SPARATORIA A BRUXELLES: ARRESTATI DUE FUGGITIVI SCAPPATI DA FOREST

di Angelo Barraco
 
Bruxelles – Due fuggitivi che ieri sono scappati dalla sparatoria a Forest sono stati arrestati. La notizia è stata resa nota da Dernier Heure, un sito Belga. Le fonti ufficiali non si sono ancora pronunciate in merito a tale notizia, anche se diverse fonti d’informazione ne hanno parlato e hanno riferito che uno dei sospettati è stato fermato ieri sera e un altro stamattina. Le operazioni sono il frutto di attività investigative in seguito alla Strage di Parigi, nel corso della notte sono state effettuate perquisizioni a Bruxelles, nella giornata di ieri invece è stata eseguito un’operazione nel quartiere Forest che ha generato una sparatoria e la fuga di alcuni sospettati. Nel corso di questa sparatoria, uno di loro è stato ucciso. Si apprende però che il sospettato morto non è Salah Abdeslam. Nella sparatoria sono rimasti feriti anche quattro poliziotti. La zona in cui sono andati i poliziotti è la Rue Du Dries. Nella mattinata di oggi, intorno alle sei, è stata puntata l’attenzione nei riguardi di un appartamento che si trova nei pressi di quello controllato nella giornata di ieri. Il Quartiere inoltre è rimasto chiuso fino alle 3 del mattino, successivamente è stato riaperto e i cittadini hanno potuto ritornare all’interno delle loro abitazioni. Tale operazione, come spiega la polizia francese, non ha riguardato e non riguarda esclusivamente Salah Abdeslam ma riguarda le 11 persone accusate degli attentati che cagionarono la vita a 130 persone. In merito alle due persone in fuga, secondo la stampa locale si tratterebbe di Khalid e Ibrahim El Bakraoui, ricercati per terrorismo. Sono state messe in atto le misure di sicurezza del caso, i bambini non potranno lasciare le scuole fino all’ora di cena. La magistratura e la scientifica stanno eseguendo una serie di verifiche nella casa occupata dai sospettati jihadisti, casa ormai svuotata. Si apprende che sarebbero stati trovati Kalashnikv e lacrimogeni. Ma le notizie che giungono sono, al momento, frammentarie. 



BRUXELLES, BLITZ ANTITERRORISMO: 4 AGENTI FERITI E UN TERRORISTA MORTO

Red. Esteri

Bruxelles – Ore di tensione in un quartiere di Bruxelles con una sparatoria contro le forze di polizia nata a seguito di una perquisizione degli agenti nell'ambito di una indagine collegata ai fatti di Parigi.

Sarebbero quattro gli agenti rimasti feriti, uno in maniera grave. Uno, sarebbe, invece, stato ucciso, dopo un ulteriore blitz delle forze speciali contro uno o più terroristi asserragliati in un appartamento.  Il terrorista morto, ha riferito la procura federale belga, "non è Salah Abdeslam", il ricercato n.1 degli attentati di Parigi ancora in fuga.
 

Attesa per la conferenza stampa del procuratore di Bruxelles. Si ignora ancora se uno o due sospetti siano in fuga. Il corpo del sospetto è stato ritrovato dalle forze speciali durante la perquisizione dell'appartamento, ora messo in sicurezza, in rue du Dries a Forest, quartiere di Bruxelles. La sparatoria, secondo fonti locali, ha avuto luogo in concomitanza di una perquisizione antiterrorismo condotta dalla polizia federale. Nel corso dello scontro a fuoco, in base alle prime testimonianze raccolte dai media belgi, sarebbero stati impiegati dei kalashnikov. Si sarebbe trattato di una operazione congiunta della polizia belga e francese. Lo riportano alcuni media che citano testimoni sul posto che hanno visto agenti della Brigata criminale francese in azione.

(Ansa)




OMICIDIO REGENI: FACCIA A FACCIA TRA EGITTO E ITALIA

di Angelo Barraco
 
Cairo – La morte di Giulio Regeni è ancora avvolta dal mistero, molti sono i dubbi che avvolgono gli ultimi momenti di vita del giovane ricercatore, morto barbaramente per mano ancora ignota. Al Cairo si è tanuto un importante incontro tra il procuratore generale egiziano Nabil Sadeq e il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone. Si apprende che entrambe le parti “hanno scambiato importanti informazioni” e inoltre si sono accordati per “incrementare la reciproca cooperazione per definire la realtà dei fatti e arrivare a individuare i responsabili”. La Procura egiziana ha diffuso un comunicato a firma Pignatone-Sadeq, dove si legge: “Nel pomeriggio del 14 marzo 2016 si è tenuto nell'ufficio del Procuratore generale della repubblica Araba d'Egitto e su invito di quest'ultimo, dottor Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma, ed il dottor Sergio Colaiocco, sostituto, un incontro per discutere della morte del cittadino italiano Giulio Regeni” il comunicato prosegue “Durante l'incontro entrambe le parti si sono scambiate importanti informazioni riguardo il caso Regeni, si è convenuto su uno scambio reciproco di punti di vista riguardanti l'indagine e concordato che queste siano condotte con grande impegno. Entrambe le parti hanno inoltre convenuto di incrementare la loro collaborazione diretta per arrivare a prove concrete e ad arrestare i colpevoli”. Il comunicato termina così “Il Procuratore egiziano ha chiarito alla sua controparte italiana che le indagini egiziane proseguiranno sotto la sua diretta supervisione. Gli italiani da parte loro, si sono offerti di assistere l'ufficio incaricato in Egitto con informazioni riguardo l'accaduto. Un fatto questo che è stato molto apprezzato dall'ufficio incaricato in Egitto. Entrambe le parti hanno convenuto un incontro fra le polizie. il vertice avverrà molto presto a Roma”. 
 
Emerge da fonti della procura egiziana, che riportano a loro volta testimonianze di Hisham Abdel Hamid, il direttore del dipartimento di medicina legale del Cairo che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Giulio, che il giovane è stato torturato prima di morire e tali torture sarebbero durate per circa sette giorni. Le ferite sarebbero state inferte ad intervalli di 10-14 ore: “Questo significa che chiunque sia accusato di averlo ucciso, lo stava interrogando per ottenere informazioni”. Ma quali informazioni potevano volere da Giulio? Un altro funzionario ha rivelato: “L'autopsia mostra una serie di ferite inflitte tutte in una volta, poi ci sono altre ferite inflitte successivamente e un'ultima serie di lesioni mostra che lo hanno colpito una terza volta” inoltre “le ferite e le fratture si sono verificati in tempi diversi in intervalli durante un periodo di circa cinque-sette giorni”. Hanno rivelato inoltre che Giulio Regeni è stato ucciso “da un colpo con un oggetto appuntito alla parte posteriore della testa”. Una fonte della sicurezza ha riferito che Giulio sarebbe stato “tradito da uno dei responsabili delle sue attività”. Ovvero qualcuno “che avrebbe deciso di sbarazzarsi di lui dopo aver profittato delle informazioni”. Emerge inoltre che il capo della medicina legale egiziana citato poc’anzi non è stato chiamato in Procura. Sui media si legge che il medico avrebbe deposto in Procura ma dal Cairo, l’assistente del ministro precisa: “non ha reso alcuna testimonianza finora”. Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, ha precisato che è stata assicurata dalle autorità egiziane "che i vari elementi di indagine dai noi richiesti ci siano dati in tempi rapidi. Il governo si aspetta una cooperazione piena, efficace e tempestiva sul terreno investigativo" perché "sia la famiglia Regeni che la dignità del nostro Paese richiedono che su questa vicenda si abbiamo elementi certi e seri”. Giuseppe Esposito, vicepresidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha riferito: “L'Italia deve pretendere la verità e dimostrarsi capace di rispondere alle falsità che arrivano dall'Egitto, non abbassando la guardia e non avendo paura di pregiudicare eventualmente rapporti anche economici” ha aggiunto inoltre “dobbiamo sapere come sono andate esattamente le cose, ne va della dignita' nazionale: un Paese per avere rispetto deve avere rispetto innanzitutto dei suoi cittadini e proteggerli in qualsiasi parte del mondo si trovino”.
 
Una fonte della sicurezza ha dichiarato al quotidiano egiziano Akhbar Al Youm, che Giulio Regeni “Prima della sua scomparsa la sera del 25 gennaio effettuò 20 chiamate telefoniche”.
Nel quotidiano egiziano viene precisato che “il rapporto della compagnia telefonica consegnato agli investigatori fornisce prove chiare” e che il documento in questione è d’aiuto nella ricerca dei responsabili. Aggiunge inoltre: “dopo aver verificato il numero di chiamate effettuate il 24 e 25 gennaio, include altre persone sospette”, il giornale riferisce inoltre che “I servizi di sicurezza stanno per completare l'interrogatorio delle persone che l'avevano chiamato e dei suoi amici”. 
 
Giulio era un ricercatore, che è morto in seguito a delle atroci torture. Le indagini della Procura hanno stabilito un unico punto fermo in questa torbida vicenda, Giulio è stato ucciso da professionisti della tortura e delle sevizie. Escluso quindi un delitto per droga, l’autopsia non ha rilevato alcuna traccia di sostanza stupefacente, escluso anche il movente passionale o la rapina. Le indagini hanno inoltre riscontrato che Giulio conduceva una vita tranquilla, non faceva uso di droga ed era felicemente fidanzato. Sono emersi inoltre i primi risultati dagli esami del computer, non sono emersi legami del giovane ricercatore con i servizi segreti e non risulta che abbia avuto contatto con persone equivoche. Alla luce dei risultati emersi si può affermare che i suoi killer hanno agito per interessi legati alla sua attività di ricerca. Presto verranno passati al setaccio i social network del giovane, per individuare i suoi spostamenti attraverso geolocalizzazione. Un episodio che aveva turbato il giovane ricercatore, riguardava una foto scattata da uno sconosciuto nel corso di un’assemblea. Si attendono i dati definitivi dell’autopsia. 
 
Recenti episodi. Il Ministro dell’Interno egiziano Magdi Abdel Ghaffal ha detto in una conferenza stampa: “La ricerca dei criminali e dei responsabili dell'uccisione di Giulio Regeni è in cima alle nostre priorità e ai nostri sforzi”, sono parole che ha riferito in una conferenza stampa con Sherif Ismail e ha evidenziato che la morte di Giulio Regeni è un “argomento di grande importanza” e precisa che lo, sia per “i rapporti con l'Italia” e sia perchè “non lasciamo alcun crimine senza trovare gli autori. Ghaffar ha inoltre aggiunto che si stanno facendo "tutti gli sforzi" possibili e che l'Italia è "costantemente informata”.
 
Le indagini. La polizia egiziana  ha ascoltato, con la presenza degli investigatori italiani, due testimoni. Si tratterebbe di due inquilini del palazzo in cui viveva Giulio. I due sono stati chiamati a chiarire una circostanza che tutt’ora è sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti e che sarebbe stata riferita da alcuni testimoni, ovvero che degli sconosciuti avrebbero chiesto informazioni sul giovane ricercatore all’interno dell’immobile. Tanti mezzi d’informazione hanno parlato di un probabile coinvolgimento di Regeni con i servizi segreti, la famiglia del giovane ricercatore tende a precisare, attraverso il proprio legale: “smentisce categoricamente ed inequivocabilmente che Giulio sia stato un agente o un collaboratore di qualsiasi servizio segreto, italiano o straniero. Provare ad avvalorare l'ipotesi che Giulio Regeni fosse un uomo al servizio dell'intelligence significa offendere la memoria di un giovane universitario che aveva fatto della ricerca sul campo una legittima ambizione di studio e di vita”.
 
Indagini sui contatti: Il fronte italiano sta scandagliando i contatti di Giulio e sono saltati fuori circa 30 amici. Tutti contatti facebook, Skype, con i quali Giulio interagiva ogni giorno dal Cairo. Gli inquirenti vogliono ricostruire il tipo di relazioni che il giovane aveva e se questa rete lo ha portato, in qualche modo, alla tragica e misteriosa fine. Gli inquirenti sostengono che  i carnefici del giovane ricercatore lo hanno torturato per carpire da lui informazioni in merito al suo lavoro. Gli inquirenti hanno analizzato il computer del giovane ed è emerso che il giovane scambiava quotidiane conversazioni in chat con colleghi e professori, inviava anche i report sugli incontro con gli esponenti dei sindacati e dei venditori ambulanti. Dal fronte egiziano i depistaggi sono tanti, troppi, dal primo falso arresto di due uomini che non c’entravano nulla ad un presunto testimone che si è recato in ambasciata riferendo che Giulio sarebbe stato prelevato da due poliziotti alle 17.30, l’uomo è stato smentito da una telefonata che da una chat. Adesso l’Egitto mette le mani avanti sulla vicenda e in una nota ufficiale invitata all’intelligence italiana ribadisce “Noi non c’entriamo nulla” con la scomparsa e morte di Giulio e ribadiscono l’estraneità dei servizi segreti in questa vicenda e che il nome del giovane fosse estraneo dai 007 egiziani. Come mai l’Egitto è prevenuta e mette le mani avanti? Si sta stringendo il cerchio e teme che gli inquirenti italiani arrivino presto alla verità? Gli inquirenti italiani vogliono capire se tutto il materiale di Giulio fosse andato a finire nelle mani di qualcuno e per tali ragioni avrebbe compromesso la sua incolumità. Su questa ci sono soltanto dubbi, le uniche certezze sono che la sera del 25 gennaio Giulio scompare alle ore 20 circa, ma non arriva mai a cena a casa di Hassanein Kashk, anche se dal fronte egiziano avevano riferito in un primo momento che il giovane era arrivato a quella festa. 
 
La morte di Giulio si tinge sempre più di giallo, sembra essere diventata parecchio nebulosa. L’Italia vuole vederci chiaro e batte i pugni per avere risposte certe e concrete dall’Egitto, ma le risposte sembrano vaghe, distanti e quella disponibilità assoluta concessa all’inizio sembra un paradosso se si analizzano bene alcune dinamiche che sono state messe in atto per chiudere in fretta la vicenda. Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, in un’intervista a Repubblica ha riferito: “Non ci accontenteremo di verità presunte, come già abbiamo detto in occasione dei due arresti inizialmente collegati alla morte di Giulio Regeni. Vogliamo che si individuino i reali responsabili, e che siano puniti in base alla legge”.
 
L’autopsia ha confermato che il giovane non ha subito abusi ne violenze sessuali. E’ emerso che a cagionare la morte del brillante studente è stato un colpo ricevuto alla testa. E’ stata riscontrata inoltre una frattura alla colonna vertebrale determinata da una torsione innaturale del collo messa in atto sicuramente da una persona che stava di fronte a lui e ha causato la rottura del midollo spinale con conseguente crisi respiratoria che ha cagionato la morte.  L’autopsia ha confermato che il ragazzo è morto in seguito ad una frattura alla vertebra cervicale e la frattura è stata provocata da un colpo violento al collo o da tensione indotta oltre il punto massimo di resistenza. E’ stato inoltre confermato ciò che era stato anticipato nella prima e approssimativa ispezione del corpo, ovvero che Giulio è stato pestato con violenza, sul suo corpo ci sono diverse lesioni dovute ad un violento pestaggio e segni di bruciature. Verrà eseguita anche una TAC, radiografie e analisi tossicologiche. Nel corso dell’ispezione cadaverica, gli esperti hanno raccolto inoltre alcuni reperti che verranno analizzati. Sembra inoltre che le autorità egiziane non stiano dando la piena collaborazione in merito alle indagini, poiché gli investigatori italiani non hanno avuto accesso agli atti e non hanno potuto incontrare chi sta svolgendo le indagini in loco. Gli unici contatti che gli investigatori italiani tengono al Cairo sono con i funzionari, ma costoro non si occupano del caso. Paolo Gentiloni riferisce: “A quanto risulta dalle cose che ho sentito sia dall'ambasciata sia dagli investigatori italiani che stanno cominciando a lavorare con le autorità egiziane siamo lontani dalla verità”. Andrea Orlando, ministro della Giustizia riferisce invece: “Ci aspettiamo che sia raggiunta al più presto la verità e che sia fatta giustizia. Chiediamo piena collaborazione alle autorità egiziane e chiediamo loro di agire con determinazione, trasparenza e rapidità”. sul corpo del giovane ricercatore friulano ci sono decine di "piccoli tagli", anche sotto la pianta dei piedi. A Regeni, spiegano inoltre le fonti, è stata strappata un'unghia della mano e una del piede. "Ci sono segni di piccoli tagli – dicono le fonti – su tutto il corpo, sia nella parte anteriore che posteriore". Tra le diverse fratture riscontrate anche quella delle scapole. Da fonti investigative italiane si apprende che nè il telefonino nè il passaporto di Giulio Regeni sono stati trovati dagli inquirenti che indagano sulla morte, al Cairo, del giovane ricercatore italiano. Sia il passaporto che il cellulare potrebbero essere stati distrutti, o comunque fatti sparire, dai responsabili dell'omicidio di Regeni.
 Data della morte: Gli esami eseguiti sul cadavere non hanno consentito di stabilire al momento la data esatta della morte di Giulio. Gli esperti hanno valutato i fenomeni di trasformazione del cadavere e si attendono gli esami di laboratorio per poter stabilire e collocare la data della morte. E’ atteso inoltre il nulla-osta per la restituzione del corpo alla famiglia. I funerali si terranno a Fiumicello ma il giorno non è stato ancora prestabilito poiché la famiglia vuole dar modo e tempo agli amici di Giulio sparsi per il mondo, di organizzarsi e venire in Friuli.
 
Fronte egiziano. Il quotidiano “Al Ahram” scrive che il giovane prima di scomparire, in data 25 gennaio, avrebbe partecipato ad una festa e vi era “un certo numero di amici”. Scrivono: “Le indagini degli uomini della Sicurezza hanno analizzato gli ultimi momenti prima della scomparsa della vittima ed si è constatato che egli era in una festa in compagnia di un certo numero di suoi amici e dopo è scomparso il 25 gennaio” continua dicendo “La squadra di inquirenti esamina tutte le relazioni della vittima, sia con egiziani che con stranieri residenti al Cairo, e i luoghi che frequentava” inoltre emerge un dettaglio molto importante, ovvero: “il generale Alaa Azmy, assistente del direttore del Dipartimento generale delle indagini di Giza" ha diretto indagini “approfondite per esaminare gli appartamenti abitati per esaminare coloro che li frequentano e li abitano”, in riferimento al quartiere dove è stato rinvenuto il cadavere di Giulio. Ma la circostanza della festa trova contraddizione perché fino ad ora era emerso che il giovane si stava dirigendo alla festa e mai arrivato e che il suo rapimento fosse avvenuto lungo il tragitto per le vie del centro, prima delle ore 20 e non di una circostanza come quelle sopracitate sul quotidiano.
 
E la vicenda dei due arrestati in Egitto? Un depistaggio? Sembrerebbe proprio di si!  i due soggetti arrestati in realtà non sono stati mai arrestati ma semplicemente sospettati e quindi fermati poiché al momento vi sono controlli e interrogatori su amici e colleghi di Giulio, successivamente sono stati rilasciati. Ma perché diffondere la notizia di un’eventuale arresto di due persone? L’Egitto ha forse fretta di chiudere il caso e vuole consegnare all’Italia UN colpevole e non IL colpevole, per mettere a tacere una faccenda scomoda? Chi ha ucciso Giulio e soprattutto, perché?
 
La scomparsa, il ritrovamento. La scomparsa di Giulio Regeni, studente friulano scomparso dal Cairo il 25 gennaio, ha avuto un tragico epilogo. Il corpo del giovane 30enne è stato rinvenuto alla periferia della capitale egiziana, all’interno di un fossato. Giulio sarebbe stato ucciso, ma le circostanze che hanno portato alla sua morte non sono chiare, saranno le indagini a far luce al mistero che avvolge la sua morte.  Secondo quanto scrive il sito del quotidiano Al Watan, sul corpo del giovane vi sarebbero segni di tortura. Sul giornale vi è scritto: “Ritrovamento del  corpo di un giovane uomo di circa 30 anni, totalmente nudo nella parte inferiore, con tracce di tortura e ferite su tutto il corpo”, il cadavere sarebbe stato rinvenuto nella zona di Hazem Hassan.
Non si sa molto in merito agli ultimi istanti di vita del giovane, prima delle 20 di quel lunedì sicuramente era vivo e stava andando a trovare alcuni amici per un compleanno, a confermare questa circostanza è l’amico Omar Aassad. Si stava muovendo a piedi sulla sponda del Nilo, tra il quartiere di El Dokki e il centro. Le informazioni che al momento giungono sono poche, ma visto il luogo in cui è stato rinvenuto il cadavere si può ipotizzare che si sia trattato di una rapina finita male. L’Italia si stringe attorno al dolore della famiglia del giovane, Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia, ha scritto su facebook: “Siamo sgomenti per la giovane vita spezzata di Giulio Regeni. Il nostro pensiero è tutto per la famiglia, che sta vivendo momenti di indicibile sofferenza. Auspichiamo che sia fatta luce completa su ogni particolare di questo dramma terribile”.  



FORTE ESPLOSIONE NEL CENTRO DI ANKARA, ALMENO 37 MORTI E 125 FERITI

Redazione Esteri

Ankara sotto attacco. Si è aggravato il bilancio dell'attentato compiuto ieri con un'autobomba nel pieno centro di Ankara: è di almeno 37 morti, tra cui almeno 2 kamikaze. I feriti sono 125, di cui 19 gravi. Una dei due kamikaze è l'ex studentessa universitaria turca Seher Cagla Demir, che si sarebbe unita al Pkk curdo nel 2013. E' quanto scrive il quotidiano Sozcu, citando fonti vicine alle indagini.

L'autobomba si è fatta esplodere contro un bus, nei pressi di una fermata molto trafficata dove erano parcheggiati diversi altri mezzi, che hanno preso fuoco o sono stati danneggiati. L'attacco è avvenuto in una zona centralissima della capitale turca, tra il parco Guven e la piazza di Kizilay, a poca distanza anche da due fermate della metro.

Le autorità turche sospettano che dietro l'attacco ci sia il terrorismo di matrice curda. L'autobomba del mese scorso sempre ad Ankara era stata attribuita dal governo al Pkk e ai curdi siriani del Pyd ma rivendicata dagli estremisti curdi del Tak. 

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha espresso con un comunicato la sua condanna per l'attacco compiuto stasera ad Ankara. "A seguito dell'instabilità nella regione, negli ultimi anni la Turchia è stata oggetto di attacchi terroristici", scrive Erdogan, senza indicare alcuna organizzazione specifica. Di fronte ad azioni che "minacciano l'integrità del nostro Paese", continua la nota, "proseguiremo la lotta al terrorismo con ancor più determinazione".

Almeno un francese è stato ucciso nel "vile attentato" a Grand-Bassam, in Costa d'Avorio. Lo ha annunciato il presidente Francois Hollande, parlando di "una decina di civili" uccisi insieme con "diversi membri delle forze di sicurezza". "La Francia assicura sostegno logistico e informazioni alla Costa d'Avorio per trovare gli aggressori – ha detto Hollande – continuerà e intensificherà la cooperazione con i suoi partner nella lotta al terrorismo".

L'autorità radiotelevisiva turca ha imposto un divieto temporaneo di pubblicazione delle immagini relative all'esplosione di stasera nel centro di Ankara. Lo riferisce l'agenzia statale Anadolu. La misura è ricorrente in Turchia in caso di attacchi terroristici

"I terroristi devono sapere che per quanto sanguinoso sarà il loro odio non riusciranno a piegarci e scuoterci, ovunque essi colpiscano". Così il presidente del consiglio Matteo Renzi commenta gli attentati ad Ankara e in Costa d'Avorio. "La risposta e la condanna della comunità internazionale sarà ferma, unanime, risoluta".




ZIMBABWE: PADRE E FIGLIO ITALIANI UCCISI IN UNA RISERVA, E' MISTERO

di Angelo Barraco

Zimbabwe – Sarebbe stato un terribile incidente quello accaduto ieri nella riserva privata dello Zimbabwe, dove due uomini italiani, rispettivamente padre e figlio, sarebbero stati uccisi per errore dal personale della riserva poiché scambiati per bracconieri.I due sono Claudio Chiarelli e il figlio di 19 anni, Massimiliano e sono stati uccisi ieri all'interno del parco 'Mana Pools' nello Zimbabwe. Claudio Chiarelli era da tempo nel Paese africano dove è nato il figlio Quanto accaduto è stato confermato dalla Farnesina, ma non è stata resa nota l’identità dei due soggetti uccisi. Viene inoltre confermato che l’Ambasciata italiana di Harare sta dando assistenza alla famiglia delle vittime. L’Unità di crisi del Ministero degli Esteri italiano rende noto che sono in corso indagini per chiarire la dinamica di quanto accaduto, emergerebbero infatti, molte ombre in merito all’uccisione dei due uomini. Non è dato sapere i motivi che avrebbero spinto padre e figlio ad andare in Zimbabwe, ne tantomeno da quanto tempo fossero li. In merito alla morte non è stata resa nota l’ora in cui è avvenuta la duplice uccisione. 



COSTA D'AVORIO, ATTACCO TERRORISTA A COLPI DI KALASHNIKOV: 12 MORTI

Red. Esteri

Costa d'Avorio – Sparatoria sulla spiaggia di Grand Bassam, in Costa d'Avorio, a circa 40 km dalla capitale. I media locali riferiscono che sono stati colpiti due hotel: il Koral Beach e Etoile du sud, frequentati da turisti occidentali. Sarebbero almeno 12 i morti, tra cui 4 europei. Tuttavia, ancora non è ufficiale il bilancio delle vittime. La Farnesina sta verificando l'eventuale coinvolgimento di italiani. Secondo alcune emittenti locali, nella zona era presente una delegazione degli Stati Uniti, ma non è chiaro se fosse l'obiettivo dell'attacco. Intanto un portavoce governativo, citato da Bloomberg News, fa sapere che erano almeno dieci i terroristi, di cui cinque sono stati uccisi, mentre gli altri cinque sono fuggiti. Gli assalitori – secondo quanto riferito da alcuni testimoni – hanno gridato "Allah akbar" mentre aprivano il fuoco con dei Kalashnikov. Unità delle forze speciali e della polizia della Costa d'Avorio sono state dispiegate sul luogo della sparatoria. Gli agenti dovranno evacuare i feriti, lo staff e i clienti degli alberghi della zona, che è molto frequentata da stranieri nei fine settimana. È la prima volta che la Costa d'Avorio è obiettivo di un attacco con queste caratteristiche, anche se il Paese era in allerta dopo gli attentati jihadisti contro gli hotel in Burkina Faso e Mali avvenuti negli ultimi mesi.




COSTA D'AVORIO, ATTACCO CONTRO HOTEL A GRAND-BASSAM, ALMENO 6 MORTI

Redazione

Sarebbe di almeno 6 morti il bilancio dell'attacco contro un hotel a Grand-Bassam, località balneare della Costa d'Avorio. Lo riferiscono alcuni media, secondo cui due uomini armati di kalashnikov sarebbero entrati nell'Etoile du Sud, frequentato da turisti e diplomatici occidentali. Alcuni testimoni sostengono che gli aggressori avrebbero gridato "Allah Akbar". Altri media parlano invece di due vittime.




MIGRANTI: POLIZIOTTI ITALIANI IN ALBANIA DAL 15 MARZO

Redazione Esteri

Allarme dell'Ue sui migreanti. "La crisi umanitaria raggiunge il suo culmine in Grecia. Gli Stati membri accettino con urgenza i ricollocamenti. E' il momento di attuare", così il commissario europeo Dimitris Avramopoulos su Twitter.

Intanto ora che la chiusura della rotta dei Balcani è un dato di fatto, l'Italia è più preoccupata per quello che a settimane potrebbe arrivare sulle coste della Puglia. Con la primavera ed il ritorno della buona stagione, il rischio è infatti duplice: da un lato la riattivazione della via adriatica, dall'Albania; dall'altro una ripresa massiccia di sbarchi nel Mediterraneo centrale, dalla Libia verso Lampedusa e le coste della Sicilia.

Una ventina di poliziotti di frontiera italiani saranno in Albania, dal 15 marzo, per rafforzare le frontiere del Paese. L'invio avviene su richiesta delle autorità di Tirana, nel quadro di un rafforzamento della cooperazione tra Italia e Albania per affrontare la questione della prevenzione del fenomeno migratorio e della sua gestione, in caso di arrivo di flussi, dopo la chiusura della rotta dei Balcani. Sarà Tirana a decidere su quali confini dispiegare i poliziotti italiani. Si apprende da fonti a Bruxelles.




LONDRA, UNA MATTINA DI ORDINARIA FOLLIA: PAURA PER ATTACCO TERRORISTICO

di Ivan Galea

Londra – Allarme bomba a Londra dove una zona della city è stata interdetta al traffico dalla polizia. A far scattare le misure di sicurezza un pacco sospetto. Bishopsgate e Liverpool Street sono quindi state chiuse alle 10 e riaperte dopo circa un'ora. 

L'area interessata, nei pressi della stazione ferroviaria di Liverpool Street, è caratterizzata dalla presenza di centinaia di imprese, banche e di istituzioni finanziarie. Ai dipendenti che lavorano negli edifici vicini al luogo dove è scattato l'allarme è stato detto di non lasciare i loro uffici durante le operazioni di polizia. "Strada chiusa e ci è stato detto di non lasciare l'edificio e di stare lontani dalle finestre" Questo il commento di Tom Stayte, il fondatore di SquareShare, su Twitter. Ayman Hafez ha scritto che le strade vicine sembravano "come un deposito degli autobus".

Alcuni testimoni hanno riferito che il pacco sospetto si trovava vicino alla sede della Royal Bank of Scotland (RBS), anche se la polizia non ha confermato subito la posizione precisa. Bishopsgate è stata chiusa ai veicoli e al passaggio dei pedoni tra Middlesex Street e Primrose Street.
 




LIBIA, NESSUN RISCATTO PER GLI ITALIANI RAPITI

Redazione Esteri

Libia – Nel sequestro dei 4 italiani in Libia "non sono mai emersi elementi di riconducibilità di formazioni di Daesh in Libia. Non è mai giunta alcuna rivendicazione. L'ipotesi più accreditata è quella di un gruppo criminale filo-islamico operante tra Mellita, Zuwara e Sabrata", ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni al Senato. Per i quattro italiani rapiti in Libia "non è stato pagato alcun riscatto", ha precisato.

"Il sequestro e le modalità penose del rientro dei nostri connazionali – spiega Gentiloni – ripropone all'attenzione la pericolosità e la criticità della situazione in Libia". Ma il ministro assicura che "il governo non si farà trascinare in avventure inutili e perfino pericolose per la nostra sicurezza nazionale. Non è sensibile al rullar di tamburi e a radiose giornate interventiste ma interverrà se e quando possibile su richiesta di un governo legittimo". Gentiloni aggiunge che bisogna "combinare fermezza, prudenza e responsabilità". "Lavoriamo per rispondere ad eventuali richieste di sicurezza del governo libico, niente di più niente di meno, nel rispetto della Costituzione e solo dopo il via libera del Parlamento" italiano.

L'informativa di Gentiloni è cominciato con un messaggio "di cordoglio e vicinanza alle famiglie" dei due italiani uccisi in Libia, Salvatore Failla e Fausto Piano. L'Aula del Senato ha tributato un applauso unanime al ricordo dei due connazionali.

Una fonte ufficiale della Procura generale di Tripoli ha riferito che, alla presenza di un "medico legale italiano", è in corso un' "autopsia" sui corpi di Failla e Piano. Il direttore dell'Ufficio inchieste presso la Procura generale di Tripoli, Sidikj Al-Sour, ha confermato all'ANSA che le salme "sicuramente saranno rimpatriate oggi". L'arrivo per questo pomeriggio era stato preannunciato ieri da un portavoce del governo di Tripoli.




UE, IMMIGRATI: ANCORA NULLA DI FATTO E ANKARA AVANZA CON LE RICHIESTE

Redazione
 
Bruxelles – Si è tenuta una riunione con i leader Ue e la Turchia e l’argomento affrontato è stata la crisi dei migranti. Il vertice si è chiuso con un’intesa di principio. Renzi ha commentato l’incontro: “si fa un passettino avanti, ma per dirla in italiano che fatica! Finalmente anche l'Ue si sta rendendo conto di quanto sia gravissima la situazione, noi lo sapevamo” e ha aggiunto che ancora “molto resta da fare”. Per la Merkel si tratta di “un'intesa sui principi generali che dovranno essere tradotti in iniziative". Il prossimo vertice sarà il 17 e 18 marzo. Non è stato semplice il negoziato tra i 28 leader europei dinnanzi alla proposta di Ankara, concordata dal premier Ahmet Davutoglu, la Merkel, il premier olandese Mark Rutte all’ultimo minuto. Il presidente del consiglio europeo Tusk si è arrabbiato e si è sentito scavalcato dopo che aveva lavorato a lungo per trovare un’intesa. La Merkel e Rutte, con Juncker hanno spinto per giungere ad un accordo, a costo di far notte. Ma alle ore 21 non vi erano ancora delle posizioni conciliabili e i lavori sono stati sospesi, con lo scopo di arrivare ad un consenso mediante un nuovo testo. Ma quali sono stati gli “ostacoli”? Viktor Orban, premier ungherese, ha posto un veto in merito al meccanismo di reinsediamento dalla Turchia. Sono stati molti i paesi che hanno chiesti di rinviare tutto al 17 e al 18 marzo perché la proposta non è stata negoziata. Anche il presidente francese Hollande è stato uno di quelli che ha storto il naso, Matteo Renzi, insieme ad altri, ha sollevato la questione della libertà di stampa e ha minacciato un veto: “"le richieste turche sono state attutite da un documento che le diminuisce molto e c'e' un riferimento alla discussione sulla liberta' di stampa perche' noi siamo favorevoli all'ingresso nell'Ue ma proseguire quel cammino significa abbracciare i suoi valori costitutivi”. Dal paese con la mezzaluna arriva la seguente proposta all’Ue, un re insediamento secondo un sistema “uno a uno”, disposto a riprendere i migranti che hanno raggiunto illegalmente l’Ue da una data in poi, ma per ogni profugo siriano riammesso, i paesi dell’Unione ne dovrebbero accogliere uno in modo legale. Inoltre Ankara ha chiesto tre miliardi per il 2018 che dovrebbero essere stanziati dall’Europa per migliorare le condizioni di vita dei profughi. Inoltre chiede: apertura di cinque capitoli per il processo di adesione Ue, liberazione dei visti a giugno e non a ottobre e delle aree umanitarie sicure in Siria. Davutoglu aveva detto: “E' il secondo vertice in tre mesi. Questo dimostra quanto la Turchia sia indispensabile per l'Ue. La Turchia è pronta ad essere un membro dell'Ue". Il vertice si è dimostrato tortuoso. Tusk ha riferito “I giorni dell'immigrazione irregolare verso l'Europa sono terminati”. La Merkel nega che il piano turco sia di matrice tedesca, l’Ue intanto accetta di velocizzare la concessione dei visti per i turchi entro giugno e preparare i 5 capitoli negoziali nel processo di adesione di Ankara. Davutoglu ha inoltre riferito: “La liberta' di espressione e' uno dei nostri valori fondamentali, non solo dell'Europa, ma della democrazia turca” ha riferito che i media Turchi godono di libertà e che “la prova e' che molti di essi si oppongono al governo e lo criticano duramente, abbiamo media molto dinamici e l'anno scorso ci sono state due elezioni in un ambiente molto dinamico”.