UCRAINA: LA RUSSIA SCHIERA 45.000 TRUPPE AL CONFINE

di Maurizio Costa

Kiev – La Russia ha schierato 45.000 truppe al confine con l’Ucraina. La notizia arriva dal portavoce militare ucraino, Andriy Lusenko, che ha confermato che Putin ha predisposto un’enorme schiera militare, composta anche da carri armati, sistemi missilistici, aerei da guerra ed elicotteri d’assalto. Una mossa che fa temere il peggio: un'invasione vorrebbe dire la perdita del controllo e il rischio di alimentare un nuovo conflitto.

“Alle undici di lunedì mattina – ha dichiarato Lysenko – circa 45.000 truppe delle forze armate e di altre forze interne della Federazione Russa si sono radunate nelle aree di confine.”

Una situazione che rischia di esplodere, anche perché l’armata è veramente imponente: 160 carri armati, più di mille veicoli militari, 150 postazioni missilistiche e 137 elicotteri d’assalto.

Putin, dal canto suo, tira acqua al suo mulino, dichiarando che quella attuata in Ucraina è solamente una missione umanitaria, che si svolgerà in cooperazione con la Croce Rossa Internazionale e senza scorta militare.

La denuncia del portavoce militare ucraino, però, smentisce queste parole. Secondo il segretario generale della Nato, Anders Fogh, la situazione è molto grave: "Mosca sta cercando un pretesto per l’intervento, che potrebbe mascherare come operazione umanitaria."

La missione umanitaria, comunque, è prevista: Germania, Russia e UE invieranno volontari per aiutare le città ucraine in difficoltà, che si trovano senza luce, cibo e acqua. Lo stesso presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha richiesto l'aiuto internazionale. Una mossa azzardata della Russia porterebbe ad una catastrofe.




ROBIN WILLIAMS ADDIO: MUORE A 63 ANNI UN GIGANTE DEL CINEMA AMERICANO

di Cinzia Marchegiani


Tiburon (California)
– Non è solo un grande attore, Robin William è un talento unico, coinvolgente e amato da grandi e piccini. La notizia della sua morte ha fatto già il giro del mondo in un secondo. E’ stato trovato  ieri, 11 agosto 2014, nella sua casa di Tiburon nel North California, il corpo senza vita di Robin Williams  e' stato rinvenuto dai Vigili del Fuoco alle 12:00 (21:00 ora italiana) e viene dichiarato morto due minuti dopo. Il medico legale ha attribuito, in prima istanza, la causa del decesso ad asfissia probabilmente auto inflitta, sospettando un caso di suicidio, tuttavia continuerà l’indagine presso l'ufficio del procuratore distrettuale dove verranno eseguiti esami tossicologici. Muore in solitudine, un genio della creatività Hollywoodiana.
Il suo vero nome era Robin McLaurin Williams, e con un aggiornamento quasi maniacale wikipedia quasi immediatamente aggiorna le sue date, Chicago 21 luglio 1951, Tiburon 11 Agosto 2014.
Il mondo rimane stupito e ora piange un amico, un marito, un collega, un mito che è entrato nella vita di ciascuno in punta di piedi nel lontano 1978 con la serie televisiva “Mork e Mindy” e poi ha regalato delle pellicole d’autore e interpretazioni magistrali, come Good Morning Vietnam, dove interpretava Adrian Cronauer, un militare americano che lavorava come deejay per la radio dell'esercito statunitense, riuscendo con la singolare allegria a portare buonumore ai soldati impegnati in Vietnam, oppure il grande professore John Keating ne “L’attimo fuggente”, un ruolo cucito sulla sua forza rivoluzionaria che lo consacrava finalmente attore d’autore. Come dimenticare la pellicola Risvegli, affianco a Robert De Niro, un film che farà parlare e amare ancora di più quest’uomo dal grande sorriso e una sensibilità unica, quasi una maschera alla sua sofferenza.
In “Hook” assopito dalla nuova realtà, aveva dimenticato di essere Peter Pan riconfermandolo il più amato non solo dai più piccoli, con Mrs Doubtfire ha regalato ore indimenticabili e di gioia pura. Ronin, i tuoi occhi limpidi e cristallini erano il semplice riflesso di quel sorriso contagioso di cui sentiremo in molti la mancanza.
Addio Robin, sembra un destino maledetto quello delle grandi stars, le più amate al mondo lasciano questo mondo in un alone di dubbi e sospetti. Non sarà la certezza e l’eventuale movente a scardinare la stima immensa, l’affetto genuino e l’ammirazione conquistata meritatamente per un uomo davvero singolare, che ha saputo rendere più bella e piacevole la vita di ognuno di noi., con quella briosità esilarente.
Il mondo scioccato può solo stare in silenzio e salutarti, tu che tra tante stelle saprai farti riconoscere anche lassù.
Ne “L’attimo fuggente” confessavi “Due strade trovai nel bosco, io scelsi la meno battuta, per questo sono diverso”…..Addio Robin Williams




USA: BUFERA SU ARMANI

Redazione
New York
– Una dipendente della sede di Manhattan della griffe di Giorgio Armani, Stephanie Figuccio, di 25 anni originaria di Long Island, che ha lavorato nella sede aziendale sulla W. 15 St nell'estate del 2009, avrebbe citato la società in tribunale attestando che lei e più di 100 altri erano classificati erroneamente da Armani come stagisti non pagati quando avrebbero dovuti essere retribuiti con il salario minimo, secondo quanto riportato dal New York Daily News che avrebbe avuto cognizione dei documenti depositati in giudizio.Insomma, l'ex dipendente di Armani sosterrebbe in una vera e propria class-action che lei e più di 100 altri sarebbero stati letteralmente "fregati" sui salari ed ha chiesto il pagamento di quanto che le spetterebbe oltrechè dei danni punitivi.La battaglia avviata dalla Figuccio, che avrebbe lavorato da 16 a 20 ore alla settimana nella sede St 15 W. di Armani nell'estate del 2009, non sarebbe rivolta solo per sé, ma anche per gli altri 100 dipendenti e più che lavoravano nelle sue stesse condizioni.Secondo la stampa "Armani" non ha risposto ad una richiesta di commento.Una notizia singolare, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il cui contenuto ci auguriamo sia immediatamente smentito dalla nota griffe che ha da sempre dato lustro al Nostro Paese nel mondo.
 




SIRIA: RAPITE DUE RAGAZZE VOLONTARIE ITALIANE

Redazione

Aleppo (Siria) – Due ventenni volontarie italiane sono state rapite in Siria.  Erano ad Aleppo, in Siria e ora sono irreperibili. Non si ha traccia di due italiane: sarebbero Vanessa Marzullo di Brembate (Bergamo) e Greta Ramelli di Besozzo (Varese) che lavoravano a progetti umanitari, nel settore sanitario e idrico, in una delle città più colpite dalla crisi siriana, in corso da oltre tre anni. La Farnesina non conferma però che si tratti di loro. 

Tuttavia, il ministero degli Esteri "conferma la notizia della irreperibilità di due cittadine italiane sulla quale sin da subito stanno lavorando l'Unità di crisi e la nostra intelligence". Il ministero ha attivato "immediatamente tutti i canali informativi e di ricerca per i necessari accertamenti. Le due cittadine si trovavano ad Aleppo per seguire progetti umanitari nel settore sanitario e idrico". "L'Unità di crisi ha già preso contatto con le famiglie che vengono tenute costantemente informate sugli sviluppi del caso".

Le due scomparse sarebbero due cooperanti di una onlus di Como. "Avevamo un appuntamento su Skype, ma non erano in linea", riferisce Silvia Moroni, presidente di "Rose di Damasco".  Moroni aggiunge:  "Le due ragazze sono partire per la Siria il 22 luglio – spiega – dopo che il 20 luglio avevamo fatto insieme una serata di raccolta fondi a Como. Il progetto era quello di acquistare kit di pronto soccorso e pacchi alimentari, da distribuire al confine. In particolare avendo loro fatto dei corsi infermieristici, istruivano i ragazzi in materia di pronto soccorso".

Le due ragazze erano impegnate nel progetto Horryaty: già a marzo avevano fatto una "missione di sopralluogo" in Siria. "Il progetto – si legge sulla pagina Facebook – nasce dopo un sopralluogo effettuato nel mese di marzo da Roberto Andervill, socio Ipsia, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo attiviste per la Siria. Atterrati in Turchia, siamo stati accompagnati da una guida siriana nella sua terra, di preciso nelle zone rurali di Idleb, a sud ovest rispetto ad Aleppo. Durante questa prima visita si è cercato di instaurare un primo rapporto con la popolazione locale, al fine di capire le vere necessità e visitare i luoghi coinvolti nel progetto. In particolar modo sono stati visitati i due centri di Primo Soccorso di B. e H., dove c'è stata la possibilità di rilevare le principali problematiche nell'ambito dell'assistenza medica: carenza di personale adatto e di materiale essenziale per condurre assistenza sanitaria di base e di emergenza". 

Vanessa Marzullo scriveva sul suo profilo Fb il 16 luglio dei versi toccanti, pinti come il sangue che ha visto e che sicuramente l'ha segnata per sempre. 

"Rosso, rosso come quel lettino, e sul lettino il corpicino martoriato della bambina di Aleppo le cui gambe sono state polverizzate da un'esplosione.

Rosso come le macchie ormai incrostate sulle pareti e il pavimento, nell'angolo della stanza dove vi hanno torturati fino a farvi desiderare la morte, fino a farvi morire in maniera indicibile.
Rosso come le braccia di un padre di Douma, un padre che si schiaffeggia il volto e urla chiedendo perchè, perchè debba abbracciare il corpo massacrato di suo figlio, era solo davanti casa quando è caduto quel colpo, era vivo questa mattina, come potrà dirlo a suo madre?

Rosso come il sangue, rosso come il tappeto sul quale ha camminato il bastardo assassino oggi".

 

Di Greta non sappiamo molto, sappiamo però che anche lei è impegnata in progetti umanitari e adesso la sua vita è in pericolo. 
 
Ecco invece i "Curriculum Volontaris" delle due ragazze:

Vanessa Marzullo, 21 anni, di Bergamo. Studentessa di Mediazione Linguistica e Culturale, curriculum Attivita' Internazionali e Multiculturali – lingue: Arabo e Inglese. Volontaria presso Organizzazione Internazionale di Soccorso. Dal 2012 si dedica alla Siria, dalla diffusione di notizie tramite blog e social networks all'organizzazione di manifestazioni ed eventi in sostegno del popolo siriano in rivolta. Questo culmina nell’organizzazione e nella nascita del Progetto “Assistenza Sanitaria in Siria”.

Greta Ramelli, 20 anni, di Varese, studentessa di Scienze Infermieristiche. Diplomata al liceo linguistico Rosetum dove ha studiato inglese, spagnolo e tedesco. Volontaria presso Organizzazione Internazionale di Soccorso, operatrice pronto soccorso trasporto infermi e nel settore emergenza (livello operativo). Nel maggio 2011 trascorre 4 mesi in Zambia nelle zone di Chipata e Chikowa lavorando come volontaria presso 3 centri nutrizionali per malati di AIDS, incluso alcune settimane presso le missioni dei padri comboniani. Nel dicembre 2012 ha trascorso tre settimane a Calcutta, India, dove ha svolto volontariato presso la struttura Kalighat delle suore missionarie della carità e ha visitato progetti di assistenza alla popolazione indiana presente negli slums. Attualmente si occupa principalmente di Siria, sia per quanto riguarda l'accoglienza profughi insieme ad altri volontari, sia per attivismo e per aiuti umanitari. Al momento collabora con il Comitato S.O.S. Siria di Varese, l’Associazione delle Comunità Arabe Siriane e IPSIA Varese nel progetto “Assistenza Sanitaria in Siria”.




JIM JONES – L'OSSERVATORE D'ITALIA YELLOW SUNDAY: IL PREDICATORE CHE SPINSE AL SUICIDIO 918 PERSONE

di Maurizio Costa

Una delle più grandi e mostruosi stragi della storia degli Stati Uniti avvenne per motivi religiosi. Questa volta non parliamo di una guerra, ma del più grande suicidio si massa della storia. Se escludiamo il disastro delle Torri Gemelle e i vari cataclismi statunitensi, mai tanti cittadini americani sono morti per una stessa ragione. Ma il motivo che ha portato alla morte 918 persone è uno dei più strani e incredibili che si siano mai sentiti.

Jim Jones, un predicatore statunitense nato a Lynn nel 1931, asseriva di poter compiere miracoli e guarigioni. La sua popolarità era alle stelle e i suoi fedeli dimostravano ogni giorno di pendere dalle sue labbra, qualsiasi cosa dicesse. Dopo aver creato la sua “religione”, chiamata il Tempio del Popolo, Jones cominciò a dare segni di squilibrio. I suoi adepti ormai erano migliaia e il predicatore si sentiva ostacolato e perseguitato dal governo degli Stati Uniti per i suoi ideali anti capitalistici e socialisti.

Jones, infatti, voleva creare una società perfetta, basata sui princìpi dell’aiuto reciproco, della condivisione dei beni, del lavoro agricolo e della lealtà interpersonale. Visto il presunto ostruzionismo governativo, Jones prese una decisione drastica: nell’estate del 1977, lui e quasi mille adepti si trasferirono nella foresta della Guyana, in Sud America, per costruire un villaggio, chiamato Jonestown, che avrebbe rappresentato gli ideali utopistici di socialismo, di anti materialismo e di rifiuto del razzismo.

Attraverso metodi di lavaggio del cervello coreani, Jones convinse tutti i suoi “cittadini” di vivere in un Paradiso terrestre, di non poter trovare niente di più bello al di fuori del villaggio e che il futuro era quello di vivere e lavorare in collettività, condividendo tutti i beni.

Ma le discrepanze cominciarono a nascere. Una sorta di polizia del villaggio impediva alle persone di abbandonare Jonestown, anche con maniere forti, e il governo statunitense si insospettì. Nel 1978 il deputato del Congresso a stelle e strisce, Leo Ryan, si recò in visita al villaggio e in quell’occasione ricevette alcuni biglietti segreti dagli adepti, che spiegavano come stessero realmente le cose: Jonestown era una dittatura, nessuno poteva scappare e centinaia di persone volevano tornare a casa.

La frittata era fatta: Leo Ryan caricò sul suo aereo coloro che volevano fuggire da Jonestown, ma, al momento dell’imbarco, fu assassinato dalle guardie di Jones, insieme alla sua scorta.

Il piano era fallito e Jones doveva correre ai ripari. Il 18 novembre 1978, impose a tutti i suoi adepti il suicidio di massa. Le persone avrebbero dovuto bere cianuro per difendersi dall’invasione del Male, o, detto più concretamente, perché ormai il predicatore non aveva più nessuna alternativa.

219 bambini furono costretti, attraverso delle siringhe orali, a bere il cocktail letale, spacciato per succo di frutta. Il resto degli adepti lo bevve senza fare fiato, vista la loro fiducia nei confronti di Jones, mentre altri si opposero e furono uccisi con dei colpi di pistola dalle guardie. Lo stesso Jones, in un primo momento si oppose, ma poi, non si sa bene se sotto comando oppure no, si sparò un colpo alla testa.

Molte persone furono uccise da colpi d’arma da fuoco o di balestra, mentre altri corpi, alle analisi dei medici legali, presentavano dosi di cianuro in parti del corpo non raggiungibili senza assistenza esterna.

Uno dei massacri più impressionanti della storia degli USA dimostra come un proselitismo esagerato possa portare a della soluzioni degradanti e sconsiderate.




GUERRA GAZA, PROVE SHOCK DI AMNESTY INTERNATIONAL: GLI STATI UNITI CONTINUANO AD AIUTARE L' ISRAELE CON LE ARMI

Brian Wood, direttore del programma Controllo sulle armi e diritti umani di Amnesty International ha dichiarato: "Il governo Usa sta gettando benzina sul fuoco attraverso la continua fornitura delle armi usate dalle forze armate israeliane per violare i diritti umani. Washington deve rendersi conto che spedendo queste armi sta esacerbando e continuando a consentire gravi violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione civile di Gaza.” La notizia della ripresa delle forniture a Israele è arrivata il 30 luglio, il giorno stesso in cui gli Usa condannato il bombardamento di una scuola delle Nazioni Unite in cui sono state uccise almeno 20 persone, tra cui bambini e operatori umanitari.

di Cinzia Marchegiani


Con un comunicato secco, Amnesty International oggi pubblica la propria attività in merito alla guerra che ogni giorno miete vittime innocenti, sotto gli occhi dell’intero pianeta: ”Aumentano le prove di crimini di guerra a Gaza. Amnesty International chiede agli Usa di fermare i trasferimenti di armi a Israele”.
Amnesty International aveva già richiesto un embargo totale sulle armi destinate a tutte le parti coinvolte nel conflitto, e ora ha sollecitato gli Usa a porre fine alla fornitura a Israele di ampi quantitativi di armi, strumento per compiere ulteriori gravi violazioni del diritto internazionale a Gaza. La richiesta è giunta all'indomani dell'approvazione, da parte del Pentagono, dell'immediato trasferimento di munizioni per granate e mortai alle forze armate israeliane. Queste forniture si trovano già in Israele, in un deposito di armi Usa, e seguono l'arrivo nel porto di Haifa, il 15 luglio, di una fornitura di 4,3 tonnellate di motori a razzo. Amnesty Intenational spiega che queste forniture si aggiungono ad altre già inviate dagli Usa a Israele tra gennaio e maggio 2014, per un valore di 62 milioni di dollari e comprendenti componenti per i missili guidati, lanciarazzi, componenti di artiglieria e armi leggere.

Brian Wood, direttore del programma Controllo sulle armi e diritti umani di Amnesty International ha dichiarato: "Il governo Usa sta gettando benzina sul fuoco attraverso la continua fornitura delle armi usate dalle forze armate israeliane per violare i diritti umani. Washington deve rendersi conto che spedendo queste armi sta esacerbando e continuando a consentire gravi violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione civile di Gaza.” Il comunicato segue spiegando che i gruppi armati palestinesi, a loro volta, continuano a lanciare razzi indiscriminati in territorio israeliano, mettendo in pericolo la popolazione civile in flagrante violazione del diritto internazionale. Amnesty International ha ripetutamente chiesto la fine di questi attacchi, che costituiscono crimini di guerra. La settimana scorsa, il presidente del parlamento iraniano ha dichiarato che l'Iran ha trasferito ad Hamas competenze tecniche per produrre armi. Egli, nel novembre 2012, aveva affermato che l'Iran aveva dato sostegno finanziario e militare ad Hamas, a sua volta, il comandante della Guardie rivoluzionarie iraniane aveva reso noto di aver fornito tecnologia missilistica ad Hamas. Combattenti di Hamas hanno ammesso di aver lanciato contro Tel Aviv missili del tipo Fajr 5 in dotazione all'Iran precisando di aver usato, nella maggior parte dei casi, razzi a corto raggio M25 o razzi Qassam e Grad.

Amnesty pubblica sul proprio sito la prova del documento con cui gli Usa sono di gran lunga il principale esportatore di forniture militari a Israele. Secondo dati resi pubblici dal governo di Washington, le forniture nel periodo gennaio – maggio 2014 hanno compreso lanciarazzi per un valore di quasi 27 milioni di dollari, componenti per missili guidati per un valore di 9,3 milioni di dollari e "bombe, granate e munizioni di guerra" per quasi 762.000 dollari. Dal 2012, gli Usa hanno esportato verso Israele armi e munizioni per 276 milioni di dollari. Questo dato non comprende l'esportazione di equipaggiamento militare da trasporto e di alta tecnologia.

Quello che emerge dal comunicato è l’evidente scollamento delle reali intenzioni dell’USA: ”la notizia della ripresa delle forniture a Israele è arrivata il 30 luglio, il giorno stesso in cui gli Usa condannato il bombardamento di una scuola delle Nazioni Unite in cui sono state uccise almeno 20 persone, tra cui bambini e operatori umanitari."
Wood rincara: ”È profondamente cinico che la Casa bianca condanni la morte e il ferimento di civili palestinesi, compresi bambini e operatori umanitari, sapendo bene che i militari israeliani responsabili di quegli attacchi sono armati fino ai denti con armi ed equipaggiamento militare pagati dai contribuenti statunitensi". 

Amnesty International non cede di un passo e ritorna a chiedere alle Nazioni Unite d'imporre immediatamente un embargo totale sulle armi destinate a Israele, Hamas e i gruppi armati palestinesi, per prevenire violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani da tutte le parti. In assenza di un embargo decretato dalle Nazioni Unite, l'organizzazione per i diritti umani chiede a tutti gli stati di sospendere unilateralmente le forniture di munizioni ed equipaggiamento e assistenza militare a tutte le parti coinvolte nel conflitto, fino a quando le violazioni dei diritti umani commesse nei precedenti conflitti non saranno adeguatamente indagate e i responsabili portati di fronte alla giustizia.

Questa guerra è una fotografia oscena, dove l’incoerenza è l’unica protagonista consapevole, lo stesso Brian Wood la dipinge con semplici parole: "gli Usa devono indicare la direzione e dimostrare il loro proclamato rispetto per i diritti umani e il diritto internazionale umanitario, poiché sono i principali esportatori di armi verso Israele, deve sospendere con urgenza i trasferimenti di armi verso Israele e facendo pressione affinché le Nazioni Unite proclamino l'embargo nei confronti di tutte le parti coinvolte nel conflitto. Se non lo faranno, mostreranno profondo disprezzo per le vite perse da ambo le parti nel conflitto in corso".

Un bollettino che non conosce giustificazioni, dall'8 luglio 2014 da quando Israele ha lanciato la sua ultima offensiva militare su Gaza, oltre 1400 palestinesi – in maggioranza civili – sono stati uccisi. Sono morti almeno 56 militari israeliani, due civili israeliani e un cittadino thailandese.

Il mondo sta a guardare mentre sui social network sono virali le immagini di militari che seppeliscono vivi i bambini, mentre piccole creature vengono esposte senza vita, mutilati senza arti, col cervello grondante dal cranio. Queste immagini sono la testimonianza che questo mondo, nessuno escluso, ha la colpa di non porre fine ad uno sterminio indicibile, suggellato tra l’altro dai patti atlantici dove l’America predica bene e razzola male…loro gli alleati dell’UE stanno facendo guerra economica anche alla Russia….altro che nuova guerra fredda, qui è finita l’umanità e il senso del pudore di tutti i governati di questa terra.

Questa è la petizione di Amnesty International che ha pubblicato con cui si chiede agli Usa di smettere di fornire armi ad Israele http://www.amnesty.it/usa-basta-armi-israele




USA – RUSSIA: UNA NUOVA GUERRA FREDDA

 

Alexei Pushkov, Capo della Commissione Esteri-Affari della DUMA pubblicamente ha dichiarato che Obama passerà alla storia non come un pacificatore – il suo Premio Nobel per la Pace è stato già dimenticato, ma come il Presidente degli Stati Uniti che ha iniziato una nuova guerra fredda

di Cinzia Marchegiani
 

Barack Obama ci tiene a sottolinearlo, gli Stati Uniti non sono in guerra fredda con la Russia e lo fa però annunciando le nuove sanzioni alla Federazione Russa che toccheranno i settori energia, della difesa e quello bancario. Sul sito del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo scorso 29 luglio 2014, con una lista infinita venivano pubblicate le nuove sanzioni che proibiscono i cittadini e le imprese statunitensi le attività con la Russia. Queste restrizioni, come annunciato dallo stesso Obama, sono le più gravi che per ragion veduta influenzeranno interi settori dell’economia Russa, che comprendono quello militare e industriale e finanziario, e rivolgendosi all’Ucraina ci tiene a precisare che i settori toccati dalle nuove sanzioni sono la parola chiave per l’economia Russa. Molte sanzioni e restrizioni erano state già attuate nel mese di luglio che avevano colpito grandi colossi industriali e militari della Russia, e anche del settore energetico oltre a diverse banche.

Pressioni e cambiamenti geopolitici stanno comunque avvenendo anche se Obama tempo fa rassicurava che l’America non aveva intenzione di aprire una nuova guerra fredda in merito alla crisi Ucraina Russia. Non sembra dello stesso avviso il Capo della Commissione Esteri-Affari nella Duma ( camera bassa del parlamento russo), Alexei Pushkov che pubblicamente ha dichiarato che Obama passerà alla storia non come un pacificatore, il suo Premio Nobel per la Pace è stato già dimenticato, ma come il Presidente degli Stati Uniti che ha iniziato una nuova guerra fredda. Anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov definisce il progetto Est in Ucraina come lo spazio geopolitico a scapito della Russia in Ucraina. A leggere le notizie l’Ucraina non nasconde l’interesse di un alleanza oltreoceano, sta cercando di entrare nella NATO attraverso uno status privilegiato, che pur non facendone parte, gli permetterebbe ottenere supporto militare nelle operazioni militari ad est del paese. Il ministro russo Sergey Lavrov ha parlato contro la fornitura di armi letali di Kiev che ha chiesto agli Stati Uniti: "Ci sono sempre più prove che queste armi letali, che nella parte ucraina non vengono utilizzate in modo selettivo. Essa colpisce i civili.” In merito alle nuove sanzioni USA e UE contro la Federazione Russa lo stesso Lavrov spiega che non adotteranno il principio occhio per occhio, dente per dente. Le misure restrittive non costringeranno la Russia a cambiare la politica estera: "Le sanzioni raramente raggiungono i loro obiettivi. Ci sforziamo di fare solo una cosa, trovare un modo per influenzare la situazione in Ucraina, e cercare un negoziato politico mettendo fuori il confronto militare, nel pieno rispetto degli obblighi da essa assunti dalla Federazione russa, Ucraina e Stati Uniti nella dichiarazione di Ginevra. Qualunque cosa viene fatta a favore del lancio russo del processo politico, è tutto ostacolato dall'opposizione della dirigenza ucraina, che si sente il sostegno degli Stati Uniti ".

L’UE si trova in una zona cuscinetto, propensa anche lei ad attivare le sanzioni contro la Russia e si trova ad assistere il rafforzamento della posizione commerciale degli Stati Uniti nella zona euro. Della crisi in Ucraina rimane il sospetto che sia stata alimentata e/o mal gestita per incentivare i nuovi concordati che presto si dovranno concretizzare riguardo alle importazioni commerciali e soprattutto dei contratti energetici, visto che l’UE ha dichiarato apertamente che non è energeticamente autosufficiente e per il prossimo inverno deve pensare a come far arrivare il gas nelle case.

Secondo le stime della Commissione Europea, le restrizioni nel settore bancario, energetico e difesa della Russia possono portare a perdite di 100 miliardi in due anni, ma la Agricoltural Bank russa con un comunicato proprio stamattina ha negato queste proiezioni, dichiarando di possedere abbastanza strumenti per il funzionamento stabile delle prestazioni di tutti gli obblighi ai depositanti, gli investitori e i creditori :”La Banca è stabile e non si aspetta l'impatto negativo delle sanzioni inflitte alle loro attività.” Il membro del Consiglio di Sorveglianza RAB, Muhadin Eskindarov rileva che la Banca tranquillamente può sopravvivere questo periodo e svolgerà le sue funzioni nello sviluppo del complesso agricolo e agro-industriale, come prima. Egli ammette anche che, come tutte le altre banche che è venuto sotto sanzioni, la Banca agricola può rivolgersi al governo della Federazione Russa per il sostegno che sarebbe del tutto normale.
Anche l’istituto bancario VTB ha da poco rilasciato il comunicato: “ VTB prova rammarico per la decisione delle autorità statunitensi per limitare la banca di raccogliere capitali. A nostro parere, è assolutamente inadeguata, così  VTB soddisfa rigorosamente tutta la legislazione, compresi i requisiti di regolamentazione degli Stati Uniti, in quanto sono ben consapevoli. Pertanto, riteniamo che questa decisione come puramente politico motivato, ingiusto, contrario al quadro normativo e di reciproco danno economico che sta infliggendo. La VTB è forte istituto di credito russo una spina dorsale con una vasta presenza internazionale e la forte posizione finanziaria. Nonostante la decisione degli Stati Uniti di discriminare, VTB adempirà i suoi obblighi ai propri azionisti, clienti e investitori. Decisione degli Stati Uniti di limitare l'accesso al mercato dei capitali, VTB non influenzerà le attività e solvibilità della banca. VTB gode di una buona reputazione tra gli investitori globali ha un'ottima esperienza in prestito non solo nei mercati occidentali. Siamo fiduciosi che possiamo attrarre risorse, se necessario.”

I cambiamenti geopolitici già innescati da tempo stanno dando i propri frutti, gli Stati Uniti stanno mettendo radici sempre più profonde nel tessuto economico ed energetico ma anche politico nell’Europa. L’UE si è inserita in un braccio di ferro pericoloso tra due giganti della terra, cedendo alle lusinghe oltreoceano, pensa di ferire e contenere la Russia quando i primi effetti negativi saranno dalla stessa sostenuti, soprattutto perché le proprie scelte energetiche perpetrate da anni si sono dimostrate fallimentari e senza alcuna lungimiranza.

Se non sembra una guerra fredda, occorrerebbe coniare un altro termine…ma gli effetti devastanti sui mercati econominci e gli assetti politici non sarebbero davvero diversi.




IRAQ: CONTINUA LA FURIA DELLE MILIZIE JIHADISTE

di Daniele Rizzo

Sebbene l’attenzione dei media si sia rivolta al conflitto arabo-israeliano che sta martoriando Gaza in queste ore, in Iraq c’è una guerra civile che è ripresa e continua imperterrita ormai da diversi mesi. L’ISIS, che lo scorso 29 giugno ha proclamato la nascita dello Stato Islamico, continua infatti a mietere vittime nel nord dell’Iraq. La città più colpita è Mosul, ormai occupata stabilmente dalle milizie jihadiste che continuano a distruggere e fare barbarie del territorio iracheno.

Proprio a Mosul i sunniti hanno ormai preso il pieno controllo di ogni aspetto della città, tanto che hanno ordinato ai funzionari pubblici di interrompere i rifornimenti di cibo e bombole di gas a quelle poche minoranze ancora presenti sul territorio. Sciiti, curdi, cristiani sono infatti sempre più oggetto di ritorsioni e minacce da parte delle milizie invadenti, e in quest’ottica va vista anche l’opera di distruzione che stanno operando nei confronti di tutti quei centri culturali o archeologici che possono essere ricondotti ad altre culture religiose.

A fare per prima le spese di questa furia iconoclasta è stata la Moschea di Giona, simbolo di Mosul e punto di riferimento per il culto sunnita, sciita, ma anche cristiano, e quindi “luogo di apostasia” da distruggere. La moschea è stata fatta saltare in aria dopo che i fondamentalisti avevano costretto tutti i presenti ad uscire; hanno poi piazzato le bombe e invitato tutti ad assistere all’”esecuzione”. Come detto l’episodio è dunque da ricondurre alla volontà dei jihadisti di cacciare per sempre gli infedeli dal “proprio” stato, e di farlo colpendoli lì dove ogni uomo è più vulnerabile: nelle radici, nella cultura. A rischiare per la furia devastatrice dell’ISIS ci sono inoltre numerosi siti archeologici che raccontano di quando l’Iraq si chiamava Mesopotamia e vedeva nascere la civiltà tra le sponde dei suoi fiumi: il pericolo che tra pochi mesi non avremo più testimonianze di quell’epoca è concreto.

Intanto il resto del Mondo continua a prendere posizione. Mentre la Russia vende aerei da guerra allo stato iracheno e gli USA mandano i loro consiglieri in loco, in Giordania, Turchia e Qatar sarebbero sorti campi d’addestramento per volontari jihadisti che vogliono perorare la causa di al-Baghdadi (il califfo, leader dell’Isis). Inoltre, dopo la tragedia del volo MH17 (il volo della Malaysia Airlines abbattuto in Ucraina) Air France, Emirates e Klm hanno sospeso il sorvolo dell’Iraq, in attesa che venga appurata la presenza o meno di missili terra-aria in mano ai separatisti sunniti. Insomma la guerra in Iraq, sembra essere sfuggita al controllo delle grandi potenze mondiali, a cui ormai non resta altro da fare che aspettare il risultato delle consultazioni parlamentari del 12 agosto in Iraq, e sperare in un governo forte ed unitario che metta fine a questa guerra.




GAZA: BOMBARDATA SCUOLA ONU, MORTI 20 PALESTINESI

Redazione

Ancora una terribile pioggia di missili sui cieli di Gaza. Nuovi raid  e questa volta il bersaglio è stato bombardare una scuola dell'Onu, almeno 20 palestinesi sono morti. Secondo le fonti, colpi di carro armato contro il campo profughi di Jabaliya hanno colpito in pieno le stanze di due classi della scuola dell'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Numerosi civili palestinesi si erano rifugiati nell'edificio dopo essere stati avvertiti da Israele che il quartiere dove risiedevano sarebbe stato bombardato. Un'intera famiglia è stata sterminata in un raid aereo israeliano a Khan Yunis, nel sud della Striscia. "Obiettivi raggiunti, ora la politica decida se continuare" ha affermato l'esercito. Distrutte anche tre moschee tra la città di Gaza, Rafah ed il campo profughi di Shati.  Fuori uso per i raid anche l'unica centrale elettrica della città che rifornisce i due terzi del fabbisogno di Gaza. La Striscia è al buio, erano poche le zone dove c'era ancora l'elettricità. Fonti dell'Onu hanno accusato Hamas di nascondere armi e razzi all'interno delle scuole aperte dalla Nazioni Unite e hanno denunciato la violazione "della neutralità delle loro infrastrutture". Strage di bambini Sale così ad oltre 1.220 il bilancio delle vittime palestinesi dall'inizio dell'offensiva di Israele contro Hamas; una strage di bambini: l'ultimo bilancio dell'Ufficio per il Coordinamento degli Aiuti Umanitari dell'Onu parla di almeno 229 piccole vittime.  Tra i soldati israeliani i morti sono 53, il bilancio più pesante dopo quello registrato nella guerra del 2006 contro gli Hezbollah libanesi. L'Onu fa sapere che il numero dei rifugiati è arrivato a quota 200mila.  Si lavora alla tregua in Egitto L'Egitto sta attualmente cercando di formulare un accordo per un cessate il fuoco sulla guerra a Gaza, ma l'obiettivo ancora non sarebbe stato raggiunto. Ieri un esponente dell'Olp Yasser Abed Rabbo aveva detto che l'intesa era stata trovata. Immediata la smentita di Hamas. "Non abbiamo accettato la tregua". La prenderemo in considerazione, fa sapere il movimento islamista, "quando Israele si impegnerà a rispettarlo a sua volta, con garanzie internazionali". Kerry, Netanyahu ha chiesto aiuto a Usa  Israele vuole un cessate il fuoco che consenta di smantellare i tunnel. Lo afferma il segretario di stato, John Kerry, sottolineando di parlare con Benjamin Netanyhau "due, tre, quattro volte al giorno". E Netanyahu avrebbe chiesto agli Stati Uniti di aiutare a raggiungere una tregua. 




CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO: POLONIA SUCCURSALE DELLE PRIGIONI SEGRETE DELLA CIA DOVE TORTURAVANO I DETENUTI AMERICANI

di Cinzia Marchegiani

Strasburgo – La Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ieri, 24 luglio 2014, ha emesso una sentenza storica. Il caso noto ormai come Al Nashiri e Husayn (Abu Zubaydah) contro Polonia, riguarda due sospetti terroristi consegnati dalla CIA in prigioni segrete della Polonia. La Corte ha riscontrato una serie di violazioni della Convenzione, che ha ritenuto in particolare che i ricorrenti erano stati oggetto di atti di tortura durante la detenzione in Polonia e che il governo polacco aveva omesso di adempiere ai loro obblighi ai sensi dell'articolo 38, come avevano rifiutato di fornire alla Corte con alcuni elementi di prova. La Corte Europea ha inoltre stabilito che la Polonia dovrebbe cercare di eliminare il rischio che il signor Al Nashiri potrebbe essere condannato a morte, cercando rassicurazioni da parte delle autorità statunitensi che non sarà imposto tale pena. All’unanimità i giudici hanno accertato che la Polonia conosceva gli obiettivi e le specificità delle azioni della CIA sul proprio territorio e ha collaborato con gli stessi americani in queste attività illegali consentendo di utilizzare lo spazio aereo polacco, proteggendo operazioni della CIA dalla logistica, fornendo gli americani con i servizi necessari, nonché la conclusione di accordi specifici in materia di sicurezza, per quanto riguarda le procedure per le attrezzature di sbarco CIA, movimento CIA con prigionieri in Polonia, dove la Polonia ha anche assicurato la stessa base in Stare Kiejtutach.
Questa è una sentenza devastante per la Polonia, perché alle autorità di Varsavia sono stati assegnati responsabilità sconcertanti, non hanno impedito la tortura e di trattamenti inumani, di fatto assistendo e aiutando illegalmente le attività della CIA per il solo fatto di acquiescenza in prigione nel territorio polacco.
La Polonia ora avrebbe tre mesi di tempo per impugnare la sentenza di Strasburgo e chiedere un nuovo processo, che a leggere sembra sarà un’impresa difficile poiché la sentenza di ieri è stata emessa all’unanimità dalla Corte, che senza alcun incertezza ha stabilito che la Polonia ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, detenendo e torturando presso una prigione del Stare Kiejkuty nel periodo 2002-2003 prima di essere trasferirti nella prigione di Guantanamo (Cuba) i due presunti terroristi della CIA. In merito la Corte ha menzionato il diritto alla vita, il diritto ad un equo processo in relazione alla deportazione dei candidati dal territorio polacco in un paese dove possono essere a rischio di pena di morte, cioè gli Stati Uniti d’America. La Corte ha dichiarato che la Polonia ha violato l'articolo 8 della Convenzione e ai due ricorrenti è stato riconosciuto ad entrambe un risarcimento di 100 mila euro, e 30 mila euro a Abu Zubajda – per costi e le spese connessi con il caso. Ora per la Polonia sarà importante identificare i politici responsabili che hanno permesso questa succursale americana con prigioni segrete e stanze delle torture. Per ora solo la Corte ha effettuato un’indagine seria e doverosa che proprio sulla base delle testimonianze da diverse indagini internazionali ha potuto dimostrare veritiere le affermazioni dei ricorrenti riguardanti la loro detenzione sul territorio polacco, mentre le autorità polacche hanno condotto indagini nel 2008 che la Corte ha ritenuto inefficaci e apparenti.

Un’America sempre più presente nei territori dell’UE desta preoccupazione, basti pensare allo scandalo delle spie della Cia in Germania che per amor di alleanza sembra essere stato messo a tacere e la Polonia non è l’unico paese europeo accusato di aver assistito gli Stati Uniti accettando sospetti terroristi provenienti dal Medio Oriente, chiamati anche detenuti fantasma, poiché non si conoscono bene gli spostamenti logistici che avvengono dall’arresto fino al conferimento nelle carceri americane.

Il Waterboarding, la “tortura dell’acqua” utilizzata dalla CIA, che lo stesso presidente George W. Bush in un’intervista nel 2008 aveva ammesso di conoscere e aver approvato, è stata la tortura che questi prigionieri sauditi Abd al-Rahim al-Nashiri e Abu Zubaydah (accusati di essere organizzatori di attacchi terroristici internazionali dalle autorità statunitense) hanno denunciato di aver subito nella prigione polacca, pratica di tortura che molti esperti legali internazionali dicono che era ed è una tortura illegale.

Per ora un dossier terrificante ha messo nero su bianco un intreccio occulto di piste insabbiate, dove a quanto sembra la Polonia e altri paesi dell’Europa sembrano essere prime attrici di ruoli primari che hanno aperto le porte all’America e alle pratiche illegali ormai sotto lente d’ingrandimento.




GAZA: COLPITO ANCHE UN OSPEDALE, SALE IL NUMERO DELLE VITTIME A 514 CON 3.150 FERITI

Redazione

Gaza – Un bagno di sangue disumano continua ad invadere le coscienze di tutti dalla lontana Gaza. Salgono a 514 le vittime e 3.150 i feriti palestinesi causati dall'offensiva israeliana a Gaza. Almeno 135 palestinesi hanno perso la vita domenica. Questa mattina sono stati ritrovati tra le macerie i cadaveri di 16 palestinesi uccisi vicino Khan Yunis. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha espresso la sua "grave preoccupazione davanti al numero crescente delle vittime", reiterando il suo appello per una "fine immediata delle ostilità". In una dichiarazione letta dal presidente del Consiglio, l'ambasciatore ruandese Eugène-Richard Gasana, i 15 paesi membri chiedono un "ritorno all'accordo di cessate il fuoco del novembre 2012" tra Israele e Hamas. Il Consiglio di sicurezza chiede inoltre "il rispetto del diritto internazionale umanitario, compresa la protezione dei civili" e sottolinea "la necessità di migliorare la situazione umanitaria" nella Striscia di Gaza. Due commando che da Gaza hanno tentato di infiltrarsi nel sud di Israele sono stati fermati dalle forze israeliane. Dieci i “terroristi uccisi”. Il tentativo di infiltrazione – ha spiegato il portavoce militare – è avvenuto attraverso un tunnel nel nord di Gaza in direzione di Israele. L'aviazione – secondo le prime informazioni – ha colpito il primo commando, mentre il secondo ha lanciato un missile anti tank verso un veicolo militare. L'esercito ha aperto il fuoco e ucciso i miliziani. Sono ancora in corso perlustrazioni in tutta la zona: l'esercito ha dato disposizioni ai residenti dei kibbutz di Nir Am e Erez di restare nelle loro case.

 Intanto un piccolo ospedale situato nella zona centrale di Gaza è stato colpito da un razzo israeliano e sul posto ci sono, secondo fonti palestinesi, 4 morti e numerosi feriti. L'ospedale colpito e' quello dedicato ai 'Martiri di al-Aqsa' (l'ala militare di al-Fatah), costruito una decina di anni fa dall'Autorita' nazionale palestinese. Secondo testimoni il razzo ha colpito il piano superiore dell'edificio, provocando gravi danni. Il portavoce militare israeliano ha pubblicato oggi fotografie aeree che documenterebbero il lancio di razzi palestinesi dalle immediate vicinanze della Moschea Abu Yan (8 luglio, dell'ospedale Wafa (14 luglio), di un campo da giochi per bambini (14 luglio) e anche del cimitero al-Tuffah (13 luglio). "Stiamo insistendo perché si arrivi ad un cessate il fuoco almeno umanitario nelle prossime ore", ha detto il ministro degli Esteri Federica Mogherini alla Farnesina. “C'è una proposta sul tavolo che prevede il cessate il fuoco immediato e l'apertura contestuale di negoziati, con elementi di immediata risposta alla crisi umanitaria, e la comunità tutta deve spingere in questa direzione". "Le immagini di Gaza sono insostenibili: il numero di vittime, dei feriti, compresi i bambini, ma anche il lancio indiscriminato dei razzi contro Israele, che deve finire". Mogherini, a margine di un incontro con il sindaco di New York Bill De Blasio a Roma, auspicando che "già dalle prossime ore ci sia una risposta positiva alle pressioni arabe, americane, europee, dell'Onu ed agli appelli del Papa".