EUROGRUPPO: NESSUN ACCORDO TRA GRECIA ED EUROPA


L'incontro tra i ministri dell'Economia e delle Finanze dell'Eurozona si chiude senza aver trovato un punto d'incontro. CONTINUA ALL'INTERNO

di Maurizio Costa

Bruxelles – La tanto attesa riunione dell'Eurogruppo si chiude con un nulla di fatto: i ministri dell'Economia e delle Finanze dell'Eurozona non trovano l'intesa per il problema della Grecia e tutto è stato rimandato a lunedì. Alexis Tsipras, primo ministro greco, vorrebbe un prestito-ponte di sei mesi che permetta al governo ellenico di attuare le riforme promesse prima delle elezioni. Su questo punto l'Ue non vuole concedere nulla senza un rientro e chiede che la Grecia abbandoni questi sentimenti anti-Troika e opposti all'austerità.

"Ci sono stati progressi ma non abbastanza per arrivare ad una soluzione comune" ha dichiarato il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Le decisioni sono state spostate a lunedì, quando si deciderà se inviare o meno un gruppo di tecnici che possa elaborare un Piano di aiuti per sostenere l'economia greca e per far attuare le riforme governative. Molti ministri dei vari paesi europei sono stati d'accordo nel concedere questi prestiti alla Grecia, ma Dijsselbloem ha affermato che "serve prima una base comune".

Una base comune che ancora non è stata raggiunta. La distanza tra il neo-governo greco e l'Europa sembra aumentare. Il ministro delle Finanze ellenico, Yanis Varoufakis, ha dichiarato che vorrebbe un prestito-ponte, ma le condizioni stabilite dall'Europa sono troppo gravose. La Grecia, infatti, dovrebbe creare un disavanzo economico del 3%, aumentando le tasse o attuando tagli primari. Inoltre, il paese ellenico non può più ricevere liquidità in cambio di titoli di stato e quindi risulta chiuso in una trappola. L'unica soluzione sarebbe quella di attuare il 70% del programma europeo e emettere titoli di stato per 8 miliardi di euro e venderli al fondo salva-stati della zona euro.

Varoufakis, comunque, è molto ottimista e spera di raggiungere un accordo lunedì con la nuova riunione. Intanto, la Russia sarebbe pronta ad aiutare la Grecia nel caso in cui l'Europa non venisse incontro a Tsipras. Questo comporterebbe un fronte pseudo-interno all'Europa, che aggraverebbe indirettamente il problema della crisi ucraina.




ISIS: GLI STATI UNITI SI PREPARANO A INTERVENIRE

Redazione

Washington – Il presidente Barack Obama ha inviato al Congresso la richiesta di autorizzazione all'uso della forza militare contro lo Stato Islamico. La richiesta (contenuta nell'Authorization for Use of Military Force) è limitata a tre anni di tempo, e andrà rinnovata nel 2018, se l’Isis sarà ancora un pericolo. La richiesta esclude un impegno delle truppe di terra a tempo indeterminato. I 3.000 uomini già sul terreno però sono esentati, e le truppe speciali sono autorizzate ad intervenire in combattimento. Secondo l’intelligence Usa, sono almeno 20.000 i combattenti stranieri andati in Siria, e di questi 3.400 sono occidentali. I servizi segreti ieri hanno confermato l’uccisione di Kayla Mueller, e oggi hanno fatto sapere che era stata costretta al matrimonio con un comandante dell’Isis. "Ho indicato una strategia globale per fermare e sconfiggere l'Isis", ha scritto il presidente nel testo che accompagna la bozza del provvedimento. "Per condurre le operazioni dovrebbero essere schierate le forze locali, piuttosto che i militari americani". La proposta deve essere approvata dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti e innescherà un acceso dibattito tra i democratici, generalmente diffidenti rispetto alla possibilità di un'altra guerra in Medio Oriente, e i repubblicani che più volte avevano chiesto misure più severe per combattere gli jihadisti dell'Is. È la prima volta che il Congresso, che ha la prerogativa di dichiarare guerra ("war powers"), viene chiamato ad autorizzare formalmente un'operazione militare dal 2002, quando approvò la richiesta di George Bush di attaccare l'Iraq. La nuova autorizzazione sospenderà questa, mentre continuerà a mantenere in vigore quella approvata dopo gli attacchi dell'11 settembre per autorizzare le operazioni anti-terrorismo.




USA, UOMO UCCIDE A COLPI DI PISTOLA TRE MUSULMANI

di Maurizio Costa

Chapel Hill (North Carolina) – La polizia ha arrestato un uomo di 46 anni, Craig Stephen Hicks, che avrebbe ucciso a colpi di pistola tre studenti universitari musulmani nella notte tra martedì mercoledì. Subito dopo la sparatoria, avvenuta nella cittadina universitaria di Chapel Hill, l'omicida si è subito costituito.

Le vittime sono Deah Shaddy Barakat, di 23 anni, sua moglie Yusor Mohammad Barakat, 21 anni, e la sorella di quest'ultima, Razan Mohammad Abu-Salha, 19enne. Tutti e tre erano studenti universitari e sono stati uccisi con un colpo alla testa.

Il movente della sparatoria sarebbe una lite nata in un parcheggio tra Hicks e Deah Barakat, suo vicino di casa. Il killer avrebbe ucciso le tre persone anche per motivi religiosi. Sulla sua pagina Facebook, infatti, Hicks scriveva di essere un ateo. Tra i post, ce ne sono altri molto più spinti: "Quando si arriva agli insulti, è la vostra religione che ha cominciato, non io. Se la vostra religione tiene la sua grande bocca chiusa, lo farò anch'io – scriveva Hicks.

La polizia locale ha dichiarato che "vista la brutalità del crimine, l'abbigliamento delle vittime e il passato dell'omicida, abbiamo sollecitato i federali ad affrontare un possibile movente razziale". Oltre alla lite, quindi, il killer avrebbe ucciso le tre persone perché erano musulmani.

Deah Barakat era uno studente di odontoiatria e sua moglie aveva appena cominciato la carriera universitaria. Deah aveva cominciato anche una missione umanitaria: infatti, raccoglieva fondi per assicurare cure dentarie ai rifugiati siriani in Turchia. Barakat aveva anche cominciato una raccolta fondi a Chapel Hill per curare i denti di persone che non potevano permetterselo. Sul suo profilo Facebook aveva pubblicato un articolo contro la violenza ingiustificata dell'Islam.




UCRAINA: RAZZI DEI SEPARATISTI FILORUSSI, 7 VITTIME

di Maurizio Costa

Kiev – Un attacco dei separatisti filorussi sulla città di Kramatorsk avrebbe causato 7 vittime e 21 feriti. A riferire l'accaduto è lo stesso presidente ucraino, Petro Poroshenko. La città era stata riconquistata dalle truppe governative qualche mese fa. Intanto, l'esercito ucraino ha scagliato un'offensiva nell'est, nei pressi di Mariupol, per cercare di riconquistare i territori persi.

Continua a salire il numero dei morti del conflitto che da tempo vede interessati i separatisti, appoggiati dalla Russia, e le truppe governative ucraine. Domani, a Minsk, si terrà l'atteso incontro tra Putin, Poroshenko, Hollande e Merkel per cercare di trovare una soluzione pacifica al conflitto. Il presidente francese è pronto a trovare "un risultato ottimale", mentre altre fonti affermano che a Minsk si deciderà ben poco. Il vertice sarà improntato soprattutto nella creazione di una zona demilitarizzata di 50 chilometri, che tenga i due schieramenti a una distanza di sicurezza.

Poroshenko ha affermato che bisogna prepararsi anche ad uno scenario peggiore. La guerra, probabilmente, non terminerà domani e il presidente degli Usa, Barack Obama, ha dichiarato di essere pronto a fornire all'esercito ucraino delle "armi letali" nel caso in cui Putin non la smetta di inviare truppe nell'est dell'Ucraina.

Il segretario di sicurezza del governo russo, Nikolai Patrushev, ha affermato che se gli Stati Uniti forniranno armi all'esercito ucraino ci sarà "un'escalation del conflitto". La tensione tra Russia e Usa, quindi, continua a salire. La Russia, dal canto suo, continua le esercitazioni militari in Crimea, in vista di un eventuale conflitto via terra.

L'Europa, intanto, è pronta a creare un fondo di 15 miliardi di euro per aiutare la popolazione ucraina che ha sofferto maggiormente la guerra con i separatisti filorussi. 




UCRAINA, VERTICE OBAMA-MERKEL : COESIONE TRA I CONTINENTI PER LE MANOVRE.

di Matteo La Stella

Washington – Dopo il vertice alla White House tra il presidente a stelle e strisce e il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente Barack Obama, tuona affermazioni che pesano come delle sentenze nei confronti della crisi Ucraina, dei separatisti filorussi e di Mosca, dove Vladimir Putin continua, mai sazio, ad appoggiare la folle corsa dei separatisti.
Il Presidente USA ci tiene a sottolineare alcuni punti. La Russia, dice,-”ha violato tutti gli impegni presi con gli accordi di Misk”-. Utili al cessate il fuoco e alla creazione di un'area demilitarizzata di 30 Km, erano stati redatti nel settembre del 2014 in presenza di Kiev, Mosca, separatisti filorussi e Osce, ma fino ad oggi sembrano essere sfuggiti alla mente del presidente della Federazione Russa Putin, che al contrario ha continuato a mettere monete nella slot machine da lui finanziata, senza mai fermarsi.
Il Cancelliere Angela Merkel, si aggiunge come un violino alla canzone del presidente Americano. La posta in gioco, è la pace e l'integrità territoriale del continente, che non possono venire a mancare, poichè rinunciandovi si rinuncerebbe all'ordine. I due sperano, di comune accordo in un epilogo diplomatico. La collaborazione tra Europa ed Stati Uniti, aggiunge Obama, deve essere:-”ferma, salda, solida, anche se su alcune cose non saremo d'accordo”-. Infatti, nel caso in cui la diplomazia venisse meno, e fosse necessario l'utilizzo delle maniere forti, Obama non esclude l'opzione di armare Kiev, perchè la Russia non può-“ridisegnare i confini dell'Europa con il fucile puntato” . La Merkel, invece, opterebbe per un potenziamento delle sanzioni economiche, già attive nei confronti della Russia, che non hanno però toccato minimamente il presidente dal colbacco.




JHIAD: ITALIANO TENTA DI RAGGIUNGERE LO STATO ISLAMICO

di Matteo La Stella

Baghdad – A luglio dello scorso anno, un cittadino di nazionalità italiana è stato arrestato ad Arbil, capitale del Kurdistan iracheno, con l'accusa di volersi schierare tra le fila dell' Isis. Lo ha dichiarato oggi al quotidiano “Al Hayat” il presidente kurdo  Massoud Barzani. L'ingresso del “jhiadista nostrano”, a detta del presidente Barzani sarebbe avvenuto con “documenti in regola” dalla vicina Turchia, con cui il Kurdistan iracheno confina a nord. Le porte del Califfato sarebbero state ad un passo dunque, ma è stato fermato prima di poter entrare dalla vicina Siria confinante ad Ovest, o poco più a sud da quella zolla di Iraq dove sventolano le bandiere nere del terrore. L'accusa per l'uomo è di terrorismo.

La notizia è stata confermata in primis dall'ambasciatore italiano a Baghdad Massimo Marotti, il quale ha spiegato che il connazionale è “assistito in un'intesa con le autorità locali”, e che l'ambasciata “ è in costante contatto con la famiglia”. Successivamente, al termine del Consiglio U.E. A Bruxelles, il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha ribadito l'avvenuto arresto compiuti dalle forze anti terrorismo di Arbil. Ha poi dichiarato che i diplomatici italiani stanno lavorando già da tempo, cercando di chiarire il caso, ma che a lui la notizia era pervenuta nei minuti precedenti l'intervista. Intanto le autorità kurde continuano ad indagare. Il dato sconcertante è la crescita del numero di italiani partiti per conquistare un posto nell'Isis, che ad agosto già si aggirava intorno ad un minimo di 50 elementi.




MARSIGLIA: SPARI IN ARIA COL KALASHNIKOV

Redazione

Una brutta giornata a Marsiglia. Spari in aria col kalashnikov da uomini incappucciati nel quartiere la Castellane di Marsiglia . Almeno 40 poliziotti sono stati schierati in attesa dell'intervento di altre forze. L'episodio di violenza, su cui sono intervenuti gli uomini delle forze speciali Gipn (Gruppo di intervento della polizia nazionale), è avvenuto proprio nel giorno in cui il premier Manuel Valls si trova a Marsiglia per fare i complimenti alla polizia per il miglioramento della situazione di sicurezza. L'intero quartiere è stato evacuato, compreso un asilo nido. Infatti, il personale e gli studenti sono stati trasferiti verso un edificio più sicuro.

Ipotesi regolamento di conti. Sembra non essere stato un episodio di terrorismo, come si era temuto in un primo momento, ma un regolamento di conti tra bande rivali quello che stamane ha fatto svegliare Marsiglia con il crepitare di colpi di kalashnikov. Pierre-Marie Bourniquel, direttore della polizia di Marsiglia, è stato colpito da colpi di kalashniklov stando a quanto riferisce Le Figaro. Sul posto ci sono gli uomini delle forze speciali Gipn. Si tratterebbe di un regolamento di conti tra bande rivali: due gruppi di delinquenti, tra i 5 e 10 criminali incappucciati, hanno sparato contro un punto di smercio della droga. Le armi utilizzate sarebbero le stesse adoperate dai due fratelli Kouachi negli attentati alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, a Parigi.

La dinamica della sparatoria. La causa della sparatoria, si legge su "Le Figaro", potrebbe essere un contenzioso legato al controllo di un "punto di smercio" della droga. "Il traffico di droga nel quartiere marsigliese – ricorda la polizia locale – per la cannabis e la cocaina, può portare più di 100mila euro al mese". Dopo i colpi sparati nella zona, il direttore della sicurezza pubblica della città si è recato subito sul posto, portando con sé un comandante della polizia. Nella speranza di proteggere i cittadini e porre fine agli spari, ha chiesto all'autista di accendere le sirene mentre si stava avvicinando al luogo della sparatoria. Ma a questo punto ad essere presa di mira è stata proprio la sua auto, ricostruisce "Le Figaro". Il veicolo non è stato colpito, ma a due o tre metri di distanza sono stati trovati fori di proiettili.

La situazione. Una quarantina di agenti si sono posizionati nella rotatoria del Grand Littoral di Marsiglia, dopo che diversi testimoni hanno avvisato la polizia in merito alla presenza di "uomini incappucciati che sparano in aria con i kalashnikov". A dirigere le operazioni è il direttore per la sicurezza pubblica, Pierre-Marie Bourniquel. Secondo la sua testimonianza, meno di un'ora fa, mentre perlustrava la zona con una squadra del pronto intervento, ha udito una raffica di colpi di kalashnikov, a poche decine di metri dall'auto su cui viaggiava. Il quartiere è stato evacuato in un luogo più sicuro. La polizia è in attesa di un elicottero.




MAXI EVASIONE FISCALE DA 180 MILIARDI DI EURO INCORAGGIATA DA COLOSSO BANCARIO

Redazione

Parigi – Maxi evasione fiscale "accettata se non incoraggiata" dal colosso bancario anglosassone Hsbc. Questo quanto risulterebbe da un'inchiesta del quotidiano francese Le Monde  che annuncia la pubblicazione sul proprio sito internet dei risultati dell'inchiesta portata avanti tra Parigi, Washington, Bruxelles e Ginevra. Il periodo cui si riferiscono i dati in possesso del quotidiano francese riguardano il biennio che va dal 2005 al 2007, dati di cui Le Monde fa sapere di essere entrato in possesso solo all'inizio dello scorso anno.

Mohammed VI re del Marocco e John Malkovich noto attore statunitense sono tra i nominativi che emergono nell'inchiesta che riguarda oltre 100mila persone e 20mila società per un evasione totale di 180,6 miliardi di euro finiti sui conti della filiale svizzera della Hsbc. 
 

La banca ammette, "defaillance in filiale di Ginevra: 
La Hsbc ha ammesso gli errori della sua filiale svizzera sul gigantesco sistema di evasione messo in piedi a meta' degli anni duemila a favore dei suoi clienti piu' facoltosi. "Accettiamo e ci assumiamo la responsabilita' dei fallimenti passati rispetto alle regole e alle procedure di controllo", hanno fatto sapere in una nota dai vertici Hsbc, spiegando anche che la controllata elvetica non fu totalmente incorporata nel gruppo dopo l'acquisto nel 1999 e che pertanto i livelli di conformità alle regole sono stati "significativamente piu' bassi" rispetto alla norma.
 




ISIS COLPITO DA ANONYMOUS, USA, GIORDANIA E FRANCIA

La Giordania ha distrutto il 20 per cento delle capacità militari Isis

di Chiara Rai

Duro contrasto all'Isis iniziato nella rete e per terra. I responsabili militari Usa "stanno raccogliendo più informazioni possibili di intelligence sulle difese Isis a Mosul per decidere se raccomandare l'invio di truppe sul terreno per coadiuvare l'esercito iracheno nella riconquista" della "capitale del Califfato". Ad affermarlo alla Cnn sono i responsabili dello Us Central Command.

La prima mossa dell'offensiva a Mosul "è prevista ad aprile", scrive sempre la Cnn. "L'Isis sta continuando a rinforzare le sue difese in città: se cresceranno significativamente, le forze irachene potrebbero aver bisogno dell'aiuto americano per individuare i bersagli militari da colpire", spiega il responsabile coperto da anonimato affermando che a quel punto l'esercito Usa potrebbe raccomandare alla Casa Bianca e al Pentagono di inviare truppe sul campo.

Intanto Anonymous ha annunciato di aver violato decine di accout twitter e profili facebook dell'Isis. In un video diffuso su youtube, la rete mondiale di hacker ha rivendicato anche di aver catalogato decine di indirizzi della propaganda jihadista. E' iniziata cosi' la seconda fase dell'operazione #Oplsis contro la galassia degli integralisti islamici partita dopo l'accacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo. Nel video, della durata di 3 minuti, Anonynous conferma che non dara' tregua al califfato e rivendica l'azione compiuta da persone di ogni credo, religione e razza, studenti e lavoratori, poveri e ricchi. In particolare nel mirino dei pirati informatici sono finiti i reclutatori, coloro che cercano di attirare simpatizzanti della jihad attraverso il web. Peshmerga curdi liberano altri tre villaggi area Kobane Intanto sul fronte militare i peshmerga curdi annunciano di aver riconquistato altri tre villaggi nell'area della citta' di Kobane al confine con la Turchia. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), in due settimane i guerriglieri curdi sono stati in grado di liberare 128 villaggi dalla presenza dei terroristi. Fonti locali sostengono che gli estremisti avrebbero abbandonato le aree a sud di Kobani senza opporre eccessiva resistenza, mentre vi sarebbero stati violenti combattimenti nella zona occidentale. Citando fonti curde, il direttore dell'Sohr Rami Abdel Rahman, precisa che l'obiettivo dei terroristi e' difendere le vie d'accesso alle loro roccaforti nella provincia di Aleppo e di al Raqqa. Lo scorso 26 gennaio i guerriglieri curdi hanno liberato la citta' di Kobani situata al confine fra Siria e Turchia dopo oltre quattro mesi di assedio.

Nel frattempo la Giordania ha fatto un bilancio della sua campagna anti-terrore, e ne ha divulgato i risultati. "Con i tre giorni di raid di rappresaglia che hanno colpito «56 obiettivi» abbiamo distrutto il 20 per cento delle capacità militari dell’Isis», ha annunciato l’esercito di Amman in un comunicato. Dopo aver colpito i centri di coordinamento il primo giorno, poi armi e depositi, il terzo «abbiamo colpito i militanti, dove mangiavano e dormivano". La Giordania continuerà la sua offensiva contro l’Isis finché il gruppo «non sarà annientato», ha detto il comandante delle Forze aeree giordane Mansour Jbour, in una conferenza stampa in una base militare ad Amman.

Le autorità francesi hanno arrestato sei persone nella regione di Tolosa, nel sud della Francia, sospettate di essere coinvolte in una rete jihadista per lo smistamento e l’invio di combattenti islamici all’estero. Il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve, che ha annunciato gli arresti ha anche precisato che i sei sono stati arrestati nell’ambito di un’inchiesta per terrorismo.




RUSSIA E UCRAINA SI INCONTRANO PER LA PACE

di Maurizio Costa

Monaco – I vertici europei e mondiali cercano di trovare una soluzione per mettere la parola fine alla guerra tra separatisti filo-russi e l'esercito nazionale nell'est dell'Ucraina. Mercoledì prossimo, 11 febbraio, Angela Merkel e François Hollande incontreranno Vladimir Putin e Petro Porošenko per ratificare un nuovo trattato di pace. Già qualche mese fa, l'Ucraina e la Russia avevano stipulato un accordo per porre fine ai bombardamenti e alle violenze nell'est dell'Ucraina. Quest'ultimo trattato, però, non è servito a nulla: la guerra non è finita e continuano a crescere i morti, soprattutto tra i civili. Gli abitanti di Donetsk e di Luhansk, le due città sotto il controllo dei separatisti, sono costretti a fuggire all'interno di autobus stracolmi attraverso un corridoio umanitario, stabilito per evitare altre morti bianche.

Il vertice di Minsk – “Se entro quel giorno (11 febbraio n.d.r.) si riuscirà a concordare su certe posizioni faremo l'accordo – ha dichiarato Putin. O si fa la pace o l'incontro sarà inutile. Questa mattina, i quattro leader che parteciperanno alla pace di Minsk, hanno organizzato una conference call, con l'obiettivo di cominciare a placare gli animi. Lo scopo è quello di “lavorare a un pacchetto di misure nel quadro degli sforzi per una soluzione globale del conflitto nell'est”. Sul sito della presidenza ucraina è comparso un comunicato che afferma che i colloqui porteranno ad un rapido e incondizionato cessate il fuoco.

Il problema principale è la posizione degli Stati Uniti. Lo stato americano ha già stabilito che potrebbe rifornire di armi l'esercito ucraino, facendo salire le tensioni tra la Russia e Obama. Il capo della diplomazia russa, Sergej Viktorovič Lavrov, ha affermato che questa mossa degli Usa “potrebbe portare a conseguenze imprevedibili e minare gli sforzi per una soluzione politica”. Lavrov ha incontrato a Monaco il segretario di Stato Usa, John Kerry. Il politico statunitense, dopo il meeting, ha dichiarato che “non ci sono divisioni e non può esserci una soluzione militare”.

L'alto rappresentante degli Affari Esteri dell'Ue, Federica Mogherini, ha affermato che “quella di mercoledì a Minsk è un'ottima chance”. Il problema principale è la posizione della Russia. Vladimir Putin, infatti, non riesce a mantenere un'idea stabile: da una parte, cerca di trovare una soluzione alla crisi ucraina, facendo la parte della vittima e mandando giornalmente aiuti umanitari alle popolazioni dell'est dell'Ucraina. Dall'altra, però, continua ad invadere la nazione ucraina, causando migliaia di vittime e centinaia di migliaia di sfollati che fuggono verso i paesi vicini.




LA VOLONTARIA AMERICANA KAYLA JEAN E' MORTA…MA L'AMERICA CERCA LE PROVE!

Angelo Barraco

La volontaria americana Kayla Jean è morta, a soli 26 anni. La volontaria era stata rapita in Siria nel 2013 ed era nella mani degli Jihadisti dell’Isis. I miliziani sanniti avrebbero annunciato che la giovane volontaria sarebbe stata uccisa in uno dei raid aerei su Raqq. La giovane volontaria diceva “Non accetto sofferenza, siriani!”. Secondo l’Isis, una bomba avrebbe centrato l’edificio dove era tenuta prigioniera la giovane. Per Kayla, gli jihadisti dello stato islamico avevevano chiesto, nell’agosto scorso, un riscatto di 6,6 milioni di dollari. Nel luglio 2014 le forze speciali tengono un blitz per liberare l’ostaggio, l’edificio venne trovato vuoto. Gli Stati Uniti, al momento, non hanno però né smentito né confermato la morte della giovane dichiarando: “Al momento non ci sono prove”, dichiarazione rilasciata dal Pentagolo. Il comunicato della Stato Islamico è il seguente: “Il fallito raid aereo giordano ha ucciso una donna ostaggio americana. Gli aerei della coalizione criminale crociata hanno bombardato un sito fuori Raqqa a mezzogiorno mentre i residenti stavano recitando le preghiere del venerdì. Il loro assalto è durato un’ora. Allah ha reso vana la loro caccia e ha ostacolato la loro astuzia e nessun mujahid è rimasto ferito solo grazie ad Allah. Ci è stato confermata l’uccisione di una donna americana ostaggio dalle bombe gettate sull’edifico ed il suo nome è Kayla Jean Mueller”. I dubbi sul comunicato dell’Isis quindi lasciano una speranza, attendiamo aggiornamenti.