Effeti Brexit: Bba, grandi banche via da GB nel 2017 mentre le piccole via entro Natale

di Paolino Canzoneri

La scelta dei britannici di uscire dall'Unione Europea inizia a preoccupare seriamente l'associazione delle banche britanniche e nonostante le trattative del Brexit non siano ancora avviate, si fanno strada timori concreti che le aziende del Regno Unito, divenute extracomunitarie, potranno subire restrizioni tariffarie rilevanti con conseguente riduzione dei ricavi, il tutto a difesa del mercato interno europeo. Il presidente della British Bankers Association (BBA) Anthony Browne ha lanciato l'allarme sull'Observer sottolineando come le grandi banche tritanniche abbiano programmato di  trasferirsi in località dentro la  Comunità Europea nel primo trimentre del prossimo anno mentre Istituti più piccoli addirittura compieranno il trasferimento già entro la fine di quest'anno: "La maggioranza delle banche internazionali ora ha dei gruppi di lavoro per vedere quali operazioni trasferire per garantire di poter continuare a servire i clienti, la data entro cui devono farlo, e come farlo nel miglior modo possibile. Molte banche più piccole pianificano di concretizzare i trasferimenti prima di Natale, mentre i più grandi intendono cominciare nel primo trimestre del prossimo anno e stabilire barriere a commercio e servizi finanziari sarà un ostacolo per tutti. Tutta l'Europa soffrirà nel caso che Londra scelga una "Brexit dura". Il risultato del referendum sembra sempre più mostrare quanto il Regno Unito si stia preparando ad attraversare momenti difficili con serie prospettiva poco incoraggianti protese verso un pericoloso isolamento che sovvertirà i saldi equilibri e dovrà fare i conti con le banche stesse che non erano d'accordo con il "leave" rivelatosi poi vincente. Browne stesso è sicuro che il dibattito politico e quello pubblico sta conducendo il Regno verso un terreno impervio e difficile. Diffiicle dargli torto poichè la fuga delle banche potrà causare rischi enormi per l'occupazione a cominciare dalla stessa Londra che pagherà pesantemente con seri problemi alle aziende finanziarie che operavano per i paese dell'UE, basti ricordare che le banche locate a Londra mantengono a galla finanziariamente il continente con prestiti di 1.100 miliardi di sterline, realtà che sarà a rischio. Rassicurazioni sul mantenimento dello status della City di Londra si sono fatte sentire dal ministro per la Brexit  David Davis e dal cancelliere ministro dell'economia Philip Hammond ma è pur vero che ancora i passi non sembrano brevi e la preoccupazione diventa tangibile. L'Observer inoltre aggiunge che l'intenzione del governo di controllare la libera fruizione e movimento degli stranieri nel Regno non favorirà certo il mantenimento dello status atuale delle banche nel paese. Browne spera di mettere in guardia i politici britannici che sembrano ignorare i potenziali effetti della Brexit: "Innalzare barriere al commercio nei servizi finanziari oltremanica ci danneggerà tutti". Il presidente Francois Hollande avalla comunque la preoccupazione di Browne perchè questa Hard Brexit porterà ad un duro negoziato e al solito il popolo ne pagherà il prezzo più alto.




Equitalia addio da luglio: ecco le novità

Redazione

Il decreto fiscale che accompagna la manovra, completo della bollinatura della Ragioneria generale, dello Stato, è arrivato al Quirinale. L'esame è già in corso ma al momento è impossibile fare una previsione sui tempi della firma.

Ecco le novità, secondo quanto risulta dalla lettura del testo datato 21 ottobre: 

Equitalia addio– Equitalia sarà sciolta e a partire dal primo luglio 2017 al suo posto sarà istituito un ente pubblico economico, denominato "Agenzia delle Entrate-Riscossione". L'ente sarà sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Mef. Presidente dell'ente sarà il direttore dell'Agenzia delle Entrate.

Multe eluse dalla rottamazione delle cartelle. Le multe sono escluse dalla rottamazione delle cartelle prevista dal decreto fiscale. Nel testo si specifica che tra i carichi esclusi dall'operazione compaiono anche "le sanzioni amministrative per violazione del Codice della strada".

Voluntary – Si riaprono fino al 31 luglio 2017 (con possibilità di integrare l'istanza e presentare i documenti fino al 30 settembre) i termini per la voluntary disclosure. Lo si legge nel testo del decreto fiscale, in cui si precisa che alla nuova operazione non potranno partecipare i contribuenti che hanno già presentato istanza in precedenza. Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016.




Equitalia chiude: aprirà una "sanatoria" sulle cartelle giacenti

ECONOMIA – Il governo, assieme alla legge di Bilancio, ha approvato un decreto che farà calare le saracinesche su Equitalia, la società della riscossione di proprietà delle Entrate (51%) e dell'Inps (49%). Nel giro di sei mesi, la competenza del recupero delle imposte non pagate passerà all'Agenzia stessa. Ma per i contribuenti, l'operazione ha un risvolto importante: determinerà l'apertura di una "sanatoria" sulle cartelle che giacciono sugli scaffali di Equitalia. Un passaggio che – nelle stime del governo – potrebbe portare a incassi per 4 miliardi di euro. "Equitalia era simbolo di approccio vessatorio. La chiudiamo come detto un anno fa. Pagare meno, pagare tutti". Così il premier Matteo Renzi su Twitter commenta le misure del Bilancio 2017, ricordando che il canone Rai scenderà a 90 euro e che per la sanità ci saranno 2 miliardi in più che serviranno anche per farmaci oncologici, vaccini, epatite C, e per l'assunzione di "nuove medici e infermieri". La manovra, aggiunge, "contiene altre buone misure dai soldi per le pensioni basse alla scuola. Dalla competitività agli investimenti".

Il 'sismabonus' continuerà a partire dal 50% ma potrà arrivare fino all'85% in caso di miglioramento di 2 classi di rischio. E' questo il 'rafforzamento' dell'incentivo in arrivo con la manovra. L'agevolazione, che viene 'stabilizzata' per 5 anni fino al 2012, vale sia per i condomini sia per le abitazioni singole e si potrà detrarre, quindi recuperare, in 5 anni anziché in 10. Le percentuali di sconto aumentano al 70 e 80% per le case e al 75 e 85% dei condomini, in caso di miglioramento. Il tetto di spesa è per 96.000 euro l'anno. Il 'sismabonus' varrà dal 2017 anche per le seconde case e le attività produttive e potrà richiedere l'agevolazione anche chi si trova nella zona sismica 3 (invece delle sole 1 e 2 ad alta pericolosità). E' uno dei 'rafforzamenti' dell'incentivo in arrivo con la manovra. Tra le spese detraibili rientreranno anche quelle per la classificazione e verifica sismica. Sarà inoltre possibile cedere la detrazione sulle parti comuni dei condomini a soggetti terzi.

Quarantamila euro per appartamento, con una detrazione del 65% che può arriva al 70% se riguarda l'involucro (il cappotto) dell'edificio e al 75% se viene comprovato con certificazione il miglioramento della prestazione energetica invernale ed estiva. Sono le novità previste dall'Ecobonus per i condomini che introducono un meccanismo premiante in base ai risultati di risparmio dei consumi ottenuti. Saranno anche previsti controlli a campione. La detrazione, che prevede il recupero in 10 anni, viene stabilizzata fino al 2021.

Una manovra che lievita a 27 miliardi, che non tocca il fondo sanitario e che guarda al "merito" e "all'equità". Una manovra che serve all'Italia e che non ha sapore pre-elettorale, sottolinea Matteo Renzi illustrando le misure che saranno finanziate nel 2017 e nei prossimi anni, che proseguono nel solco tracciato fin dal 2013, il taglio delle tasse. E che lancia la sua scommessa per la crescita, che, secondo il premier, grazie a rilancio degli investimenti e spinta alla competitività consentiranno di vedere il Pil anche oltre l'1% indicato fino a qui, grazie anche ai margini di deficit che, per l'anno prossimo, è fissato al 2,3%, tre decimali (circa 5 miliardi) sopra quello programmato nell'aggiornamento del Def.

"L'Italia non va ancora bene ma dopo due anni e mezzo va un po' meglio di prima, non siamo contenti, abbiamo fame di risultati positivi ma Italia va meglio. Passo dopo passo". Così Matteo Renzi illustrando, con le slides, la legge di bilancio. Oltre alla legge di bilancio abbiamo approvato "un dl che interviene sui fondi 2016, il famoso fondo della presidenza e interviene sull'obiettivo del governo di chiudere la parentesi di Equitalia aprendo un capitolo nuovo". "La filosofia della stabilità 2017 è merito e bisogno, tenere insieme competitività ed equità, dare una chance a chi ci prova e una mano a chi non ce la fa. La manovra per il 2017 è fatta "di 6 capitoli, il più importante è la competitività" sulla quale ci sono "20 miliardi in più anni". Così il premier Matteo Renzi al termine del Cdm che ha varato la legge di Bilancio, citando gli interventi per Industria 4.0 e il superammortamento."




Fisco in Italia, mancano all'appello 109 miliardi di tasse l'anno

Redazione

ECONOMIA – Il "vuoto" tra le imposte che dovrebbero essere versate e quelle effettivamente pagate si attesta in Italia a quota 108,7 miliardi di euro in media d'anno: 98,3 miliardi dovuti ai principali tributi, 10,4 ai contributi. Questo quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati sulla ''Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva'', allegata al Def e depositata in Parlamento. Dal documento, riferito agli anni 2010-2014, emerge che la ''propensione al gap'' è altissima per l'Irpef del lavoro autonomo e d'impresa: al 59,5%.

L'Iva risulta l'imposta più evasa: il ''tax gap'' medio si attesta in Italia a 39,9 miliardi tra 2012-2013, ma sale a 40,2 miliardi nel 2014. E' quanto emerge dai dati della Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva del Mef allegata al Def. Segue l'Irpef che vale complessivamente 31 miliardi. Ma di questi 27,2 miliardi, che salgono 30,7 miliardi nel 2014, sono relativi al solo Irpef del lavoro autonomo e d'impresa.

Gli errori fatti ma anche le tasse dichiarate ma poi non versate ammontano complessivamente a 12,4 miliardi per le principali imposte (Irpef, Ires, Iva e Irap). E' quanto emerge dalla relazione del Mef sull'evasione fiscale nel valutare l'ammontare complessivo delle entrate sottratte al bilancio pubblico. La stima non tiene conto delle altre imposte (come l'Imu) e i contributi. Questa quota vale in media 1,5 miliardi nell'Irpef dei lavoratori autonomi, 1,3 miliardi nell'Ires, 8,0 miliardi nell'Iva e 1,6 miliardi nell'Irap

Dai 4 miliardi di 'gap' del 2012 ai 5,3 miliardi del 2014: l'Imu rimane tra le imposte meno amate dagli italiani. Secondo l'ultima "Relazione sull'Economia non Osservata e sull'Evasione fiscale e Contributiva" l'imposta municipale che si paga sugli immobili registra nel 2014 una ''propensione al gap'' del 27,2%: in pratica oltre un quarto dei proprietari non la paga come dovuto.




Svolta Pensioni, accordo sull'Ape agevolata. La Cgil: troppi 30 anni di contributi versati

di Paolino Canzoneri

Il Segretario confederale dell'Unione Italiana del Lavoro UIL Domenico Proietti dopo l'incontro con il governo di ieri rende noto importanti novità riguardo l'anticipo pensionistico, l'APE, a cui potranno accedere  disoccupati e disabili nonchè l'APE detta social che coinvolge determinate categorie di lavoratori impegnati in attività faticose e usuranti come operai edili, maestre, alcune tipologie di infermieri, autisti di mezzi pesanti e macchinisti; tutti con un reddito inferiore ai 1.350 euro lordi. Tale provvedimento sarà in vigore dal primo maggio del 2017 e potrà riguardere quella fascia di lavoratori attivi che hanno accumulato almeno 35 anni di contributi versati e anche i disoccupati con 30 anni di contributi. Al vaglio la possibilità da parte del sindacato dei cittadini UIL di poter aumentare le categorie interessate all'anticipo pensionistico e abbassare ulteriormente i livelli nonostante la Confederazione Generale Italiana del Lavoro CGIL abbia fatto presente con un tweet che 30 anni di contributi sono troppi: "Il governo Renzi si rimangia la parola: 30 anni di contributi invece di 20 per Ape social. Gli antibiotici a Matteo Renzi non fanno effetto". Nel caso di APE volontaria la rata di restituzione del prestito in caso di anticipo pensionistico sarà di 4,5 – 4,6% per ogni anni di anticipo sulla pensione. Proietti stesso ha reso noto che il governo si impegnerà a stanziare delle risorse a copertura di quel 4,5% mancante per coprire il costo degli interessi dell'assicurazione e per coprire parte del capitale del prestito pensionistico da dover restituire in 20 anni da parte del lavoratore entrato in pensione. Il segretario confederale Proietti ha spiegato inoltre che i lavoratori precoci potranno andare in pensione con 41 anni di contributi avendo però versato 12 mesi di contributi prima dei 19 anni o se facenti parte delle categorie relative ai lavori faticosi: "E' importante che sia passato il principio che con 41 anni di contributi si possa andare in pensione". In pratica i lavoratori precoci possono andare quindi in pensione con 41 anni di contributi, prima di aver raggiunto i 63 anni di età, limite previsto per l'accesso all'Ape agevolata. Il governo ha anche confermato l'intenzione di togliere la penalizzazione che sarebbe dovuta tornare nel 2019 per chi va in pensione prima dei 62 anni." Per queste categorie il costo dell’anticipo pensionistico, attraverso un reddito ponte, sarà a carico dello Stato. Le risorse stanziate per il pacchetto pensioni ammonteranno a circa 1,6 miliardi per il 2017 e in totale circa sei miliardi in tre anni




Svolta nella Pensioni, accordo sull'Ape agevolata La Cgil: troppi 30 anni di contributi

di Paolino Canzoneri

ROMA – Il Segretario confederale dell'Unione Italiana del Lavoro UIL dopo l'incontro con il governo di ieri rende noto importanti novità riguardo l'anticipo pensionistico, l'APE, a cui potranno accedere  disoccupati e disabili nonchè l'APE detta social che coinvolge determinate categorie di lavoratori impegnati in attività faticose e usuranti come operai edili, maestre, alcune tipologie di infermieri, autisti di mezzi pesanti e macchinisti; tutti con un reddito inferiore ai 1.350 euro lordi. Tale provvedimento sarà in vigore dal primo maggio del 2017 e potrà riguardere quella fascia di lavoratori attivi che hanno accumulato almeno 35 anni di contributi versati e anche i disoccupati con 30 anni di contributi. Al vaglio la possibilità da parte del sindacato dei cittadini UIL di poter aumentare le categorie interessate all'anticipo pensionistico e abbassare ulteriormente i livelli nonostante la Confederazione Generale Italiana del Lavoro CGIL abbia fatto presente con un tweet che 30 anni di contributi sono troppi: "Il governo Renzi si rimangia la parola: 30 anni di contributi invece di 20 per Ape social. Gli antibiotici a Matteo Renzi non fanno effetto". Nel caso di APE volontaria la rata di restituzione del prestito in caso di anticipo pensionistico sarà di 4,5 – 4,6% per ogni anni di anticipo sulla pensione. Proietti stesso ha reso noto che il governo si impegnerà a stanziare delle risorse a copertura di quel 4,5% mancante per coprire il costo degli interessi dell'assicurazione e per coprire parte del capitale del prestito pensionistico da dover restituire in 20 anni da parte del lavoratore entrato in pensione. Il segretario confederale Proietti ha spiegato inoltre che i lavoratori precoci potranno andare in pensione con 41 anni di contributi avendo però versato 12 mesi di contributi prima dei 19 anni o se facenti parte delle categorie relative ai lavori faticosi: "E' importante che sia passato il principio che con 41 anni di contributi si possa andare in pensione". In pratica i lavoratori precoci possono andare quindi in pensione con 41 anni di contributi, prima di aver raggiunto i 63 anni di età, limite previsto per l'accesso all'Ape agevolata. Il governo ha anche confermato l'intenzione di togliere la penalizzazione che sarebbe dovuta tornare nel 2019 per chi va in pensione prima dei 62 anni." Per queste categorie il costo dell’anticipo pensionistico, attraverso un reddito ponte, sarà a carico dello Stato. Le risorse stanziate per il pacchetto pensioni ammonteranno a circa 1,6 miliardi per il 2017 e in totale circa sei miliardi in tre anni




Un "bottino sommerso" di 150 miliardi in contanti

di Paolino Canzoneri

Il 10% dell'intero PIL in Italia, circa 150 miliardi di Euro è costituito da moneta "liquida". Una somma enorme di denaro contante "congelato" nelle cassette di sicurezza delle banche o custodito nelle case degli italiani. La stima di questo enorme flusso fomenta e consente il proliferare della criminalità ed evasione fiscale, una vera e propria economia sommersa che non incentiva lo sviluppo del paese; serve quindi una soluzione mirata a fare cambiare le abitudini degli italiani, serve una modalità che riesca a traghettare i pagamenti effettuati tramite moneta "liquida" verso i pagamenti elettronici con carte di credito e di debito che riducono drasticamente l'evasione fiscale consentendo una maggiore tracciabilità delle operazioni e delle transazioni di danaro. Gli italiani sembrano diffidare dai pagamenti tramite carta di credito o tramite carta di debito (carta comunemente chiamata bancomat) e ad oggi l'Associazione Bancaria Italiana ABI rivela che nella classifica europea siamo tristemente agli ultimi posti con appena un 30,1% procapite di utilizzo dei pagamenti elettronici seguiti da Bulgaria, Grecia e Romania. Nonostante gli sforzi e le indagini di Magistratura e Polizia abbiano contribuito al recupero di altissime somme di denaro, serve elaborare idee risolutive efficaci e da mesi si parla di una nuova "Voluntary Disclosure" che nel 2015 ha fatto emergere ben 60 miliardi di euro depositati nei paradisi fiscali e, sotto tramite tasse e sanzioni varie, hanno fatto incassare all'erario circa due miliardi di euro ma quasi tutto il contante rimane ancora custodito e nascosto nelle cassette di sicurezza delle banche oramai praticamente tutte utilizzate. Il governo quindi studia una modalità che dietro garanzia di non punibilità, riservata solo in casi di evasione fiscale, consenta a chi aderisce alla Voluntary Disclosure di rivelare la provenienza del nero e di pagare una sorta di tassa-penale. Una opportunità che sembra convincere il direttore del Transfer Pricing Research Center Stefano Simontacchi dell'Università di Leiden in Olanda nonchè consigliere di RCS MediaGroup: "Una volta entrati nel sistema bancario, i soldi dovrebbero essere monitorati per impedire che vengano impiegati per usi incompatibili con l’attività del titolare». Si sta presentando cosi un’occasione imperdibile per reperire i fondi che mancano per gli interventi a favore della crescita». Sembra proprio non esserci altro modo possibile per risolvere il problema e per evitare il proliferare della criminalità fiscale e provando a mettere il naso fuori dai nostri confini, ci si accorge che nonostante tutto da noi qualcosa è cambiata e dal 2013 l'utilizzo del pagamento elettronico ha subito un incoraggiante lieve aumento arrivando a + 9% e i pagamenti tramite internet a + 30% grazie all'aumento dell'homebanking "da casa". Però ancora oggi su 100 operazioni, ben 87 ancora avvengono con il contante e, come già detto, più si usa il contante e più aumenta la non tracciabilità delle opeazioni. La Banca Centrale Europea intanto ha deciso di sospendere dal 2018 l'emissione di banconote da 500 euro perchè fra le più usate in ambito criminale e terroristico perchè consentono lo scambio e l'utilizzo di grossissime cifre in poche banconote e per fare un esempio nell'inchiesta Mafia Capitale la Procura della capitale ha sequestrato 570 mila euro in banconote e posto agli arresti un funzionario comunale e trovati 265 mila euro nelle cassette di sicurezza di un giudice tributario corrotto prontamente posto anch'egli agli arresti. Grosse cifre disponibili e accumulabili con poche mazzette di banconote. Per ulteriormente incentivare l'utilizzo del pagamento elettronico si pensa pure di dedurre dalle tasse una parte della spesa mentre per chi vende si potrebbero omettere le commissioni bancarie e i costi degli apparati elettronici. La sfida è proprio quella rendere sconveniente l'uso del contante sempre che dietro analisi e proposte ci sia una reale e concreta voglia di attuare strategie per lo sviluppo del paese. 




Investimenti privati: le soluzioni per i risparmiatori

 

Red- Economia

La rivoluzione all'interno degli equilibri finanziari internazionali, con la Brexit in pieno svolgimento, ha creato nel mercato azionario un periodo particolarmente instabile. A risentirne sono soprattutto le banche, i cui titoli hanno subito e continuano a subire degli assestamenti rilevanti, rivelando che il settore sta attraversando un periodo di crisi prolungato. Tanta debolezza, sia che dipenda dalle mutate condizioni della circolazione della moneta, piuttosto che dalle operazioni di fido andate in sofferenza, agita un campanello di allarme per chi è abituato a considerare i titoli bancari un bene rifugio.

Oggi infatti chi investe nel marcato azionario comincia a guardare altrove, scegliendo magari operazioni con un minor fattore di rischio e in grado di tornare a far crescere il capitale, anche se con tipologie di investimento meno tradizionali. Non manca ovviamente chi, essendo esperto nel settore, è in grado di fornire delle indicazioni e consigli interessanti. Vediamo quali.

La prima regola del rischio è rischiare solo se il gioco vale la candela e il tempo è quello giusto. Oggi i grandi rischi sono da guardare con diffidenza, soprattutto se il fondo da investire non è cospicuo, muovendosi a piccoli passi dove il terreno è più solido. Gli investimenti coperti dal Fondo Interbancario, per esempio, nei conti deposito, consentono delle garanzie che non hanno i fondi comuni.

Nel mercato azionario il nervosismo non paga. Se uno dei pacchetti azionari perde valore farsi prendere dall'ansia e vendere non è quasi mai la soluzione. I depositi di capitale a lungo termine invece, se da una parte ispirano tranquillità, dall'altra non rendono quasi niente. I fondi immediatamente svincolabili hanno un senso se la quota investita copre una possibile necessità improvvisa nel breve termine di utilizzo, ad esempio sei mesi di stipendio per cambiare lavoro, ma il rimanente è meglio bloccarlo per avere un rendimento superiore.

Poi ci sono, sempre più in voga, le opzioni binarie, per chi vuole agire sul mercato in prima persona. Negli ultimi tempi si sente sempre più spesso parlare di opzioni binarie. Si tratta di un tipo di investimento a brevissimo termine, nel quale si può partire anche con piccolissime cifre. Trattandosi di un investimento con un considerevole tasso di rischio ma anche con un'altissima redditività, occorre naturalmente studiare a fondo la materia e fare pratica prima di mettere in gioco il capitale. Fortunatamente esistono piattaforme demo come quella di 24option che consentono di simulare le sessioni d'investimento senza dover utilizzare denaro reale. In questo modo si possono valutare le proprie capacità e successivamente passare a investimenti reali.

Comunque sia vale sempre la regola della diversificazione degli investimenti. Mai puntare tutto il capitale su un solo obiettivo, ma sceglierne sempre più di uno investendo sui più rischiosi piccole cifre d'assaggio. Sempre utile tenere nota delle oscillazioni delle azioni che più ci attirano, per capire se nel lungo periodo tengono bene. A volte l'intuito è un pessimo consigliere, se non è supportato dai dati statistici. E poi informarsi e formarsi in continuazione.

Niente è più importante che tenersi aggiornati.

 




Crescita, Padoan conferma l'1%. Renzi: "Vedremo chi ha ragione".

 

di Paolino Canzoneri

 

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi difende ancora a spada tratta il contenuto del documento di programmazione economico-finanziaria e dalle parole di Pier Carlo Padoan rivolte ai deputati e senatori delle commissioni di Bilancio traspare una sicurezza e una convinzione sulla crescita prevista per il prossimo anno, previsione che non aveva incontrato il plauso dei rappresentati di Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio parlamentare di Bilancio che aveva invalidato la previsione richiedendone una revisione. Il nostro ministro dell'Economia ostenta sicurezza: "Il PIL programmatico non è una scommessa. E' la stima dell'effetto che la manovra produce sul prodotto il governo conferma il suo quadro programmatico all'1% e lo fa sulla base della consapevolezza che questo risultato viene dalla valutazione dell'impatto delle misure della prossima manovra sul tasso di crescita. Ai previsori, compreso l'ufficio parlamentare di bilancio, mancano queste specifiche informazioni ma proprio per questo ci sono i margini per chiudere il gap" tra le diverse stime." Renzi stesso con una punta di ironia, in partenza per il Veneto rilascia poche decise parole: "Vado ad incontrare chi il Pil lo produce non chi lo analizza; come sempre ad ottobre gli esperti ci dicono che le nostre misure non hanno copertura e i numeri non tornano. Rispetto le loro tesi anche se ricordo che dicevano la stessa cosa per gli 80 euro, per la tassa sulla prima casa, per il Jobs Act e i suoi incentivi, per l'Irap costo del lavoro, per le tasse agricole, per il patent box e il superammortamento o per i soldi in più sulla scuola o sulla cultura. Abbiamo sempre trovato le coperture, smentendo le previsioni negative: continueremo a farlo. Il governo non fa nessuna scommessa ma un calcolo, pure prudente, della spinta al Pil che arriverà con la prossima manovra". L'obiettivo di crescita all'1% per il nostro ministro Padoan appare ambizioso ma realizzabile e, pur sempre disponibile al dialogo, sembra voler confermare la linea e le stime del prossimo quadro macroeconomico redatte appunto nel DEF che il premier difende dicendo inoltre: "Essendo previsioni vedremo tra un anno chi ha ragione, l'ultimo anno siamo stati più prudenti della realtà ed è andata meglio. La crescita è ripartita anche se al momento è come una macchina con il freno a mano ancora tirato". Ritocco al ribasso dal Fondo Monetario che attenua le stime ufficiali relativamente alla crescita a +0,9 per il 2017 e +0,8 del 2016 e per il peso del debito pubblico in ascesa per quest'anno al 133,2% e per il prossimo al 133,4%, differenza evidente rispetto i dati del DEF che prevedevano un debito al 132,8% per il 2016 in discesa a 132,5% per il 2017. Le privatizzazioni giocheranno un ruolo fondamentale e Padoan stesso asserisce: "Il Governo ha ferma intenzione di andare avanti dopo il rallentamento di questi mesi da imputare alla alta volatilità dei mercati ma la sostenibilità del debito rimane oggetto di massima attenzione. Questa ambizione è sostenuta in modo concreto da una manovra che dà un boost, una spinta alla crescita,  quindi quel tipo di impatto è realistico perché la manovra è costruita con la cura alla composizione che spesso è stata evocata tra gli altri dal Presidente della Bce, e che ieri è stata richiamata durante l'audizione di Banca d'Italia, quale elemento cruciale di una strategia sostenibile per la crescita". Nessuna sovrastima quindi per Padoan, e inoltre aggiunge che ci potranno essere: "Sorprese positive visto che tecnicamente siamo in una fase di bassi tassi e rischio deflazione e facciamo fatica a stimare i moltiplicatori, che sono quindi adottati in modo prudente. Inoltre nello stesso quadro disegnato dall'esecutivo non vengono calcolati gli effetti positivi dell'utilizzo dell'extradeficit per la messa in sicurezza del territorio sia dal rischio sismico sia da quello idrogeologico". Il capogruppo dei socialisti al Parlamento Europeo Gianni Pittella interviene dicendo: "non vedo come Bruxelles possa dire 'no' ad una deviazione di uno zerovirgola" per mettere in sicurezza il territorio, sarebbe assurdo".




Pil, l'Istat rivede la crescita del 2015: è più bassa del previsto

Pao. Canz.

L'Istat ha reso noto a marzo che il PIL italiano ha subito nel 2015 un lieve rialzo dello 0,7%. Nel 2014 era cresciuto dello 0,1% con una revisione al rialzo di 0,4 punti percentuali rispetto alla lieve diminuizione di 0,3 stimata a marzo. Un risultato poco meno inferiore della stima prevista dell'0,8%. Ci si attendevano risultati al rialzo più incoraggianti e il tanto agoniato raggiungimento dell'1% richiese una accellerazione e una volontà non da poco conto. I dati pubblicati sono incoraggianti ma sembra che il Pil arranchi e subisca in modo pesante la morsa  delle banche. Scendendo nei dettagli, nel comparto industriale l'Istat calcola che gli investimenti fissi lordi sono cresicuti nel 2015 dell'1,3% grazie ad incrementi del 18,2% delle attrezzature e delle macchine e all'0,8% dei prodotti di proprietà intellettuale e una lieve scesa degli investimenti in costruzioni dello 0,4%. Il settore terziario registra invece una revisione al rialzo pari a 0,5 punti percentuali riguardanti sopratutto attività scentifiche, professionali, amministrative e tecniche che hanno raggiunto + 1,3% punti percentuale contro + 1,2 punti percentuale relativi ai servizi di comunicazione e informazione. Le attività assicurative e finanziarie + 1,2 punti mentre solo le attività immobiliari tendono al basso con un -0,7 punti percentuale. Riguardo le società non finanziarie, la quota di profitto è pari al 41% mentre il tasso di investimento al 19,3%. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha segnato un aumento di crescita dello 0,9% sia in termini di potere d'acquisto che in valore nominale. I consumi nazionali aumentano dell'1,0% e le esportazioni di beni e servizi del 4,3%. In agricoltura, silvicoltura e pesca umenta il valore aggiunto del 3,7%. Palazzo Chigi tira un sospiro di sollievo nel constatare che da i conti economici nazionali pubblicati dall'Istat la pressione fiscale del 2015 sia rimasta invariata assestandosi al 43,4% cioè non ha subito variazioni dal 2014 rettificando e correggendo le stime di aprile scorso pari a 43,5% per il 2015 e a 43,6% per il 2014.




Irpef: taglio già in manovra ma dal 2018

di Angelo Barraco
 
Roma – Sul fronte Irpef sembra che le cose si stiano muovendo concretamente poiché per il 2018 scatterebbe il taglio, esattamente come l’Ires. Il nodo principale rimane quello delle coperture che sarebbero da individuare nella legge di bilancio per il 2017, anche se la riduzione delle tasse diventa operativa l’anno dopo. Il taglio è in agenda per il 2018 ma potrebbe essere già indicato poiché ogni manovra copre un arco temporale triennale. Per il taglio dell’Ires, che fu annunciato l’anno scorso, si è utilizzato lo stesso meccanismo e le risorse per coprire la riduzione sono state scontate a bilancio. Pier Carlo Padoan aveva già indicato questa possibilità a giugno, nella trasmissione Porta a Porta, dove ha confermato pochi giorni fa che non vi sono margini per anticipare l’azine al 2017 e aveva inoltre spiegato “possiamo in ogni legge di stabilita' decidere di far scattare da subito" tagli di tasse "oppure annunciare credibilmente un taglio di tasse che entrerà in vigore un po' più avanti”. Nel programma di Vespa il ministro Padoan ha sottolineato che “Molti capitali sono già rientrati” e  “Spero di poter recuperare un po' meno di 4 miliardi”. Ha aggiunto inoltre che “I contratti a livello aziendale devono essere sostenuti, sono fonte di crescita della produttività, della competitività e del reddito dei lavoratori” e in merito al suo rapporto con Renzi ha detto “La giacca non gliela tiro mai perché spesso quando ci vediamo non ce l'ha, ma posso citare lo stesso presidente del consiglio. Alla domanda se qualcuno gli ha fatto mai cambiare idea, ha detto che io l'ho convinto a far scendere il deficit anziché a farlo salire”. Investimenti, produttività, competitività sono quelli che secondo Padoan sono i pilastri che costituiscono la manovra del 2017 e l’obiettivo prioritario resta quello di ridurre la pressione fiscale. Il Governo pensa anche al Welfare e alle pensioni, puntando all’anticipo pensionistico di 3 anni e 7 mesi, che sarà gratis per le categorie che si trovano in difficoltà ovvero: disabili, disoccupati. Vi è la categorie dei precoci e usuranti, che avranno vantaggi nell’uscita dal lavoro; ricongiunzioni, lo stanziamento di nuovi fondi per la lotta al fenomeno della povertà, si pensa alla riproposizione del bonus bebè e garantire agevolazioni per il terzo e il quarto figlio. Il Governo inoltre ripete che non aumenteranno le tasse e che non scatteranno i 15 miliardi di euro di Iva; la manovra del 2016 ha inoltre previsto e finanziato il taglio dal 27,5% al 24% dell’Ires con 3 miliardi di euro. 
 
Renzi, nel maggio del 2016, scriveva su Twitter e Facebook il seguente post in merito all’Irpef “Abbiamo iniziato con gli 80 euro. L'ideale sarebbe ridurre le fasce Irpef, che sono cinque. Nel programma del centrosinistra 2013 c'erano due sole aliquote. Alla fine dovremo trovare il modo di avere quattrini su questo. Spero che riusciremo a farlo”. Un messaggio che il 10 settembre trova risposta nelle parole nel capogruppo di FI alla Camera Renato Brunetta “Tutti ricordiamo la determinazione con la quale Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e l'allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, vollero ad ogni costo questa legge elettorale. La disegnarono ad immagine e somiglianza del loro Partito democratico che aveva sfondato, alle elezioni europee, il muro del 40% grazie alla mancia propagandistica degli 80 euro. Tutti ricordiamo la storia dell'Italicum, le violenze inflitte al Parlamento, le sedute fiume e quelle notturne, le fiducie. Il governo ha imposto questa legge elettorale e l'ha sempre difesa a spada tratta. Adesso il premier mai eletto sembra aver cambiato idea, cambiato rotta. Da giorni fa dichiarazioni di apertura, alla sua minoranza interna al Pd, per modificare il sistema di voto. Povero Renzi. Davvero un uomo senza dignità. Sarebbe capace di qualunque giravolta pur di restare attaccato alla poltrona”. Il Codacons intanto preme sul fatto che il Governo deve impegnarsi nell’anticipare al 2017 la riduzione dell’Irpef e il presidente Carlo Rienzi commenta così la notizia “In un momento in cui i consumi delle famiglie sono moribondi, le vendite non ripartono, l’industria soffre e la fiducia degli italiani e delle imprese continua a calare, anticipare il taglio dell’Irpef al 2017 rappresenta l’unica scelta sensata, In tal modo si darebbe nuovo impulso alla domanda interna aiutando concretamente i cittadini, e si accelererebbe quella ripresa economica di cui si sono perse le tracce nel nostro paese. Le risorse possono essere trovate eliminando la pioggia di bonus voluta dal Premier Renzi, bonus e incentivi concessi spesso senza criterio, con provvedimenti utili al Governo sul fronte dell’immagine ma poco efficaci sotto il profilo economico e della ripresa”. Ma la politica di oggi è tanto presente quanto fastidiosa nella vita degli italiani come la carie ai denti, onnipresente come il mal di testa della sera dopo una giornata di duro lavoro e si fa sentire quando il popolo vorrebbe comodamente godere dei sacrifici ottenuti attraverso il duro lavoro. Ciò però non è possibile e allora le bocche che enunciano paroloni attraverso i bei salotti televisivi, decantando buoni propositi come fossero bombe in trincea, mirano al popolo che comodamente la domenica si raccoglie e fanno a gara a chi la spara più grossa, sperando di raccogliere consensi per portare l’acqua al proprio mulino. Le riduzioni, i tagli mirati alle agevolazione per favorire i cittadini, sono promesse da marinaio che fanno i politicanti di oggi ormai da tanti anni per anestetizzare un popolo passivo e incapace di reagire alle becere illusioni propinate senza ritegno come siringate di glucosio per raccattare voti e consensi alle elezioni.  Come dimenticare le solenni ed eclatanti promesse di Silvio Berlusconi risalenti al novembre 2004 in cui prometteva mari e monti in merito al taglio dell’Irpf “determinato a portare avanti il piano di riduzione delle tasse e, in particolare, dell'Irpef a partire dal 2005” e il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi puntualizzò quanto detto dal Cavaliere “Ho trovato Berlusconi molto sereno, ma anche determinato. È convinto di dover procedere nella direzione da sempre indicata: iniziare un percorso di diminuzione e di abbattimento della pressione fiscale a partire dal 2005 anche per quanto riguarda l'Irpef, per ridurre l'invadenza dello Stato e accrescere la libertà dei cittadini e delle famiglie”. Un paese dove le parole servono a poco e contano poco.