Catalogna, secessione: è il giorno della verità

CATALOGNA – Martedì, ore 18, parlamento di Barcellona: parla Carles Puigdemont. Per Catalogna e Spagna è l’ora della verità nell’infinita crisi catalana. Puigdemont deve riferire sui risultati del referendum del 1/o ottobre. E probabilmente dichiarare l’indipendenza. Ma non è chiaro quale sarà la portata: formale, immediata o ‘differita’?

Sul ‘president’ le pressioni sono state fortissime. Puigdemont ha tenuto le carte coperte nelle ultime ore nonostante appelli e moniti di alleati e avversari. Il premier spagnolo Mariano Rajoy lo ha diffidato dal proclamare l’indipendenza, una mossa che farebbe scattare la dura reazione dello stato. Rajoy può usare l’art.155 della Costituzione per sospendere l’autonomia catalana, destituire Puigdemont, sciogliere il parlamento e convocare elezioni anticipate, dichiarare lo stato d’emergenza.

“Prenderemo le misure necessarie. La separazione della Catalogna non ci sarà”, ha avvertito il premier. Il vicesegretario del suo partito, il popolare Pablo Casado, ha avvertito Puigdemont che se dichiara l’indipendenza “rischia di finire” come il suo predecessore Lluis Companys che nel 1934 proclamò una effimera “repubblica catalana”. Durò 11 ore. Poi intervenne l’esercito spagnolo, venne arrestato, processato e condannato a 30 anni. I franchisti lo fucilarono nel 1940. Parole che hanno suscitato una tempesta di polemiche. Podemos ha parlato di “guerracivilismo” e chiesto a Casado di dimettersi. L’esponente del Pp ha dovuto precisare di avere inteso l’arresto e non certo la fucilazione di Companys. Pensando probabilmente alle decine di migliaia di unionisti che ieri hanno manifestato a Barcellona gridando “Puigdemont in prigione”.




Perù, caso mummie aliene: si attendono le analisi del DNA

SAN PIETROBURGO – Ritrovati in Perù, a Nazca, dei corpi mummificati in perfetto stato di conservazione, tanto da far pensare possa trattarsi di entità non umane, quindi aliene o di origine extraterrestre. Sui corpi sono stati effettuati rilievi con la tecnica al radiocarbonio da parte dei ricercatori dell’università di San Pietroburgo, i quali hanno rilevato numerose anomalie che potrebbero far evincere la natura aliena dei cadaveri. Si tratterebbe di esseri aventi una forma del cranio allungata, con occhi grandi e senza naso, pare avessero tre dita per arto, anziché cinque. Dagli ultimi rilievi sembrerebbe che risalgano a circa 1.700 anni fa.

Il ministero della Cultura peruviano ha avviato le indagini per “Crimine contro il patrimonio” in quanto si pensa che le mummie siano riconducibili alla tradizione Paracas, e siano state sottratte e modificate per cause propagandistiche. Lo scorso mese di Luglio 2017 sono state divulgate, da parte degli inquirenti, tutte le notizie inerenti al caso, comprese di foto e di tutti i referti scientifici redatti durante le indagini, pare chiara l’univocità delle mummie, dichiarate originali.

 

Questo apre un inquietante dilemma: Si tratta di individui extraterrestri?

I ricercatori Russi hanno reso pubblica anche la TAC effettuata sulle mummie dichiarando che si tratta di corpi simili a quelli dei rettili più che a quelli degli esseri umani. Sono ancora in corso le indagini per stabilire il profilo del DNA, che nel caso dovesse risultare conforme con i rilievi della TAC, potrebbero portare alla certezza che alcune civiltà extraterrestri, negli anni passati, hanno visitato il nostro pianeta, accelerando il processo evolutivo e lasciando tracce sparse nel mondo, come ad esempio la cultura Incas, Maya, sumera, cinese ed egiziana che ne sarebbero state influenzate: molte sculture raffigurano esseri dalle sembianze aliene e testimoniano un contatto con extraterrestri. E mentre si attendono i nuovi responsi delle analisi genetiche, cresce la consapevolezza di avere compagnia nell’universo.

Giulia Ventura




Marsiglia: arrestato il fratello dell’attentatore

ROMA – Anis Hanachi, fratello di Ahmed Hanachi, l’attentatore che a Marsiglia ha ucciso le cugine Marianne e Laura, è stato arrestato a Ferrara dalla Polizia che ha eseguito un mandato di cattura internazionale emesso dalla Francia. L’uomo è accusato di partecipazione ad associazione terroristica e complicità nel delitto commesso dal fratello.
Anis Hannachi è stato bloccato ieri sera dagli uomini della Digos di Bologna e Ferrara, che hanno eseguito un mandato europeo emesso dalle autorità francesi. L’arresto è arrivato al termine di una complessa attività investigativa coordinata dal Servizio centrale per il contrasto al terrorismo esterno dell’Antiterrorismo con la collaborazione delle autorità francesi, sia a livello investigativo che giudiziario, con il coinvolgimento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e della procura di Roma. Dopo l’arresto, Anis Hannachi è stato messo a disposizione della procura generale presso la Corte d’appello di Bologna.

L’Isis ha rivendicato l’attacco a Marsiglia costato la vita a due ragazze, affermando che l’assalitore è uno dei suoi “soldati”. La rivendicazione è arrivata attraverso il suo organo di propaganda, Amaq. Lo rende noto il Site.

«Ha attaccato una ragazza che era a 5 o 6 metri da me. Le ha preso il collo. Mi sono detta “sto sognando, è un incubo”. A quel punto si è messo a urlare Allah Akbar. Non ho cercato di capire, mi sono messa a correre. Ho solo visto che questa ragazza perdeva sangue, qualcuno cercava di fermarlo. Ho due bambini piccoli, ho pensato alla mia vita. Poi ho sentito degli spari». Nel racconto di una testimone alla tv Lci, l’attentato islamista di ieri nella stazione ferroviaria Saint Charles di Marsiglia: un uomo sui trent’anni di origine maghrebina ha ucciso a coltellate due ragazze di 21 e 20 anni gridando Allah Akbar. I militari di pattuglia dell’operazione Sentinelle sono accorsi richiamati dalle grida e uno di loro ha ucciso il terrorista con due pallottole. Prima che spirasse, due poliziotti in borghese lo hanno ammanettato.




Spagna: in migliaia per invocare l’unità

BARCELLONA – Migliaia di persone, molte delle quali avvolte dalla bandiera spagnola, stanno convergendo verso plaça d’Urquinaona, nel centro di Barcellona, per partecipare alla grande manifestazione sull’unità della Spagna. Organizzata dalla Societat Civil Catalana (Scc), prenderà il via alle 12:00, e si concluderà alla estaciò de França. La dimostrazione, cui sono attese decine di migliaia di persone grazie anche ai numerosi pullman provenienti da tutta la Spagna, si chiuderà con un intervento del premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa e dell’ex presidente del Parlamento europeo, il socialista Josep Borrell.

 

Il tema della manifestazione è ‘Prou! Recuperem el seny’, cioé ‘Basta! Recuperiamo il buon senso’, e hanno aderito i popolari del premier Mariano Rajoy e i centristi di Ciudadanos. Il Partito socialista catalano (Psc) ha invitato i suoi militanti e simpatizzanti a parteciparvi. La manifestazione odierna si verifica 24 ore dopo una serie di mobilitazioni inedite e pressoché spontanee, in tutta Spagna, per chiedere ai due protagonisti della crisi, Rajoy e Puigdemont, di parlarsi, dopo settimane di muro contro muro.

 

In un incontro riservato ieri a Girona, il presidente del Cercle d’Economia Juan José Brugera, che rappresenta il gotha dell’economia catalana, ha chiesto al presidente della Catalogna Carles Puigdemont di fare marcia indietro perché l’indipendenza rappresenterebbe “una bomba per l’economia catalana”. Come scrive La Vanguardia, Brugero ha spiegato al President che “gli stessi cittadini, con il panico bancario degli ultimi giorni, ritirando contanti, cambiando conto ed entità, hanno creduto che l’indipendenza (Dui) sia possibile, hanno anticipato analisti ed investitori e hanno messo sul tavolo le conseguenze. I mercati seguiranno”. Secondo il quotidiano di Barcellona Brugero avrebbe chiesto a Puigdemont di annunciare una rinuncia immediata ad una Dui prima della riapertura dell’attività economica domani mattina.




Cesare Battisti: il Tribunale gli concede la libertà

SAN PAOLO – Il giudice José Marcos Lunardelli del Tribunale regionale federale della terza Regione ha concesso la libertà a Cesare Battisti, accogliendo la richiesta di habeas corpus avanzata dagli avvocati dell’ex terrorista, che era stato arrestato due giorni fa a Corumba’ nel Mato Grosso do Sul.

La decisione del tribunale con sede a San Paolo è provvisoria, sottolineano i media. L’aspettativa comunque è che Battisti possa lasciare il carcere di Corumba’ nelle prossime ore. I suoi difensori, Igor Sant’Anna Tamasauskas e Otavio Mazieiro, hanno divulgato una nota alla stampa informando che stanno prendendo “tutte le misure necessarie” affinché il loro assistito sia liberato “già stanotte”




Cesare Battisti arrestato in Brasile: in auto forse aveva anche cocaina

Arresto in Brasile confermato per Cesare Battisti: lo ha deciso il giudice federale, Odilon de Oliveira, durante l’udienza di custodia svoltasi in videoconferenza nella sede della polizia federale di Corumba’. Il magistrato ha ritenuto che ci fossero i presupposti per la custodia cautelare in carcere. Secondo il giudice del Mato Grosso do Sul – stato del Brasile centro-occidentale dove Battisti è stato fermato dalla polizia stradale – l’ex terrorista “di fatto” stava cercando di varcare il confine del Brasile in direzione della Bolivia. Per de Oliveira, dunque, la misura preventiva nei confronti dell’italiano è necessaria proprio per scongiurare il “pericolo di fuga”.

Mentre Roma ribadisce la ferma volontà di assicurarlo alla giustizia italiana il prima possibile, all’indomani del suo arresto l’ex terrorista ha ostentato tranquillità e dichiara di “non temere l’estradizione” perché “protetto” da un decreto dell’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula. Un giudice federale ha comunque confermato il suo arresto per scongiurare il “pericolo di fuga”. “L’Italia è fortemente determinata a far sì che Battisti sconti la pena e la sconti nel nostro Paese”, ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, sottolineando che “sono stati fatti tutti i passaggi necessari” presso le autorità politiche e giurisdizionali brasiliane e assicurando che ne saranno fatti altri.

L’impegno per riportare Battisti in Italia va avanti da anni ma negli ultimi tempi, con l’insediamento del nuovo presidente brasiliano Michel Temer, di tutt’altro colore politico rispetto a Lula e alla Rousseff, si è impressa una decisa accelerazione. Nei mesi scorsi il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha dato mandato all’ambasciatore italiano in Brasile di richiedere formalmente alle autorità di riavviare le procedure per estradare l’ex terrorista, condannato all’ergastolo per quattro omicidi. La richiesta è stata sottoposta in Brasile ad una “prima analisi tecnica”, secondo indiscrezioni della stampa brasiliana, ma intanto ha ottenuto il consenso di due ministri ‘pesanti’: quello della Giustizia, Torquato Jardim, e degli Esteri, Aloysio Nunes Ferreira. Per quest’ultimo, in particolare, un eventuale via libera all’estradizione di Battisti sarebbe un gesto “importante dal punto di vista diplomatico”.

Il governo brasiliano avrebbe anche già trovato il modo di aggirare il decreto Lula, quello che nel 2010 concesse a Battisti lo status di rifugiato politico e quindi un visto permanente in Brasile. In base ad una delibera della Corte Suprema del 1969, infatti, “la pubblica amministrazione può annullare i propri atti” in presenza di un vizio oppure revocarli “per ragioni di convenienza o di opportunità”. Battisti evidentemente non crede, o ostenta di non credere, a questa possibilità e sfacciatamente dichiara di sentirsi ‘blindato’ dal decreto dell’ex presidente-operaio. Una sicurezza tradita però dai fatti.

E’ infatti ipotizzabile che la sua tentata fuga in Bolivia sia conseguenza proprio del pressing del governo italiano sul presidente Temer, che gli ha fatto temere che il Brasile non fosse più un luogo sicuro per lui. Alla polizia l’ex militante dei Pac, che ha cercato di fuggire a bordo di un taxi boliviano, ha raccontato di voler andare in Bolivia per “pescare e fare shopping”. Una spiegazione alla quale gli agenti brasiliani non hanno creduto. Corumbà, la città al confine nella quale è stato fermato, dista centinaia di chilometri dal luogo in cui vive Battisti. Inoltre l’ex terrorista aveva con sé cinquemila dollari e duemila euro in contanti e per la legge brasiliana per portare fuori dal Paese cifre in denaro superiori ai diecimila real (circa tremila euro) bisogna dichiararle alle autorità. Tra gli oggetti trovati nell’auto anche una ‘polvere di colore biancastro’: gli inquirenti non escludono che possa trattarsi di cocaina, gli esami sono in corso.

In serata l’udienza in videoconferenza con un giudice federale, Odilon de Oliveira, conosciuto in Brasile per aver incarcerato supertrafficanti, che ha confermato il suo arresto. Al momento Battisti è accusato di evasione fiscale e riciclaggio ed il magistrato ha ritenuto che ci fossero i presupposti per la custodia cautelare in carcere visto il pericolo di fuga dato che “di fatto” l’ex terrorista stava cercando di varcare il confine con la Bolivia.

Intanto dal mondo politico italiano si moltiplicano gli appelli per l’estradizione dell’ex militante dei Pac. “Non si perda altro tempo, il governo si adoperi con ogni mezzo affinché Battisti sconti la sua pena nel nostro Paese”, dichiara il vicepresidente della Camera e candidato premier del M5S, Luigi Di Maio. “Per il governo italiano è giunto di nuovo il momento di chiedere l’estradizione e di compiere ogni legittima azione per ristabilire il diritto”, dice la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani. Ha parlato anche la cognata dell’ex terrorista Ivea Battisti per ribadire la sua innocenza e per accusare i pentiti che “si sono divertiti alle sue spalle”. Per Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pier Luigi ucciso nel 1979 durante una rapina organizzata dall’ex terrorista, “non c’è nulla da festeggiare, è un nuovo passaggio di questa battaglia interminabile. Magari siamo alla volta buona, questi due governi sono nelle condizioni di dare giustizia alle vittime”




Tom Petty stroncato da un infarto: è lutto nel mondo del rock

SANTA MONICA (USA) – Il mondo del rock è in lutto e piange la dipartita di uno dei suoi pionieri indiscussi: Tom Petty, morto nel corso della notte al Santa Monica Hospital in California, all’età di 66 anni, a seguito delle complicazioni di un attacco di cuore che lo aveva colpito domenica notte mentre si trovava nella sua casa di Malibu.

Il sito Tmz ha diffuso per primo la notizia del malore, anche se in un primo momento l’entourage del musicista non ha voluto commentare. Le prime notizie erano contrastanti e c’era molta confusione sul web,inizialmente infatti si parlava già della morte di Petty, anche se non vi era conferma ufficiale, al contempo però si leggevano contrastanti voci che riguardavano precarie condizioni di salute. In realtà il quadro clinico era già abbastanza critico ed erano state avviate le procedure per dichiarare la morte cerebrale. “Heartbreakers”, un marchio che ha rappresentato la sua ultraquarantennale carriera fatta di tour in tutto il mondo e collaborazioni con artisti di fama internazionale del calibro di Bob Dylan e George Harrison. Nel 2002 è stato inoltre inserito nella Rock’n’roll Hall of Fame. Aveva da poco ultimato la sua fortunatissima tournée per festeggiare i 40 anni della sua band, gli spettacoli erano stati particolarmente apprezzati dagli estimatori e avevano registrato il tutto esaurito. Impossibile dimenticare brani del calibro di ‘honey bee’, free fallin’ e ‘american girl’. I tredici album pubblicati con gli Hearbreakers, l’ultimo nel 2014, sono considerati delle vere e proprie gemme del rock targato USA, come del resto anche i suoi tre album da solista.

Recentemente, nel corso di un’intervista a Rolling Stone, ha parlato di questo ultimo tour: “È molto probabile che continueremo a suonare, ma mentirei se non dicessi che questo potrebbe essere l’ultimo tour”. Sembra quasi un beffardo scherzo del destino: l’Heartbreakers della fama, della gloria e del successo ottenuto negli anni che si tramuta improvvisamente in un blackout di annullamento del corpo e della mente in quella casa di Malibu, inducendo irreversibilmente alla morte di un uomo, forse stanco di suonare o forse semplicemente voglioso di cambiare ma sempre grintoso e con lo spirito che lo ha contraddistinto. Ciao Tom.

Angelo Barraco




Attentato a Marsiglia, c’è una pista italiana: il killer venuto da Aprilia

La procura di Roma aprirà un fascicolo contro ignoti, e per associazione con finalità di terrorismo, nel quadro degli accertamenti che saranno avviati per fare luce sulla rete di contatti in Italia di Ahmed Hanachi, il tunisino autore del duplice omicidio di Marsiglia. Gli accertamenti, saranno curati dal procuratore aggiunto Francesco Caporale.

Il primo ottobre due ragazze, 17 e 20 anni, sono state uccise fuori dalla stazione di Marsiglia. L’assassino, non radicalizzato ne’ noto per fatti di terrorismo ma delinquente abituale, ha tagliato la gola alla prima appena fuori dalla stazione di Saint-Charles, ha abbozzato una fuga, poi e’ tornato e ha pugnalato l’altra. Quando ha visto una pattuglia di militari si è gettato contro di loro gridando “Allah Akbar”, ma il primo soldato che ha estratto l’arma lo ha abbattuto con due colpi.

Un criminale comune più che un terrorista, dicono i rapporti di polizia a proposito di Ahmed Hanachi che, in Francia, non era mai stato segnalato per legami con l’integralismo islamico. La sua strada si era incrociata con quella di Anis Amri, tunisino come lui, ucciso a Milano, autore della strage del mercatino di Natale a Berlino: tutti e due ci erano passati per Aprilia. Amri ci aveva vissuto qualche settimana nel 2015, Hanachi si era sposato nel 2008 con una donna italiana con la quale ha vissuto fino a circa tre anni fa, quando ha lasciato il paese. Ma i suoi legami con la cittadina alle porte di Roma durano fino ad oggi: due notti fa, subito dopo l’attentato, è stata perquisita l’abitazione della suocera di Hanachi, che vive ancora ad Aprilia, e sia lei sia il marito sono stati interrogati a lungo




Las Vegas, 50 morti al concerto: killer ucciso. Rintracciata donna asiatica

LAS VEGAS – E’ di almeno 50 morti e 200 feriti il bilancio aggiornato della sparatoria nella zona dei casinò di Las Vegas: il killer avrebbe aperto il fuoco dal 32mo piano dell’hotel Mandalay Bay verso la folla che assisteva a un concerto per il festival country “Route 91 Harvest”, nelle immediate adiacenze. Testimoni affermano di aver visto i bagliori degli spari. Un uomo sospettato di aver aperto il fuoco è stato ucciso. ”A questo punto non consideriamo la sparatoria un atto di terrorismo – afferma la polizia di Las Vegas – Sembra più un’azione di un lupo solitario”. Fra i morti ci sono due agenti di polizia fuori servizio: erano tra il pubblico ad assistere al concerto.

La polizia ha rintracciato Mary Lou Dandley, ma non è chiaro se sia sotto custodia della polizia. La donna, asiatica, avrebbe legami con il killer. Nata il 12 dicembre 1954, è considerata una ”persona di interesse” e viveva con l’aggressore. La polizia sta cercando anche due auto, una Hyunday e una Chrysler Pacific, registrate a nome dell’autore della sparatoria. Lo sceriffo chiede di consegnare i video della sparatoria perché potrebbe aiutare le indagini.

La polizia, arrivata in forza sul posto, ha fatto irruzione in un edificio, isolando il 29/o piano. Anche gli agenti delle Swat intervenuti sono stati presi di mira da colpi di arma da fuoco, riferisce il New York Times.

“Abbiamo sentito decine di colpi di armi automatiche”, riferisce uno dei testimoni. Nei video pubblicati online, la cui autenticità non può essere verificata, si sentono quelle che sembrano centinaia di raffiche di mitra. E’ stato bloccato il traffico aereo all’aeroporto McCarran di Las Vegas, che sorge poco distante dalla zona dei casinò teatro di una violenta sparatoria.




Catalogna, referendum: scontri a Girona e Barcellona. Polizia sequestra le urne

CATALOGNA – Tafferugli e spintoni con la polizia si sono verificati davanti alcuni seggi per il referendum in Catalogna, in particolare quando gli elettori si sono rifiutati di far entrare gli uomini della Guardia Civil nei seggi. Alcune persone, a Girona e a Barcellona, si sono messe davanti agli ingressi oppure si sono sdraiati a terra opponendo resistenza passiva, ma sono stati spostati con la forza. Si registrano anche i primi feriti, almeno tre, tra cui una signora anziana nel quartiere di Roquetes a Barcellona.

La polizia spagnola in tenuta antisommossa ha sequestrato le urne dopo avere fatto irruzione nel seggio di Ramon Llul a Barcellona, dove erano già iniziate le operazioni di voto. Gli agenti spagnoli, alcuni dei quali imbracciavano fucili lancia granate, sono usciti al centro portando le urne in mezzo a una folla di elettori che gridavano “votarem!”.

Agenti della Guardia Civil spagnola in tenuta anti-sommossa sono intervenuti nel seggio dove era previsto votasse il presidente catalano Carles Puigdemont, a Girnoa. Gli agenti spagnoli hanno allontanato la stampa e usano la forza per spostare la folla di cittadini concentrati a protezione del seggio. Il presidente catalano però ha già votato in un altro seggio a Girona dopo che la polizia spagnola ha fatto irruzione in quello di Sant Julia de Ramis.

Le operazioni di voto sono iniziate in diversi collegi elettorali in Catalogna che hanno potuto aprire alle 9. In alcuni seggi sta intervenendo la polizia spagnola. Migliaia di persone si sono concentrate in tutto il paese davanti ai seggi, che in molti casi sono difesi dai trattori del sindacato dei Contadini catalani (Up).




Cuba, rischio “attacchi acustici”: Trump ferma viaggi e visti

USA – Gli Stati Uniti intendono diffondere una allerta invitando i cittadini americani a non recarsi a Cuba, in seguito a timori per possibili ‘attacchi’ negli hotel dell’isola che metterebbero a repentaglio la salute dei viaggiatori; interrompono, a scadenza indefinita, il rilascio di visti a Cuba e fermano i viaggi di delegazioni ufficiali in seguito agli attacchi contro il personale americano; ordinano al 60% dello staff dell’ambasciata americana al’Avana di lasciare la sede di rappresentanza in seguito a “specifici attacchi” contro diplomatici a Cuba.

Dopo alcuni “misteriosi incidenti” che avrebbero compromesso la salute di almeno 21 diplomatici americani a Cuba, gli Stati Uniti sarebbero in procinto di chiedere al 60% del proprio staff a L’Avana di lasciare la sede di rappresentanza (riaperta nell’agosto del 2015). Si tratterebbe di tutto lo staff “non essenziale”, lasciando quindi sull’isola solamente il personale “di emergenza”. Non è ancora chiaro se questo allontanamento sarà obbligatorio o su base volontaria. A proposito di questi incidenti non ancora chiariti, gli Usa parlano ora di “specifici attacchi” contro i propri cittadini, come riporta l’agenzia Associated Press citando fonti.

Questi misteriosi “incidenti” che hanno coinvolto i cittadini Usa includono diversi sintomi, tra cui disturbi dell’udito, perdita momentanea della memoria, nausea, mal di testa e stordimento. Gli Stati Uniti non hanno mai incolpato ufficialmente Cuba ma il Segretario di Stato Rex Tillerson durante un incontro con il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez lo scorso martedì, ha sottolineato la responsabilità di L’Avana di proteggere i diplomatici stranieri. Cuba ha sempre negato ogni coinvolgimento. Gli attacchi sarebbero cominciati nell’autunno del 2016 e proseguiti fino al 21 agosto scorso.