Storico accordo tra le due Coree, Moon Jae-in e Kim Jong-un: “Impegno sulla denuclearizzazione”

Storico incontro fra i leader delle due Coree al confine fra i due stati, a cavallo della linea di demarcazione del villaggio di Panmunjom. Il terzo summit intercoreano fra il leader di Pyongyang, Kim Jong-un, che ha invitato a non sprecare l’occasione perché ‘una nuova storia comincia adesso’; e quello di Seul Moon Jae-in, il quale ha ricordato che il mondo guarda all’incontro.

Moon Jae-in e Kim Jong-un hanno convenuto sull’impegno di completare la denuclearizzazione della penisola coreana, concordando anche di ridurre gli arsenali convenzionali a sostegno degli sforzi per ridurre le tensioni militari e rafforzare la pace nella penisola.

Le due Coree di sono impegnate a trasformare entro il 2018 l’armistizio siglato nel 1953 in un vero e proprio trattato di pace. Lo prevede la dichiarazione congiunta firmata dai leader Moon Jae-in e Kim Jong-un.

“Abbiamo aspettato a lungo questo momento per molto tempo e quando è giunto abbiamo realizzato che siamo una nazione, che siamo vicini”. E’ il messaggio letto dal leader nordcoreano Kim Jong-un, a commento della firma della dichiarazione congiunta. “Siamo legati dal sangue e i compatrioti non possono vivere separatamente”, ha aggiunto.

Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha detto che non rovinerà più il sonno del presidente sudcoreano Moon Jae-in a causa del lancio di missili balistici, quale effetto dello stop ai test nucleari e balistici annunciato la scorsa settimana. E’ quanto ha riferito Yoon Young-chan, portavoce dell’Ufficio presidenziale di Seul in un briefing coi media trasmesso da Arirang Tv. “Non interromperò più il sonno del primo mattino”, ha affermato Kim rivolgendosi a Moon.

Le due Coree hanno concordato che il presidente Moon Jae-in debba visitare Kim Jong-un a Pyongyang in autunno. Lo dichiarazione congiunta firmata dai due leader, tuttavia, non precisa il periodo limitandosi a ricordare che tra i due ci saranno, su base regolare, incontri e telefonate dopo la recentissima apertura di una linea rossa.




Liverpool, in coma supporter: arrestati due romanisti per tentato omicidio

Un tifoso dei Reds in coma, due romanisti arrestati e accusati di tentato omicidio, l’Uefa “scioccata” dagli incidenti registrati nei pressi di Anfield, Liverpool “sconvolto”, e Roma ancora una volta al centro dell’attenzione della scena europea per il comportamento violento dei propri tifosi. Il day-after della semifinale d’andata di Champions League è a tinte fosche, con un bilancio degli scontri gravissimo. Sean Cox, il 53enne irlandese rimasto a terra dopo i tafferugli, è ricoverato al Walton Neurological Center e versa in condizioni critiche. I familiari hanno riferito ai media che sarebbe in coma, con gravi danni al cervello causati dai colpi sferrati – secondo le ricostruzioni della polizia – con cinte, bastoni e un martello. La moglie del tifoso dei Reds, secondo altri parenti sentiti dal Mirror e dal Liverpool Echo, si starebbe chiedendo in queste ore “se non sia il caso di lasciarlo andare”.

Per l’aggressione sono in arresto da ieri due ultrà romanisti – Filippo Lombardi di 21 anni e Daniele Sciusco di 29 -, per tentativo di omicidio

I due sono stati identificati dagli agenti della Digos della Questura di Roma inviati in Gran Bretagna per collaborare al dispositivo di sicurezza messo in atto dalla polizia locale. La polizia italiana ha avvertito i colleghi della presenza del gruppo ultrà ‘Fedayn’ a Liverpool e proprio con il suo arrivo vicino allo stadio sono avvenuti i violenti incidenti in cui il tifoso dei Reds è stato ferito. Gli agenti italiani hanno individuato il gruppo, una quarantina di persone bloccate dalla polizia inglesi per essere riprese con video e identificate e quindi fatte entrare comunque nello stadio. Durante la partita gli uomini della Digos han visionato i filmati e identificato Sciusco e Lombardi, entrambi già noti come appartenenti al gruppo ultrà, come due dei responsabili degli incidenti.

Successivamente i due sono stati bloccati sempre da parte della Digos e poi sottoposti a fermo. L’Uefa si è detta “profondamente scioccata” per quello che ha definito come un “vile e ignobile attacco” che certamente provocherà “provvedimenti severissimi. “Prima di decidere sulle potenziali accuse disciplinari”, tuttavia, ha precisato di essere “in attesa di ricevere i rapporti completi”. Il rischio è che nella prossima riunione della Commissione disciplinare prevista per il 31 maggio si arrivi a dure sanzioni per la Roma, che potrebbero portare anche alla squalifica dell’Olimpico. I giallorossi vantano altri precedenti finiti nella black list, come gli scontri con il Galatasaray nel 2002.

La Roma rientrata nel pomeriggio per cominciare a preparare la gara di campionato col Chievo, ha rivolto un pensiero e “le nostre preghiere al tifoso ricoverato in ospedale e alla sua famiglia”, e soprattutto “condanna nella maniera più dura possibile l’aberrante comportamento di una ristretta minoranza di tifosi in trasferta che hanno arrecato vergogna al club e alla stragrande maggioranza dei romanisti che hanno avuto una condotta esemplare ad Anfield. Non c’è posto per comportamenti così vili nel mondo del calcio. Il club ha offerto la collaborazione al Liverpool, alla Uefa e alle autorità”. La società inglese ha fatto sapere di essere “scioccata e sconvolta”, e poi ha chiesto chiarezza spiegando che “continuerà a lavorare a stretto contatto con le autorità competenti per stabilire come sono andati i fatti” relativamente a quello che è considerato un “grave e inquietante incidente”. Che adesso fa schizzare alle stelle la tensione per la semifinale di ritorno con oltre cinquemila tifosi inglesi attesi per la gara dell’Olimpico.




Catturato dopo 40 anni il mostro della California: è un ex poliziotto

Preso, dopo quasi mezzo secolo, il serial killer soprannominato il “Golden State Killer” che tra gli anni ’70 e ’80 ha seminato il terrore in California. Si tratta dell’ex agente, oggi 72 enne, Joseph James DeAngelo responsabile di 12 omicidi, 45 stupri e 120 rapine. La caccia al mostro ha rappresentato un vero e proprio cold case risolto dopo 40 anni grazie alla tenacia di un investigatore privato e ad un libro.

Un libro e le tracce di DNA la chiave di volta

Le ricerche erano ripartite all’inizio di quest’anno, dopo l’uscita di un libro dal titolo “I’ll Be Gone in the Dark”, scritto da Michelle McNamara, autrice che da anni si è appassionata al caso del serial killer. Caso sul quale l’investigatore della contea di Contra Costa, Paul Holes, ha lavorato per decenni, affermando il mese scorso che il killer continuava a seguire le notizie riguardanti i suoi crimini cambiando il modo in cui attaccava le sue vittime. “Ha coperto le sue tracce molto bene”, ha detto Holes: “Ciò di cui non ha tenuto conto è stata l’uso della tecnologia per rinvenire tracce di Dna”, che avrebbe preso il sopravvento nel futuro. L’investigatore ha spiegato che il killer ha lasciato molte tracce del suo Dna, e la polizia le ha usate per identificarlo.
La prima vittima, una donna stuprata in casa – Il primo stupro del “Golden State Killer” risale al 18 giugno 1976: la vittima, Jane, stava dormendo con il figlio di 3 anni mentre il marito era già andato al lavoro. A un certo punto un uomo mascherato entrò nella camera da letto con in mano un coltello da macellaio, legò madre e figlio, li bendò, e poi violentò la donna.

Da quel momento il mostro è diventato uno degli uomini più ricercati d’America

Ma lui nel frattempo continuava a compiere omicidi, stupri e rapine in diverse comunità, sempre in California. All’inizio prese di mira donne sole con figli, diventando conosciuto come “Original Night Stalker”, poi – sino al 1986 – colpì anche diverse coppie all’interno delle loro case. Nessuno era mai stato catturato o identificato. Nel 2001 l’Fbi offrì una ricompensa di 50mila dollari a chi avesse fornito informazioni per arrivare al suo arresto. Il caso è chiuso, dopo 40 anni.

Enrico Pellegrini




Il Giudice inglese: “Alfie sta morendo”. Papà Tom: “Il guerriero lotta ancora”

Alfie Evans sta morendo: l’annuncio è stato dato dal giudice durante udienza in Corte d’Appello britannica. Ma papà Tom non si arrende ancora e posta un video da Liverpool su Facebook secondo cui Alfie è ormai allo stremo, per affermare che suo figlio resiste, che “si è ripreso per la terza volta”, che “il guerriero lotta ancora”. “E’ tornato, ha avuto solo un calo, è diventato pallido, le labbra si sono un po’ scurite, ma è tornato”, scrive Tom. “Voglio solo che tutti sappiano che Alfie si è stabilizzato”, insiste.

Tom Evans, il papà di Alfie, minaccia di far causa a tre medici dell’Alder Hey Hosipital di Liverpool per cospirazione finalizzata all’omicidio del figlio e fa sapere di aver già preso contatti con investigatori privati per istruire il caso. Lo si è appreso dai fonti legali durante l’udienza di oggi sul possibile trasferimento in Italia del bambino di fronte alla Corte d’Appello di Londra.




Takrouna 1943: l’orgoglio italiano sino all’estremo sacrificio

In occasione del 75° anniversario, si è tenuta ieri, a Takrouna (Tunisia), la commemorazione dei soldati italiani caduti nell’ultima battaglia della Campagna d’Africa (20-22 aprile 1943), presso il memoriale costruito anche grazie all’impegno ed alle donazioni dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia.

Alla cerimonia, organizzata dall’Ufficio Militare dell’Ambasciata diretto dal Capitano di Vascello Paolo Fantoni, in un clima di sentita partecipazione e commozione, ha partecipato l’Ambasciatore d’Italia a Tunisi, Lorenzo Fanara, oltre ai numerosi addetti militari in rappresentanza delle rispettive delegazioni (Algeria, Canada, Francia, Belgio, Russia…) ed alle istituzioni civili e militari locali.
Significativa, inoltre, la presenza dei Parà Rolando Gianpaolo e Lucilla Andreoli familiari del Ten. Gianpaolo e del S.Ten. Cesare Andreoli (Medaglia d’Argento), ai quali si devono la realizzazione delle aste per le bandiere e la protezione del simbolo, insieme con una numerosa delegazione dell’Associazione Italiani di Hammamet, grazie alla quale si realizzerà l’iscrizione esterna al luogo: “Memoriale dei Paracadutisti Italiani caduti in Tunisia”.

Nel corso della cerimonia sono state attribuite le onorificenze al il Primo Maresciallo Salvatore Ferraro, che ha ricevuto i gradi da Luogotenente e all’Appuntato Scelto Stefano Morlino, che ha ricevuto la Croce d’Argento per anzianità di servizio.

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Il piccolo villaggio di Takrouna – dove si arriva attraverso una malconcia strada principale – sorge tra aspre colline rocciose interrotte da qualche strada sterrata, nella regione del Sahel

Qui, il tempo sembra essersi fermato. La straordinaria semplicità del memoriale ne evoca il rispetto per la sacralità, un luogo nel quale si sono spezzate migliaia di vite, immolate per la Patria, per un ideale. “La terra d’Africa ha consentito di scrivere le più belle pagine di storia, spesso dolorosa ma sempre di grande esempio e monito per noi che vestiamo con amore ed onore l’uniforme” ha sottolineato il Comandante Fantoni.

Il documento inedito [Cliccare di seguito per visionarlo Documento Amedeo Querci]

In un inedito documento qui riportato, rinvenuto da Anna Querci tra le cose di suo padre, Amedeo Querci che fu reduce della battaglia, vengono descritti, con dovizia di particolari, dati ed analisi di quella che viene definita una “..missione suicida, compresa e accettata da tutti…” quei soldati ai quali, il Gen. Messe il 17 aprile del 1943, consegnando al Battaglione il Vessillo del 66° Reggimento, ordinò la resistenza sino all’estremo sacrificio. E tale fu, sino a quando, ridotti allo stremo delle forze, oramai senza munizioni, si batterono sino all’arma bianca.

Più che condivisibile, quindi, la rivendicazione del Comandante Fantoni di voler tener viva la memoria di tali imprese per le generazioni future che, senza alcun dubbio, rimane un dovere morale. Come chiosato dall’Ambasciatore Fanara, “La memoria di un Paese deve essere preservata con il rinnovato impegno delle istituzioni non per risentimento ma in prospettiva futura, perché riteniamo doveroso impegnarci, anche con le forze armate, oltre che con la diplomazia, a preservare la pace. La memoria è sacra, la Patria è sacra, il coraggio va ricordato, il sacrificio va valorizzato ma soprattutto guardando al futuro per scongiurare ulteriori conflitti”.

Inquadramento storico (Sintesi)

Il 285° Battaglione Folgore, alla sua costituzione composto da 5 compagnie fra cui la 108^ del Ten. Gianpaolo, era formato da quegli iniziali 3500 paracadutisti, dei quali circa 450 insieme a granatieri, bersaglieri e truppe tedesche, riuscirono a rompere l’accerchiamento degli Inglesi continuando a combattere strenuamente per altri 6 mesi durante tutta la ritirata da El Alamein, attraverso la parte occidentale dell’Egitto, tutta la Libia fino in Tunisia.

2500 km di estenuante ritirata nel deserto, sete, fame, freddo notturno, caldo soffocante di giorno, sporcizia, parassiti, mancanza di rifornimenti adeguati, attacchi da terra e dal cielo che misero a dura prova questi uomini.

Oramai decimati dal costante fuoco nemico, i fanti della 1^ compagnia del 66° Reggimento, i Paracadutisti del 285° battaglione e un’ultima compagnia di Granatieri giunta in rinforzo, per un totale di circa 500 uomini, riuscirono a resistere fino alla sera del 21 aprile. Alla fine – la mattina del 22 aprile – dovettero arrendersi di fronte alle soverchianti forze Neozelandesi, avendo oramai terminato le munizioni.

La maggior parte morì combattendo finanche all’arma bianca. Diverse furono le Medaglie d’argento e di bronzo al valore. Tra queste merita di essere ricordata quella d’Argento del S.Ten. Cesare Andreoli. I pochissimi sopravvissuti, una cinquantina, furono avviati verso i campi di prigionia in Egitto.
Radio Londra, per giustificare il ritardo dell’avanzata verso Tunisi, dovuto alla resistenza incontrata, affermò che l’Italia aveva schierato laggiù i suoi migliori soldati.

Tiziana Bianchi




Alfie, i genitori vogliono trasferirlo in Italia. Per il Giudice Hayden il bambino può andare a casa, ma non in Italia

Il giudice dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden ha chiesto ai medici dell’ospedale Alder Hey di Liverpool di valutare se consentire che Alfie Evans venga riportato a casa dal padre e dalla madre, mentre non ha fatto alcuna apertura su un trasferimento in Italia. Lo riferiscono reporter britannici presenti all’udienza di oggi a Manchester citati dal Liverpool Echo. Ora s’attende la risposta dell’ospedale. Il giudice ha inoltre criticato alcune persone vicine ai genitori accusandole di dare “false speranze”.

Il giudice d’appello dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden, firmatario nei giorni scorsi del verdetto di via libera a staccare la spina al piccolo Alfie Evans, aveva fissato per oggi pomeriggio una nuova, inattesa udienza sulla base degli ultimi sviluppi di queste ore

n precedenza i genitori di Alfie Evans avevano rilanciato la richiesta di trasferimento da Liverpool a un ospedale italiano, alla luce della capacità di respirazione autonoma mostrata dopo il distacco dai macchinari.

Cdm conferisce a Alfie cittadinanza italiana   Il cdm, su proposta del Ministro Marco Minniti, ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, ha deliberato il conferimento della cittadinanza italiana ad Alfie EVANS, nato a Liverpool (Gran Bretagna) il 9 maggio 2016, in considerazione dell’eccezionale interesse per la Comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici, nella tutela di preminenti valori umanitari che, nel caso di specie, attengono alla salvaguardia della salute.E’ scritto nel comunicato diffuso al termine di una riunione lampo.

Intanto il piccolo Alfie Evans non si arrende e la battaglia continua. E’ una resistenza oltre ogni previsione quella dimostrata la notte scorsa dal bambino di 23 mesi, colpito da una grave quanto ignota patologia neurodegenerativa, per il quale i medici dell’Alder Hey Hospital di Liverpool hanno chiesto e ottenuto l’autorizzazione della giustizia britannica a staccare la spina contro il volere dei giovanissimi genitori Tom e Kate. Un caso che sta scatenando proteste e interrogativi, quanto e più di vicende precedenti, a maggior ragione dopo la decisione del governo di Roma di concedere la cittadinanza italiana “per motivi umanitari”.

Un intervento che per il momento non ha smosso le autorità di Londra, né ha modificato i verdetti già emessi nel Regno. Come testimonia il via libera confermato dal giudice Anthony Hayden ad avviare le procedure di distacco di Alfie dai macchinari salvavita scattata ieri sera verso le 22:30 ora locale. Sembrava fosse l’inizio della fine, ma è accaduto l’imprevisto: Alfie ha continuato a respirare nel suo lettino, fra la braccia di mamma Kate, anche senza l’ausilio del ventilatore meccanico. Ed è andato avanti “per oltre nove ore”, come in mattinata ha raccontato il padre dinanzi a circa 200 manifestanti e attivisti che seguitano a sostenerne la battaglia di fronte all’ospedale di Liverpool, sorvegliati da decine di poliziotti. Gli stessi medici – ha detto Tom Evans – sono rimasti “esterrefatti”. Dopo sei ore – durante le quali al bambino erano mancati pure acqua e cibo, che non è in grado di ricevere senza assistenza esterna – lo staff ha quindi deciso di tornare a idratarlo.

Poco dopo è stato ripristinato l’ossigeno, seppure per ora solo tramite bombole. Uno sviluppo che ha ridato fiato alla battaglia. “Ad Alfie è stato assicurato l’ossigeno e l’acqua! E’ sorprendente. Non importa cosa accadrà, ha già dimostrato che i medici si sbagliano”, ha scritto su Facebook la mamma dando conto della novità. “Dicevano che stava soffrendo, invece non soffre anche senza respiratore”, ha detto papà Tom. L’ospedale intanto tace invocando “la privacy della famiglia”, ma appare in imbarazzo: ancora ieri sera aveva annunciato un bollettino per stamane, poi annullato. E dall’Italia ripartono le sollecitazioni della politica a “salvare Alfie”, mentre la diplomazia si muove sotto traccia. Il Vaticano prova a tessere a sua volta la propria tela e l’ospedale Bambino Gesù rinnova l’offerta di accogliere e continuare a dare assistenza al piccolo. Londra, tuttavia, resta ferma al momento nella difesa della giurisdizione che il Regno Unito s’attribuisce. La concessione della cittadinanza ad Alfie dà all’Italia il diritto d’essere ascoltata, attraverso canali politici, diplomatici e legali. Ma non cancella – notano fonti locali – il fatto che il bimbo rimanga anche cittadino britannico. Ricoverato in un ospedale nel territorio dell’isola e soggetto a sentenze emesse da corti di Sua Maestà.




Alfie verrà in Italia. Riattaccato l’ossigeno. L’Equipe del Bambino Gesù è pronta. Pinotti ha fornito un aereo

ROMA – “In questo momento Alfie ha un respiratore. L’Equipe del Bambino Gesù è pronta per partire con un aereo fornito dal ministro Pinotti”. Così l’ospedale conferma quanto annunciato dal presidente del Bambino Gesù, Mariella Enoc a Radio 24. “Ho parlato poco fa con Thomas, il padre di Alfie. In questo momento Alfie ha la mascherina per l’ossigeno però c’è bisogno di trasportarlo”. ”Poco fa ho parlato con l’ambasciatore Trombetta a cui ho detto che la nostra equipe e’ allertata e pronta a partire in pochi minuti”.

Il ministro Pinotti, ha affermato Enoc a Radio 24, “si sta attivando per dare l’aereo. La situazione va risolta in pochi minuti”. ella giornata di ieri, Enoc si era recata a Liverpool, ma ha riferito di non essere stata ricevuta dai responsabili dell’ospedale, dove Alfie è ricoverato.

Alfie: post madre: ‘Riattaccato l’ossigeno e data l’acqua’

“Ad Alfie è stato assicurato l’ossigeno e l’acqua! E’ sorprendente. Non importa cosa accadrà, ha già dimostrato che i medici si sbagliano”. Lo scrive in un post la mamma di Alfie, Kate James. Nel post,  sono pubblicate due foto del piccolo: nella prima, si vede il bambino senza cannule per l’ossigeno in braccio alla madre; nella seconda, Alfie ha invece le cannule nasali per l’apporto di ossigeno. La madre ha espresso la propria gioia per la possibilità data ad Alfie di poter usufruire dell’ausilio per l’ossigenazione con un post in cui campeggiano vari cuoricini e che si conclude con la frase “Quanto è bello”.

La macchina per la ventilazione respiratoria è stata staccata ad Alfie ieri sera, all’incirca alle 22.30 ora inglese, dopo una giornata densa di polemiche e contatti diplomatici in cui al bimbo è stata concessa la cittadinanza italiana.

Papà di Tom, il bimbo respira ma presto servirà aiuto – Alfie Evans ha continuato a respirare per oltre 9 ore dopo il distacco dal ventilatore. Lo conferma il padre Tom ai media britannici a Liverpool affermando che non è quanto si aspettassero i medici: “Dicevano che stava soffrendo e invece non soffre anche senza respiratore”, nota, dicendosi convinto comunque che entro “un paio d’ore” potrà aver bisogno di “sostegno” per continuare a respirare. Tom aggiunge che il bimbo non ha avuto neppure acqua o cibo “per sei ore”, ma poi è stato idratato dai sanitari. E precisa che mamma Kate dorme con lui.

Ieri Anthony Hayden, il giudice d’appello britannico che giorni fa ha firmato il verdetto che autorizza i medici di Liverpool a staccare la spina al piccolo Alfie Evans, ha chiuso la porta a ogni ripensamento dopo un ultimo consulto con gli avvocati delle parti e un confronto telefonico anche con i rappresentanti legali della famiglia in Italia: coinvolti in seguito alla concessione della cittadinanza italiana al bimbo.

Sempre ieri “I ministri degli Esteri Angelino Alfano e dell’Interno Marco Minniti hanno concesso la cittadinanza italiana al piccolo Alfie. In tale modo il governo italiano auspica che l’essere cittadino italiano permetta, al bambino, l’immediato trasferimento in Italia“.

Le procedure per il distacco del respiratore di Alfie soono riprese alle 17.30 di ieri in Italia, dopo una sospensione di alcune ore ottenuta dai genitori per ottenere un’ulteriore dilazione “per chiarire un aspetto formale della sentenza”.

E il Papa ha fatto un nuovo appello via twitter: “Commosso per le preghiere e la vasta solidarietà in favore del piccolo Alfie Evans – afferma -, rinnovo il mio appello perché venga ascoltata la sofferenza dei suoi genitori e venga esaudito il loro desiderio di tentare nuove possibilità di trattamento”.




Strage a Toronto: furgone trancia passanti sul marciapiede, 10 morti

TORONTO – Il conducente-killer di Toronto, che con un furgone bianco preso a noleggio ha fatto strage di passanti su di un marciapiede, ora ha un nome e cognome. Dopo essere stato arrestato e’ stato identificato in Alek Minassian, 25 anni, cittadino canadese forse di origini armene. Il bilancio dell’attacco intanto e’ salito a 10 morti e 15 feriti, di cui quattro in condizioni gravi. Chi e’ stato travolto dalla folle corsa a 70 chilometri orari sul marciapiede non ha avuto scampo.

Un “attacco deliberato”, spiegano gli investigatori, anche se al momento – ha sottolineato il capo della polizia di Toronto – non ci sono connessioni con l’ipotesi terrorismo, ne’ sono stati individuati rischi per la sicurezza nazionale. Tutte le piste sono ancora battute, ma fonti vicine alle indagini spiegano come quella principale seguita in queste ore dagli investigatori sia legata al gesto di una persona instabile mentalmente, con disturbi psichici di cui l’uomo soffrirebbe. Ma di Minassian si sa ancora molto poco.

Italia vicina alle famiglie colpite, alla città di Toronto e al Canada. Lo scrive su Twitter il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, rilanciando la dichiarazione del primo ministro canadese Justin Trudeau di cordoglio per le vittime del furgone che si è scagliato sui passanti ieri a Toronto.

Residente a Richmond Hill, una localita’ dell’Ontario a mezzora di macchina da Toronto, sarebbe uno studente universitario iscritto al Seneca College, un ateneo specializzato soprattutto in arti applicate, design e tecnologie, e dove Minassian pare studiasse informatica. La polizia ha smentito alcuni report sui media locali secondo cui Alek sarebbe una persona gia’ nota alle forze dell’ordine, che lo avrebbero preso di mira in passato. Altre fonti invece rivelano una scoperta che sarebbe stata fatta dagli investigatori ma non confermata: l’uomo avrebbe piu’ volte fatto ricerche sul web per avere piu’ informazioni possibili sulla strage del 2014 di Isla Vista, in California, quando un ragazzo di 22 anni investì e uccise 6 persone e ne feri’ altre 14 nei pressi del campus di Santa Barbara. Minassian comunque non sarebbe affiliato ad alcun gruppo terroristico organizzato e – confermano negli ambienti investigativi, non ci sarebbero al momento evidenze di una sua eventuale radicalizzazione. Intanto e’ diventato gia’ virale il video del poliziotto eroe che ha fermato il conducente-killer dopo la sua corsa omicida. Questi sceso dal furgone ha puntato una pistola contro l’agente urlando di sparargli. Il poliziotto ha pero’ mantenuto la calma, e puntando a sua vola la pistola contro Minassian lo ha convinto a desistere dopo una breve ma concitata trattativa, al termine della quale il killer e’ stato ammanettato.




Coraggio Alfie! Staccato il respiratore, il piccolo è ancora vivo. I genitori hanno praticato la respirazione bocca a bocca per tutta la notte. L’Italia deve prendere posizione

Il piccolo Alfie sarebbe ancora vivo a 9 ore dal distacco del respiratore, avvenuto ieri sera alle 22.30 ora inglese. Lo confermerebbero fonti vicine alla famiglia. Le stesse fonti rendono noto che i genitori del piccolo gli avrebbero praticato la respirazione bocca a bocca per tutta la notte, non potendo più il bambino ricevere ossigeno dalle macchine. Sarebbero, secondo quanto si apprende, ancora in corso i contatti diplomatici con l’obiettivo di riattaccare in extremis il respiratore al piccolo Alfie.

Papà di Tom, il bimbo respira ma presto servirà aiuto – Alfie Evans continua a respirare da oltre 9 ore dopo il distacco dal ventilatore. Lo conferma il padre Tom ai media britannici a Liverpool affermando che non è quanto si aspettassero i medici: “Dicevano che stava soffrendo e invece non soffre anche senza respiratore”, nota, dicendosi convinto comunque che entro “un paio d’ore” potrà aver bisogno di “sostegno” per continuare a respirare. Tom aggiunge che il bimbo non ha avuto neppure acqua o cibo “per sei ore”, ma poi è stato idratato dai sanitari. E precisa che mamma Kate dorme con lui.

Ieri Anthony Hayden, il giudice d’appello britannico che giorni fa ha firmato il verdetto che autorizza i medici di Liverpool a staccare la spina al piccolo Alfie Evans, ha chiuso la porta a ogni ripensamento dopo un ultimo consulto con gli avvocati delle parti e un confronto telefonico anche con i rappresentanti legali della famiglia in Italia: coinvolti in seguito alla concessione della cittadinanza italiana al bimbo.

Sempre ieri “I ministri degli Esteri Angelino Alfano e dell’Interno Marco Minniti hanno concesso la cittadinanza italiana al piccolo Alfie. In tale modo il governo italiano auspica che l’essere cittadino italiano permetta, al bambino, l’immediato trasferimento in Italia“.

Le procedure per il distacco del respiratore di Alfie soono riprese alle 17.30 di ieri in Italia, dopo una sospensione di alcune ore ottenuta dai genitori per ottenere un’ulteriore dilazione “per chiarire un aspetto formale della sentenza”.

E il Papa ha fatto un nuovo appello via twitter: “Commosso per le preghiere e la vasta solidarietà in favore del piccolo Alfie Evans – afferma -, rinnovo il mio appello perché venga ascoltata la sofferenza dei suoi genitori e venga esaudito il loro desiderio di tentare nuove possibilità di trattamento”.

Dopo il riconoscimento della cittadinanza, il padre – in un post su Facebook – scrive: ‘Attendiamo che il ministro degli esteri italiano chiami Boris Johnson. Alfie appartiene all’Italia”. Alfano e Johnson sono oggi entrambi a Toronto per la riunione del G7 dei ministri degli Esteri.

“Mio figlio appartiene all’Italia, io sono qui e qui resto, continuo a lottare come Alfie continua a lottare”, ha detto ancora il padre, rivolgendosi di fronte all’ospedale di Liverpool ai sostenitori che protestano contro la decisione della giustizia britannica di autorizzare i medici a staccare la spina. “Continuo a lottare per lui”, ha detto ancora Tom Evans, precisando di essere “in contatto con l’ambasciatore italiano”. “Io amo Alfie, amo Kate (la mamma del piccolo) e non mi arrendo”, ha concluso.

Secondo Maria Pia Garavaglia, vice presidente del Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), “in Italia, con il biotestamento, abbiamo una legge esplicita sul fine vita e, per quanto riguarda i minori, i titolari del diritto di scelta sono i genitori. E’ evidente che con l’acquisizione della cittadinanza italiana si applicherà la legge italiana, quindi saranno i genitori a decidere”.

Una parte dei manifestanti che protestavano fuori dall’Alder Hey Hospital di Liverpool ha tentato di fare irruzione nell’ospedale, come riportano i media britannici. La polizia ha serrato le file per bloccare l’ingresso, ma la tensione resta alta e la protesta si rafforza con ormai diverse centinaia di sostenitori della battaglia dei genitori presenti.

I manifestanti, che sventolano insegne del cosiddetto ‘Alfie Army’, sostengono i genitori nella battaglia contro la decisione della magistratura britannica di autorizzare i medici a staccare la spina.

“Ho parlato con i genitori, ho portato loro la vicinanza di Papa Francesco, ma anche dei tanti genitori che si trovano nella loro situazione”. Lo ha detto all’ANSA il Presidente del Bambino Gesù Mariella Enoc che ha appena lasciato l’ospedale di Liverpool, dove è ricoverato il piccolo Alfie Evans. “I genitori non si rassegnano, stanno facendo di tutto per rallentare l’inizio della procedura ma non si può più far nulla”, aggiunge Enoc




Orrore in Siria: trovata fossa comune

SIRIA – Una fossa comune che potrebbe contenere fino a 200 corpi è stata scoperta a Raqqa, l’ex ‘capitale’ dell’Isis nel nord della Siria: lo ha detto un funzionario della città, Abdallah al-Eriane, secondo quanto riporta Al Arabiya. Secondo al-Eriane circa 50 corpi – tra civili ed estremisti – sono stati recuperati finora. La fossa era stata scavata sotto un campo di calcio, vicino all’ospedale in cui i combattenti dell’Isis si erano trincerati prima di essere cacciati dalla città nell’ottobre del 2017.




Cuba, Miguel Diaz-Canel eletto presidente: è l’inizio di una nuova era

Miguel Diaz-Canel è il nuovo presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri dall’Assemblea Nazionale cubana. Diaz-Canel, il primo capo di Stato cubano dalla Rivoluzione del 1959 che non porta il cognome Castro ed è nato dopo la Rivoluzione stessa, era l’unico candidato per questi incarichi ed è stato eletto da 603 dei 604 deputati del Parlamento unicamerale dell’Avana presenti.

Miguel Diaz-Canel ha inaugurato oggi il suo mandato come presidente di Cuba con un discorso nel quale ha difeso la continuità della Rivoluzione comunista, in piena fedeltà con la “generazione storica” dei dirigenti che parteciparono nella guerra contro il regime di Fulgencio Batista. “Non c’è spazio per una transizione che comprometta l’eredità gloriosa della Rivoluzione”, ha detto Diaz-Canel ai deputati dell’Assemblea Nazionale, pochi minuti dopo la sua elezione agli incarichi di presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri. “Il mandato che abbiamo ricevuto è quello di dare continuità alla Rivoluzione”, ha aggiunto, sottolineando che “non c’è nessuno spazio per una restaurazione capitalista nell’isola” e “solo il Partito Comunista può garantire la sicurezza e il benessere del popolo cubano”.  Diaz-Canel ha reso omaggio al suo predecessore, Raul Castro, assicurando che resterà “a capo della vanguardia rivoluzionaria” in quanto segretario del Pcc e “prenderà le principali decisioni per il presente e il futuro” dell’isola. In risposta alle loro “preoccupazioni ed aspettative”, ha aggiunto, i cubani sanno che possono contare sull'”esperienza e la leadership” del Pcc, l’eredità del pensiero di Fidel Castro e l’esempio di suo fratello Raul. In quanto alla “attualizzazione del modello economico e sociale” di Cuba, Diaz-Canel ha detto che è necessario “perfezionarne l’applicazione e correggerne gli errori, che spesso irritano la popolazione e seminano cinismo ed insoddisfazione”, senza entrate nei dettagli della questione. Per quanto concerne la politica estera, il nuovo leader cubano ha assicurato che resterà “inalterabile”, in un “contesto internazionale segnato da un ordine mondiale ingiusto”, perché “Cuba non fa concessioni: mai cederemo i nostri principi in base a pressioni o minacce”. “Siamo sempre disposti a dialogare con tutti, a partire dal rispetto, dall’essere trattati come uguali”, ha indicato Diaz-Canel, prima di aggiungere che “la Rivoluzione è viva e va avanti”, continuando a svilupparsi “senza timori e senza passi indietro”.

Castro, Diaz-Canel sarà segretario del Pcc – L’ex presidente cubano Raul Castro ha detto oggi che il suo successore, Miguel Diaz-Canel, diventerà anche segretario del Partito Comunista Cubano (Pcc) “quando io verrò a mancare”. Diaz-Canel è stato eletto oggi presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri, dopo che Castro -che occupava i due incarichi dal 2008- non si è presentato come candidato alla rielezione, pur mantenendo la segreteria del Pcc fino al 2021.

Enrico Pellegrini