ALLARME EBOLA IN AFRICA OCCIDENTALE: PARTONO ALTRI STANZIAMENTI DALL'EUROPA

Il Ministero della Salute Italiano nel frattempo ha sottoscritto un accordo con lo Stato Maggiore della Marina Militare per la gestione delle problematiche quarantenarie che saranno eseguite stabilmente a bordo delle unità navali che partecipano all’operazione Mare Nostrum al fine di effettuare le operazioni di controllo sanitario già prima che i migranti arrivino nei porti italiani ed utilizzando il lasso di tempo che intercorre tra il recupero e l’arrivo in porto.

 

di Cinzia Marchegiani

Commissione UE- Più di 325 casi di Ebola sono stati confermati in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Fino alla fine di maggio solo Guinea e Liberia erano stati colpiti. Dal 29 maggio, invece, 94 nuovi casi sono apparsi nel distretto di Kailahun della Sierra Leone, una zona al confine con la Guinea. 12 nuovi casi anche riapparso in Liberia, che erano stati dichiarati Ebola-liberoIl Laboratorio europeo di Mobile (EMLAB), un progetto finanziato dall'Unione europea per le malattie infettive pericolose, è operativo in Gueckedou, Guinea dalla fine di marzo. Gli esperti del laboratorio europeo aiutano Ministero della Salute della Guinea per la diagnosi di febbre emorragica virale tra i casi sospetti, contribuendo così a confermare la Ebola, ridurre il numero di casi non diagnosticati e limitare l'ulteriore diffusione della malattia. L'imminente stagione delle piogge rischia di ostacolare l'accesso alla epidemia di hot spot a distanza di Kailahun. Con i nuovi casi segnalati anche in Guinea e Liberia espansione regionale dell'epidemia richiede approcci coordinati e di una mobilitazione supplementare di risorse.

Ebola, scoperto nella Repubblica democratica del Congo e Sudan nel 1976, numerosi focolai di questa febbre emorragica virale sono stati segnalati in Africa orientale e centrale, ma mai non in Africa occidentale, questo dimostra che si sta spostando in altre zone. Altamente contagioso, trasmissione interumana del virus Ebola avviene per semplice contatto con sangue e fluidi corporei. Vaccino o trattamento è ancora disponibile per questo patogeno, uno del mondo più letale con un tasso di mortalità fino al 90% a seconda del ceppo.

Ieri la Commissione europea ha stanziato un supplemento di € 500 000 per migliorare gli interventi volti a contenere il peggioramento epidemia di Ebola in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Questo porta il totale degli aiuti Commissione a € 1,9 milioni.
"Questa è la peggiore epidemia mai di una delle malattie più letali che l'uomo conosca. Non possiamo abbassare la guardia – e tutti noi dobbiamo fare un passo avanti per aiutare coloro che stanno combattendo con coraggio la malattia in prima linea ", ha detto Kristalina Georgieva, commissario europeo per la cooperazione internazionale, aiuti umanitari e risposta alle crisi.

Il finanziamento consentirà tre organizzazioni per sostenere ed espandere le loro azioni: Médecins Sans Frontières per la gestione clinica dei casi, la Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa per la sensibilizzazione della comunità e di sensibilizzazione, e l'Organizzazione mondiale della sanità per il rinforzo dei paesi "risposte di salute.
Esperti umanitari della Commissione sono dispiegati nella regione, dove si stanno monitorando la situazione e mantenere contatti con le autorità locali e partner.
In relazione alla facilità di trasmissione di questo virus letale e i continui sbarchi di immigrati che provengono proprio dall’Africa rende difficile poter contenere le possibili epidemie, e in merito a queste nuove emergenze il Ministero della Salute italiano, proprio lo scorso 18 giugno ha sottoscritto un accordo con lo Stato Maggiore della Marina Militare nel quale si prevede che dal 21 giugno personale sanitario del Ministero, con specifica formazione per la gestione delle problematiche quarantenarie, che competono direttamente allo Stato, sarà effettuata stabilmente a bordo delle unità navali che partecipano all’operazione Mare Nostrum al fine di effettuare le operazioni di controllo sanitario già prima che i migranti arrivino nei porti italiani ed utilizzando il lasso di tempo che intercorre tra il recupero e l’arrivo in porto. Si spiega questo nuovo approccio permette il contenimento delle possibile trasmissioni di malattie pericolose e quindi si opererà per la prima volta una proiezione in mare degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della salute. Medici, ed altro personale sanitario della Marina Militare imbarcato sulle stesse unità, continueranno ad effettuare gli interventi sanitari curativi che si rendessero necessari. L’operazione di controllo sanitario in mare aperto dovrebbe contribuire ad elevare ancora il livello di tutela dei cittadini residenti nel nostro Paese e quella dei migranti stessi. Il Ministero della Salute comunica questa nuova direttiva proprio sul sito istituzionale: "azione che permette di prosegue l’opera di rafforzamento del dispositivo di sorveglianza sanitaria nei confronti di potenziali rischi infettivi connessi ai flussi migratori ed ha avviato una iniziativa volta rispondere in maniera efficace all’incremento numerico delle persone da controllare."

L’Ebola, e quale altra malattia altamente infettiva, ha innescato queste nuove direttive? L’immigrazione senza fine ha creato allarmismi diventati non solo concreti, ma che hanno cambiato la vita soprattutto dei residenti delle zone dove questi approdi continui e senza sosta avvengono….una nazione deve dare assistenza, ma senza mettere in pericolo i propri cittadini…e queste notizie fanno riflettere sulle capacità amministrative non solo dell’Italia ma dell’intera Unione Europea.

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24/04/2014 EBOLA: IL RISCHIO DEL VIRUS ANCHE IN ITALIA



SIRIA: ARMI CHIMICHE CARICATE SULLA NAVE ARK FUTURA

La prossima fase di questa missione è il completamento delle operazioni marittime di consegnare i prodotti chimici per la distruzione presso l'impianto assegnato a bordo della nave statunitense Capo Ray

 

di Cinzia Marchegiani

Ahmet Üzümcü, il direttore generale OPCW – Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche – spiega il percorso iniziato poco meno di 9 mesi fa nel mese di ottobre, della missione del programma di armi chimiche della Repubblica araba siriana, definita come storica e senza precedenti, con l’invio dei primi ispettori dell'OPCW in Siria. Üzümcü proprio ieri, 23 giugno 2014 ha confermato un importante e colossale vittoria, affermando che un punto di riferimento importante in questa missione è stato raggiunto proprio in questa giornata. L'ultima delle sostanze chimiche residue individuate per la rimozione dalla Siria sono stati caricati ieri pomeriggio a bordo della nave danese Ark Futura. La nave ha fatto la sua ultima chiamata al porto di Latakia in quello che è stata un lunga e paziente campagna a sostegno di uno sforzo internazionale. La rimozione della riserva di precursori e di altre sostanze chimiche è stata una condizione fondamentale per poter eliminare le armi chimiche della Siria. La prossima fase di questa missione è il completamento delle operazioni marittime di consegnare i prodotti chimici per la distruzione presso l'impianto assegnato a bordo della nave statunitense Capo Ray, e presso le strutture commerciali in Finlandia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti d'America. Questa missione, che ha come obiettivo principe eliminazione del programma delle armi chimiche della Siria, è stata una grande impresa caratterizzata da una straordinaria cooperazione internazionale. Mai prima d'ora un intero arsenale di una categoria di armi di distruzione di massa stato rimosso da un paese platea di uno stato di conflitto armato interno. “E questo è stato fatto entro termini molto esigenti e stretti. La missione ha visto oltre 30 paesi e l'Unione europea commettere significativo aiuto finanziario e in natura. Questa cooperazione coperto esigenze logistiche e di trasporto principali, tra cui una complessa operazione marittima. La collaborazione con gli Stati membri in materia di attività di distruzione e la fornitura di attrezzature e impianti industriali per questo scopo è senza precedenti nella storia del disarmo. Desidero esprimere la nostra profonda gratitudine a tutti questi Stati parti. Questo sforzo collettivo è nato qui, a L'Aia, di un trattato che ha più che dimostrato la sua resistenza e la reattività. Dopo l'accordo quadro stipulato tra la Federazione russa e gli Stati Uniti d'America, il OPCW è stato chiamato a definire e attuare un programma elaborato” ha spiegato nel dettaglio Ahmet Üzümcü il direttore generale OPCW. Questa giornata è stata definita epocale, ma che racchiude molteplici e complicate tappe e passaggi, sul sito dell’OPCW si possono leggere i passi e le azioni concertate sin dall’inizio che avevano come unico obiettivo internazionale, lo smantellamento della armi chimiche siriane:” Erano attese le sfide inaspettate lungo la strada. Ma l'OPCW e gli Stati membri sono stati in grado di superarli – sia attraverso un'attenta diplomazia e soluzioni tecniche innovative. L’OPCW rimane soddisfatto del grande risultato anche se ci sono stati ritardi nel processo, importante è stata la cooperazione della Repubblica araba siriana e quella delle Nazioni Unite quest’ultima ha fornito supporto logistico e di sicurezza per il lavoro di verifica in Siria attraverso la missione congiunta OPAC-ONU.”Infine Ahmet Üzümcü, elogia il coordinatore speciale della missione OPCW-UN Joint, la signora Sigrid Kaag, e tutti quelli OPCW e il personale delle Nazioni Unite che hanno partecipato a questa missione:” La loro dedizione e professionalità, in circostanze difficili, sono stati un fattore chiave per il raggiungimento del progresso fondamentale che noi riconosciamo oggi. Mentre un capitolo importante nei nostri sforzi si chiude oggi, il lavoro di OPCW in Siria continuerà. Speriamo di concludere presto il chiarimento di alcuni aspetti della dichiarazione siriana e cominciare la distruzione di alcune strutture che sono stati utilizzati come impianti di produzione di armi chimiche. La cooperazione della Siria con il lavoro del Fact Finding Mission OPCW rimarrà importante.” L'OPCW si impegna con la Siria per garantire che sia in grado di soddisfare tutti i suoi obblighi ai sensi della CWC e delle pertinenti decisioni del Consiglio Direttivo e della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

In viaggio in migliaia di container i redidui delle armi chimiche siriani sulla nave Ark Futura, già cominciano a  sollevarsi moltissime contestazioni…. 




MOSCA: IL MINISTERO RENDE PUBBLICO IL TEMA DELLA CONVERSAZIONE TELEFONICA TRA IL MINISTRO RUSSO E QUELLO UE

di Cinzia Marchegiani

Mosca – Sul sito Ufficiale del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa è stato pubblicato questa mattina il passaggio di importanti relazioni diplomatiche rendendo pubblico il tema della conversazione telefonica avvenuta ieri, 22 giugno 2014 tra il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il ministro degli Esteri UE Frank-Walter Steinmeier. Dopo i fatti di cronaca, la discussione non è un segreto ormai e riguarda la situazione incandescente in Ucraina, che il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, il cancelliere federale Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande hanno dibattuto al telefono lo stesso giorno.

In questa fase critica è stato sottolineato che è necessario raggiungere un cessate il fuoco sostenibile, almeno per iniziare le misure concrete di legare il dialogo tra le autorità ei rappresentanti dei manifestanti Kiev nel sud-est dell'Ucraina.

Nella conversazione telefonica dei ministri degli esteri di Russia e Germania è stato anche affrontato il tema del ruolo dell'OSCE nella costruzione di fiducia tra le parti in conflitto ucraino, la necessità di trovare una soluzione del "problema del gas" equo e la rapida convocazione di consultazioni tra Mosca, Kiev e Bruxelles per analizzare l'impatto della conclusione prevista di un accordo di associazione tra l'Ucraina e l'UE.
I Ministri si sono impegnati nel restare iin stretto contatto per tutte le questioni citate e altre questioni.
 




LA PAROLA DI OBAMA: NON INTERVERREMO MILITARMENTE IN IRAQ

di Daniele Rizzo

Di fronte al degenerare della situazione irachena il presidente americano Barack Obama sembra aver ritrovato quell’aplomb che lo aveva contraddistinto nei primi anni del suo mandato e che nel 2009 lo ha portato a ricevere il premio Nobel per la Pace: “Le forze USA non torneranno a combattere in Iraq”, ha sentenziato il presidente americano in diretta tv, mettendo difatti fine a tutta una serie di speculazioni che vedevano imminente l’invio di contingenti militari nel paese asiatico. Al momento sono 275 i marine inviati sul luogo per proteggere l’ambasciata americana di Baghdad dall’avanzata dell’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante). Le milizie sunnite stanno infatti mettendo a ferro e fuoco il nord del paese, e tutto lascia pensare che l’offensiva si espanda presto in tutto l’Iraq, portando attentati, sangue e rappresaglie in un territorio che oramai da più di dieci anni è straziato dai conflitti.

Obama ha annunciato che oltre ai marine già sul luogo verranno inviati anche 300 consiglieri militari con il compito di consigliare politicamente il governo iracheno e mediare laddove possibile con le forze ostili. Il presidente ha chiarito che è inutile mandare sul luogo migliaia di truppe perché non avrebbero la capacità di risolvere il problema. I leader iracheni dovranno perciò cercare una soluzione politica al problema; in quest’ottica in un’intervista di sabato scorso alla Cnn Obama ha auspicato la creazione di una struttura di comando del paese che includa tutte le parti in causa, e quindi sunniti, sciiti e curdi; solo in questo modo sarà possibile un’alternativa alla soluzione militare che comunque non ci sarà.

Intanto continua la lotta per le raffinerie del paese, che non solo rappresentano il “luogo” economico più importante, ma garantiscono ai miliziani la possibilità di mettere in croce il governo e la sua economia; occupare le raffinerie significherebbe costringere il governo a mediare. E forse è per questo motivo che notizie contrastanti si inseguono a riguardo, con i miliziani che annunciano le occupazioni e il governo che garantisce di aver resistito e cacciato i membri dell’ISIS.
La situazione appare dunque confusa ed è certo che la partita si giocherà tanto sulle forze fisiche quanto sui nervi; ciò che al momento sembra chiaro è che gli USA non interverranno, sebbene l’invio dei consiglieri militari lasci qualche dubbio a chi, facendo riferimento alla storia, ricorda come questo solitamente sia il campanello d’allarme di un imminente invasione militare.




CRIMINE NEI PAESI UE: ACCERTATO BUSINESS DELLE MARMITTE CATALITICHE

L'Europol spiega il nuovo business criminale che emerge nei paesi membri dell'Unione Europea, il furto delle marmitte cataliche, o meglio del convertitore, da cui persone esperte riescono ad estrarre metalli preziosi che valgono una fortuna

di Cinzia Marchegiani

Aia (Paesi Bassi) – E’ il nuovo fenomeno che è emerso in modo significativo nei paesi membri dell’UE…oltre ai furti di metallo ora si è associato un altro crimine nel settore della auto parcheggiate. I ladri hanno cominciato a prendere di mira le marmitte perché contengono molti metalli preziosi come platino, palladio e rodio. E’ il dato che emerge dalle indagine eseguite dall’Europol che traccia una nuovo crimine espletato a danno dei proprietari di autovetture che ignari di questa nuova e succulenta genialata, vengono depredati delle marmitte catalitiche. I convertitori hanno un altissimo valore e molto dipende dal tipo di automobile. Il prezzo minimo per il metallo prezioso contenuto nel convertitore si aggira intorno ai 50 euro sul mercato di seconda mano. Il crimine catalitico è stato stimolato proprio dal valore e la facile accessibilità dei convertitori catalitici (CATS), che purtroppo li rende bersagli appetibili per il nuovo furto. Semplicemente vengono estratti dai veicoli parcheggiati in strada, nonché da società di riciclaggio delle autovetture. L’Europol fa comprendere la portata di questa nuova associazione criminale riportando il caso di una società di riciclaggio in Belgio che ha perso 300 CAT di seconda mano, del valore di 15 000 euro. Non indifferente è il costo per il proprietario del veicolo che deve comprare il convertitore catalitico, poiché può essere superiore a 1.500 euro.
Molti sono i criminali coinvolti, appartengono a gruppi organizzati mobili, che operano a livello transfrontaliero e che riescono a coprire lunghe distanze. Spesso riescono a rubare a catena moltissime auto nel giro di una sola notte. Molti di questi gruppi sono stati precedentemente coinvolti in altri tipi di reati contro la proprietà, quali furti e furti di camion, batterie per veicoli, motori marini e diesel.
La preziosa refurtiva viene portata ai rivenditori di metallo (ma che spesso fanno domande scomode) che ne estraggono i metalli preziosi dal nucleo di ceramica del CAT. Alcuni criminali poi si sono raffinati e specializzati e sono in grado di rimuovere i nuclei stessi, vendendoli direttamente alle società di raffinazione, passaggio che rende impossibile risalire al furto.
L’Europol da semplici consigli, per evitare o almeno diminuire il rischio del furto, quando è possibile parcheggiare l'auto in un garage, dove l'accesso è controllato e CCTV è attivo, in un parco e nelle zone ben illuminate che permette la visibilità ai passanti; e opportunamente segnare il guscio metallico del convertitore catalitico con un segno unico per rendere più facile risalire alla vostra auto.
Criminali esperti inventano business non improvvisati, questo è quello catalitico.




TESI DEL RISCALDAMENTO GLOBALE SOTTO INDAGINE, MENTRE IN EUROPA SERPEGGIA LO SPETTRO DEL BLACKOUT CHE NON HA ALCUN PIANO D’EMERGENZA

Greenpeace perde 3,8 milioni di euro, speculando al ribasso in borsa e si scopre che riceve fondi non solo da semplici donazioni ma anche dal gruppo Rockeffeller. Patrick Moore l’ex co-cofondatore dell’organiziazzione l’aveva anticipato in tempi non sospetti:”Greenpeace ha perso la bussola morale.” Ombre su queste organizzazioni tese a difendere la teoria del riscaldamento globale, ora emergono documenti di scienziati che spiegano nel dettaglio che non vi alcun effetto serra. Chi specula su questi allarmismi?

di Cinzia Marchegiani

E’ stata ieri battuta la notizia per la quale la storica organizzazione ambientalista Greenpeace ha perso 3,8 milioni di euro, cercando di guadagnare giocando alla borsa speculando al ribasso sull’euro. La stessa associazione ha chiesto scusa a tutti coloro che l’appoggiano con le donazioni o semplici attivisti poiché il grave errore è stato commesso dal dipartimento finanziario di Greenpeace International, spiegando in una seconda battuta che è stata aperta un’indagine interna, poiché un dipendente ha agito da solo e per questo è stato licenziato.
Ma chi è Greenpeace? Sul suo sito si definisce come è un'organizzazione campagna globale indipendente che agisce a cambiare atteggiamenti e comportamenti, per proteggere e conservare l'ambiente e promuovere la pace:
• Catalizzare una rivoluzione energetica per affrontare la minaccia numero uno rivolto verso il nostro pianeta: il cambiamento climatico.
• Difendere i nostri oceani , sfidando la pesca dispendioso e distruttivo, e la creazione di una rete globale di riserve marine.
• Proteggere antiche foreste del mondo e gli animali, le piante e le persone che dipendono da loro.
• Lavorare per il disarmo e la pace , affrontando le cause dei conflitti e chiedendo l'eliminazione di tutte le armi nucleari.
• Creazione di un futuro libero tossici con alternative più sicure alle sostanze chimiche pericolose nei prodotti di oggi e di produzione.
• Campagna per l'agricoltura sostenibile , respingendo gli organismi geneticamente modificati, la protezione della biodiversità e incoraggiare l'agricoltura socialmente responsabile.
Si legge ancora che per mantenere la sua indipendenza, Greenpeace non accetta donazioni da governi o aziende, ma si basa su contributi di singoli sostenitori e sovvenzioni della Fondazione. Ma su Greenpeace si sono sollevate da molto tempo spietate polemiche che gli vengono rivolte soprattutto sulle ombre dei fondi che la Greenpeace Fund ha ricevuto da fondazioni di compagnie petrolifere, nonché dalla Rockefeller Brothers Found. Infatti si legge che la Greenpeace Fund, Inc. si occupa esclusivamente di raccolta di fondi deducibili e della loro successiva distribuzione ad organizzazioni collegate, ma con diverso regime fiscale, e proprio per questo motivo viene accusata di essere una centrale di "lavaggio" di denaro poiché non si capisce il motivo dell'esistenza di organizzazioni a diverso statuto per uno scopo apparentemente unico, come l’asserita tutela dell'ambiente. Per verificare se queste accuse avessero un fondamento, l’Osservatore d’Italia è andata a verificare sul sito della Rockefeller Brothers Fund e ha trovato le seguenti donazioni:

• $150.000 per due anni “Per i suoi sforzi per educare i politici e future sul riscaldamento globale” Data Premio: 14.06. 2014 Programma Sviluppo sostenibile
• $150.000 per due anni “Per la campagna Clean Water in Cina” Data Premio 14.12. 2006 – Programma Pivotal: Cina Meridionale
• $ 25.000 per un anno “Per sostenere la sua conservazione e il lavoro Ecosystem-Based Managemente in British Columbia” Data Premio 6.11.2005 – Programma Sviluppo sostenibile
• $ 150.000 per due anni “Per il suo lavoro sull’agricoltura in Cina” Data Premio 12.11.2003 – Programma Sviluppo sostenibile

L’intrigo si fa più profondo e complicato se si comincia a collegare i fili della politica economica energetica dettata dal G20 che fondamentalmente preme sui cambiamenti geopolitici mondiali, tesi a contrastare il cosìdetto effetto riscaldamento globale, dovuto all’incremento della CO2. Ma andiamo per ordine. La Greenpeace, organizzazione tesa al rispetto della natura con i fondi della Rockefeller Brothers Fund deve istruire i politici..anzi educarli sul riscaldamento globale. Il suo primo co-fondatore Patrick Moore dopo aver occupato per nove anni la carica di presidente di Greenpeace Canada e sette anni come direttore di Greenpeace International di è poi dimesso accusando che la stessa organizzazione Greenpeace ha "perso la sua bussola morale."Lo stesso Patrick Moore nel dettaglio spiega il suo allontanamento:” Col passare del tempo Greenpeace si è evoluto per assumere molte altre campagne. Ma durante il mio mandato di 15 anni si è verificato un cambiamento, dalla preoccupazione per il benessere delle persone a una convinzione che gli esseri umani sono il nemico della terra. Per me il culmine di tale campagna è venuto quando i miei colleghi direttori di Greenpeace Interbational hanno adottato la campagna per vietare cloro in tutto il mondo. Per loro la logica era semplice, il cloro è tossico e molti composti del cloro come le diossine sono tossiche. Ho ricordato che l’aggiunta di cloro nell’acqua potabile è stato il grande progresso nella storia della sanità pubblica e che la maggioranza dei nostri farmaci sono basati sulla chimica del cloro e ho capito che il lato umanitario di Greenpeace era svanito e mi sono allontanato. Un ambientalista ragionevole riconosce le esigenze di oltre 7 miliardi di persone per il cibo, energia e materiali per costruire la nostra civiltà.” Lo stesso Moore lo scorso 25 febbraio 2014 in un’audizione al Senato Ambiente ha presentato un documento, al Presidente della Casa Bianca e ai membri del Pubblic Works Committeestesso, dal titolo "Adeguamento delle risorse naturali: Proteggere gli ecosistemi e le economie" in cui espone come non vi sia alcuna prova scientifica che le emissioni umane di anidride carbonica (CO2) sono la causa dominante del riscaldamento minore della atmosfera terrestre negli ultimi 100 anni. Anzi dimostra che se ci fosse una tale prova sarebbe svalutata, poiché nessuna prova concreta, come viene inteso nella scienza, esiste. Moore nell’audizione stessa analizza le affermazioni del gruppo di esperti intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) che riportano che :"È estremamente probabile che l'influenza umana è stata la causa dominante del riscaldamento osservato dalla metà del 20 ° secolo e ribadisce che il termine ‘Estremamente probabile’ non è un termine scientifico, ma piuttosto un giudizio, come in un tribunale di diritto e va oltre: ”L'IPCC definisce ‘estremamente probabile’ come una ‘probabilità 95-100%’. Ma su ulteriore esame è evidente che questi numeri non sono il risultato di un calcolo matematico o analisi statistica. Essi sono stati ‘inventati’ come un costrutto all'interno del rapporto IPCC per esprimere ‘giudizio di esperti’, come determinato dai contributori dell'IPCC. Questi giudizi si basano, quasi interamente, sui risultati di modelli informatici più sofisticati per prevedere il futuro del clima globale. Moore fa emergere quello che molti osservatori, tra cui il Dr. Freeman Dyson dell'Institute for Advanced Studies di Princeton, confermano e cioè che un modello al computer non è una sfera di cristallo:” In questo documento Moore dimostra la fallacia di ‘estrema certezza’ riportando il record storico. Infatti spiega che quando la vita moderna si è evoluta oltre 500 milioni di anni fa, la CO2 è più di 10 volte superiore a quella attuale, ma la vita fiorì in questo momento. Poi un glaciale avvenuta 450 milioni anni fa, quando la CO2 era 10 volte superiore rispetto ad oggi. Vi è una certa correlazione, ma poche prove, a sostegno di una relazione causale diretta tra CO2 e temperatura globale attraverso i millenni. Il fatto che abbiamo avuto entrambe le temperature più elevate e una glaciazione in un momento in cui le emissioni di CO2 erano 10 volte superiori a quelli che sono oggi contraddice radicalmente la certezza che le emissioni di CO2 antropica sono la principale causa del riscaldamento globale. Continua nel’audizione: ”Oggi rimaniamo chiusi in quella che è essenzialmente ancora il Pleistocene glaciale, con una temperatura media globale di 14.5oC. Ciò a fronte di un basso di circa 12 ° C durante i periodi di massima glaciazione in questo glaciale ad una media di 22 ° C durante l'età serra, che si sono verificati in periodi di tempo più lunghi prima del più recente Ice Age. Durante il Medioevo serra, non c'era ghiaccio su entrambi i poli e tutto il paese era tropicale e sub-tropicale, da un polo all'altro. Come ha recentemente 5 milioni di anni fa, le isole artiche canadesi erano completamente di boschi. Oggi, viviamo in un periodo insolitamente freddo nella storia della vita sulla terra e non c'è motivo di credere che un clima più caldo potrebbe essere tutt'altro che benefico per gli esseri umani e la maggior parte delle altre specie. Vi è un ampio motivo di credere che un forte raffreddamento del clima avrebbe portato risultati disastrosi per la civiltà umana.” Interessante poi leggere il confronto generato dall’aumento della temperatura tra 1910-1940 che è praticamente identico all’aumento tra il 1970-2000, ma l'IPCC non attribuisce l'aumento dal 1910-1940 (di cui non ha alcuna spiegazione) all’ influenza umana, ma sono nella convinzione che l'impatto delle emissioni umane è determinato solo dall'aumento a partire dalla metà del XX secolo.” The impeachment climatico comincia a realizzare una fisionomia precisa, dove spesso gli allarmismi hanno prodotto scelte politiche ed economiche stravolgento le società e le nazioni. La politica sta avendo un ruolo predominante su scelte importanti e lo dimostra la posizione dello scienziato Robert N. Stavins, professore all’Albert Pratt di Business, direttore del programma Economia Ambientale Harvard e Presidente della Facoltà Ambiente e delle Risorse Naturali che lo scorso 25 aprile 2014 ha pubblicato una lettera critica dopo aver partecipato in Germania al meeting sul clima a Berlino. Senza giri di parole sul sito dell’Harvard Stavins chiarisce come il rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sia stato completamente depredato di tutti contributi di 2000 pagine ed è stato approvato (line-by-line) il "Riepilogo per i Decisori Politici" (SPM), in solo 33 pagine condensando il testo proveniente da 15 capitoli. ”Molti dei CLA presenti con me”- ha scritto Stavins -“a Berlino, hanno commentato che, data la natura e l'esito della settimana, il documento risultante dovrebbe probabilmente essere ribattezzato ‘il riepilogo da politici’ piuttosto che ‘il riepilogo per politici.’” Sembra che la maggior parte di questi funzionari aveva fatto notare che il rapporto non era conforme ai loro interessi e ai negoziati multilaterali che erano stati condotti in altre sedi. Scettici e sicuri delle proprie decisioni sono invece l’Australia il Canada che hanno fatto sapere che non serve la carbon tax per combattere il riscaldamento globale, e non prenderanno alcuna azione per combattere i cambiamenti climatici che a conti fatti danneggia le economie nazionali e minaccia posti di lavoro. Entrambi i leader dei due paesi hanno sottolineato che non saranno spinti a prendere misure sul cambiamento climatico che ritengono imprudente:"Non è che noi non cerchiamo di affrontare il cambiamento climatico" -spiega il primo ministro Stephen Harper australiano -“cercheranno di affrontarla in modo tale da tutelare e migliorare la proprie capacità di creare occupazione e crescita e non distruggere posti di lavoro e la crescita nei nostri paesi”; mentre Abbot, primo ministro del Canada fotografa un dato allarmante:” il cambiamento climatico è un problema significativo, ma non è il problema più importante del mondo deve affrontare.”
Intanto in sordina lo scorso giovedì a Vienna c’è stata un’importante conferenza sul tema “Sudden Blackout”, poiché l’Europa non ha alcun piano di emergenza. Dai siti stranieri si viene a conoscenza che Herbert Saurugg, iniziatore della conferenza, ha esordito confermando che la gestione delle crisi nazionale non è sufficiente, inoltre ha aggiunto che la società deve fare il primo passo nel riconoscere che, un black-out su larga scala è una reale possibilità. Nella conferenza è stato affrontato anche la possibilità e il dovere che almeno il 50 % della popolazione deve saper affrontare una situazione di grave emergenza come quella di un blackout totale anche per molti giorni, soprattutto la necessità di reperire petrolio, gas, cibo e acqua, che sono i beni primari che saranno per logica non reperibili. Anzi Berd Benser di GrigLab spiega che questo scenario concretamente possibile trascina con se fattori scatenanti, tra cui attacchi informatici e il terrorismo….il quadro dipinto è di totale insicurezza, poiché un blackout potrebbe durare più di sei giorni che creeranno scene di panico in ogni ambiente, partendo da quello ospedaliero dove in primis, pazienti in terapia intensiva sarebbero in pericolo di vita concreto. L’intera rete elettrica europea "interconnesso dal Portogallo fino a poco prima Mosca" è potenzialmente a rischio e per questo le città particolarmente grandi devono attuare strategie per affrontare una situazione di emergenza.
Un tempo alcuni scrittori e giornslisti sono stati etichettati complottisti perché avevano dipinto e fotografato questo scenario di completo disastro energetico, e con molta lungimiranza avevano allarmato proprio sull’eventualità di blackout nazionali, qui si parla dell’intera Europa. Il bene più prezioso, l’acqua sarà la prima materia a mancare, e a cascata tutto il resto…peccato che questa conferenza conferma i sospetti che venivano indicati in tempi meno sospetti. Eppure i cambiamenti climatici, controversi e dibattuti da scienziati che difendono le proprie convinzioni su due sponde diverse sembrano essere l’unica emergenza dei nostri amministratori, mentre le politiche energetiche stanno mietendo la morte delle aziende ed economica, e il futuro delle famiglie è diventato sempre più incerto. Se è stata paventata l’emergenza di un blackout, allora la situazione è diventata concretamente precaria. I nuovi scenari stanno cambiando la nostra vita, giorno per giorno, e goccia a goccia stanno snaturando questo sistema che fino a poco tempo fa funziona….quando la logica manca, nulla è comprensibile. 




PAKISTAN: TERRORE DA CAMPAGNA VACCINAZIONE MORBILLO

 

Nonostante il report della prima morte di un bambino, la somministrazione continua e  sta provocando ricoveri ospedalieri degli studenti, oltre altre morti in vari distretti, senza alcuna apertura di indagine tesa a individuarne le cause della morte improvvisa.

 

di Cinzia Marchegiani

Khyber Pakhtukh (Pakistan) – Alle prime ore dell’alba è apparso in Italia l’aggiornamento del Daily Time Pakistan in merito alla campagna vaccinazione avviata nella provincia di Khyber Pakhttukh grazie alla giornalista Meena Gabeena. Facendo una costruzione cronologica degli avvenimenti si apprende che il governo ha avviato una campagna di vaccinazione massiccia lo scorso 19 maggio 2014, in seguito alla segnalazione di 79 morti in cinque mesi causata da una probabile epidemia di morbillo. L’obiettivo del governo messo subito in azione è stato quello di fare una vaccinazione di massa, volendo raggiungere 9,6 milioni di bambini che abbiano un’età inferiore ai 10 anni, impegnando un costo sanitario di circa 10 milioni di dollari. Si legge che appena iniziata la somministrazione della dose di vaccino ci siano state morti fatali in vari distretti della provincia tra cui Charsadda, Peshawar, Kohat e Hangu dei soggetti appena immunizzati. Non solo, il 21 Maggio nel distretto di Kohat ben 21 bambini dopo la vaccinazione sono caduti privi di senso. E’ accaduto anche in Jangal Khel dopo che un team di funzionari della sanità è andato in una scuola privata per vaccinare i bambini contro il morbillo, anche lì gli studenti sono caduti in stato di inconscio e per questo portati al Memorial Hospital Liaqat. Sembra un bollettino di guerra, il 19 maggio si registra che almeno 23 studenti del Governo Ragazze Scuola Primaria in Dalan consiglio unione di Thal, Hangu sia caduto privo di sensi dopo aver ricevuto le suddette somministrazioni vaccinali, mentre sono state segnalati due decessi il 1 ° giugno a Charsadda sempre dopo la pratica vaccinale attuata contro il morbillo. Alle gravi reazioni avverse il ministro provinciale per la salute, Shahram Tarakai, ha annunciato un'indagine sulla materia. I rapporti iniziali acquisiti documentano che il governo incolpava il personale che ha somministrato il vaccino di una non adeguata formazione, ma altri rapporti sui decessi indicano invece l’utilizzo di vaccini scaduti. Comunque vada non si ha alcuna certezza della causa dei decessi e degli immediati malori, l’unico dato certo che riporta la giornalista è che centinaia di bambini in tutta la provincia sono stati ricoverati in ospedale dopo aver ricevuto i vaccini, di cui molti hanno già perso la vita. I danni delle vaccinazioni subite nonostante siano state segnalate nel corso delle ultime due settimane, come la prima morte di un bambino post vaccinato, sembra non abbiano fatto riflettere abbastanza il governo, purtroppo la stessa campagna vaccinale è proseguita senza prima poter accertarne le cause scatenanti. In merito a questo atteggiamento incoerente Khushal Khattak, presidente centrale del Partito Nazionale Awami (ANP) ha espresso la propria severa e critica accusa:” "Nella società civilizzate, quando un evento del genere accade, i ministri incaricati di solito presentano le loro dimissioni mentre il governo si impegna ad indagare a fondo la questione per garantire la sicurezza dei cittadini che sono esposti a tali pericoli. Questo sarebbe troppo chiedere ai governi del Pakistan in generale, e del governo di Pakhtunkhwa, guidata dal PTI in specifico. Il motivo è il modo in cui il governo di Pakhtunkhwa ha costantemente difeso le sue decisioni, nonostante le loro conseguenze a carico del popolo di Pakhtunkhwa durante il loro primo anno al potere.” Lo scenario fotografato dall’editoriale mette evidenzia che nella città di Pakhtunkhwa e Fata ci sono stati sempre problemi con le campagna di vaccinazione, soprattutto nelle campagne NO-STOP come quella dell’antipolio e ora anche l’antimorbillo che hanno fatto precipitare la fiducia dei cittadini in queste zone. Sembra che proprio il governo provinciale sia diventato il diretto responsabile per le scelte delle politiche sanitarie. I partiti dell’opposizione in questo caso, l’ANP denuncia il disinteresse del partito PTI che sembra non abbia attuato una strategia e agito in merito ai ricoveri e le morti avvenute dopo la vaccinazione nelle scuole.

Domande inquietanti che dovrebbero trovare risposte, soprattutto capire in primis quale fosse lo stato reale della salute dei bambini nel momento in cui hanno affrontato l’avvenuta epidemia di morbillo  ma soprattutto individuare le cause che hanno innescato le morti nonché gravi reazioni avverse dopo le pratiche vaccinali di massa che, dalle news appena diramate, non hanno sollecitato indagini sulla qualità dei vaccini somministrati e interrotto le somministrazioni delle stesse. Infine  sarebbe interessante conoscere il nome dell’azienda farmaceutica che ha consegnato i lotti dei vaccini…

Continueremo a seguire questa vicenda sui problemi legati alla vaccinazione poiché come in Italia anche il resto del mondo si è generato un allarme soprattutto in merito alla poca trasparenza e volontà di profondere sicurezza ai bambini con atti documentali e non solo con i soliti slogan propagandistici.




CINA: IL GIAPPONE CHIEDA SCUSA PER LE SCHIAVE DEL SESSO DURANTE LA 2 GUERRA MONDIALE

di Cinzia Marchegiani

Cina – Sono state censite dagli storici dalle 200 alle 400 mila donne cinesi rapite dall’esercito imperiale giapponese quando occuparono Nanchino del 13 dicembre 1937, le notizie riportano più di 300 mila persone, tra militari e civili uccise. Le donne furono rese schiave e costrette a fornire prestazioni sessuali nei bordelli militari. La Cina in merito a questo fatto storico, di una barbarie unica nel suo genere, aveva chiesto all’Unesco nel 1997 di conservare negli archivi storici fatti relativi a queste violenze, per poter documentare nel tempo le barbarie che queste donne hanno dovuto subire, definite “donne di conforto” le schiave del sesso.

Per questo la stessa Cina aveva fatto formale richiesta per poter accedere ai documenti relativi all’anno 1937 quando avvenne per l'appunto il "Massacro di Nanchino" e il rapimento delle schiave sessuali di guerra del Giappone, atti e prove che sono nel Registro Mondiale, creato nel 1997 realizzato appositamente per proteggere come in un documentario il patrimonio mondiale. Contrario è il Giappone, il segretario di gabinetto Yoshihide Suga ha chiesto alla Cina di ritirare la richiesta, fatto che sconcerta la Cina stessa poiché il predecessore di Suga , Yohei Kono, proprio in una dichiarazione nel 1993 aveva riconosciuto il proprio governo colpevole nell’aver tradotto tra le 200 e 400 mila donne cinesi e rese schiave nei bordelli giapponesi. Le prove documentali servono per ricostruire storie invisibili, di tragedie umane quasi dimenticate, di donne morte per abusi sessuali, nella disperata lotta del tempo che non permette di dimenticare quelle violenze inaudite. Serve un memoriale affinché, come tutti i drammi umani del mondo, possano avere un luogo che possa rappresentare il monito di storie tragiche, dove ogni vittima rappresenta una vita spezzata degna di essere ricordata, come l’umiliazione che hanno subito. Così la Cina ha respinto la richiesta del Giappone di ritirare la propria domanda all’Unesco e con una secco “Noi non accetteremo la protesta irragionevole del Giappone, e non faremo cadere la nostra applicazione.

Lo scopo della domanda della Cina è quello di sostenere fermamente la storia in mente e amare la pace, il rispetto della dignità umana e prevenire comportamenti contro l'umanità, i diritti umani e nel monito che non accada di nuovo”, ha tuonato il portavoce del ministero degli esteri Hua Chunying. La Cina anzi invita il Giappone a chiedere scusa, poiché le donne schiavizzate sessualmente rappresentano un crimine contro l’umanità, ed esorta in questo senso a mostrare rispetto e profondere un atteggiamento più responsabile. Alcune “ex donne conforto”, lo scorso lunedì assieme ai propri familiari hanno chiesto al governo giapponese di validare la “dichiarazione Kono” e risarcire le vittime e chiedere esplicitamente scusa. Questo dibattimento rappresenta non solo il riconoscimento di abusi, ma anche un problema di memoria storica, affinché nei libri possa essere tramandata ai posteri, la verità.
 




SENZA FINE: LA LUNGA AGONIA DELLA CIVILTA'

di Daniele Rizzo

Era il 15 dicembre 2011 quando le truppe americane di base in Iraq passarono tutti i poteri in mano alle autorità irachene. All’epoca si credeva che con questa soluzione si risolvessero i gravi conflitti interni che avevano accompagnato lo stato dell’Asia occidentale durante il periodo di “occupazione” americana. Ad oggi vediamo però che la crisi interna al paese non fa che peggiorare a causa dei sempre tesi rapporti tra sciiti e sunniti.
I sunniti, che da anni promuovono movimenti di resistenza armata al governo sciita di Nuri al-Maliki, continuano infatti dal 2006 (anno del primo governo al-Maliki) nella loro opera terroristica che ha trovato poi legami anche con i gruppi armati di Al-Qaida. E proprio di queste ore è la notizia che i miliziani qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) hanno sferrato l’offensiva decisiva nel governatorato di Ninawa, nel nord del paese, dove sulle sponde del fiume Tigri si trovano le città di Ninive e Mossul. E proprio quest’ultima città fa da confine alla provincia di Baiji; posta a metà strada tra Baghdad e Mossul, quella di Baiji è la zona più ricca del paese, quella dove si concentrano le raffinerie di petrolio più grandi. Non è un caso dunque che gli estremisti islamici abbiano attaccato e conquistato l’intera zona, come ha comunicato il presidente del parlamento iracheno Osama Nujayfi. Tra l’altro il fratello di Osama, Athil Al, è il governatore di Mossul, e proprio in seguito agli attacchi ha invitato la popolazione a formare “comitati popolari” per combatte i miliziani jihadisti; l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha invece comunicato che in seguito a queste offensive circa 500 mila civili hanno abbandonato le loro case dando vita ad un grosso esodo verso le altre zone del paese ritenute più sicure.
Anche se effettivamente di zone sicure in Iraq al momento non ci sono. Sabato 7 in tutta Baghdad si sono registrati almeno 60 morti e altrettanti feriti in seguito ad una serie di attacchi bomba che hanno preso di mira soprattutto i quartieri sciiti. Contemporaneamente nell’università di Ramadi, che si trova cento kilometri ad ovest della Capitale, miliziani jihadisti avevano preso in ostaggio circa 600 studenti prima che le forze speciali irachene li avevano costretti al ritiro. Situazione simile a Samarra, dove giovedì scorso sempre le forze ostili al governo avevano occupato per qualche ora la città, prima di ritirarsi lasciando dietro di sé la solita scia di sangue. E ancora lunedì un duplice attentato kamikaze ha causato 30 morti e quasi 200 feriti a Tuz Khurmatu.
La situazione in Iraq rimane dunque tesa; la guerra tra membri delle varie confessioni religiose continua e sempre voler tornare ai livelli critici del 2006/2007, quando migliaia di morti sconvolsero il paese. Non c’è pace nella “terra in mezzo ai fiumi”, e quei territori che furono un tempo la culla della civiltà sono oggi l’emblema dell’abbruttimento della società, dell’irragionevolezza umana, e dell’estremismo religioso.




MADE IN ITALY: QUADRUPLICA L'ESPORTAZIONE DEL CIBO IN CINA

Redazione

Dall’inizio della crisi ad oggi il valore dell’export di prodotti agroalimentari italiani in Cina è quasi quadruplicato, con un aumento record del 270 per cento. E’ quanto emerge da uno studio della Coldiretti su dati Istat relativi al periodo 2008-2013 in occasione della visita del premier italiano Matteo Renzi. Il prodotto Made in Italy più esportato in Cina è il vino, con il Paese asiatico che è tra l’altro diventato il maggior consumatore mondiale di rosso. Seguono – continua Coldiretti – dolci, olio d’oliva, frutta e formaggi, con 13mila forme di Parmigiano Reggiano esportate nel 2013. In Cina, il ceto più abbiente, quello che può contare sui livelli reddituali più elevati, va alla ricerca di prodotti agro-alimentari di importazione, che ritiene più sicuri, con meno residui, e per i quali è disposto a pagare di più. Un esempio – rileva Coldiretti – è quello dell’ortofrutta, anche se le quantità di prodotto ortofrutticolo che riescono ad arrivare in Cina, vista le difficoltà con le barriere doganali e fitosanitarie, sono ancora esigue. Proprio la visita del premier nel paese asiatico – continua Coldiretti – potrebbe rappresentare una spinta a superare le restrizioni che continuano ad interessare alcuni prodotti tricolori, facendo seguito all’apertura che nel 2014 ha visto l’ok delle autorità cinesi all’arrivo di cotechini, mortadella Made in Italy e altri prodotti cotti della salumeria italiana, seppur ancora limitato a poche aziende autorizzate.  Complessivamente le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani in Cina è stata pari a 342 milioni di euro nel 2013, con un aumento del 13 per cneto rispetto al 2012 e del 270 per cento rispetto al 2008




LA CINA REPLICA AL GRUPPO G7 SULLA QUESTIONE DEL MAR CINESE ORIENTALE

di Cinzia Marchegiani

Cina vs G7 Bruxelles – Il summit a Bruxelles che sta per ultimare oggi ha affrontato anche la questione della crisi asiatica dove Cina e Vietnam si stanno contendendo un’area dell’oceano presso le Isole di Paracel contese da molti anni.

Al summit europeo è presente tra l’altro anche il Giappone, oltre la Germania, Stati Uniti, Canada, Francia, Regno Unito e Italia, mentre la Russia è stata esclusa dagli stessi leader del G7 che inizialmente doveva essere sotto la sua presidenza presso Sochi (Russia). Il summit è stato riorganizzato con una riunione a l’Aia dalle sette sorelle che hanno deciso di incontrasi a Bruxelles estromettendo la Russia per protestare contro l’adesione della Crimea Ucraina.

Con un documento pubblicato sul sito dell’UE, il G7 riporta le decisioni in merito alla crisi asiatica che con un secco comunicato lascia una velata interpretazione soggettiva:” Ribadiamo l'importanza di mantenere un ordine marittimo sulla base dei principi universalmente concordati di diritto internazionale. Restiamo impegnati alla cooperazione internazionale per combattere la pirateria e altri reati marittimi, coerenti con il diritto internazionale e dei principi riconosciuti a livello internazionale di competenza in acque internazionali. Siamo profondamente preoccupati per le tensioni in Oriente e Mar Cinese Meridionale. Ci opponiamo a qualsiasi tentativo unilaterale di una parte a far valere le sue pretese territoriali o marittime attraverso l'uso di intimidazione, coercizione o la forza. Chiediamo a tutte le parti a chiarire e perseguire i loro rivendicazioni territoriali e marittime in conformità del diritto internazionale. Sosteniamo i diritti dei ricorrenti a cercare una soluzione pacifica delle controversie in conformità del diritto internazionale, anche attraverso meccanismi di risoluzione delle controversie legali. Sosteniamo anche misure di fiducia.

Sottolineiamo l'importanza della libertà di navigazione e di sorvolo e anche la gestione efficace del traffico aereo civile basata sul diritto internazionale e delle norme e delle prassi dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile.”
Al comunicato di Bruxelles non si fa attendere la replica della Cina, che sottolinea come il testo pubblicato non esprima esplicitamente quale nazione violi i diritti internazionali delle acque marittime. Il ministero degli esteri cinese, Hong Lei ha ribadito ai giornalisti la volontà del paese di proteggere la propria sovranità e dei diritti legittimi: "La Cina è ferma e risoluta nella salvaguardia della sovranità e dei diritti e degli interessi in Oriente marittime Mar Cinese e il Mar Cinese Meridionale, così come la sicurezza nazionale.” E esattamente in merito alla contesa replica che il Giappone è il responsabile poiché che cambia lo status quo, che ha strappato le isole Diaoyu dalla Cina con la forza oltre 100 anni fa. Anzi rafforza la propria posizione additando al Giappone la volontà di nazionalizzare le isole Diaoyu, atto che viola la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione del Cairo, la Dichiarazione di Potsdam e altre leggi internazionali. La Cina quindi non accetta queste lezioni di diritto internazionale, ed invita il Giappone a correggere i propri errori: "nel frattempo, teniamo sempre il punto che le controversie dovrebbero essere gestite e risolte attraverso il dialogo e il negoziato. Si consiglia la parte giapponese non suscitare problemi né fuorviare l'opinione pubblica negli incontri internazionali."

L'UE con il G7 conferma una strana volontà di assecondare partner del summit, che potrebbe amplificare tensioni mai arginate vanificando anche le piccole conquiste centrate ottenute nella direzione della risoluzione… Il vento della guerra fredda non sembra assopirsi, troppe scintille in un ambiente troppo carico di elettricità.