventi culturali lungo la ferrovia del Nordland. Inoltre si potrà partecipare a brevi percorsi fotografici con Davide Sapienza nel giardino della residenza, sulle orme dei quattro cammini geopoetici che faranno parte del programma di Bodø 2024. A cavallo tra geografia, natura, poesia e storia, In the Garden of Arctic svela l’Artico come un luogo vicino, un destino comune, un giardino pronto ad accogliere e coinvolgere nella sua stratificata bellezza, da Roma fino a Bodø. Sapienza, in collaborazione con il Nordland Teater e il Nordland Nasjonalparksenter, racconta l’Artico come luogo di complessità, di storie intrecciate e sottili sensibilità (geo)poetiche.
 
Sempre il 21 novembre si tiene presso l’Istituto di Norvegia in Roma la Conferenza su Santa Birgitta di Svezia nella Roma medievale. “St. Birgitta of Sweden in medieval Rome: On the trail of two English superfans, Cardinal Adam Easton and Margery Kempe” con la borsista in residenza Prof. Laura Saetveit Miles, Università di Bergen professoressa presso il Dipartimento di Letteratura Britannica e Lingue Straniere dell’Università di Bergen (UiB), Norvegia.
 
Il 22 novembre l’Ambasciata di Finlandia & Institutum Romanum Finlandiae presentano in anteprima, presso il Cinema Nuovo Olimpia, il film Fallen leaves di Aki Kaurismäki, il celebre regista finlandese, premiato a maggio al Festival di Cannes con il Prix du Jury, il Premio della Giuria. Il film (in lingua originale con sottotitoli in italiano) narra la storia di un uomo e una donna che si incontrano per caso nella notte ad Helsinki e cercano di trovare il primo, unico e definitivo amore della loro vita. Sempre il 22 novembre il fotografo danese di fama mondiale Søren Solkær presenta in un talk Black Sun: il magnifico viaggio degli storni dalla Danimarca a Roma i suoi due libri fotografici “Black Sun” e “Starling”negli spazi dell’ Accademia di Danimarca. Ispirandosi alla pratica divinatoria degli antichi romani nella lettura del volo degli uccelli in stormi, Søren Solkær ha trascorso sei anni seguendo e fotografando la migrazione degli stormi dall’Irlanda e l’Inghilterra, passando dalla Danimarca e dai Paesi Bassi fino alla Sardegna, a Roma e alla Catalogna. Negli ultimi tre inverni si è trovato in cima ai tetti di Roma che offrivano una vista sui punti di raccolta più popolari per i milioni di stormi che arrivano nella Capitale ogni sera nel periodo invernale.
 
Il 23 novembre gli spazi del Circolo Scandinavo accolgono Cent’anni di Stig Dagerman: un racconto a più voci a cura degli studenti di Scandinavistica di Milano. La letteratura di Stig Dagerman, genio ribelle e tormentato, anarchico convinto e inquisitore della contemporaneità, vive ancora in articoli, poesie e prosa, a 100 anni dalla sua nascita. L’incontro si propone di restituire questa pluralità in una presentazione a più voci fatta da testimonianze biografiche e letture di testi al fine di comprendere le svariate e personali immagini dell’autore.
 
Sabato 25 novembre, porte aperte alla Scuola Finlandese di Roma (Rooman Suomi-koulu). In programma una lezione sulle feste e tradizioni finlandesi, la possibilità di partecipare alle attività della scuola e un assaggio dei più famosi “schiaffi alla cannella” (korvapuustit) di Roma, accompagnati da un buon caffè finlandese.
 
Il 26 novembre al via i corsi online di lingue nordiche (svedese, norvegese, danese, finlandese e islandese) promossi dall’Istituto Culturale Nordico. Durante il laboratorio introduttivo di lingue nordiche si possono imparare tante piccole curiosità, modi di dire e qualche frase.
 
Luisella Sari, esperta di filologia germanica e storia scandinava farà luce su tre secoli di storia scandinava definiti “Epoca vichinga”. Superando lo stereotipo cui la fama li ha condannati, Sari nel corso del suo intervento ne presenta un ritratto fedele, riportandoli dalla dimensione del mito a quella della realtà attraverso il supporto di dati archeologici e di informazioni ricavabili dalle iscrizioni runiche, le uniche fonti scritte lasciate dagli uomini e dalle donne di quei secoli nella loro lingua e di cui la Svezia è particolarmente ricca.
 
Il programma si chiude martedì 28 Novembre presso l’Accademia di Danimarca con il talk del regista danese Bjarke Underbjerg sul processo creativo del suo documentario ibrido EUPHORIA, nel quale racconta la storia di cinque giovani donne che attraversano il continente europeo.
 

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Un paese con diverse culture: come educare all’inclusione?

I flussi migratori che oggi caratterizzano il nostro paese sono tanti e spesso vengono sottovalutati e addirittura discriminati. La politica italiana, nonché i regolamenti del “nostro” paese sono discordanti nell’attribuire alla migrazione una giusta collocazione sia in termini giuridici che inclusivi. Quindi c’è spesso il rischio di andare verso un’educazione monoculturale che cristallizza e sviluppa degli stereotipi, favorendo l’intolleranza e il rallentamento dello sviluppo di una società più democratica e soprattutto inclusiva.

L’intento pedagogico, in quest’ottica, è di diffondere l’idea di interculturalità e di educazione all’inclusività sia nelle scuole che nelle famiglie. Educare all’interculturalità significa trasferire tutti i codici “diversi”, rispetto alla cultura dominante, con il fine di incentivare la convivenza tra etnie differenti.

Il concetto di educare alla “diversità” sta nel creare contesti di rispetto e di tutela delle diverse identità. La pedagogia interculturale si è sempre espressa sulla necessità di interrogarsi sull’incontro con “l’altro”, sui contenuti che si mettono in gioco, sulle dinamiche che si costruiscono e sulle strategie che possono accompagnare e sostenere i processi di accoglienza e convivenza.

La scuola ha da sempre rappresentato il contesto idoneo per realizzare e ricevere una società multiculturale, gradevole e dinamica. Le istituzioni scolastiche mediante, progetti di inclusione, rappresentano l’ambiente più fertile dove bambini, insegnanti, genitori e adulti possano essere educati all’inclusione dell’ “altro”, nonché alla lotta contro il razzismo e il disprezzo. Gli adulti devono rappresentare l’esempio di tolleranza e inclusione dell’“altro” nei confronti dei bambini. Tuttavia, si riconosce un ruolo basilare all’atteggiamento degli adulti, poiché i bambini imitano chi è più grande di loro.

L’adulto ha quindi una responsabilità molto importante nel mettere in primo piano comportamenti di sostegno nei confronti delle diversità culturali.

È opportuno combattere pregiudizi e stereotipi attraverso percorsi educativi e pedagogici, offrendo momenti di incontro e confronto basati sull’empatia (es. la lettura di un libro, il racconto di una storia, parlare dei propri vissuti etc …). Questi momenti consentono ai bambini e agli adulti di osservare il “diverso” da più punti di vista.

La scuola in effetti ha messo in atto diversi progetti per l’accoglienza di altre culture:

  • preparare un ambiente di accoglienza sia per il bambino che per la famiglia;
  • predisporre un percorso di adattamento e di benessere psico-fisico;
  • sostenere la crescita del bambino;
  • rafforzare ogni giorno il dialogo con la famiglia del bambino, servendosi anche
    di un mediatore linguistico, qualora fosse necessario per la comprensione della
    lingua.

Ogni agenzia educativa (dalla famiglia alla scuola etc … ) deve sviluppare attenzione verso culture differenti, creare dialogo, scambio e comprensione. È importante sostenere la conoscenza dell “altro” in un’ ottica di trasmissione, mettendo in gioco la curiosità. Educare all’inclusività significa evitare le differenze e i confini.




Indagine su violenza di genere, un adolescente su due ha subito contatti fisici indesiderati da coetanei: ecco i dati shock di Fondazione Libellula

Il 48% degli intervistati ha dichiarato di aver subito spesso o a volte contatti fisici indesiderati da parte di coetanei. Allo stesso tempo il 43% afferma di aver ricevuto spesso o a volte richieste sessuali e attenzioni non desiderate: si tratta di situazioni di cui sono vittime perlopiù le ragazze (55%), rispetto ai ragazzi (25%)
 
 
Sono allarmanti i dati emersi dalla survey “Teen Community” condotta da Fondazione Libellula per indagare la percezione della violenza di genere tra i giovani di età compresa tra 14 e 19 anni e presentata in un luogo emblematico quale la Casa dei Diritti a Milano. Basti pensare che il 48% ha subito contatti fisici indesiderati da parte di coetanei, mentre il 43% ha ricevuto richieste sessuali e attenzioni non desiderate. Queste situazioni sembrano riguardare di più le ragazze, che hanno una maggiore percezione delle forme di violenza e che sono anche più disposte a parlarne. “I dati sottolineano l’importanza di intervenire tempestivamente per sensibilizzare i giovani sulle complesse dinamiche della violenza di genere, promuovendo valori fondamentali come rispetto, consenso ed equità”, ha commentato Debora Moretti, Fondatrice e Presidente di Fondazione Libellula Impresa Sociale.
 
Diversi studi scientifici dimostrano che avere esperienze dirette o indirette di violenza può interferire sul proprio benessere psichico e sulle relazioni, soprattutto se questo accade in una fase delicata come quella dell’adolescenza. Queste esperienze, associate a sentimenti di paura, insicurezza, scarsa autostima e rifiuto, si traducono infatti spesso in difficoltà relazionali e comportamentali. Nasce dunque l’urgenza di educare le nuove generazioni a una cultura del consenso e del rispetto, come strumenti per prevenire e contrastare la violenza di genere. La survey “Teen Community” realizzata da Fondazione Libellula e presentata in un luogo emblematico quale la Casa dei Diritti a Milano, che ha coinvolto quasi 400 ragazze e ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni in tutta Italia, ha cercato di indagare la percezione che in adolescenza si ha circa la violenza contro le donne e le complesse dinamiche tra i generi. I dati emersi dal sondaggio certamente non sono rassicuranti, a partire dalle esperienze dirette di violenza: il 48% degli intervistati ha dichiarato di aver subito spesso o a volte contatti fisici indesiderati da parte di coetanei. Allo stesso tempo il 43% afferma di aver ricevuto spesso o a volte richieste sessuali e attenzioni non desiderate: si tratta di situazioni di cui sono vittime perlopiù le ragazze (55%), rispetto ai ragazzi (25%). “I dati sottolineano l’urgenza di intervenire per sensibilizzare le nuove generazioni sulle complesse dinamiche della violenza di genere. Il fatto che le ragazze siano in prevalenza vittime di episodi di molestie ci fa ben capire quanto questo problema sia radicato nella nostra cultura e quanto quindi sia necessario promuovere una riflessione attiva tra i giovani, responsabilizzando in primo luogo scuole e famiglie”, ha commentato Debora Moretti, Fondatrice e Presidente di Fondazione Libellula Impresa Sociale.
 
 
Sono le ragazze ad avere una maggiore percezione delle forme di violenza e ad essere più aperte a parlarne. Differenza di percezione che si traduce in numeri preoccupanti: per esempio, solo il 33% dei ragazzi tra i 18 e i 19 anni ritiene inaccettabile che un ragazzo diventi violento in seguito a tradimento, contro il 79% delle ragazze, o ancora, solo il 29% degli adolescenti non è d’accordo sul fatto che il controllo non è sinonimo d’amore (contro il 48% delle ragazze). In generale, dunque, le dinamiche alla base di una relazione affettiva sana sembrano non essere sempre chiare: gelosia, possesso, aggressività e invasione vengono considerate come espressione d’interesse e attenzione da parte del partner. Infatti sono ritenute poco o per niente forme di violenza il controllare di nascosto il cellulare o i profili altrui (39%), impedire al partner di accettare amicizie online (33%), chiedere al partner con chi e dove è quando è fuori (33%), dire al partner quali vestiti può o non può indossare (26%). Ugualmente i concetti di responsabilità individuale e di consenso sembrano non essere chiari: solo il 53% delle persone intervistate ritiene infatti che baciare qualcuno senza il suo consenso sia decisamente una forma di violenza, mentre per il 15% lo è per nulla o poco. Spesso questi comportamenti sono normalizzati e radicati come tali nella nostra cultura, che contribuisce quindi all’ideale dell’amore romantico basato su una pulsione alla fusione, all’annullamento dei confini tra partner e al possesso come indice della passione e dell’intensità della relazione, contribuendo alla definizione di ruoli ben codificati e alla creazione di rapporti di potere. “Normalizzare questi atteggiamenti non potrà che perpetuare e quasi autorizzare episodi di violenza di genere: ricordiamoci che i giovani di oggi saranno gli adulti di domani! Non a caso dalla survey «LUI», realizzata qualche mese fa, emergeva il dato allarmante secondo cui un uomo su due ritiene che la violenza sulle donne sia un problema che non lo riguardi. È evidente dunque la necessità di un cambiamento strutturale che ci insegni il rispetto dell’altro, della propria individualità e dei propri spazi, a prescindere dal genere”, continua Debora Moretti.
 
 
Ma allora quanto impattano gli stereotipi di genere che le nuove generazioni hanno ereditato dalla società? Sembrerebbe molto, a giudicare dai risultati del sondaggio: le ragazze infatti tendono a parlare di più delle esperienze di violenza vissute direttamente o indirettamente con familiari, amici o comunque persone adulte. Invece i ragazzi sembrano essere più propensi a non avere una rete di confronto emotivo, gestendo spesso da soli queste situazioni, probabilmente perché esternare le proprie emozioni è ritenuto “non da uomo”.
 
 
“«Il vero cambiamento, quello duraturo, avviene un passo alla volta»: le parole di Ruth Bader Ginsburg giurista magistrata e giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, paladina dei diritti delle donne, sono uno sprone ad agire con perseveranza e lungimiranza. E grazie anche a questa ricerca riusciremo ad agire con più efficacia e consapevolezza nel contrastare la violenza sulle donne di tutte le età, con un impegno capillare e condiviso di educazione al rispetto per prevenire i maltrattamenti e gli abusi anche in adolescenza”, ha commentato la Presidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti civili Diana De Marchi durante la presentazione.
 
 
Parole cui fanno eco quelle di Elena Lattuada, Delegata del Sindaco di Milano alle Pari Opportunità: “È sempre fondamentale parlare di violenza sul corpo delle donne, per non dimenticare e rendere giustizia. Importante, in questo caso, conoscere il punto di vista degli e delle adolescenti, così come l’aver presentato l’indagine in un luogo simbolico di Milano, come la Casa dei Diritti”.
 
 

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Calcio, da Krstovic a Thuram: i migliori 5 nuovi talenti della Serie A

Un calciomercato italiano così attivo e affascinante non si vedeva da anni. Sono arrivati infatti in Serie A talenti ambiti dai migliori campionati del mondo come la Premier e la Liga. E invece giovani e meno giovani talenti del calcio mondiale hanno scelto il massimo campionato italiano per emergere e farsi notare dal calcio mondiale, mettendosi alla prova in un torneo che sicuramente ha perso i fasti di un tempo ma dall’altra parte resta di difficile interpretazione per un calciatore straniero, molto fisico ma anche estremamente tattico. E così la Serie A 2023-2024 riacquisisce fascino e interesse grazie ai tanti nomi caldi che hanno alzato il livello tecnico del torneo.

Christian Pulisic

Tra le operazioni di mercato più interessanti della Serie A 2023/2024 c’è sicuramente quella relativa al neo acquisto del Milan, Christian Pulisic. Da sempre considerato uno dei grandi talenti del calcio Pulisic fa della sua versatilità l’arma migliore, in grado di giocare sia come ala che come trequartista. Rapido, veloce e tecnico, cerca sempre l’uno contro uno e il dribbling. In attacco si rende utilissimo grazie anche a un’ottima visione di gioco e alla capacità di innescare i compagni in area, mentre in fase difensiva non lesina energie e forze, rientrando con grande veemenza sugli attaccanti avversari e dando una enorme mano ai difensori suoi compagni di squadra, creando così maggiore densità in mezzo al campo per dare meno spunti agli avversari. Quello che gli è sempre mancata è stata la continuità di rendimento, cosa che gli ha un po’ frenato la carriera ma al Milan cerca riscatto e la possibilità di dimostrare di essere un calciatore fondamentale.

Marcus Thuram

Figlio d’arte ma non per questo raccomandato. Anzi. Thuram è uno dei talenti migliori della sua generazione. Prelevato dal Borussia M’gladbach la punta francese sta dimostrando di calarsi benissimo nel campionato italiano, divenendo il talento di un’Inter che oggi più che mai pronostici e quote sulla vittoria finale in Serie A indicano come grande favorita per la vittoria finale dello Scudetto. In qualche modo non sta facendo rimpiangere Lukaku, sebbene con caratteristiche diverse si sta imponendo sui campi italiani come perfetta spalla di Lautaro Martinez, per gioco e marcature.

Timothy Weah

Da un figlio d’arte all’altro. Timothy Weah era arrivato alla Juve per sostituire Cuadrado sulla catena di destra ma il figlio del pallone d’oro liberiano ha perso la titolarità in questo inizio di campionato. Qualche difficoltà di adattamento e le scelte improvvise di Allegri ne hanno minato l’impiego dal primo minuto. Ma Weah è un talento puro e avrà solo bisogno di adattarsi meglio, trovando minutaggio, convinzione e capendo come districarsi nel complicato campionato italiano.

Nikola Krstovic

Un avvio migliore non poteva esserci per il Lecce. Nelle prime giornate di campionato i giallorossi si sono ritrovati a ridosso delle prime posizioni in classifica conquistando anche uno storico, seppur temporaneo, secondo posto. E questo per merito anche di Nikola Krstovic, attaccante montenegrino classe 2000. Un giocatore che fa dei colpi di testa e della capacità di usare entrambi i piedi con naturalezza i suoi punti di forza. Rapido, mobile e disposto al sacrificio Krstovic si è rivelato una vera e propria sorpresa per il calcio italiano mettendo a segno nelle prime sei giornate già tre gol. Un grande acquisto per i pugliesi, un giocatore da tenere d’occhio per il futuro delle big.




Al via la presidenza italiana per la European Union of Water Management Associations

Vincenzi: “Riportare saggezza nel restauro della natura e nel governo dell’acqua per evitare che i sogni diventino incubi!”
 
 
Toccherà a Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue), guidare per un anno la European Union of Water Management Associations (EUWMA), la cui annuale assemblea si è tenuta a Roma; subentra al belga Sam Coulier, la cui presidenza di turno si è caratterizzata per l’impegno comune sul tema della risalita del cuneo salino.
 
A EUWMA aderiscono le organizzazioni pubbliche, locali e regionali di gestione dell’acqua di dieci Stati europei: Belgio, Italia, Ungheria, Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Romania e Paesi Bassi.
 
“Dobbiamo evitare che l’acqua diventi un business per pochi ed un problema per molti” ha esordito Vincenzi in sede di presentazione degli obbiettivi della presidenza italiana, che intende caratterizzarsi per evitare l’affermarsi di derive culturali, che tendono a contrapporre agricoltura ed ambiente.
 
“La crisi climatica ha favorito il rinascere di una coscienza comune sull’indispensabile funzione dell’acqua ma, di fronte all’estremizzazione localizzata degli eventi atmosferici, non possono esistere ricette omogenee, che vanno invece adattate alle singole realtà territoriali, pur nella condivisione degli obbiettivi – prosegue il neoPresidente di EUWMA  – Argomento fondamentale è la revisione della Direttiva Quadro Acque del 2000, perché disegnata su una realtà idrica, che non c’è più e la sua pedissequa applicazione rischia di creare gravissimi danni proprio a quelle realtà, che traggono linfa vitale dalla presenza dell’acqua sul territorio.”
 
Ormai unanime è la convergenza di EUWMA sulla necessità di nuove infrastrutture capaci di trattenere maggiori quantità d’acqua da utilizzare nei momenti di bisogno; gravi segnali arrivano, infatti, da tutta Europa: dalla desertificazione di territori spagnoli, dove non piove da 6 anni alle cospicue perdite di produzioni agricole in Germania.
 
“E’ necessario evitare approcci ideologici, partendo dalla consapevolezza  che viviamo in un ambiente gestito, per la cui salvaguardia vanno perseguiti obbiettivi realistici, definendo azioni realizzabili ed il loro calendario, aiutati anche dall’innovazione tecnologica – evidenzia il  Presidente di ANBI –  Bisogna incrementare la resilienza di territori e loro comunità, definendo piani di gestione della siccità e delle alluvioni; in questo è determinante riconoscere il ruolo dell’agricoltura nella manutenzione dell’ambiente naturale adattato all’uomo, vale a dire l’agroecosistema.”
 
Manifesta la conclusione di Francesco Vincenzi: “Dobbiamo riportare saggezza nel restauro della natura e nel governo dell’acqua per evitare che i sogni diventino incubi!”
 

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Trento città più sostenibile d’Italia, il sindaco: “Superare le divisioni politiche sui temi ambientali”

La ricerca Ecosistema urbano di Legambiente consegna al capoluogo il primo posto. Tra gli indicatori migliori il verde urbano per abitante, il numero di passeggeri del trasporto pubblico, la raccolta differenziata. Buono il livello della qualità dell’aria, in aumento gli spazi per le biciclette e il solare sugli edifici pubblici
 
 
Al secondo posto della classifica Mantova, al terzo Pordenone, Bolzano al nono
 
 
Trento ritorna a essere la città più sostenibile d’Italia. Sul gradino più alto del podio già nel 2022, l’anno scorso Trento si era fermata al secondo posto. In questo 2023 torna dunque alla guida della classifica Ecosistema urbano redatta, come da tradizione, da Legambiente in collaborazione con Il Sole 24 ore.
 
Il sindaco Franco Ianeselli ha ritirato il premio stamattina a Roma, allo Spazio Sette libreria, dopo un dibattito che ha coinvolto tra gli altri l’ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino, Walter Ganapini, ex assessore della Giunta Formentini e l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli che hanno ripercorso i progressi in campo ambientale delle rispettive città.
 
Dopo aver ringraziato Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 ore per la promozione “di una cultura dei dati che fa bene a tutti”, Ianeselli ha messo in luce il punto di forza di Trento, ovvero “i documenti di pianificazione come il Paesc e il Pums, che forse non sono sexy, ma sono alla base del successo della nostra città. L’ambizione ora è quella di superare le divisioni politiche sui temi ambientali e su infrastrutture fondamentali come per esempio le ciclabili. Si arriva al paradosso per cui un tempo i sindaci venivano criticati perché giravano in auto blu, oggi ti contestano se giri in bicicletta. Riusciremo nell’impresa di superare le contrapposizioni se sapremo far crescere una sensibilità ambientale trasversale  nelle nostre città”.
 
Nel gruppo di testa, subito dopo Trento (punteggio: 85,86), si piazzano Mantova (82), Pordenone (81,41), Treviso (79,87), Reggio Emilia (76,8). Solo le prime tre città riescono a superare la soglia degli 80 punti, che peraltro l’anno scorso non era stata raggiunta da nessun capoluogo. Segno dunque che la sostenibilità delle città italiane è in crescita. Bolzano e Belluno, le città alpine più vicine a Trento, quest’anno si fermano rispettivamente al nono e al decimo posto. Chiudono la classifica tre capoluoghi siciliani: Caltanissetta, Catania e Palermo, fanalino di coda.
 
Trento spicca in particolar modo per quanto riguarda il verde urbano che aumenta ulteriormente dai 396,2 metri quadrati per abitante della passata edizione ai 403,6 di oggi: il dato posiziona Trento al secondo posto assoluto nell’indice parziale.
 
Diminuiscono ancora i consumi idrici che passano dai 149,7 litri procapite al giorno dello scorso anno agli attuali 147,4 (ma erano 151,3 litri due edizioni fa). Scende lievemente la produzione totale di rifiuti (da 454 Kg/ab/anno agli attuali 446). Pur restando tra le migliori, scende di poco anche nella percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato che vale comunque il settimo posto nella graduatoria specifica. Continuano a crescere i passeggeri del trasporto pubblico urbano che passano da 101 viaggi per abitante/anno di due anni fa, ai 123 della passata edizione fino agli attuali 136, facendo di Trento la quarta, con Parma, in questo indice tra le città medie. Crescono anche i metri equivalenti ogni 100 abitanti di infrastrutture per la ciclabilità, che dagli 8,67 di due anni fa, agli 8,92 della passata edizione si attestano agli 8,95 di questa trentesima edizione del rapporto. Aumentano ancora anche i Kw ogni 1000 abitanti di solare installato su edifici pubblici che si attestano quest’anno a 14,81 Kw ogni 1000 abitanti. 
 
Il capoluogo trentino mantiene un buon livello di qualità dell’aria migliorando leggermente nelle medie relative al diossido di azoto (No2, emesso dal traffico e dagli impianti di riscaldamento). Nei limiti il dato relativo alle Pm10 e alle Pm2,5, mentre peggiora nei giorni di superamento dell’ozono (55).
 
Non mancano però alcune note dolenti: cresce, seppur di poco, l’acqua dispersa dalla rete che passa dal 22,3% della passata edizione al 22,4%. Stabile la superficie di suolo destinata ai pedoni ferma a 16,3 metri quadrati ogni 100 abitanti. Trento peggiora poi lievemente anche nell’indice dedicato all’uso del suolo passando da 8,5 della passata edizione a 7,5 di questa trentesima edizione.
 
I parametri che determinano la classifica delle performance ambientali dei Comuni di Ecosistema Urbano 2023 di Legambiente sono 19 e prevedono l’assegnazione di un punteggio massimo teorico di 100 punti, costruito caso per caso sulla base di obiettivi di sostenibilità. I punteggi assegnati per ciascun indicatore identificano il tasso di sostenibilità della città reale rispetto a una città ideale (non troppo utopica visto che esiste almeno un capoluogo che raggiunge il massimo dei punti assegnabili per ognuno degli indici considerati). La media del punteggio dei capoluoghi sale e si attesta a 56,41%, tre punti in più di quella dello scorso anno (53,41% ed era 53,05% due anni fa).
 
 
 

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Festa del Cinema di Roma, edizione 2023: la partecipazione finldandese

La Festa del Cinema di Roma, giunta alla 18a edizione, sta svolgendosi dal 18 al 29 ottobre 2023. Riconosciuta ufficialmente dalla FIAPF (Fédération Internationale des Associations de Producteurs de Films), la manifestazione, che nella Capitale celebra il grande schermo si svolge, come di consueto, presso l’Auditorium Parco della Musica che ospita le principali sale di proiezione e il lungo tappeto rosso, uno dei più grandi al mondo. Il programma coinvolge altri luoghi e realtà culturali della Capitale. e sono 18 i film in concorso quest’anno, proprio come 18 è il numero dell’edizione 2023 della Festa del Cinema di Roma.
 
La partecipazione finlandese
 
Peluri – kuolema on elävien ongelma (la morte è un problema dei vivi – death is a problem for the living) da Teemu Nikki con Pekka Strang, Jari Virman, Elina Knihtila – Vestono di nero, giacca e cravatta, scarpe un po’ a punta, capelli impomatati all’indietro, e guidano una nera Volvo, “la solida, vecchia Volvo, dove si può fumare”: un carro funebre con il quale Risto e Arto, i due vicini di casa che s’incontrano per caso e diventano amici, trasportano salme, spesso “eccentriche”. Risto ha il vizio del gioco, ad Arto manca una grossa porzione di cervello, a uno piace il jazz, all’altro il rock finlandese degli ’80, ed entrambi hanno una vita disastrata. Tra commedia e noir, tra Kaurismäki e il primo Winding Refn, il nuovo lungometraggio del finlandese Teemu Nikki (vincitore di Orizzonti Extra a Venezia 2021 con Il cieco che non voleva vedere Titanic) è un film laconico e sanguigno.
 
Ma forse il lavoro più inconsueto e raro è JE’VIDA diretto da Katja Gauriloff con Agafia Niemenmaa, Heidi Juliana Gauriloff, Sanna-Kaisa Palo, Seidi Haarla, Erkki Gauriloff – con la prima il 27 ottobre alle 20.30 @Teatro Studio Borgna
Je’vida è un affascinante e toccante viaggio nel passato, un film in bianco e nero e in formato 4:3 che trascina lo spettatore in un mondo di memorie dolorose e identità perdute. Storia di resistenza e di indissolubili legami ancestrali, il film ci trasporta nella lontana Finlandia settentrionale, in Lapponia, ed è il primo lungometraggio nella lingua Skolt Sámi, ora parlata solo da poche centinaia di persone (i Sámi della Lapponia sono l’unico popolo indigeno ufficialmente riconosciuto dall’Unione Europea). Seguendo la storia di Iida (Sanna-Kaisa Palo) una donna che ha abbandonato la sua comunità e la sua famiglia, la regista (finnica-Skolt) esplora la distruzione delle civiltà indigene a causa di un’assimilazione forzata alle culture e politiche dominanti.
 
L’anziana Je’vida alla morte della sorella torna in Lapponia, nella casa dove ha passato l’infanzia, accompagnata dalla nipote Sanna. Riaffiorano così dolorosi ricordi. Da bambina Sámi, Je’vida fu vittima di assimilazione culturale, costretta a cambiare nome e a vivere lontano dalla sua terra. Intanto Sanna, che è per lei un’estranea, scopre di essere incinta. Aprendosi l’una all’altra, le due donne ritrovano il valore di se stesse e delle loro radici.
 
La regista lo commenta così: “La sceneggiatura si basa su fatti realmente accaduti, storie che mia madre o i miei parenti mi hanno raccontato della loro infanzia e giovinezza, storie con cui anch’io sono cresciuta. Il film è ambientato dopo la seconda guerra mondiale, quando le feroci politiche di assimilazione attuate in Finlandia costrinsero molti Sámi a vergognarsi delle loro origini e ad abbandonare la loro lingua e la loro cultura. I valori e la visione del mondo tradizionali iniziarono a sgretolarsi e furono sostituiti da quelli occidentali. Il film parla dell’assunzione di un’altra cultura, dell’assimilazione, della fusione con la cultura dominante e di cose che hanno spinto le persone a fare scelte sbagliate.”
Katja Gauriloff
 
Nata nel 1972 a Inari, in Finlandia, Katja Gauriloff ha esordito nel lungometraggio con il documentario ‘A Shout into the Wind’, parlato, come Je’vida, nella lingua Sámi Skolt, oggi conosciuta solo da circa 300 persone. Ha partecipato al Festival di Berlino con i documentari Canned Dreams e Kaisa’s Enchanted Forest, un altro film sulla comunità Sami Skolt, vincitore dello Jussi, il premio nazionale del cinema finlandese. Ha poi diretto ‘Baby Jane’, il suo primo lungometraggio di finzione.
 
 
Tutto il programma del festival:
 

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Le “BUONE PRASSI” per la gestione di chi è bullo e di chi è vittima

Oggi il bullismo e il cyberbullismo sono due fenomeni piuttosto frequenti nelle comunità educative, poiché è proprio all’interno delle istituzioni scolastiche che, solitamente, nascono le amicizie di gruppo.

Le ultime ricerche mostrano che è proprio il gruppo di amici il “luogo” dove possono instaurarsi sia relazioni benevole che devianti.

Come affermato nell’articolo precedente, i bulli/cyberbulli sono spesso degli adolescenti, momento di vita in cui i ragazzi/e possono ritrovarsi a dover superare vissuti poco armoniosi, derivanti dall’indole caratteriale (es. sensazioni di depressione, attacchi di panico etc …) oppure dai trascorsi familiari (es. separazioni o divorzi genitoriali, lutti, incomprensioni etc …).

È così che per riscattarsi, questi giovani tendono, in gruppo o da soli, ad innescare atteggiamenti di “cattivo gusto” verso vittime innocenti.
Il mondo della scuola come quello della famiglia si sentono assorbiti da queste vicissitudini per cui è opportuno definire alcune buone pratiche, sia per prevenire, sia per gestire che per contrastare tali fenomeni.

In “veste” di pedagogista porrei in evidenza alcune “Buone Prassi”, sia generiche che specifiche per fornire sostegno ai soggetti coinvolti.

In termini generici sarebbe utile:

  • attivare punti di ascolto gratuiti costituiti da professionisti del settore (es.
    psicologi, pedagogisti, mediatori familiari etc …);
  • attivare indirizzi e-mail e siti web per ricevere informazioni o fare segnalazioni
    all’interno dei punti di ascolto;
  • gli adulti devono monitorare costantemente, sia a casa che a scuola, i
    comportamenti dei loro figli/alunni, con particolare riguardo alle relazioni con il
    web e con l’uso dei dispositivi tecnologici (es. il pc, il telefono cellulare etc …);
  • occorre avere uno sguardo a 360° per “captare” il bullo/i e la vittima/e;
  • è necessario organizzare eventi pubblici (es. seminari, dibattiti etc …) per dare
    informazioni ai cittadini su questi argomenti;
  • è appropriato predisporre lezioni alternative dove si parla di bullismo e
    cyberbullismo con i ragazzi/e, instaurando un dialogo privo di giudizio;
  • è importante incoraggiare i ragazzi/e a parlare con un adulto (insegnante,
    professionista, genitore etc …) nel caso avvertissero malessere, paura,
    ingiustizia, negatività etc …
    In qualità di professionista, sarebbe opportuno stilare delle “Buone Prassi” anche
    per contrastare il bullismo e il cyberbullismo e per sostenere le vittime.
    Le “Buone Prassi” da seguire per ostacolare il bullo o il gruppo di bulli, a scuola
    e/o a casa potrebbe essere il seguente:
  • se l’episodio accade a scuola il docente deve avvisare immediatamente il
    Dirigente Scolastico (o chi per lui) che a sua volta informerà il Presidente del
    Comitato Genitori sugli avvenimenti accaduti;
  • se la vicenda avviene tra le mura domestiche il genitore può rivolgersi presso lo
    sportello d’ascolto del suo distretto e segnalare eventuali atteggiamenti sospetti
    o certi di bullismo e/o cyberbullismo, osservati nel proprio figlio/a o nel gruppo
    di amici che frequenta;
  • a scuola, prima di parlare di sospensione del ragazzo/a, è utile indire un Consiglio
    di Classe immediato;
  • la scuola deve convocare i genitori dei figli designati come “carnefici” per
    sostenerli a trovare delle soluzioni;
  • gli insegnanti, all’unanimità con i professionisti, potrebbero suggerire ai genitori
    incontri per studiare insieme strategie che frenino tali atteggiamenti;
  • a casa i genitori possono chiamare i professionisti del consultorio per organizzare
    degli incontri (se fosse possibile in presenza anche con il ragazzo/a);
  • dare al ragazzo/a la possibilità di esprimersi, favorendo la sua versione dei fatti;
  • non creare discussioni e fraintendimenti;
  • i professionisti potrebbero decidere di attivare colloqui individuali con il bullo
    oppure con il gruppo di bulli;
  • si devono applicare misure correttive e rieducative mediante progettazioni;
  • si deve informare il bullo/i della gravità della situazione e delle possibili sanzioni;
    Per quanto riguarda le vittime dei bulli/cyberbulli si possono proporre le seguenti
    “Buone Prassi”:
  • sostenere empaticamente, con l’intervento dei professionisti, le vittime;
  • ove è necessario attivare dei percorsi psicologici o di consulenza;
  • approfondire con la vittima quello che è avvenuto durante gli episodi subiti;
  • far parlare la vittima/e senza giudicarla;
  • monitorare la vittima/e congiuntamente al suo stato di salute psico-fisico.
    Un’ottima pratica, se entrambi sono d’accordo, è che bullo e vittima si incontrino
    per consentire al bullo di esprimere un suo possibile pentimento e alla vittima di farsi
    ascoltare. In ogni caso, sarebbe consigliato sostenere sia le vittime che il “carnefice”,
    coinvolgere le famiglie per instaurare dialoghi e alleanze costruttive.
    Tuttavia, è rilevante non giudicare, contrastando la volontà d’ espressione.
    Sostenere, dialogare, ascoltare, aiutare, progettare, ripristinare e rieducare
    potrebbero essere gli “ingredienti” idonei per dire “STOP” ad atti di bullismo e di
    cyberbullismo.



Bullismo e cyberbullismo, fenomeni in forte espansione soprattutto nei contesti scolastici

Come possiamo interrompere la “moda” di essere bulli? Oggi le immagini o i video che i mass-media ci mostrano mettono in luce sempre più episodi di cronaca nera riferiti a vicende di bullismo e di cyberbullismo, compiute per lo più da ragazzi adolescenti.

Entrambi i fenomeni sono risultati in forte espansione soprattutto nei contesti scolastici,
ma anche nei luoghi di ritrovo delle nuove generazioni. Ad esempio, pensiamo ai tanti episodi di ragazzi che bullizzano l’insegnante e/o i loro pari, creando situazioni di vero disagio e sconforto emotivo.

Spesso, si sente dire: il ragazzo x ha lanciato una sedia all’insegnante e, nel frattempo, un altro suo alleato bullo ha ripreso la scena con il cellulare con lo scopo di pubblicarla sui social oppure la ragazza x è stata presa in giro dai suoi amici perché è troppo grassa.

La cronaca ci rivela che i bulli compiono dei veri e propri atti di violenza, sia fisica che psicologica. L’adolescenza, essendo una fase di crescita molto vulnerabile (es. cambiamenti fisici-psicologici, preoccupazioni, sensi di apatia, indecisioni etc …) è risultata la fascia d’età più colpita da tali fenomeni.

Se “ieri” erano soprattutto i maschi a mettere in pratica questi atti di violenza, ad oggi i dati riportano che anche le ragazze mirano alla pratica del bullismo. Le ricerche condotte negli anni hanno mostrano come questi fenomeni si concentrano particolarmente nell’ambito scolastico.

Un dato rilevante è che la “figura” del bullo agisce in gruppo e tende a preferire vittime dello stesso sesso. Nel caso del cyberbullismo, invece, si ha a che fare con bulli del web, nonché con coloro che bullizzano altri ragazzi/e mediante frasi minacciose e di cattivo gusto sui social.

L’aspetto preoccupante è che le vittime di violenza fisica o psicologica devono rispettare le regole dei bulli, ad esempio: non si parla con nessuno di quello che è successo e tutti devono tacere. Chi subisce e chi vede non deve professar parola, anzi deve sottostare alle leggi del “branco”.

Soggiacere ai principi del bullismo “annienta” l’altro soggetto in termini fisici, relazionali e piscologici. Tuttavia, le vittime di bullismo prima o poi potranno cadere in un senso si vuoto e di disperazione che li porteranno a confidarsi con qualcuno.

I tanti episodi di bullismo sono spesso collegati all’insorgere di sentimenti negativi come: l’invidia, la gelosia, l’aggressività e il desiderio di respingere l’altro denigrandolo e riducendolo in “polvere”.

Il bullo fisico e social ha lo scopo si ferire la persona che decide di “colpire”, la vuole
portare all’esasperazione e “gode” nell’osservare che soffre o che mostra atteggiamenti
di impotenza.

I bulli si sentono dei leader, ma in realtà sono molto fragili. Tali soggetti hanno spesso
dei vissuti molto duri nella loro infanzia e adolescenza, e attuare atteggiamenti non corretti gli consente di avere una rivincita.

Dinanzi a ciò il ruolo educativo è quello di accogliere e di ascoltare questi adolescenti.
È solo attraverso l’ascolto, l’appoggio, l’aiuto e la progettazione educativa che sia i “carnefici” che le “vittime” possono essere aiutati.

La scuola, la famiglia e le varie associazioni educative devono fungere da “ponte” che rafforza questi ragazzi, affinché abbiano la voglia di esprimersi.

Sovente, è naturale che i bulli così come le vittime vanno sostenuti, poiché entrambe sono figure che necessitano di appoggio e di attenzione.

Sarebbe opportuno “istituire” delle buone prassi che forniscano sia alle famiglie che alla scuola strumenti adeguati all’intervento educativo, un po’ come “giocare d’anticipo” per evitare il peggio.