MICHIGAN: UOMO SPARA SULLA FOLLA, 7 MORTI E DIVERSI FERITI

di Angelo Barraco
 
Michigan – Ennesima strage in America, si piangono vittime innocenti di una mattanza generata dalla larga diffusione delle armi. Nella contea di Kalamazoo, nel Michigan, un uomo di 45 anni ha aperto il fuoco prima in un ristorante della catena Cracker Barrel, uccidendo 4 persone, poi ha aperto il fuoco in un parcheggio, dove ha ucciso due persone e poi in strada. L’uomo ha ucciso in totale 7 persone, tra le sue vittime vi è un bambino di soli 8 anni e una bambina di soli 14 anni. Due dei feriti sono in gravissime condizioni. Si apprende inoltre che vi sono circa 8 feriti. Il killer ha scelto le sue vittime in modo puramente casuale. L’imminente lavoro investigativo, le testimonianze raccolte sul luogo e la supervisione minuziosa dei sistemi di videosorveglianza ha permesso l’individuazione del veicolo. Due ore dopo la Polizia ha rintracciato il Suv scuro e ha arrestato il 45enne che non ha opposto resistenza. Al momento non è chiaro quale sia il movente della strage, gli inquirenti stanno indagando per chiarire ogni aspetto di questa torbida vicenda. 



HILLARY CLINTON VINCE IN NEVADA, TRUMP IN SOUTH CAROLINA

Red. Politica

Usa – Sarà una guerra all'ultimo voto tra lady Clinton e il grande contestatore affatto simpatico a Papa Francesco. Nonostante la 'scomunica' del Papa per il muro contro gli immigrati, il magnate Donald Trump vince nettamente con oltre il 30% le primarie in South Carolina dopo il successo in New Hampshire, confermandosi il front runner da battere nella corsa per la nomination alla Casa Bianca. Lascia invece l'ex governatore della Florida Jeb Bush, dopo un risultato deludente sotto il 10%: ora i suoi voti potrebbero confluire sul giovane senatore Marco Rubio, suo ex delfino, che al 99% dei voti scrutinati supera di un soffio il collega ultra conservatore Ted Cruz in un testa a testa (22,5% a 22,3%) che comunque lo accredita come candidato dell'establishment del partito in funzione anti Trump. Sul fronte democratico, specularmente, e' Hillary Clinton a consolidare la leadership mettendo a segno nei caucus del Nevada una importante vittoria (52,6% a 47,3%, con l'88,5% dei voti scrutinati) dopo la pesante battuta d'arresto inflittale dallo sfidante da sinistra Bernie Sanders.

In Sud Carolina i primi exit poll e le prime proiezioni avevano visto il vulcanico candidato anti establishment volare subito intorno al 35%, sopra gli ultimi sondaggi, con un ampio margine di vantaggio – intorno ai 12-13 punti – sugli immediati inseguitori. Un trionfo confermato anche dallo scrutinio ormai quasi ultimato: 32,5%. Pur dicendosi soddisfatto del risultato, Cruz vede pero' allontanarsi la possibilita' di essere l'alternativa 'religiosa' al piu' laico Trump come candidato anti establishment, mentre Rubio diventa l'unica carta dei vertici del partito per contrastare il tycoon. Non a caso negli ultimi giorni ha collezionato il maggior numero di endorsement dai dirigenti Gop, sfruttando in particolare l''effetto Haley', la dinamica ed emergente governatrice repubblicana del Sud Carolina che ha fatto campagna per lui e che potrebbe correre in ticket per la vice presidenza. "Ora la corsa e' a tre, ma la nomination la vincero' io", ha assicurato cominciando a corteggiare gli elettori di Bush e a proporsi come campione di una nuova generazione di conservatori pronta a guidare l'America nel XXI secolo. Se Jeb si ritira dopo un magro 7,8%, il governatore dell'Ohio John Kasich, fermo a 7,6%, intende proseguire, come pure il chirurgo in pensione Ben Carson, ultimo con 7,2%. Le primarie del Sud Carolina restano dominate dal ciclone Trump, che sembra essersi addirittura avvantaggiato dallo scontro con il pontefice in uno Stato dove i cattolici sono una minoranza e dominano i fondamentalisti protestanti (evangelici), decisamente ostili a questo Papa progressista e timorosi dell'ingerenza Vaticana, come ai tempi del primo candidato cattolico per la Casa Bianca, John Kennedy. Tanto che dopo la vittoria ha rilanciato la sfida, promettendo che il muro ci sara' e sara' anche piu' alto e sara' il Messico a pagare per costruirlo. "E mi prendero' anche i voti di Bush", ha assicurato comparendo davanti ai suoi fan insieme alla moglie e alla figlia. Il miliardario continua a raccogliere migliaia di fan ai suoi raduni e a "bucare" sui media con le sue bordate provocatorie, coagulando la rabbia e la frustrazione dell'elettorato repubblicano. Anche oggi ne ha lanciate due delle sue. Prima contro Obama per non aver partecipato ai funerali del giudice ultra conservatore della corte suprema Antonin Scalia: "mi chiedo se avrebbe partecipato se fossero stati in una moschea", ha twittato, facendo riferimento alla recente, prima visita del presidente in una moschea americana. Poi contro l'Islam, quando ha raccontato che il leggendario generale Usa John Pershing avrebbe fermato gli attacchi dei musulmani nelle Filippine all'inizio del Novecento sparando contro di loro proiettili immersi nel sangue dei maiali, animale che i musulmani e altri gruppi religiosi considerano impuri




SCONTRO PAPA-TRUMP. BERGOGLIO "QUEST'UOMO NON È CRISTIANO". TRUMP: "PENSI ALLE MURA VATICANE"

Redazione Esteri

Possiamo dire che continua. Nuovo capitolo dello scontro tra il Papa e il candidato repubblicano alle presidenziali, Donald Trump. Trump cerca di gettare acqua sul fuoco delle polemiche con Bergoglio, ma dal suo entourage arriva un nuovo affondo. "Sorprendenti i commenti del Papa, considerando che la Città del Vaticano è al 100% circondata da mura imponenti", ha ironizzato su Twitter Dan Scavino, responsabile della campagna sui social media. Il tweet è accompagnato da una foto della Città del Vaticano. Anchew Joe Scarborough, ex membro del Congresso e supporter di Trump, ha postato l'immagine di un enorme muro accompagnata da queste parole: "Papa Francesco, abbatti quel muro!".

La vicenda – Di ritorno dal viaggio in Messico, Bergoglio aveva criticato Donald Trump per le sue posizioni sugli immigrati: "Una persona che pensa di fare i muri non è cristiano. Questo non è il Vangelo". Replica a muso duro del tycoon: "Il Papa fa politica. E' vergognoso". A stuzzicare Francesco sul volo di ritorno in Italia i giornalisti, che gli chiedono del muro di 2.500 chilometri che Trump promette di costruire se diventerà presidente, oltre alla deportazione di circa 10 milioni di immigrati clandestini. I cattolici Usa devono votarlo?, gli chiedono ancora: "Non mi immischio – risponde il Papa – solo dico questo uomo non è cristiano, se dice queste cose. Bisogna vedere se ha detto così oppure no. Su questo do il beneficio del dubbio". Agenzie di stampa e tv fanno appena in tempo a rilanciare queste parole che immediata arriva la risposta del miliardario candidato alla Casa Bianca, che da sempre si professa presbiteriano. Una risposta data sia attraverso una dichiarazione scritta sia in tv, dove viene ripreso durante un comizio in South Carolina, prossima tappa delle primarie repubblicane. "Per un leader religioso mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso", attacca: "Io sono orgoglioso di essere cristiano, e come presidente non permetterò alla cristianità di essere continuamente attaccata e indebolita, proprio come sta avvenendo adesso con l'attuale presidente". E' un fiume in piena Trump. Torna ad accusare il Papa di "fare politica" e di essere usato "come una pedina". Una stoccata già usata in passato dal tycoon, tanto che il Papa aveva già commentato: "Grazie a Dio che ha detto che sono un politico, perché Aristotele definisce la persona umana come 'animal politicus', quindi sono una persona umana".

In serata la precisazione di Trump: tutta colpa dei media, secondo il miliardario aspirante presidente che a caldo aveva definito "vergognoso" l'intervento del pontefice. "Io non voglio litigare con il papa", afferma quindi, e spiega che a suo avviso le parole di Francesco sono state male interpretate




FINLANDIA: CONQUISTATO IL RECORD DI PAESE PIÙ VERDE DEL MONDO

di Gianfranco Nitti

Non stanca dello scalare le graduatorie mondiali nei settori più disparati, la Finlandia aggiunge un altro record al suo vasto curriculum: infatti, secondo l'indice internazionale EPI di performance ambientale 2016, è il paese più verde del mondo, con un punteggio di 90.68, seguita da Islanda, Svezia, Danimarca e Slovenia. L'Italia va al 29 ° posto, con 84.48. Gran Bretagna ottiene il 12 ° posto con 87.38 e Stati Uniti d'America il 26, con 84.72

L'indice di performance ambientale (EPI), classifica le prestazioni dei paesi sulle tematiche ambientali in due aree: tutela della salute umana e protezione degli ecosistemi, è costruito attraverso il calcolo e l'aggregazione di nove temi che includono più di 20 indicatori.
Secondo il rapporto, il primato della Finlandia si basa soprattutto sull'impegno sociale del paese per conseguire un ambiente a emissioni zero, che non superi la capacità di carico della natura, entro il 2050. Il rapporto indica che la Finlandia ha obiettivi attuabili e indicatori misurabili dello sviluppo sostenibile. Si è quindi comportata molto bene nelle aree di impatto sulla salute, acqua e servizi igienici, nonché biodiversità ed habitat. L’obiettivo della Finlandia di consumare il 38 % della propria energia finale con la produzione da fonti rinnovabili entro il 2020 è giuridicamente vincolante, e il paese già produce quasi due terzi della sua elettricità da fonti di energia rinnovabili o nucleari.

Secondo un sondaggio dell'Istituto di ricerca sull'economia finlandese, la Finlandia, dispone di 1600 aziende con produzioni ecosotenibili dette Cleantech. PMI e microimprese costituiscono la maggioranza del totale (70%) mentre quelle più grandi comprendono meno del terzo dell'intero (30%).
Percentualmente sulla popolazione, la Finlandia è leader nel mondo delle ricerche nel campo dell'energia e dell'ambiente. Più del 40% del finanziamento pubblico finlandese di R & S va nel settore dell'energia e dell'ambiente, e più di un terzo degli investimenti pubblici in R & S sono realizzati in tecnologie pulite.
In linea generale il rapporto EPI dimostra che il mondo sta facendo progressi nell’affrontare alcune questioni ambientali, mentre altre sono peggiorate notevolmente. Ci sono tendenze promettenti sugli impatti sulla salute, sull'accesso all'acqua potabile ed ai servizi igienici. La qualità dell'aria e della pesca, tuttavia, mostrano cali preoccupanti. L'indice 2016 di performance ambientale EPI, è un progetto di cui sono responsabili lo Yale Center for Environmental Law & Policy (YCELP) e Yale Data-Driven Environmental Solutions Group presso l'Università di Yale (Data-Driven Yale), il Center for International Earth Science Information Network (CIESIN) presso la Columbia University), in collaborazione con la Fondazione Samuel Family Foundation, la McCall MacBain Foundation, ed il World Economic Forum.




REGENI, QUANTO SONO COINVOLTI GLI APPARATI EGIZIANI?

Redazione Esteri

La sua morte è ancora avvolta dal mistero. Gli investigatori italiani al Cairo faticano a raccogliere elementi sulla fine del ricercatore italiano, Giulio Regeni, ritrovato morto il 3 febbraio scorso. Le attività investigative in loco, infatti, vanno avanti con lentezza anche, probabilmente, per le metodologie di indagine utilizzate dagli apparati di sicurezza egiziani diverse dalle nostre. La raccolta di prove prosegue ma, secondo quanto si apprende, al momento l'ipotesi del coinvolgimento di organismi egiziani nella vicenda sembra la più accreditata tra gli inquirenti.

La magistratura egiziana sta visionando registrazioni di videosorveglianza della zona dove è scomparso Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano torturato a morte al Cairo. Lo confermano fonti nella capitale egiziana rimandando ad informazioni rilanciate dal sito egiziano al Watan. "I responsabili della Procura", ha scritto il sito, "continuano a visionare le videocamere dei negozi e di certi appartamenti".

"Le indagini degli apparati di sicurezza hanno affermato che l'ultimo posto dove si trovava Giulio Regeni era via Sudan", ha premesso il sito accreditando un dato emerso il giorno prima. "E immediatamente le forze di sicurezza hanno setacciato la strada, in particolare i negozi che vi si affacciano, per informarsi se ci sono videocamere che abbiano ripreso immagini della vittima", aggiunge El Watan senza precisare le proprie fonti ma segnalando che la Procura di Giza, "sotto la direzione del giudice Ahmed Nagy, ha ricevuto il rapporto di medicina legale" su Regeni. "I responsabili della Procura hanno anche interrogato gli abitanti del suo immobile". Ieri il New York Times aveva riferito come un "testimone" sostenga che il fermo dell'italiano da parte di due agenti in borghese sarebbe stato "ripreso da quattro telecamere di sorveglianza" di altrettanti negozi del quartiere ma la polizia egiziana "non ha ancora chiesto le registrazioni video".

E' durata 20 minuti l'ultima chiamata fatta da Giulio Regeni prima di essere rapito per poi finire torturato a morte: lo segnalano fonti giudiziarie al Cairo. "La procura generale ha ricevuto tabulati telefonici che mostrano" come "l'ultima chiamata è stata fatta al suo amico italiano Gennaro" Gervasio "ed è durata 20 minuti", affermano le fonti citate da Al Ahram. Giulio Regeni fu fermato e portato via dalla polizia egiziana il 25 gennaio al Cairo, probabilmente scambiato per una spia "per via di alcuni contatti sul telefono di persone legate all'opposizione anti-governativa". A scriverlo è il New York Times che cita, a sostegno della versione, tre funzionari della sicurezza egiziana coinvolti nelle indagini. Se le testimonianze citate dall'autorevole quotidiano americano trovassero conferma, si tratterebbe della prima ammissione in questo senso da parte di esponenti delle autorità egiziane, seppure in forma anonima. Ma c'è di più. Sempre secondo il giornale, un "testimone" sostiene che il fermo dell'italiano sarebbe stato "ripreso da quattro telecamere di sorveglianza" di altrettanti negozi del quartiere: ma la polizia egiziana "non ha ancora chiesto le registrazioni video". Mentre indiscrezioni trapelate sull'autopsia del ragazzo – stavolta esclusiva dell'agenzia Reuters – hanno fatto emergere nuovi agghiaccianti dettagli delle torture subite da Regeni: il corpo, tra le varie sevizie purtroppo già note, presentava sette costole rotte e segni di scosse elettriche sui genitali.

Lo 'scoop' del Nyt è arrivato nel giorno in cui gli attivisti egiziani hanno denunciato nuovi casi di 'desaparecidos': 66 nel solo mese di gennaio – e "43 casi di sospette torture in carcere" – che si vanno ad aggiungere alle centinaia di casi dell'ultimo anno. E all'indomani delle vibranti proteste di piazza dei medici contro la brutalità della polizia. I funzionari della sicurezza egiziana citati dal New York Times hanno affermato che Regeni "è stato preso" da alcuni agenti il 25 gennaio, il giorno appunto della sua scomparsa. Una volta fermato, il ragazzo avrebbe reagito "bruscamente", comportandosi "da duro". Tutti e tre i funzionari, intervistati separatamente, hanno riferito che Regeni aveva sollevato sospetti a causa di contatti trovati sul suo telefono di persone vicine ai Fratelli Musulmani e al Movimento 6 Aprile. Chi ha fermato Regeni "ha pensato fosse una spia: chi viene in Egitto a studiare i sindacati?", hanno aggiunto le fonti. I Fratelli musulmani egiziani sono stati bollati come organizzazione terroristica dopo la destituzione del presidente Mohamed Morsi nell'estate del 2013. Mentre i leader del Movimento 6 Aprile, protagonista della cacciata di Hosni Mubarak, sono in carcere per le proteste anti-governative di fine 2013 contro la legge che limita le manifestazioni, definita "liberticida" dagli attivisti. Il New York Times cita poi "diversi testimoni" che raccontano che intorno alle 7 di sera del 25 gennaio due agenti in borghese davano la caccia ad alcuni giovani nelle strade, nelle stesse ore della scomparsa di Regeni. Secondo un ulteriore testimone, i due agenti "hanno fermato l'italiano". "Uno gli ha perquisito lo zaino, mentre l'altro gli ha controllato il passaporto. Quindi lo hanno portato via". Uno dei due "era già stato visto nel quartiere in diverse precedenti occasioni, e aveva fatto domande su Regeni".

Il legale della famiglia del ricercatore friulano, Alessandra Ballerini, ha invitato però alla cautela: "E' difficile avere riscontri su testimonianze egiziane, dobbiamo fidarci delle fonti ma intanto viene pubblicato di tutto", ha detto, esprimendo fiducia nelle indagini condotte dalla Procura di Roma. Dopo le rivelazioni del Nyt il Movimento 5 Stelle è insorto: il portavoce Manlio Di Stefano ha chiesto un Commissione d'inchiesta Onu per accertare fatti e responsabili, intimando al governo di interrompere immediatamente ogni relazione diplomatica con l'Egitto. Mentre Alessandro Di Battista ha definito "vergognoso che notizie su Regeni ci arrivino da media stranieri. Italia da zerbino europeo a tappeto arabo", ha twittato. Al Cairo intanto il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha sottolineato che nei colloqui con Roma "non viene sollevata una simile illazione o accusa", ovvero il coinvolgimento di forze di sicurezza egiziane nella morte di Regeni. Il ministro poi ha avvertito: l'Egitto ha un numero "molto alto" di "emigrati in Italia" che, da vittime, "affrontano quotidianamente un'attività criminale". "Se facessi illazioni che quell'attività criminale è in qualche modo connessa al governo italiano, sarebbe molto difficile condurre relazioni internazionali". Proseguono infine le indagini. La perizia medico-legale egiziana sulla morte di Regeni è stata consegnata alla Procura di Giza, che ha deciso di non renderla pubblica, almeno per il momento, a causa del carattere di "segretezza delle indagini sul caso". Eppure in serata sono arrivate le indiscrezioni della Reuters, che cita una fonte medico-legale non essendo in possesso del documento. In Italia, il pm Sergio Colaiocco, titolare dell'inchiesta, ha ascoltato la sorella di Giulio, Irene, e un'amica, entrambe nella qualità di persone informate sui fatti. Il Ros e lo Sco avrebbero inoltre acquisito materiale informatico




MONACO, L'ALLARME DEL PREMIER FRANCESE VALLS: "CI SARANNO GRANDI ATTENTATI ISIS"

Redazione Esteri

Altri attentati terroristici in Europa sono "una certezza": la fosca previsione e' del premier francese, Manuel Valls, che ne ha parlato in occasione della Conferenza sulla Sicurezza in corso a Monaco di Baviera. "Siamo entrati – ne siamo tutti consapevoli- in una nuova era caratterizzata da una presenza perdurante di (una sorta di) iper-terrorismo". "Dobbiamo essere pienamente consapevoli della minaccia e reagire con grande forza e grande lucidita'. Ci saranno altri attentati, attentati su larga scala. E' una certezza. Questo iper-terrorismo e' destinato a durare"

Le relazioni russo-occidentali sono entrate in una "nuova Guerra Fredda". Lo ha detto il primo ministro russo Dmitri Medvedev, a Monaco di Baviera, dove partecipa alla Conferenza sulla sicurezza. "Quasi ogni giorno – ha sottolineato il premier russo – siamo accusati di ventilare minacce contro la Nato, l'Europa, gli Usa o altri Paesi". Il ministro ha anche detto: "Se la situazione in Siria e in altre zone 'calde' non si normalizzera', il terrorismo si tramutera' in in nuovo tipo di guerra coinvolgendo il mondo intero"




STORICO ABBRACCIO TRA PAPA FRANCESCO E IL PATRIARCA RUSSO KIRILL

Redazione Esteri

L'incontro epocale è iniziato più o meno così: "Finalmente!". E' la parola, in italiano, pronunciata da papa Francesco al suo primo incontro con Kirill. All'inizio del colloquio la parola "hermano" (fratello in spagnolo) è stata ripetuta dal Papa più volte. "Somos hermanos", siamo fratelli, ha ribadito il Pontefice al capo della Chiesa ortodossa russa. A un certo punto Kirill ha anche affermato: "ora le cose sono più facili". E il Papa, in spagnolo, subito tradotto in russo dall'interprete: "E' più chiaro che questa è la volontà di Dio".

"Sono state tante le difficoltà, negli ultimi dieci anni abbiamo cercato di superale e nonostante molte di queste difficoltà non siano scomparse, oggi abbiamo la possibilità di riempire il nostro cuore". Lo ha detto il Patriarca Kirill nell'incontro con Papa Francesco.

Papa Francesco e il patriarca ortodosso Kirill hanno firmato la dichiarazione congiunta al termine dell'incontro che hanno avuto all'aeroporto dell'Avana, a Cuba. Il testo è stato concordato e esaminato anche durante il colloquio riservato che si è appena concluso.

Nuovo abbraccio tra Papa Francesco e il patriarca Kirill a termine della firma della dichiarazione congiunta. I due si sono scambiati il testo appena firmato e si sono abbracciati.

"Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato". Lo afferma la dichiarazione congiunta firmata oggi a L'Avana da Papa Francesco e dal patriarca Kirill.

"Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l'ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente". Lo afferma la dichiarazione congiunta firmata oggi a L'Avana da Papa Francesco e dal patriarca Kirill. "Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere".

Oggi è un giorno di grazia. L'incontro con il Patriarca Kirill è un dono di Dio. Pregate per noi.

 

Gioia a Città del Messico La pista dell'aeroporto internazionale Benito Juarez di Città del Messico trasformata in uno stadio con tribune e scalinate per accogliere migliaia di fedeli che illuminavano il buio della sera con le torce elettriche che ciascuno aveva in mano. E tre palchi per accogliere rispettivamente musicisti, cantanti e danzatrici. Questo incredibile scenario ha accolto l'arrivo di Papa Francesco che gia' felice per l'incontro del pomeriggio con Kirill a Cuba si e' lasciato travolgere dall'incontenibile entusiasmo della folla accorsa ad accoglierlo. E che poi lo ha accompagnato, per cosi' dire, lungo i 23 chilometri percorsi in Papa-mobile, in realta' una jeep scoperta con la semplice protezione di un parabrezza di plexiglass e completamente aperta ai lati.

Ma è stato già sulla pista dell'aeroporto che Bergoglio si e' lasciato rapire il cuore dai messicani. Ai piedi della scaletta c'erano ad aspettarlo il presidente Enrico Pena Nieto e la giovane moglie. Accanto a loro quattro bambini con i costumi caratteristici. Francesco dopo qualche minuto di convenevoli ha chiesto pero' di raggiungere i diversi palchi per salutare gli artisti che gia' si stavano esibendo per lui. Poi e' passato alle tribune che hanno rischiato di crollare perche' tutti si protendevano verso il Papa. Infine, vista una bimba gravemente inferma tenuta teneramente in braccio dal suo papa', Francesco ha voluto avvicinarsi per baciarla e stringere al cuore. Tutto questo si e' protratto per una quarantina di minuti. Oltre un'ora c'e' voluta anche per raggiungere la nunziatura dall'aeroporto in Papa-mobile con l'arcivescovo di Citta' del Messico, Francesco era certamente stanco dopo 24 ore di viaggio ma anche tanto felice.




MORTE BENOIT VIOLIER: PARLA LA MOGLIE

di Angelo Barraco
 
Losanna – Il 31 gennaio si suicida Benoit Violier, Chef pluristellato e con riconoscimenti di altissimi livelli, definito il “miglior chef al mondo”. Violier con la sua morte lascia in lutto il mondo della cucina, ma soprattutto la moglie e il figlio di 12 anni, Romain. Sono stati celebrati i funerali nella bellissima cattedrale di Losanna, tantissime le persone accorse per dare l’ultimo saluto al famoso Chef. Volti noti dello spettacoli, ma anche gente comune si è stretta alla famiglia che ha salutato in lacrime il proprio congiunto. La moglie di Benoit Violier ha deciso di parlare per la prima volta dopo il tragico evento e ha risposto alle domande de L’Illustré: “Voglio sostenere l’entourage di mio marito così come loro sostengono me”. La donna ha riferito di essere confusa per quanto accaduto, aggiunge poi: “Mi pongo migliaia di domande, che non avranno forse mai una risposta. Una cosa è certa, io non lo biasimo. I motivi che lo hanno portato a questa decisione appartengono solo a lui”. La donna parla del marito e del suo comportamento prima del tragico evento: “Tutto andava bene: era soddisfatto del lavoro compiuto e dei progetti futuri. I riconoscimenti. Una vita di famiglia e di coppia felice. Aveva tutto, noi avevamo tutto. Non ci sono spiegazioni razionali”. Quindi sottolinea un dettaglio che noi de L’Osservatore d’Italia abbiamo sottolineato più volte, ovvero che l’uomo non aveva problemi sul lavoro e che non aveva problemi nemmeno sul fronte economico. 
 
Poco tempo fa la rivista economica “Bilan” ha avvalorato una tesi in merito alla morte dello chef, secondo loro si sarebbe suicidato perché sarebbe stato vittima di una truffa di oltre un milione di euro, messa in atto da un’azienda vinicola svizzera. Chi avvalora questa tesi sostiene che lo chef, malgrado avesse in gestione il prestigioso Hotel de Ville e fosse vincitore di tre stelle Michelin nonché fosse stato eletto anche “Miglior chef del mondo”, fosse in difficoltà economiche. La truffa a cui fanno riferimento risalirebbe a circa un anno fa, quando l’azienda vinicola “Private Finance Partners”, di Sion, vendette delle costosissime bottiglie di vino a diversi ristoranti, ma non le avrebbe mai consegnate. A Bernoit Violier tale raggiro sarebbe costato tra i 720.000 e 1,7 milioni di euro. Il 30 novembre inoltre l’azienda avrebbe dichiarato bancarotta e uno dei partner sarebbe finito in manette. Brigitte Violier ha risposto anche in merito a questo aspetto emerso in questi giorni e ha riferito: “Mio marito non è stato coinvolto in nessuna truffa”, la smentita è arrivata anche dai legali che si stanno occupando della vicenda. La moglie inoltre esclude categoricamente che il marito si sia ucciso per tale ragione. 
 
Intanto è stato nominato il successore di Benoit Violier, che porterà alto l’onore e la classe dell’Hotel de Ville di Crissier. Il successore è Franck Giovannini, già secondo di Benoit. Franck aveva spiegato al giornale 24heures che Benoit gli aveva riferito che se gli fosse successo qualcosa, in modo brusco, lui avrebbe potuto prendere il comando di tutto: “tu conosci così bene tutto. Ero fiero, commosso, ma non potevo immaginarmi allora cosa sarebbe successo”. La parte gestionale del ristorante invece è affidata adesso alla moglie di Benoit. 
 
La fine. Lo Chef 44enne avrebbe posto fine alla sua vita sparandosi un colpo d’arma da fuoco presso la sua abitazione di Crissier (Losanna), poco distante dal suo affermato ristorante. La Polizia ha aperto un’inchiesta per stabilire le cause della morte. Malgrado la pista del suicidio sia quella più accreditata, la Polizia ha deciso di approfondire la vicenda, mettendo sul tavolo delle ipotesi, anche ulteriori piste. Le autorità, malgrado mantengano il massimo riserbo sulla vicenda, escludono che si possa essere ucciso per stress, depressione o troppo lavoro. Lascia una moglie, Brigitte –che dirigeva con lui il ristorante- e un figlio. Lui era un perfezionista, che amava il suo lavoro. La sua morte è avvenuta alla vigilia della presentazione della Guida Rossa, a cui doveva partecipare, a lui è stato dedicato un minuto di silenzio. Una vita di successi di glorie, una grande passione per l’arte della cucina, una passione per la caccia. Nella sua vita non sembrano esserci ombre, malgrado ciò la sua morte sembra qualcosa di già successo, come un copione che si ripete.
 
La vita, i successi. Violier, classe 1971, nel 2012 ha iniziato a lavorare presso il ristorante l’Hotel de Ville di Crissier, subentrando a Philippe Rochat che vi lavorava dal 1996. Negli anni 90 fa esperienze molto importanti di alta cucina e pasticceria, che lo formano e gli consentono di lavorare con grandi chef come Joel Robuchon, Benoit Guichard, Bruno Gricourt, Sylvain Knecht, Jean Philippon, Frédéric Anton e Eric Bouchenoire,  Lenotre, Fauchon. Nel 2000 vince il concorso Meilleur Ouvrier de France e nel 2012 torna all’Hotel de Ville a Crissier. Nel 2013 l’Academie Internationale de la Gastronomie concede ai cuochi dell’Hotel il Gran Prix exceptionnel, un premio che va a lui ma anche ai suoi predecessori, compreso Philippe Rochat. Violier avrebbe dovuto aver assistere al lancio della nuova guida Michelin a Parigi che assegna ogni anno le stelle all’alta ristorazione. Era un uomo dai mille progetti e dai mille successi. Nel mese di ottobre il suo ristorante era finito sulla prestigiosa rivista “Cuisine du gibier à plumes d'Europe”, voleva aprire anche un’accademia della cucina vicino al suo ristorante.
 
Andando a ritroso, precisamente al 24 febbraio del 2003, vediamo che un altro brillante cuoco francese morì nelle medesime circostanze, ovvero con un colpo di fucile. Il cuoco in questione è Bernard Loiseau, cuoco prodigio subito acclamato dalla Guida Gault Millau. Loiseau comprò La Côte d'Or da Verger nel 1982 e nel 1991 la Guida Michelin onorò con le 3 stelle il suo ristorante. Nel 98 fondò la società Bernard Loiseau S.P.A. ed è stato il primo chef francese ad aver quotato in borsa la propria società. Pubblicò tanti libri, tanti prodotti gastronomici e creò diversi punti ristoro a Parigi. In merito al giorno della sua morte si sa che avrebbe finito di preparare un piatto, avrebbe servito la pietanza, sarebbe rientrato a casa e si sarebbe ucciso con un fucile da caccia. La moglie in seguito dichiarò che il marito era stressato e soffriva di bipolarismo.  La circostanza della morte ricorda quella di Violier, anche se maggiori dettagli in merito alla morte di quest’ultimo ancora non sono noti. Nell’ottobre dello stesso anno si uccide il cuoco Pierre Jaubert, proprietario dell’Hotel de Bordeaux a Pons.  
 
Un altro chef pluistellato è morto in circostanze discutibili in data 08/07/2015, si tratta dello Chef Philippe Rochat di 61 anni, che aveva diretto dal 96 al 2012 l’Hotel de Ville di Crissier e aveva ottenuto 3 stelle Michelin e un punteggio di 19 su 20 su GualtMIllau. La sua morte è avvenuta intorno alle ore 9.30 mentre era in bici, in compagnia di altre due persone. Il portavoce della Polizia aveva dichiarato: “Le investigazioni sono in corso, ma si tratta verosimilmente di un malore". Ottiene enormi successi, viene riconosciuto “Cuoco dell’anno” da GualtMillau nell’anno 1999 e nel 2006 viene nominato Cavaliere dell’Ordine francese al Merito. Il suo ritiro avviene nel 2012, quando affida il suo ristorante a Benoit Violier. Per tutte e tre le morti viene lascito il beneficio del dubbio in merito alla circostanza. Nell’aprile dello scorso anno si uccide lo chef di Chicago Homaro Cantu, impiccandoli all’interno di un locale in ristrutturazione. Non soffriva di depressione ne tantomeno di malattie gravi. Nel 2007 era sta eletto “Iron Chef America”.



USA 2016: SANDERS SUPERA CLINTON IN NEW HAMPSHIRE

di Angelo Barraco
 
USA – Le poltrone della Casa Bianca sono ambite dai vari candidati che si stanno contendendo l’ambito privilegio a suon di propagando in lungo e in largo tra i vari stati americani. I giornali e i sondaggi d’oltre manica hanno il loro prediletto e ogni Stato punta la massima fiducia su un soggetto che promette di essere migliore del Presidente in carica. Nel New Hampshire sembra proprio che la vittoria di Donald Trump fosse quasi annunciata. Una vittoria che ha sbaragliato la concorrenza dei candidati repubblicani che ambiscono come lui alla White House. Dal fronte democratico invece ad avere la peggio è Hillary Clinton, che viene surclassata da Bernie Sanders con 20 punti di vantaggio. Ma il fronte americano regala sempre grandi sorprese e tutto si può ribaltare, è ciò che è successo a Jeb Bush che ha ripreso a respirare, politicamente parlando. Chi invece si ritrova con un risultato non corrispondente alle aspettative è Marco Rubio; possiamo definire questa situazione “Il rovescio della medaglia”? Tale ripresa della Bush ha rasserenato tutto il suo entourage, diverso invece per Rubio che sta pagando a caro prezzo il suo ultimo dibattito televisivo. L’obiettivo di Jeb Bush è quello di puntare su l’ultima ripresa e farne un punto di forza. Su Rubio molti avevano puntato poiché è l’unico moderato tra le due ali estreme, ovvero Trump e Cruz. Ma dovrà vedersela anche con un altro moderato, John Kasich. Hillary Clinton ha riferito: “Mi congratulo con il senatore Sanders ma sono io che rappresento la vera svolta. So che ho molto lavoro da fare, e lavorero' piu' di ogni altro, lottero' per ogni voto. E alla fine vinceremo insieme la nomination e queste elezioni”. 



REGENI, IL SUO PC IN MANO AI PM ITALIANI

Redazione

Il computer portatile di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, era nella disponibilità dell'autorità italiane ed ora è in mano degli inquirenti che indagano sulla sua morte. E' quanto si apprende da fonti della Procura di Roma. Non è stato ritrovato invece il suo cellulare. Il pc è stato trovato dalla famiglia del giovane friulano in Egitto e consegnato alle autorità italiane. Ora si trova nella disponibilità dei magistrati che indagano sulla morte di Regeni. Secondo quanto si apprende alla famiglia del ricercatore non risulta che Giulio avesse un tablet o altro supporto informatico ad eccezione del cellulare, che il ragazzo usava portare sempre con se, e che non è stato ritrovato.

Il passaporto e il cellulare spariti, entrambe le orecchie mozzate, decine di piccoli tagli sul corpo, fin sotto la pianta dei piedi, provocati da uno strumento che potrebbe essere simile ad un punteruolo, numerose ossa rotte, le unghie di un dito della mano e di uno del piede strappate: l'Egitto continua a smentire che Giulio Regeni sia finito nelle mani degli apparati di sicurezza e sia stato torturato, ma tutti gli elementi finora a disposizione dell'Italia sembrano andare nella direzione contraria.

Capo procura Giza, un italiano l'ultimo contatto – Secondo il capo degli inquirenti egiziani, è un lettore universitario italiano l'ultima persona con cui Giulio Regeni ha avuto l'ultimo contatto telefonico. "L'ultima persona con cui c'è stata una chiamata è un suo amico italiano, Gennaro Gervasio", ha detto all'ANSA il capo della Procura di Giza, Ahmed Nagy, rispondendo alla domande su chi sia, stando alle indagini, l'ultima persona che Regeni ha visto o con cui ha scambiato chiamate telefoniche o messaggi. Gli accertamenti sugli ultimi contatti telefonici di Giulio Regeni sono ancora in corso: "Operazioni di indagine sono condotte dalla compagnia" telefonica "per sapere quali siano state le chiamate fatte e ricevute" dal ricercatore italiano, ha riferito il procuratore capo di Giza, Ahmed Nagy. Parlando all'ANSA, il capo degli inquirenti ha risposto così alla domanda su dove si trovi l'ultima cella agganciata dal telefono di Regeni. Nagy non ha voluto aggiungere altro sottolineando che, per "tutelare l'inchiesta", non può fornire ulteriori informazioni.

Rispondendo a un'interrogazione alla Camera sulla morte al Cairo del ricercatore italiano il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova ha spiegato "E' palesemente senza fondamento" che Giulio Regeni fosse un informatore dei servizi italiani. Lo ha detto il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova in una interrogazione alla Camera sulla morte al Cairo del ricercatore italiano. "La solerzia dell'ambasciata è un elemento dovuto e, nella drammaticità, positivo. Chi sta al Cairo o in altre città complicate sa che non sta a New York", ha aggiunto rispondendo a quei deputati che hanno sollevato la questione di un impegno dovuto ma "particolare" sul caso Regeni. "Il corpo di Giulio – ha poi spiegato – presentava ecchimosi, segni di bruciature e tagli alle spalle e al torace. Si è trattata di una morte violenta e efferata".

Il Sottosegretario ha sottolineato inoltre che "Siamo in una fase preliminare, sul piano formale è stato assicurato un livello sufficiente di collaborazione" ai nostri investigatori da parte delle autorità egiziane. "Renzi – ha aggiunto – ha avuto rassicurazione da Al Sisi della piena collaborazione dell'Egitto".

Il capo della procura Giza, non trovato alcun pc o iPad – Il capo della Procura di Giza, quella incaricata dell'indagine sull'uccisione di Giulio Regeni, ha riferito che accanto al corpo del ricercatore italiano o nel suo appartamento non è stato rivenuto alcun telefonino, computer portatile o tablet. Ad una domanda dell'ANSA se sia stato trovato alcun cellulare, laptop o iPad, il procuratore Ahmed Nagy ha risposto che "non sono stati trovati accanto al corpo". Alla richiesta di precisare se non siano stati rinvenuti neanche in casa, il magistrato a riposto "nemmeno".

Ministro Esteri Cairo ribadisce, non siamo coinvolti – L'assassinio di Giulio Regeni è stato "un crimine" ma l'Egitto respinge ogni accusa di coinvolgimento. Lo ribadisce il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry in un'intervista a Foreign Policy riportata dal sito del quotidiano egiziano al Ahram. Shoukry ha puntualizzato che i giornalisti che si occupano della vicenda stanno "saltando a conclusioni" e stanno facendo "speculazioni senza alcuna informazione autorevole o una verifica di ciò a cui alludono". Il ministro egiziano ha poi liquidato come "bugie" le accuse che in Egitto

Inquirenti ascolteranno accademici e ricercatori – Verranno ascoltati dagli inquirenti gli accademici, ricercatori e stagisti (di varie nazionalità), che dall'Egitto giungeranno in Italia per essere presenti ai funerali di Giulio Regeni, il ricercatore trovato morto sulla strada tra il Cairo e Alessandria, in programma venerdì prossimo a Fiumicello. Obiettivo degli investigatori, coordinati dal pm della Procura di Roma, Sergio Colaiocco, è raccogliere il maggior numero di informazioni sull'attività svolta da Regeni in Egitto e sulla rete di informatori su cui poteva contare per il suo lavoro. All'attenzione del magistrato, che indaga per omicidio, c'è anche la prima informativa che gli uomini del Ros e dello Sco hanno inviato sull'attività istruttoria svolta al Cairo. L'attenzione di chi indaga è rivolta, sopratutto, su una serie di incontri a cui Regeni ha partecipato negli ultimi mesi compreso uno del dicembre scorso con rappresentati del sindacato indipendente e tenutosi al Centro servizi per i lavoratori e sindacati al Cairo. Gli inquirenti non escludono che all' incontro, a cui hanno partecipato un centinaio di persone, possano aver preso parte anche 'infiltrati' che potrebbero aver notato la presenza di un italiano.ci siano prigionieri politici.

 




USA, MATTARELLA INCONTRA OBAMA: "INSIEME PER AFFRONTARE I NEMICI DELLA PACE"

di Angelo Barraco
 
Washington – Importante incontro alla Casa Bianca tra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Un incontro che è durato per oltre 40 minuti, in cui è stato sottolineato quanto sia importante l’Italia come partner per gli Stati Uniti. Il Presidente Obama ha sottolineato l’importanza dell’unione tra Italia e USA, concludendo l’incontro con la seguente frase: “I legami tra Italia e Stati Uniti non potrebbero essere più stretti”. Per il Presidente della Repubblica Mattarella si è trattato della prima visita ufficiale alla Casa Bianca, ad accompagnarlo c’era Paolo Gentiloni, Ministro degli Esteri. Tra i due si è creata grande affinità sin dal primo momento, poiché hanno molte cose in comune, il Presidente Mattarella era professore di Diritto Costituzionale come Obama. Quest’ultimo ha dichiarato: “Come stretti alleati Nato e membri della campagna contro Isis abbiamo discusso della situazione in Iraq e Siria e ho ringraziato il presidente per il forte contributo dell'Italia nell'addestramento delle forze di polizia…e per il cruciale ruolo che avrà l'Italia nella protezione della diga di Musul, una questione di estrema importanza per il popolo iracheno”. Si è parlato anche della situazione libica e di come entrambi nutrono l’interesse comune nel creare un governo di unità nazionale. E’ stato affrontato il delicatissimo tema dell’immigrazione, definita da Obama “questione globale”, inoltre ha proposto a Mattarella la sua proposta relativa all’affidamento umanitario alla Nato. L’argomento verrà discusso anche con Renzi, quanto prima, ma anche con il presidente francese Hollande. La Merker è già a conoscenza dell’argomento. Il Presidente Mattarella ha infine ringraziato Obama e ha precisato che i rapporti che legano Italia e America consentiranno ad entrambi di affrontare i nemici “della pace, della libertà e dei diritti umani”. In merito al terrorismo il Presidente Italiano ha sottolineato: “è nel quadro transatlantico che possiamo sperare di avere successo e ovviamente l'Italia e gli Stati Uniti sono impegnati insieme”. Obama ha rivolo come ultimo messaggio a Mattarella: “sono sicuro che ovunque andrà riceverà la stessa calorosa accoglienza non solo per gli incredibili legami tra l'Italia e l'America ma anche per gli straordinari sacrifici compiuti dai nostri popoli per creare un mondo migliore”.