VENTIMIGLIA, IMMIGRATI: INTERVIENE IL MINISTRO ALFANO
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di Christian Montagna
Cairo – Definitiva la sentenza della Corte d’Assise del Cairo che ha confermato la condanna a morte dell'ex presidente egiziano Mohamed Morsi. Lo scorso mese, il presidente era stato deposto per l’evasione di massa del 2011. In diretta tv, l’intera nazione ha potuto ascoltare la sentenza che si appresta a diventare storica.
Il processo. Condannati a morte oltre all’ex presidente anche Mohamed Badie, la guida suprema della Fratellanza musulmana di cui Morsi è leader politico. Oltre alla condanna a morte, lo stesso Morsi nello scorso Aprile aveva ricevuto una sentenza a 20 anni di reclusione per aver ordinato la repressione di una protesta nel 2012. Termina dunque l’era dei tiranni, dei prepotenti che hanno per anni assoggettato interi paesi imponendo credenze e rituali alla popolazione. Morsi che aveva privato perfino della libertà di espressione i suoi concittadini, viene condannato a morte in merito alla maxi evasione di massa dal carcere di Wadi el Natroun nel gennaio del 2011, agli inizi della rivoluzione anti Mubarak.
Spionaggio per Hamas. E’ il processo “Spionaggio per Hamas” quello che vede coinvolto l’ex presidente Morsi e la sua guardia del corpo. Soltanto questa mattina, la corte d'assise del Cairo aveva inflitto in primo grado l'ergastolo all'ex presidente egiziano Mohamed Morsi ma si attende per oggi anche il verdetto sulla condanna a morte preliminare inflitta il mese scorso per partecipazione all’evasione.
Le altre condanne. Oltre ad ex presidente e guardia del corpo, nello stesso processo su Hamas sono state confermate 16 condanne a morte di cui 13 in contumacia: alla sbarra sono il numero due e tre della Confraternita dei Fratelli musulmani, Khairat el Shater e Mohamed El Beltagui (il segretario generale del partito). La sentenza è stata accolta in aula mostrando il “rabaa”, ovvero le quattro dita della mano simbolo della violenta repressione della protesta contro la deposizione di Morsi nel 2013.
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Nessun accordo nei negoziati del fine settimana tra il Presidente Tsipras e i creditori internazionali. Lo spettro del grande default ha fatto crollare le borse. La Merkel annuncia che non si farà ricattare, il FMI chiede il taglio dlle pensioni e l'aumento dell'IVA che farà necesariamente impoverire ancora di più il popolo ellenico
di Cinzia Marchegiani
Atene – L'UE aveva lanciato un monito alla Grecia, un chiaro ultimatum, il paese aveva meno di 24 ore per presentare controproposte serie, che dovevano includere necessariamente le riforme sulla pensione e aumento dell’IVA, mentre il premier greco Tsipras aveva messo condizioni ferree affinché non si toccassero i portafogli dei pensionati e dei consumatori.
Nel frattempo il governo tedesco avrebbe avviato consultazioni concrete circa le misure da adottare nel caso di bancarotta di Atene.
A fine giugno, quando il 30 scadranno le quattro tranche di prestiti che Atene deve restituire all'Fmi, si prospettano tre scenari possibili, dove la meno probabile sembra essere proprio un'intesa di soldi in cambio di riforme tra i creditori internazionali e governo che consentirebbe però di rispettare le deadline. Un’altra possibilità potrebbe riguardare un'estensione ulteriore del programma di aiuti attuali, che scade questo mese, proprio quando la Grecia deve rimborsare al Fondo 1,6 miliardi. L’ultima, la più devastante, è il default delle finanze.
FUMATA NERA, PER ORA NESSUN ACCORDO SOSTENIBILE
Il fine settimana ha visto un tesissimo braccio di ferro fra la Grecia e i creditori internazionali assieme all’UE, che ha prodotto una grande fumata nera, poiché le trattative messe sul piatto e i colloqui allacciati per trovare un accordo bilaterale non hanno trovato alcun compromesso tangibile e ora l’ultimo appuntamento utile è la riunione dell’Eurogruppo in agenda il 18 giugno 2015. I delegati di Atene a Bruxelles devono per ora attendere l’ultima chance messa a loro a disposizione, una soluzione che possa allontanare lo spettro del default o addirittura del Grexit, ovvero l’uscita definitiva della Grecia dall’unione monetaria europea.
Ma la Germania sembra non si voglia far “ricattare” per trovare un accordo sul salvataggio della Grecia, la proprio posizione ferrea è stata chiarita dal ministro dell’economia tedesco e vice-cancelliere Sigmar Gabriel, in una intervista al canale tedesco Ard, aggiungendo che «la pazienza dell’Europa sta finendo», e avverte che il presidente ellenico Tsipras deve portare avanti le stesse riforme che il precedente governo di Samaras si era impegnato a fare, se vuole arrivare ad un accordo, che non sarà benevolo solo perché vi è lo spettro del Grexit, ribadendo che sono disponibili ad accettare qualsiasi cosa. Altrettanto deciso il presidente Tsipras che ha tenuto la stessa linea, quella di non accettare la riduzione delle pensioni e dei salari e contemporaneamente gli aumenti, necessariamente conseguenza dei tassi dell’Iva richiesti, dei prezzi di prodotti di prima necessità, come quelli dell’elettricità. Ma queste clausole il Fondo Monetario Internazionale le impone per ottenere i tagli per l’1% del Pil, che corrisponderebbero a 1800 milioni di euro e in cambio le nuove entrate che si otterrebbero con l’aumento dell’IVA.
CROLLO DELLE BORSE
Lo spettro del default ha fatto crollare l'indice ellenico che cede di oltre cinque punti. Incidono anche le aspettative di un aumento dell'inflazione sul rialzo del debito sovrano, che vedono gli investitori a cedere titoli di Stato alla ricerca di assetti più remunerativi.
Inevitabile quindi il crollo delle borse, Milano Piazza Affari cede l'1,7%, peggio degli altri mercati, Francoforte arretra di un punto percentuale, Parigi lima lo 0,9% e Londra lo 0,6%.
Una situazione grottesca e d grande impasse…tutto rimane sospeso, il governo Tsipras rimane fermo sulle sue posizioni definendo "irrazionali" le richieste dei creditori, soprattutto in termini di tagli alle pensioni e di avanzo primario, mentre la Germania non vuole essere ricattata dal governo di Atene, il destino del popolo ellenico è ora rimandato dall’esito del vertice di giovedì prossimo, dove l’Eurogruppo dibatteranno il presente e il futuro di un popolo già alla fame, di cui si chiedono però altri tagli e imposte oltre la loro sostenibilità,…per Tsipras è come firmare per la morte del proprio paese.
L’Onu sta mettendo a disposizione i test di DNA per l’eventuale riconoscimento dei bambini nati da abusi sessuali a donne. I Caschi blu avrebbero dato loro in cambio cibo, denaro, vestiti e telefonini
di Cinzia Marchegiani
Rapporti sessuali pretesi in modo abituale dai Caschi blu in cambio di denaro, cibo vestiti, telefonini e profumi in missioni mondiali sembrerebbe uscire dal rapporto OIOS, i servizi di investigazione interna dell'Onu. Da questi rapporti sessuali non consensuali sarebbero nati moltissimi bambini che nei loro paesi non hanno una vita serena, poiché sono paesi in situazioni economiche disperate e bisognose di molti aiuti umanitari. Lo scandalo che ha investito come uno tsunami l’ONU, ora deve fare i conti con i bambini nati da questi rapporti sessuali “pretesi” dai Caschi blu. Sono bambini già vittime di un sistema e nati in paesi poverissimi. Per questo l’ONU sta mettendo a disposizione i test per verificare la compatibilità del DNA per stabilire le eventuali paternità che darebbe accesso a loro di aiuti economici. Anche se il test per ora non è obbligatorio rappresenta un’onta difficile da metabolizzare, poiché rappresenterebbe la prova degli abusi eventualmente perpetrati. Per questo motivo sembrerebbe che l’Onu voglia adottare un metodo più snello per le eventuali rivendicazioni di paternità da parte delle donne che avrebbero avuto figli da questi rapporti sessuali, quello di istituire una banca dati del Dna di tutte le truppe Onu.
Situazione delicatissima che sembra destinata a non terminare con un semplice test per il riconoscimento dell'eventuale progenie. E lo scandalo dovrà fare i conti con responsabilità profonde che un tribunale dovrà giudicare.
di Christian Montagna
Bruxelles – E’ sempre più aspra la proposta della Commissione Ue sui ricollocamenti urgenti da Italia e Grecia di quaranta mila siriani ed eritrei richiedenti protezione internazionale. Numerose sono state finora le resistenze di paesi che seppure obbligati dal meccanismo stabilito in Commissione cercano di tirarsi indietro. Il prossimo 25 Giugno ci sarà un nuovo vertice dei leader per trovare un compromesso ma, alcune fonti, rivelano l'intenzione di far circolare, in modo informale, in una sorta di primo test, idee e scenari, su cui trovare accordi.
Il presidente Jean Claude Juncker afferma: “I governi devono ripartirsi in modo equo e solidale chi chiede protezione internazionale. Persone che non possono essere lasciate alle sole cure di Italia, Grecia, Spagna e Malta. E' un problema di ciascun europeo". In materia c’è grande divisione, molte polemiche e tantissime domande in merito: si mettono in discussione molti dei parametri già scelti come ad esempio il numero delle persone da ricollocare, i fondi a disposizione, e la capacità delle strutture degli Stati.
Le prime ad essersi già chiamate fuori sono state Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca. Si teme per gli altri un blocco di minoranza: Paesi baltici, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia sarebbero pronte a combattere il meccanismo obbligatorio. Un terzo dei Paesi invece pare sia ancora incerto sul da farsi.
Solidarietà e responsabilità: sono questi i concetti a cui si appellano i rappresentanti della Commissione. Foto segnalamenti e raccolta di impronte digitali sono le soluzioni a cui auspicano i Paesi “fedeli” all’Ue. Quello dell’immigrazione si appresta a diventare il più grande problema del secolo e per l'Italia la proposta della Commissione è "il minimo che può essere accettato", e se dovesse saltare la solidarietà, anche gli altri punti del programma sarebbero da rivedere.
di Cinzia Marchegiani
UE – La Grecia è dentro l’occhio del ciclone, che decreterà le sue sorti. L’Unione Europea sembra stia valutando ormai la possibilità di un default ellenico se non si concretizzeranno presto decisioni tra Atene e i suoi creditori. Il default è un evento dato ormai per scontato tanto che sul popolare dito di bookmaker, Paddy Power, si continuano ad accettare scommesse sull'uscita della Grecia dall'area euro, data ormai 11 a 10. Si parla ormai di guerra finanziaria innescata, tanto che la FMI si è alzato dal tavolo dei negoziati tenutosi ieri. L'UE ha lanciato un monito alla Grecia, un chiaro ultimatum, il paese ha meno di 24 ore per presentare controproposte serie, e sembra dovranno includere necessariamente le riforme sulla pensione e aumento dell’IVA, mentre il premier greco Tsipras aveva messo condizioni ferree affinché non si toccassero i portafogli dei pensionati e dei consumatori.
Il governo tedesco secondo le anticipazioni del quotidiano tedesco Bild, starebbe avviando "consultazioni concrete" circa le misure da adottare nel caso di bancarotta di Atene. In poche parole, i tedeschi non escludono più uno scenario di default della Grecia. E iniziano a correre ai ripari. L'avvicinarsi delle prossime scadenze e le difficoltà a trovare un accordo, ha messo in azione anche gli altri funzionari dell'area euro che sembrano abbiano iniziato per la prima volta a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di un default del debito. Le discussioni, svolte in via ufficiale, tra i rappresentanti dei governi sono avvenute ieri a Bratislava.
A fine giugno, quando il 30 scadranno le quattro tranche di prestiti che Atene deve restituire all'Fmi, si prospettano tre scenari possibili, dove la meno probabile sembra essere proprio un'intesa di soldi in cambio di riforme tra i creditori internazionali e governo che consentirebbe però di rispettare le deadline. Un’altra possibilità potrebbe riguardare un'estensione ulteriore del programma di aiuti attuali, che scade questo mese, proprio quando la Grecia deve rimborsare al Fondo 1,6 miliardi. L’ultima, la più devastante, è il default delle finanze.
Lo scenario che l’UE sta studiando insieme alla Bce, riguarda invece l'eventuale introduzione di controlli di capitali in Grecia e anche l'eventualità di ricorrere a una svalutazione del debito. Secondo un sondaggio pubblicato dalla televisione tedesca il 70% dei tedeschi si oppone all'Unione europea di concedere nuove concessioni ad Atene.
Per questo motivo i funzionari europei stanno valutando seriamente un piano di emergenza da mettere in campo nel caso non si trovi un'intesa e la Germania si starebbe attrezzandosi per affrontare un'eventuale uscita della Grecia dall’unione monetaria (Grexit). L’ ultimatum di 24 ore al governo greco ha tempo fino a questa sera per presentare ai creditori nuove proposte ai fini di un accordo, senza il quale no arriverebbero 7,2 miliardi nelle casse elleniche, senza i quali però il 30 giugno è destinato al default. Sembra che tutto sarà deciso nella riunione in agenda il prossimo 18 giugno dell’Eurogruppo, dove saranno affrontati e valutati sia il passaggio irreversibile del Grexit, o un’estensione dell’attuale piano di salvataggio, anche se sembra ormai un epilogo già scritto.
Quello che la Troika non è riuscita a fare nel primo tempo, sembra che ci stia riuscendo con questa guerra finanziaria innescata, attaccando pensioni e scelte sovrane individuali in cambio di miliardi costruiti e stampati nelle banche mondiali e una sopravvivenza fittizia. I popoli si chiedono che senso abbia rispettare certi accordi, se per rientrare nelle clausole e impegni, la gente è affamata e rimane senza lavoro, senza tutela sociale e con la povertà dilagante.
di Ch. Mo.
Sanaa – La vecchia città di Sanaa è stata bombardata dalla coalizione araba che combatte i ribelli sciiti nello Yemen. La stessa città, era stata inserita nell'elenco dei beni protetti dall'Unesco nel 1986: tre case sono state distrutte da una bomba e cinque persone sono morte, nonostante l'ordigno non sia esploso.
A riferirlo sono stati i residenti, che, hanno sottolineato come finora mai gli aerei da guerra della coalizione avevano colpito Qassimi, il quartiere storico della capitale.
Al momento il bilancio provvisorio sarebbe di un morto e diversi feriti . Sanaa, chiamata città vecchia, e' abitata da piu' di 2.500 anni e vanta piu' di 100 moschee, 14 bagni pubblici e piu' di 6.000 case costruite prima dell'XI secolo.