Presidenziali Usa 2016, duello in tv: Clinton trionfa su Trump

di Paolino Canzoneri

NEW YORK – Il popolo statunitense ha da sempre subìto il fascino dello spettacolo; da sempre ogni evento politico o sportivo viene sempre trasmesso in televisione in una cornice fastosa dove colori, luci e conduzione non sono mai dettagli lasciati al caso ancor più se si tratta del primo confronto televisivo tra i due contendenti alla corsa per le prossime elezioni di presidente degli Stati Uniti. Il candidato repubblicano Donald Trump e la candidata democratica Hilary Clinton hanno dato vita al loro primo incontro televisivo che ha incollato alla poltrona un numero impressionante di americani che adorano questo tipo di confronto-spettacolo. L'ingrato fuso orario per l'Italia ha costretto stampa e mass media ad una notte in bianco per via della diretta televisiva inziata alle 2.30 del mattino ma ne è valsa la pena perchè nonostante non si conoscano al momento i dati precisi dell'audience, l'interesse e la curiosità per un evento simile lo si attendeva trepidamente anche da noi. L'aula magna della Hosftra University di Hempstead a Long Island, quale luogo scelto per l'evento, ha spazzato via i record di ascolto degli 80 milioni del dibattito-confronto tra Jimmy Carter e Ronald Reagan e questo la dice lunga sull'importanza di un evento di questa portata. In un'ora e mezza circa senza interruzioni pubblicitarie, i due candidati hanno dato il loro meglio affrontando argomenti di vario genere e cercando di mettere a segno colpi duri come fossero in un ring di pugilato. Donald Trump segue da subito la sua strada conducendo attacchi diretti alla Clinton su temi scottanti come  Isis, Iran e dichiarazione dei redditi etc. mostrandosi però un po agitato, nervoso e dimostrandosi a volte un po troppo prevalicante mentre la Clinton sfoggia un sorriso sereno, una maggiore preparazione nelle risposte e una serenità serafica dimostrando d'averne di più del suo avversario che si difende asserendo che il suo più grande pregio è il temperamento, frase che Hilary smonta: "Uno con quel temperamento che si innervosisce ricevendo un tweet non mi sembra la persona più adatta per stare vicino al bottone di un' arma nucleare" riferendosi al Tweet furioso che il repubblicano si lasciò sfuggire sulla questione Iraniana. Trump incassa il colpo ma rilancia a modo suo quando l'argomento trattato riguarda dichiarazione dei redditi e sulle  mail cancellate della Clinton: "Non posso pubblicare la dichiarazione perché sono sotto un controllo del fisco, ma lo farò quando lei pubblicherà tutte le 33mila mail segrete che ha cancellato", la Clinton sembra sempre essere pronta nelle risposte: "Perché non ci mostra il suo 'Tax Return'? Possono esserci tre motivi per cui non lo fa: magari non è ricco come vuol far credere o non fa tutta la beneficenza che sostiene di fare oppure ancora ha qualcosa di più grave da nascondere..forse deve dei soldi a qualcuno oppure non paga le tasse". Temi che fanno molto presa sul pubblico americano da sempre intollerante contro qualsiasi reato e inadempienza dolosa di carattere fiscale: "Ci sono lavapiatti, architetti, impiegati che hanno lavorato nelle sue aziende che non sono mai stati pagati" asserisce la Clinton in una serata di forte coinvolgimento del pubblico che sottolinea gli interventi con fragorosi applausi. Sul fronte del razzismo la Clinton affonda la sua lama: "Hai cominciato a far politica con una bugia razzista, accusando Obama di non essere nato in America. Hai iniziato il business non permettendo agli afro-americani di affittare gli appartamenti dei tuoi palazzi e sei stato citato più volte in giudizio", preso quasi alla sprovvista Trump accenna una risposta poco timida e poco convinta: "Hillary non ha l'energia per essere Presidente. Ha speso duecento milioni di dollari per spot pubblicitari e io quasi niente e siamo pari nei sondaggi". Una serata densa di passaggi caldi che tende a concludersi con l'ultimo colpo più efficace contro Trump: "Donald ha chiamato le donne maiale e cagne, ha detto che la gravidanza di un'impiegata è un inconveniente per il datore di lavoro e che una donna non si merita lo stesso stipendio di un uomo se non fa quel lavoro con la stessa qualità". Alla resa dei conti finali nonostante pareri diversi di migliaia di americani davanti lo schermo, i sondaggi danno la Clinton quale vincente a questo primo confronto. Per lei buona la prima.

 




Ue:"Referendum Svizzera non rende negoziati più facili"

Redazione

SVIZZERA – Il risultato del referendum di ieri in Ticino "non renderà più facili i negoziati" già in corso tra l'Unione europea e la Svizzera per affrontare le conseguenze del referendum nazionale che due anni fa ha chiesto di porre limiti all'ingresso di lavoratori europei. Lo afferma il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, ricordando che "il presidente Jean Claude Juncker ha più volte chiarito che le quattro libertà fondamentali del mercato unico sono inseparabili, cosa che nel contesto svizzero significa che la libertà di circolazione dei lavoratori è fondamentale". Nell'ambito del negoziato già in corso Juncker lunedì scorso ha incontrato il presidente della Confederazione elvetica ed hanno "concordato di vedersi di nuovo a fine ottobre" per continuare il negoziato e "trarre le potenziali conseguenze" anche del voto in Ticino che, ha ricordato Schinas, "deve essere ancora approvato dal governo federale".

Maroni, chiederò a Renzi agevolazioni fiscali – Il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, chiede al premier Matteo Renzi di istituire nella legge di Stabilità una zona economica speciale con agevolazioni fiscali nell'area al confine con la Svizzera. Maroni lo ha detto in una conferenza stampa all'indomani del referendum svizzero sulla priorità ai lavoratori ticinesi. "Domani Renzi viene a Milano – ha detto l'esponente leghista – e coglierò l'occasione per consegnargli il documento approvato nel 2014 dal nostro Consiglio regionale: è la proposta di legge di una zona economica speciale per le aree confinanti con la Svizzera, con agevolazioni fiscali. Mi pare che possa essere ancora di attualità: giace nel cassetto del Parlamento, gli chiederò di inserirla nella prossima legge di Stabilità".




"Vincerà Donald Trump"

Redazione

USA – Donald Trump è favorito per la vittoria alle elezioni presidenziali dell'8 novembre. La previsione è di un professore di storia all'American University di Washington, Allan Lichtman, che ha predetto con successo l'esito del voto per la Casa Bianca dal 1984. E lo ha fatto grazie a un sistema che ha applicato a tutte le elezioni degli ultimi 30 anni, basato su 13 'Chiavi per la Casa Bianca': si tratta di affermazioni, da definire vere o false, che vanno dal carisma dei candidati alla maggioranza al Congresso, dalla presenza di un terzo partito alla ricandidatura del presidente uscente.

Secondo il modello sviluppato da Lichtman, se sei o più delle dichiarazioni si rivelano false – circostanza che implica che siano contrarie al partito del presidente in carica – a perdere è il partito al potere. La sua previsione, per quest'anno, è che per il momento sei delle affermazioni risultano false, dunque a vincere sarebbero i repubblicani con Trump.

Il professore ammette tuttavia che il magnate newyorchese "ha reso questa l'elezione più difficile da valutare dal 1984, non avevamo mai visto un candidato come lui, non avevamo mai visto un candidato che ha passato la sua vita ad arricchirsi a spese degli altri, è il primo candidato nella nostra storia a essere un bugiardo seriale… non avevamo mai avuto un candidato che non una, ma due volte, ha incitato alla violenza contro il suo rivale, non avevamo mai avuto un candidato che ha invitato una potenza straniera ostile a interferire nelle nostre elezioni…".

E via di seguito: così, "in considerazione di tutte queste eccezioni che Trump rappresenta, potrebbe mandare in frantumi i modelli che hanno retto per 150 anni e perdere queste elezioni anche se le circostanze storiche lo favoriscono".

Lichtman, comunque, tiene a precisare con il 'Washington Post' "quello che dico da 30 anni, cioè che le previsioni non sono un endorsement: la mia previsione su basa su un modello scientifico che non rappresenta necessariamente, in alcun modo o forma, un sostegno di Allan Lichtman o dell'American University". Dato il tenore delle sue dichiarazioni su Trump non sembrano esserci dubbi.




Hacker rubano migliaia di foto Pippa Middleton, un arresto

Redazione

INGHILTERRA – La polizia britannica ha arrestato un uomo nell'ambito dell'inchiesta sull'hackeraggio dell'account iCloud di di Pippa Middleton, la sorella della duchessa di Cambridge: si tratta di un 35enne, residente nel Northamptonshire. "E' stato arrestato e trasferito in una stazione di polizia di Londra. L'inchiesta continua", ha riferito Scotland Yard. Gli hacker sono riusciti a entrare nell'account iCloud della famosa sorella e hanno rubato circa 3mila foto. Nel bottino, anche immagini private con Kate, il principe William e i loro due figli, George e Charlotte. Secondo il Daily Mail e The Sun, un anonimo venditore ha cercato di piazzare le immagini, offrendole ai giornali, in Usa e in Gran Bretagna, per 50mila sterline (oltre 57mila euro). Nella carrellata di immagini, anche abiti da sposa e istantanee da feste private.

 

Password e software, come proteggerci? Custodiamo i nostri gioielli in banche, casseforti, intercapedini, angoli nascosti della nostra casa. Eppure, molto spesso, lasciamo alla mercè di chiunque quanto di più caro abbiamo nella vita: la nostra privacy, i nostri dati sensibili, quella intimità che proteggiamo solo con una semplice parola. Sempre più persone finiscono nel mirino degli hacker, non solo vip, come Jennifer Lawrence e Pippa Middleton, ma soprattutto gente comune.

Non serve un pirata informatico per entrare in una mail o in una 'cloud', quella nuvola virtuale utilizzata per salvare foto, video, rubriche, messaggi di posta elettronica. Il più delle volte basta indovinare una password per prendere il controllo della vita di una persona, per localizzarla attraverso lo smartphone, leggere i messaggi, rubare foto e video: è dal quel momento che per molti comincia l'incubo.

La prima regola per tenere quanto più possibile al sicuro foto, video e dati personali è scegliere una parola, o meglio una frase, che non abbia apparentemente senso. Una password come questa: "M1cH1Am()nO*Jo77Y". La frase "Mi chiamano Jolly" e' stata inserita come una sorta di rappresentazione grafica, con numeri e simboli al posto delle lettere (la i che diventa uno, o la doppia parentesi che rappresenta la A). Quando si apre un account, e' richiesto l'inserimento di domande di sicurezza, nel caso di dimentichi la password: evitare sempre le domande suggerite, come il classico "nome da nubile di tua madre" e digitare la propria risposta, utilizzando gli stessi caratteri 'grafici' inseriti nella scelta della password. Per verificare l'efficacia di una parola chiave (non della propria, sempre meglio evitare di inserirla su altri siti) si può andare su grc.com/haystack dove si può inserire una password a caso e verificare in quanto tempo può essere indovinata o 'craccata' da un hacker.

La seconda regola – secondo un gruppo di esperti che ha tenuto un corso alla prestigiosa Columbia University di New York – è cambiare frequentemente password, almeno una volta al mese, e utilizzare una parola chiave diversa per ogni account email, iCloud, o Dropbox. Ma come si fa a ricordare, ad esempio, cinque o sei diverse password scritte con caratteri, numeri e simboli? Ci sono software come KeePassX che permettono di generare, archiviare e modificare periodicamente tutte le proprie password. KeePassX funziona offline, sconnesso da Internet: l'archivio delle password è protetto da una chiave 'master', l'unica che bisogna ricordare poiché non è previsto il recupero, ed è protetto da crittografia a 256-bit. Insomma non può essere violato da hacker dilettanti.

Mai salvare le password in un documento Word protetto da parola chiave: esistono software, disponibili on-line e facili da utilizzare, con i quali si può sbloccare un file '.doc' in pochi istanti. Ultima regola è evitare di accedere alla posta elettronica e ai propri account 'cloud' da computer condivisi, o quando si è connessi a un Wi-fi pubblico. Un hacker con un po' di esperienza può facilmente vedere la password e intercettare messaggi e dati scambiati. 




Siria, 80 morti in raid su Aleppo: anche i bambini nel bagno di sangue

Redazione

SIRIA – Ottanta persone, tra le quali molti bambini, sono state uccise in decine di raid aerei governativi oggi su Aleppo e sulla sua provincia, secondo la televisione panaraba Al Jazira. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) afferma che in uno di questi raid, sul villaggio di Beshqati, ad ovest di Aleppo, sono stati uccisi 12 membri della stessa famiglia, tra i quali 6 bambini o adolescenti.

Erano ripresi intensi prima dell'alba i bombardamenti governativi e russi su Aleppo orientale, la parte della città controllata dagli insorti e assediata dalle forze lealiste. Secondo giornalisti sul terreno, nelle ultime due ore sono stati pesantemente bombardati i quartieri di Qaterji, Maysar, Karm Tahhan. Le fonti precisano che l'area del campo profughi palestinese di Handarat, vicino al fronte tra governativi e insorti, è stato bombardato con bombe a grappolo, particolarmente letali per i civili. Più di seimila persone, in larghissima parte miliziani dell'Isis, sono state uccise in due anni di raid della Coalizione guidata dagli Usa in Siria. Lo riferisce oggi l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che riporta un bilancio dettagliato. Dei 6.213 uccisi si contano 5.357 miliziani jihadisti uccisi e 611 civili.

Di questi, 163 sono minori e 90 sono donne. Nei raid della Coalizione sono stati uccisi anche 90 soldati governativi siriani, morti tutti nell'attacco di sabato scorso nell'est del Paese. Gli Usa hanno ammesso l'errore. Colpiti a morte dai bombardamenti della Coalizione anche 136 miliziani qaedisti e 10 di altre fazioni armate siriane.




Yahoo! ammette solo adesso: rubati dati di 500 milioni di utenti da hacker. Sospetto coinvolgimento di uno Stato

di Paolino Canzoneri

SUNNYVALE (Usa) – Che la riuscita e la permanenza dei grandi motori di ricerca del web si basi sulla robustezza e sulla assoluta sicurezza dei dati dei clienti è un dato di fatto oggettivamente inoppugnabile, ma se una società colosso come la californiana "Yahoo!" ammette d'aver subito nel 2014 un attacco senza precedenti da hackers esperti che sono riusciti a violare i loro server e rubare dati, nomi, foto, rubriche, password e documenti vari dei clienti memorizzati, questo diventa un fatto inammissibile e lo è ancora di più quando la società rivela che i dati sensibili o meno trafugati dai server riguardavano una utenza di ben oltre 500 milioni di persone. Il delegato amministratore Marissa Mayer conferma che il cyberattacco è stato un colpo tremendo all'azienda da tempo in crisi e ceduta al colosso delle Telecomunicazioni Verizon in fase di rilancio con una acquisizione e una ricapitalizzazione societaria di cifre da capogiro che al momento crea ovvi malumori e perplessità che potrebbero trasformarsi in una catastrofe societaria senza precedenti. A suscitare ulteriore imbarazzo e una evidente preoccupazione la notizia che gli hacker hanno trafugato anche il passaporto della first lady americana Michelle Obama insieme a varie e-mail personali di dipendenti a stretto contatto con  Hilary Clinton con mansioni di collaborazione per la sua corsa alla presidenza della Casa Bianca. La società ovviamente registra un calo in Borsa e i titoli Yahoo! perdono già l'1%. La clamorosa falla nel sistema del motore di ricerca era stata già evidenziata dal portale di informazione web "Recode" che aveva riportato la messa in vedita al prezzo di 1800 dollari di oltre 200 milioni di account di utenti da parte di un hacker dal nome "peace" e gli account contenevano pure dati sensibili  relativi ad operazioni home banking private, codici e password di carte di credito e di debito. Il colosso americano ipotizza che l'attacco hacker sia frutto di una azione di spionaggio industriale da parte di un paese straniero e in tempi strettissimi sono stati creati e lanciati una serie di applicazioni web tesi a identificare e notare utenti alle prese con comportamenti inusuali nella rete stessa. Putroppo però resta il fatto che questo trafugamento sembra essere, come asserisce il crittografo Bruce Shneier, uno dei più gravi della storia di Internet e il colosso californiano avrà serie difficoltà a venirne a capo riuscendo a ricreare quella fiducia indispensabile oggi per custodire i dati dei clienti.



Europa, così parlò Juncker "l'Unione va molto male"

di Angelo Barraco
 
Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, è intervenuto davanti alla platea del Cese (Comitato economico e sociale europeo)  mantenendo sempre il suo stile che lo contraddistingue nell’esporre i concetti, abbattendo quelli che sono i muri della formalità e dell’imbarazzo, dando spazio alla schietta e dolorosa realtà oggettiva. Come un pugno allo stomaco ha detto ai presenti “Non parlo del Discorso sullo Stato dell'Unione, perché l'Unione va molto male. Un anno fa dicevo che non c'era abbastanza Unione e dopo un anno non posso che ripeterlo. Le rotture e le fessure sono numerose e sono pericolose. c'è ancora troppa disoccupazione, anche se l'Europa ha creato 8 milioni di posti di lavoro, il tasso di occupazione è vicino a quello degli Usa” precisando che diversi anni fa era “più basso di 5 punti”. Jean Claude Juncker ha parlato di una disarmonia che prevale sui Paesi Membri a pochi giorni dalla chiusura del primo vertice dopo la Brexit. Ha sottolineato che l’Unione Europea “è alle prese con le crisi dei rifugiati, la Brexit e la mancanza di investimenti” e che “in Ucraina e Siria e si dimentica che la Siria è un vicino dell'Europa, perché è molto vicina a Cipro”. Pungente come non mai dice ai presenti che la Ue si trova “davanti ad una policrisi”. Il Premier Matteo Renzi, nel corso di un’assemblea generare delle Nazioni Unite a New York, si era espresso sul tema rifugiati “Se l'Europa continua così, noi dovremo organizzarci in modo autonomo sull'immigrazione. Questo è l'unico elemento di novità di Bratislava, dove si sono fatte tante parole ma non siamo stati in grado di dire parole chiare sul tema africano. Ecco perché, con un eufemismo, non l'abbiamo presa benissimo. Juncker dice tante cose belle, ma non vediamo i fatti. E' un problema dell'Europa. L'Italia farà da sola, è in grado. Ma questo è un problema per l'Ue. Da parte nostra, la priorità è la questione dei rapporti con l'Africa, come abbiamo detto a Bratislava, e poi la lotta al terrorismo globale”. Certo, le parole del premier possono sembrare coraggiose agli occhi di chi vede l’Italia come un paese ospitante nei riguardi degli stranieri, ma la situazione in cui versano numerosi migranti dimostra che il nostro paese non è in grado oggettivamente di gestire tale situazione poiché vi sono fattori collaterali che dimostrano quanto sia esteso il problema di gestione e quanto sia difficile  monitorare tutto ciò.  Vi sono numerose strutture di accoglienza sovraffollate o mal gestite dove emergono tangibilmente episodi di violenza e dove gli immigrati non ricevono le dovute assistenze psicologiche a seguito del loro arrivo, vi è lo sfruttamento lavorativo poiché molti di loro hanno la necessità di introdursi nel mondo del lavoro per acquisire indipendenza ma l’assenza di permesso di documenti porta loro a svolgere attività in nero, sfruttati e sottopagati. Un fenomeno diffuso che si propaga a macchia d’olio e che genera a sua volta episodi di violenza e contrasti poiché la manovalanza straniera viene remunerata a basso costo rispetto a quella italiana quindi il datore di lavoro, per esigenze oggettive predilige la manovalanza straniera che non richiede diritti. Vi è il fenomeno dei migranti che non vengono registrati al momento dello sbarco e diventano fantasmi senza identità, nascosti nei sottoborghi della società. Ovviamente non dimentichiamo gli eroi che ogni giorno si impegnano in mare per salvare un numero considerevole di vite umane e per fare in modo che la loro esistenza sia diversa rispetto all’inferno che hanno vissuto in quei terribili giorni in mare. Ma Jean Claude Juncker la pensa diversamente poiché “Sui migranti ammiro lo sforzo dell'Italia per l'accoglienza. La crisi dei rifugiati è importante perché è il motivo per cui la Ue si divide” e puntualizza inoltre che UE “non deve lasciare sole l'Italia, la Grecia o Malta, paesi in prima linea che la Ue deve assistere”. Sottolinea “ammiro l'Italia, fa meglio della Grecia perché ogni giorno salva migliaia di vite, le navi di tutta Europa portano tutti in Sicilia e lasciano all'Italia il compito di nutrirli e ospitarli”. Ci deve essere la solidarietà nella ripartizione dei rifugiati –ha detto- “Alcuni paesi lo fanno, altri dicono di no perché sono cattolici e non vogliono musulmani. Questo è inaccettabile. Non possono fare la ripartizione, allora devono partecipare di più al rafforzamento della protezione delle frontiere esterne che va fatta entro fine ottobre”. Ha parlato anche di disoccupazione, evidenziando che c’è troppa disoccupazione e pochi giorni fa, a tal proposito, aveva dichiarato che “dal 2013 a oggi sono stati creati 8 milioni di nuovi posti di lavoro in tutta Europa, ma il livello di disoccupazione resta ancora troppo alto”,  in merito al patto di stabilità ha detto che “Il patto si stabilità non è stupido, come diceva un mio predecessore perché le cifre lo dimostrano e perché abbiamo inserito gli elementi di flessibilità” sottolineando che “nel 2009 il deficit medio era del 6,3%, ora la media è dell'1,9%". "E' la prova che il consolidamento progredisce”.



UE: Juncker "l'Unione va molto male"

di Angelo Barraco

Roma – Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, è intervenuto dinnanzi alla platea del Cese (Comitato economico e sociale europeo)  mantenendo sempre il suo stile che lo contraddistingue nell’esporre i concetti, abbattendo quelli che sono i muri della formalità e dell’imbarazzo, dando spazio alla schietta e dolorosa realtà oggettiva. Come un pugno allo stomaco ha detto ai presenti “Non parlo del Discorso sullo Stato dell'Unione, perché l'Unione va molto male. Un anno fa dicevo che non c'era abbastanza Unione e dopo un anno non posso che ripeterlo. Le rotture e le fessure sono numerose e sono pericolose. c'è ancora troppa disoccupazione, anche se l'Europa ha creato 8 milioni di posti di lavoro, il tasso di occupazione è vicino a quello degli Usa” precisando che diversi anni fa era “più basso di 5 punti”. Jean Claude Juncker ha parlato di una disarmonia che prevale sul Paesi Membri a pochi giorni dalla chiusura del primo vertice dopo la Brexit. Ha sottolineato che l’Unione Europea “è alle prese con le crisi dei rifugiati, la Brexit e la mancanza di investimenti” e che “in Ucraina e Siria e si dimentica che la Siria è un vicino dell'Europa, perché è molto vicina a Cipro”. Pungente come non mai dice ai presenti che la Ue si trova “davanti ad una policrisi”. Il Premier Matteo Renzi, nel corso di un’assemblea generare delle Nazioni Unite a New York, si era espresso sul tema rifugiati “Se l'Europa continua così, noi dovremo organizzarci in modo autonomo sull'immigrazione. Questo è l'unico elemento di novità di Bratislava, dove si sono fatte tante parole ma non siamo stati in grado di dire parole chiare sul tema africano. Ecco perché, con un eufemismo, non l'abbiamo presa benissimo. Juncker dice tante cose belle, ma non vediamo i fatti. E' un problema dell'Europa. L'Italia farà da sola, è in grado. Ma questo è un problema per l'Ue. Da parte nostra, la priorità è la questione dei rapporti con l'Africa, come abbiamo detto a Bratislava, e poi la lotta al terrorismo globale”. Certo, le parole del premier possono sembrare coraggiose agli occhi di chi vede l’Italia come un paese ospitante nei riguardi degli stranieri, ma la situazione in cui versano numerosi migranti dimostra che il nostro paese non è in grado oggettivamente di gestire tale situazione poiché vi sono fattori collaterali che dimostrano quanto sia esteso il problema di gestione e quanto sia difficile  monitorare tutto ciò.  Vi sono numerose strutture di accoglienza sovraffollate o mal gestite dove emergono tangibilmente episodi di violenza e dove gli immigrati non ricevono le dovute assistenze psicologiche a seguito del loro arrivo, vi è lo sfruttamento lavorativo poiché molti di loro hanno la necessità di introdursi nel mondo del lavoro per acquisire indipendenza ma l’assenza di permesso di documenti porta loro a svolgere attività in nero, sfruttati e sottopagati. Un fenomeno diffuso che si propaga a macchia d’olio e che genera a sua volta episodi di violenza e contrasti poiché la manovalanza straniera viene remunerata a basso costo rispetto a quella italiana quindi il datore di lavoro, per esigenze oggettive predilige la manovalanza straniera che non richiede diritti. Vi è il fenomeno dei migranti che non vengono registrati al momento dello sbarco e diventano fantasmi senza identità, nascosti nei sottoborghi della società. Ovviamente non dimentichiamo gli eroi che ogni giorno si impegnano in mare per salvare un numero considerevole di vite umane e per fare in modo che la loro esistenza sia diversa rispetto all’inferno che hanno vissuto in quei terribili giorni in mare. Ma Jean Claude Juncker la pensa diversamente poiché “Sui migranti ammiro lo sforzo dell'Italia per l'accoglienza. La crisi dei rifugiati è importante perché è il motivo per cui la Ue si divide” e puntualizza inoltre che UE “non deve lasciare sole l'Italia, la Grecia o Malta, paesi in prima linea che la Ue deve assistere”. Sottolinea “ammiro l'Italia, fa meglio della Grecia perché ogni giorno salva migliaia di vite, le navi di tutta Europa portano tutti in Sicilia e lasciano all'Italia il compito di nutrirli e ospitarli”. Ci deve essere la solidarietà nella ripartizione dei rifugiati –ha detto- “Alcuni paesi lo fanno, altri dicono di no perché sono cattolici e non vogliono musulmani. Questo è inaccettabile. Non possono fare la ripartizione, allora devono partecipare di più al rafforzamento della protezione delle frontiere esterne che va fatta entro fine ottobre”. Ha parlato anche di disoccupazione, evidenziando che c’è troppa disoccupazione e pochi giorni fa, a tal proposito, aveva dichiarato che “dal 2013 a oggi sono stati creati 8 milioni di nuovi posti di lavoro in tutta Europa, ma il livello di disoccupazione resta ancora troppo alto”,  in merito al patto di stabilità ha detto che “Il patto si stabilità non è stupido, come diceva un mio predecessore perché le cifre lo dimostrano e perché abbiamo inserito gli elementi di flessibilità” sottolineando che “nel 2009 il deficit medio era del 6,3%, ora la media è dell'1,9%". "E' la prova che il consolidamento progredisce”.



Bombe negli Usa, Ahmadi Rahadi inneggiava al "fratello Osama Bin Laden"

di Angelo Barraco

New York – Ahmadi Rahami è il 28enne di origine afghana su cui pende l’accusa di tentato omicidio in relazione a quanto accaduto a New York e in New Jersey. L’uomo è stato arrestato a seguito di una sparatoria con la Polizia in cui è rimasto ferito, allo stato attuale però non starebbe collaborando con gli inquirenti e si trova in ospedale. Le indagini in merito al piano criminale messo in atto dall’uomo proseguono senza sosta e dal diario trovato addosso a Rahami emergono frasi che inneggiano al “fratello Osama Bin Laden” o che fanno riferimento a quelle che poi sarebbero state le esplosioni “il boato delle bombe sarà sentito nelle strade”. Vi sono riferimenti a Anwar al-Awlaki, l’imam nato negli USA ma tornato poi nello Yemen dove è divenuto un leader di al Qaeda prima di morire in un raid nel 2011. Riferimenti anche a Nidal Hasan, un medico militare americano di origine palestinese che ha compiuto una strage in Texas, presso la base Fort Hood. Tra le pagine si legge “Inshallah (Se Dio vuole), il boato delle bombe sarà sentito nelle strade, la pistola colpisce la vostra polizia, morte alla vostra oppressione”. Sono emersi ulteriori dettagli in merito al modus operandi di Rahami, in particolar modo sui due cellulari che sono stati utilizzati per innescare i due ordigni a Chelsea, inoltre gli inquirenti hanno individuato un account eBay con il nome “ahmad rahimi” e, a seguito di ulteriori approfondimenti, hanno appurato che da quel contatto era stato acquistato materiale per la costruzione di ordigni esplosivi da un negozio di Perth Amboy in New Jersey e  si ritiene inoltre che l’uomo vi abbia lavorato fino al 12 settembre. Gli ordigni sono stati costruiti con l’ausilio di pentole a pressione piene di esplosivo e con all’interno metallo e palline per rendere letale la deflagrazione. Sulla pentola inesplosa sono state individuate 12 impronte digitali che appartengono a Rahami. Intanto i familiari dell’arrestato hanno rilasciato delle interviste alle tv e giornali americani. La madre della figlia dell’uomo ha riferito a FoxNews che “Odiava l'America e i gay”, altri conoscenti hanno parlato di “un cambiamento nei comportamenti e nelle sue abitudini religiose, avvenuti dopo un presunto viaggio in Afghanistan, suol Paese natale”. Il New York Times riferisce inoltre che nel 2014 era stato denunciato dal padre poiché accusato di essere un terrorista. L’FBI aveva aperto un fascicolo in merito a questa vicenda e l’informazione venne inoltrata alla Joint Terrorism Task Force che avviò un procedimento con il fine di accertare quanto segnalato e interrogò il padre di Rahami che in quella sede però ha ritrattato le precedenti accuse mosse contro il figlio. Andrew Cuomo, governatore di New York, ha riferito alla Cnn che l’uomo “e' andato piu' volte in Afghanistan e in Pakistan, dove si trovava sua moglie, ma al momento non abbiamo prove di legami con l'Isis, i talebani, che possano spiegare il suo comportamento” e che “non ci sono indicazioni della presenza di una cellula terroristica operativa in citta' o nell'area” come detto invece in una prima fase. Il Sindaco di News York ha precisato che non vi sono altri soggetti ricercati per le bombe nel quartiere Chelsea. Chris Bollwage, Sindaco di Elizabeth ha invece riferito che Rahami “non era noto alla polizia”. 
 
Gli avvenimenti. Pochi giorni fa è stato rinvenuto un pacco sospetto nella stazione ferroviaria di Elizabeth in New Jersey. l pacco, rivelatosi poi uno zaino, conteneva cinque ordigni ed era abbandonato in un cestino dei rifiuti nei pressi dei binari del treno. A trovare lo zaino sono stati due uomini che avevano visto fuoriuscire dei fili e un tubo, erano le 21.30 (ora locale), e hanno chiamato immediatamente le forze la polizia. Non sono stati rinvenuti telefoni cellulari ne tantomeno dispositivi utili per il cronometraggio. Sul posto sono giunti gli agenti di Polizia e l’FBI che hanno provveduto nell’esaminare l’ordigno e successivamente lo hanno fatto esplodere. E’ stato compiuto un attento controllo nei cestini dei rifiuti della zona, per verificare l’eventuale presenza di ulteriori ordigni ma non è stato rinvenuto nulla. Il Sindaco Chris Bollwage ha dichiarato “Chiunque lo abbia lasciato nel cestino stava probabilmente cercando di disfarsene. Non e' un'area troppo congesta. A giudicare dalla potenza dell'esplosione, penso che la gente sarebbe stata gravemente colpita o ferita se fosse stata nelle vicinanze” ha aggiunto inoltre “. Si apprende inoltre che gli inquirenti hanno rinvenuto altre tre bombe collegate con dei fili. La notizia è stata riportata dalla Cnn che ha spiegato inoltre che tale ordigno è di tipo “pipe-bomb” ovvero tubo bomba. Il  18 settembre, i ritmi frenetici e dinamici di New York sono stati interrotti da una forte esplosione verificatasi alle 20.30, ora locale, che ha colpito il quartiere Chelsea a Manhattan, davanti al civico 131 West, tra la 23ma strada e la 7ma avenue. Una bomba è esplosa all’interno di un cassonetto, cagionando il ferimento di 29 persone, di cui uno grave. Testimoni raccontano che l’esplosione è stata talmente forte che è stata sentita anche dall’altra sponda del fiume Hudson, ad Hoboken. Secondo quanto riporta Ny Times,si trattava di un ordigno costituito da una pentola a pressione contenente schegge metalliche, fatta appositamente per uccidere. Qualche isolato più avanti, tra la sesta e la settima avenue, è stato rinvenuto un ordigno inesploso simile al primo, con dei fili collegati ad un cellulare. Gli inquirenti hanno rinvenuto anche un terzo pacco sospetto ma successivamente si è rivelato un falso allarme. Indagano gli inquirenti sulla matrice degli attentati e non si esclude al momento nessuna pista. Il Sindaco di New York ha fatto sapere che “non vi sono prove di una connessione terroristica” precisando però che si è trattato comunque di “un atto intenzionale”. Emerge inoltre che l’ordigno inesploso è uguale a quello utilizzato nel 2013 per l’attentato alla maratona di Boston, sarebbero stati inoltre ritrovai due fogli di carta di cui uno bianco e l’altro con delle scritte. Andrew Cuomo, governatore di New York, ha dichiarato che “Le indagini sono ancora ad una prima fase, ma non c'e' alcuna prova al momento che ci sia una connessione con il terrorismo internazionale” aggiungendo inoltre che “come precauzione saranno schierati un migliaio di uomini della polizia e della Guardia Nazionale”.



Due italiani rapiti in Libia, ipotesi 'rapimento lampo': "Fermati in strada nel deserto"

di Paolino Canzoneri

GHAT (Algeria) – Secondo fonti libiche uomini mascherati a bordo di un fuoristrada nelle vicinanze della cava di El-Gnoun hanno sequestrato un italiano, un italo-canadese e il conducente dell'auto algerino che li stava portando come ogni mattina alla sede della loro azienda in località Bir Tahala ad una decina di chilometri a nord della città algerina di Ghat. Bruno Cacace di 56 anni residente a Borgo San Dalmazzo nella provincia di Cuneo, Danilo Calonego di 68 anni della provincia di Belluno e Frank Boccia  di un'altra azienda che aveva solo chiesto un passaggio, sono stati sequestrati durante il loro percorso abituale che dall'aeroporto della città li avrebbe condotti all'azienda di uffici e lavori di manuntenzione Con.I.Cos di Mondovì. Il veicolo degli italiani sembra che abbia  incontrato un fuoristrada fermo al bordo della strada apparentemente in panne con alcuni individui che al passaggio lento della vettura hanno immediatamente tirato fuori le armi intimando al conducente di fermarsi e procedendo repentinamente al rapimento per poi dileguarsi in fretta. L'italo canadese Boccia è stato poi abbandonato al ciglio della strada legato in una zona desertica. La Farnesina che ha rivelato l'accaduto si è da subito attivata per una veloce liberazione degli italiani e per scongiurare il pericoloso rischio che i due italiani possano diventare oggetto di scambio per milizie islamiste altrettanto pericolose. Una soluzione tempestiva urge e il sindaco di Ghat Komani Mohamed Saleh ha mobilitato le forze di polizia mentre il ministero degli Esteri ha confermato che si sta lavorando a pieno ritmo senza sosta con il massimo riserbo. La zona è sotto il controllo del governo di Tripoli guidato da Fayez Al-Sarraj ma perennemente contesa fra diverse tribù vicine in una area decisamente incontrolllabile. Le tribù prevalenti sono quelle dei Tuareg che si schierarono nel 2011 contro Gheddafi durante la rivoluzione e appoggiano Al-Sarraj ma le forze filo Haftar non intendono cedere e in una area estesa quasi quanto la Francia fanno sentire la loro presenza come una minaccia sempre presente. A rendere il tutto ancora più complesso la zona di montagne attorno alla città di Ghat è praticamente diventato un covo di gruppi islamici e di rifugi nascosti e minacciosi. Una netta prevalenza di milizie fra le quali spicca per pericolosità Al-Qaeda che dopo la caduta di Gheddafi ha condotto scorribande sempre più cruente e, come se non bastasse, la nascita di sottomilizie e nuovi flussi di combattenti hanno reso quella zona veramente caotica tale da rendere quasi impossibile un'azione diplomatica e politica per cercare di ordinare e garantire un assetto stabile. Domani l'ufficio di presidenza del Copasir convocherà il direttore dell'Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) Alberto Manenti che al momento esclude si tratti di una azione mirata a colpire specificatamente l'imprenditoria italiana. L'azienda degli italiani Con.I.Cos con sede a Mondovì nella provincia di Cuneo già da diversi anni era attiva in alcune città algerine e libiche come Bengasi, Tripoli e Ghat. Era stata fondata nel lontano 1977 da Giorgio Vinai e da Celeste Bongiovanni. Danilo Calonego stesso in una intervista al Corriere delle Alpi di un paio di anni fa affermava: " Bisogna rispettare le loro usanze. Ma del resto, non sarei rimasto tanti anni in Libia se le persone non fossero state buone". Sembra che paradossalmente le cose siano cambiate repentinamente e si sia persa la percezione reale di pericolo a seguito della caduta di Gheddafi che ha gettato il paese e le nazioni vicine in un caos difficile da compredendere pure da loro. Timore e preoccupazione oltre che per la sorte degli italiani rapiti si spinge anche alla presenza vicino Ghat di importanti giacimenti di gas come il gasdotto Greenstream di gestione dell'ENI che arriva ad alimentare Gela in Sicilia attraversando tutto il Mediterraneo e rende oltremodo l'aeroporto di Ghat come un punto strategico di enorme importanza. I lavori di manutenzione devono gioco forza essere affidati a nostri tecnici ma dopo il sequestro dei quattro tecnici italiani della Bonatti di cui due uccisi avvenuto nel luglio dell'anno scorso, alle aziende italiane è stato formalmente consigliato di preferire la mano d'opera locale ma evidentemente non è sempre possibile e in questo caso come nei precedenti la procura di Roma procede con l'apertura del fascicolo processuale per reato di sequestro di persona con finalità di terrorismo e il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta seguendo personalmente la vicenda.




Libia: rapiti due italiani

Red. esteri

 Due italiani sono stati rapiti in Libia. Lo conferma la Farnesina, riferendo che "si sta lavorando con il massimo riserbo, tenuto conto della delicatezza della situazione". I due connazionali sarebbero stati rapiti vicino all'aeroporto della città insieme a un canadese stamane nella città di Ghat, nella Libia sud-occidentale, vicino al confine con l'Algeria. Secondo l'emittente libica '218' sarebbero stati sequestrati vicino al monte 'Cahf al-Giunoun'. Stando alle fonti citate dalla tv, uomini a volto coperto a bordo di un fuoristrada avrebbero finto di chiedere aiuto e sarebbero riusciti a fermare una macchina con a bordo "operai stranieri" diretti al loro posto di lavoro, situato vicino all'aeroporto internazionale di Ghat. Oltre agli occidentali sarebbe stato rapito anche l'autista, un cittadino di Ghat. Gli ostaggi sarebbero stati trasferiti in un luogo "sconosciuto".