Alitalia, fondo Usa interessato alla compagnia

FIUMICINO (RM) – Il fondo statunitense Cerberus Capital Management ha manifestato ad Alitalia l’interesse di acquistare l’intera compagnia, ma non ha presentato alcuna offerta all’interno del bando di gara, considerando i termini dello stesso troppo restrittivi. Così si legge sul Financial Times online,secondo il quale il fondo Usa, al momento quindi fuori dalla contesa,sarebbe disposto ad acquistare Alitalia se questa venisse ristrutturata profondamente. Intanto Lufthansa conferma il suo interesse solo per una “nuova Alitalia”.

Il fondo Usa avrebbe presentato la sua proposta ai commissari giorni fa, intenzionata ad investire tra i 100 e i 400 milioni di dollari e questo al fine di ottenere il controllo di tutto il business sia per le attività di volo che per quelle di terra a patto di poter avviare una “ristrutturazione” seria di tutto il perimetro societario.

 




Imprese e internet: nasce la figura del digitalizzatore

Nel 2016 è nasce il progetto Crescere in Digitale. E’ un’iniziativa dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro, attuata da Unioncamere e Google per promuovere, attraverso l’acquisizione di competenze digitali, l’occupabilità di giovani che non studiano e non lavorano e investire sulle loro competenze per accompagnare le imprese nel mondo di Internet.

Si tratta di un’iniziativa volta al miglioramento delle condizioni economiche dell’Italia, che permette un incremento del proprio bagaglio culturale sommato alla crescita dello sviluppo economico del paese. Una bella opportunità, insomma, ma vediamo nello specifico cosa comprende questo percorso, cosa offre e a chi si rivolge in particolare: Si tratta di 50 ore di lezioni, esempi pratici e casi di studio su tutti gli aspetti di Internet per le imprese, a disposizione di tutti gli iscritti a Garanzia Giovani. Per le imprese che poi assumono i giovani tirocinanti è previsto un bonus fino a 12mila euro. Per aspirare al tirocinio è necessario essere iscritti a Garanzia Giovani e svolgere un corso di formazione a tema digital, che si chiude con un test. A conclusione del percorso formativo, i giovani che superano il test vengono selezionati per accedere ai laboratori sul territorio, coordinati da Unioncamere e dal sistema delle Camere di commercio. I laboratori, 29 in tutta Italia, sono organizzati secondo le disponibilità di tirocini offerti dalle imprese e la numerosità dei giovani che nelle diverse realtà territoriali hanno superato il test a conclusione del percorso formativo, su base provinciale o regionale e prevedono la partecipazione di 50 ragazzi a laboratorio.

Età media 25 anni, quasi la metà defli iscritti (47%) sono donne e il 54% proviene dal sud Italia. Qualora l’elenco dei potenziali partecipanti superi il numero di 50, viene predisposta una lista in ordine decrescente per punteggio. A parità di punteggio, vengono applicati i criteri di anzianità di iscrizione a Garanzia Giovani, anzianità anagrafica (avvantaggiando il meno giovane) e sesso (femminile). Nel corso dei laboratori si svolgono gli incontri con le imprese per i tirocini formativi, organizzati anche in collaborazione con il mondo delle associazioni di categoria. Il numero dei candidati selezionati complessivamente per gli stage non può superare il tetto dei 3mila tirocini fissati da Garanzia Giovani.
A ogni impresa, vengono associati tramite un sistema automatico cinque giovani tra quelli convocati, cioè i ragazzi che hanno ottenuto i punteggi più alti al test online e con le caratteristiche più vicine alla potenziale impresa ospitante. Di questi cinque ragazzi il team di Crescere in Digitale invia all’azienda i curricula e le schede di presentazione per una prima conoscenza del profilo dei ragazzi.

Durante i laboratori sul territorio le imprese raccontano brevemente ai giovani la propria attività, con specifico riferimento al web, ed effettuano i cinque colloqui conoscitivi. Le aziende dopo i colloqui possono indicare tre preferenze. Quelle che non prendono parte al laboratorio e conoscere i candidati di persona, possono comunque ospitare un tirocinante, indicando le proprie preferenze sulla base dei curricula condivisi. Sono 2253 le imprese che hanno dato la disponibulità a ospitare tirocinanti.
In questo momento, dopo i laboratori e i test, sta partendo con gli stage la terza fase. Nel corso degli stage i tirocinanti dovranno necessariamente svolgere attività digitali, durante le quali lo stagista non è mai abbandonato a se stesso ma supportato da un team. I ragazzi sono infatti assistiti da una community online e da un tutor presso la Camera di Commercio, proprio per aiutare nel digitale anche le imprese più piccole.

Al di là del rimborso spese e della rilevanza dell’esperienza formativa ci sono in concreto prospettive di assunzione? C’è il bonus per le imprese che assumono ma non si hanno dati concreti sulle intenzioni delle aziende, fermo restando che il percorso si ripaga con il bagaglio di conoscenze che offre. In caso di successiva assunzione del tirocinante, infatti, le aziende possono beneficiare di incentivi fino a un massimo di 12mila euro. Sarà ora interessante seguire gli sviluppi dei percorsi formativi dei partecipanti al progetto per valutare quante imprese avranno poi successivamente inserito e fornito una concreta opportunità lavorativa ai tirocinanti.

Giulia Ventura




Ospedali, spesa farmaceutica: un ‘buco’ di quasi un miliardo di euro

Oltre al degrado più volte denunciato nelle strutture sanitarie e nei vari ospedali del paese, nulla togliendo ai dipendenti, che costretti a lavorare in condizioni davvero disagiate riescono a salvare migliaia di vite umane, c’è un altro grande problema che circonda il settore. E’ sempre in profondo rosso la spesa per l’acquisto di medicinali da parte delle strutture sanitarie pubbliche. Al netto di quella per vaccini e farmaci a carico del cittadino, nel periodo gennaio-giugno di quest’anno si è attestata a 5.714 milioni di euro (il 10,2% del Fondo sanitario nazionale), con uno scostamento rispetto al tetto del 6,89% pari a ben 966 milioni di euro.

 

Quasi un miliardo di disavanzo, dunque, secondo il monitoraggio dell’Aifa sulla spesa farmaceutica gennaio-giugno 2017. Nessuna regione rispetta il tetto per la spesa ospedaliera. Differente è l’andamento della spesa farmaceutica convenzionata a carico del Ssn che – al netto degli sconti, della compartecipazione dei cittadini (ticket regionali e differenza dal prezzo di riferimento) e del pay-back 1,83% versato alle Regioni dalle aziende farmaceutiche – si è attestata a quota 4.220 milioni di euro. Rispetto all’anno precedente, si registra un aumento di 35 mln (+0,8%), ma diminuiscono i consumi, espressi in numero di ricette (299 milioni), dello 0,5% e l’incidenza del ticket, -1%. In particolare, rispetto al tetto programmato per la farmaceutica convenzionata si registra un avanzo di 44,8 milioni di euro. Infine, la spesa per i farmaci che rientrano nel Fondo per gli innovativi, oncologici e non, pari a 500 mln di euro. Per gli innovativi non anti-cancro sono stati spesi, al netto del pay-back, poco più di 371 milioni: rispetto al Fondo si è sforato per circa 120 mln. Per i medicinali innovativi oncologici la spesa ha superato quota 187 milioni di euro. Rispetto al Fondo restano 62 mln non utilizzati.

Marco Staffiero




Pubblica amministrazione: debiti pari al 3% del prodotto interno lordo

Sul fronte debiti altri dati negativi per il nostro paese. Sul lavoro, oltre i vari lanci pubblicitari dei singoli politici, rimane preoccupante la piaga della disoccupazione giovanile e non. Rimane impossibile uscire da una crisi economica di queste proporzioni quando non si vuole e non si riesce per mancanza di uomini e idee a fare risollevare il bel paese. “L’Italia ha il record negativo in Europa per il maggiore debito commerciale della Pa verso le imprese fornitrici di beni e servizi, pari a 3 punti di Pil, vale a dire il doppio rispetto alla media Ue dell’1,4% del Pil. E nonostante si siano accorciati a 58 giorni i tempi medi di pagamento degli Enti pubblici, in molte aree del Paese rimangono ritardi allarmanti superiori a 100 giorni”. Lo sostiene una analisi di Confartigianato sui pagamenti nel 2016 di 6.547 amministrazioni pubbliche per una somma di 115,4 miliardi riferiti a 23,7 milioni di fatture emesse dai fornitori.

 

In generale, il 61,9% degli Enti pubblici non rispetta i termini fissati dalla legge sui tempi di pagamento in vigore dal 2013. A farsi attendere oltre i 30 giorni è il 64,8% dei Comuni e il 54,5% degli altri Enti pubblici. Per quanto riguarda il servizio sanitario nazionale, il 46,9% degli enti non salda le fatture entro il termine dei 60 giorni stabiliti dalla legge. Sfuggono ai termini di legge anche gli Enti pubblici che gestiscono imposte e contributi: Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Equitalia, Guardia di finanza, Inps e Inail, pagano in media i loro fornitori in 50 giorni, con picchi di 91 giorni per Agenzia del Demanio e 69 giorni per la Guardia di Finanza. A livello regionale i maggiori ritardi si registrano in Molise, dove la Pa paga i propri fornitori in 107 giorni. Seguono la Calabria con 98 giorni, la Campania con 83 giorni, la Toscana con 81 giorni e il Piemonte con 80 giorni.

 

Sul fronte opposto, la regione più virtuosa è la Provincia autonoma di Bolzano dove gli Enti pubblici impiegano 36 giorni per onorare i loro debiti. Secondo posto per il Friuli Venezia Giulia con 39 giorni, seguita dalla Valle d’Aosta con 41 giorni, Lombardia con 43 giorni, Veneto e Provincia autonoma di Trento a pari merito con 47 giorni. Per quanto riguarda le province, gli imprenditori subiscono i peggiori ritardi a Catanzaro con 111 giorni di attesa. Non va meglio a Vibo Valentia dove bisogna aspettare in media 110 giorni, e a Campobasso dove gli enti pubblici pagano le fatture in 109 giorni. Seguono Benevento e Reggio Calabria con 105 giorni. In vetta alla classifica delle province in cui tutti gli Enti pubblici rispettano i termini di legge per pagare i fornitori vi sono Mantova e Sondrio, entrambe con una media di 25 giorni. Seguono Gorizia con 31 giorni, Brescia con 32 giorni, e Trieste con 33 giorni.“Nonostante i miglioramenti ottenuti anche con le continue iniziative di Confartigianato – sottolinea il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – c’è ancora molto da fare per garantire alle imprese il diritto ad essere pagate nei tempi stabiliti per legge. La soluzione è semplice e Confartigianato la indica da tempo: si tratta di applicare la compensazione diretta e universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori verso la Pa”.

Marco Staffiero




Sepolture ecologiche: il Nemus Aricinum ispira la start-up del Bosco sacro

Il bosco sacro è un luogo di culto caratteristico delle antiche religioni europee, ad esempio di quella romana, greca, celtica, germanica. I Romani davano ai boschi sacri il nome latino di Lucus o Nemus distinguendoli dai boschi privi di valore sacrale che venivano chiamati Silva. Nell’Italia centrale, la cittadina odierna di Nemi, in provincia di Roma nel cuore dei Castelli Romani, richiama nel nome il Nemus Aricinum (“bosco di Ariccia”), antica sede del santuario di Diana Nemorensis. Oggi la start-up di 4 giovani trae ispirazione proprio dagli antichi culti sopra citati e gli intraprendenti ragazzi, grazie al progetto “Boschi Vivi”, si propongono di offrire un’alternativa alle classiche sepolture nel cimitero a cui siamo abituati. Avviato il crowdfunding (la piattaforma per finanziare progetti creativi e innovativi rivolti alla comunità) per raccogliere 10 mila euro di fondi per questo progetto, chiunque può versare la cifra che crede per la messa in opera del Bosco Vivo.

 

E’ già possibile acquistare un posto per il proprio animale domestico o anche per tutta la famiglia, ed i prezzi non hanno nulla da invidiare a quelli dei classici loculi cimiteriali. L’interramento può costare dai 400 ai 3 mila euro, la cifra è resa variabile dal numero di posti per albero che vengono richiesti. Al momento la start-up sta riscuotendo molto successo, essendo stata lanciata da soli 5 giorni, si sono già raccolti quasi 3 mila euro provenienti da ogni parte del mondo.

Niente più lapidi di marmo e fiori di plastica. Per ricordare il nostro caro che non c’è più, faremo visita ad un albero ai cui piedi sono state interrate le sue ceneri. Il defunto rientrerà così a pieno nel ciclo della natura. In Italia alcune aree boschive acquisteranno una speciale sacralità, la prima a rientrare in questo progetto è proprio la Liguria, precisamente a Genova. Il bosco, spiegano i ragazzi ideatori del progetto, si configura come luogo di pace e raccoglimento per eccellenza, atto a dimostrare il fluire della vita lenendo con dolcezza il dolore della perdita: non sono previsti grossi cambiamenti all’ambiente naturale se non per le targhe commemorative. Gli interessati verranno accompagnati in una visita che porterà poi alla scelta dell’albero: l’esemplare potrà essere dedicato ad un’unica famiglia ma sono previsti anche posti “in comunità”, in coppia (albero partner) e quelli dedicati agli amici animali. Una cerimonia suggellerà l’interramento delle ceneri.

L’idea, sicuramente ben strutturata, potrebbe essere un’ancora di salvezza per i molti che desidererebbero, dopo la morte, di poter continuare a fluire nella natura, diventando vita anche nel momento il cui la vita, inevitabilmente termina.

 

Inoltre i vantaggi dell’idea di questa sepoltura ecologica, che già esiste come realtà all’estero, sono tanti: la cooperativa di Boschi Vivi prende in gestione da privati o amministrazioni pubbliche un’area boschiva in stato di abbandono e la ripristina, rendendola fruibile per la comunità grazie alla manutenzione dei sentieri e delle alberature, rientrando poi dei costi grazie ai proventi delle sepolture. Come indicato sul sito, “i prezzi dipendono dal diametro del tronco, dalla posizione e grado di accessibilità dell’albero.”

Giulia Ventura




Italia, Ocse: uno dei paesi con popolazione più vecchia. E nel 2050 sarà peggio

L’Italia è uno dei paesi più vecchi dell’Ocse ma sarà ancora più vecchio nei prossimi anni arrivando nel 2050 ad avere, ogni 100 persone che hanno tra i 20 e i 64 anni, altre 74 over 65. Lo scrive l’Ocse nel suo Rapporto “Preventing Ageing Unequally”pubblicato oggi. L’Ocse segnala che i giovani italiani sempre di più sono intrappolati in lavori “non standard” e trovano difficoltà ad avere un lavoro stabile nel mercato.

Il tasso di occupazione tra le persone tra i 55 e i 64 anni è cresciuto di 23 punti tra il 2000 e il 2016 mentre quello dei giovani è diminuito di 11 punti. I redditi di coloro che hanno tra i 60 e i 64 anni in Italia negli ultimi 30 anni sono cresciuti in media del 25% in più rispetto alla fascia di età tra i 30 e i 34 anni a fronte di un gap medio nei paesi Ocse nello stesso periodo del 13%. La povertà relativa in Italia è cresciuta per le generazioni giovani mentre è diminuita per gli anziani.

Già oggi la partecipazione delle persone anziane al mercato del lavoro è maggiore rispetto a quanto avveniva in passato. Tuttavia, continua l’Ocse, non è chiaro se questa tendenza continuerà in futuro. I tassi di occupazione dei giovani sono calati in maniera brusca: -11 per cento. Inoltre, a partire dalla metà degli anni Ottanta, i redditi delle persone tra 60-64 anni sono cresciuti del 25% in più rispetto a quelli percepiti dalle persone con un’età compresa tra i 30 e i 34 anni (contro un aumento media nei paesi Ocse del 13%). Infine, i tassi di povertà relativi sono aumentati per i gruppi di età più giovane, mentre sono calati bruscamente tra le persone anziane.




Ludopatia: l’ennesimo paradosso dello Stato italiano

Il nero in Italia è ovunque. Anche nel gioco d’azzardo. E lo Stato resta a guardare. Nessuno si è filato l’allarme lanciato sui giochi fuori controllo. Una barcata di soldi tirati fuori da Snai, l’associazione di categoria che raggruppa la maggior parte degli operatori nel settore delle scommesse ippiche e sportive, per gridare invano aiuto al governo. Ora, premesso che il gioco d’azzardo non ha ragione di esistere, è un cancro che distrugge uomini, donne, troppe famiglie, che per di più è causato direttamente da chi dovrebbe tutelare il nostro benessere, cioè lo Stato, che è raccapricciante perfino provare a difendere chi lo pratica in modo legale, la realtà non può essere ignorata. Soprattutto quando si tratta di mercato nero, un cancro nel cancro dell’azzardo. Maurizio Ughi, amministratore di Snai servizi, firmatario dell’sos, scrive a caratteri cubitali che “esiste una rete in forte espansione da circa un decennio che vende giochi e scommesse senza autorizzazione dello Stato italiano”.

 

Non fa mai male rispolverare la diagnosi del cancro. Il gioco d’azzardo ha un giro d’affari di 90 miliardi di euro. Quello illegale ne fattura dieci. È la terza impresa del Paese e non conosce crisi. Sono 800 mila i giocatori dipendenti e 2 milioni quelli a rischio. Per la patologia, inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), lo Stato non ha mai sborsato un centesimo. Lo Stato (che non è mai stato) ci deve delle spiegazioni. Dispiace sapere che a Milano il Tar ha dato torto al Comune, che saggiamente aveva stabilito orari limitati per le sale slot, dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 (che è già un lasso di tempo mostruoso per concedere alla gente di buttare via soldi e cervello). Dispiace anche che il Tar abbia deciso lo stesso a Pavia, altra amministrazione che aveva ridotto l’attività delle macchinette. E dico grazie a quei sindaci che lottano contro la ludopatia. Come quello di Sori (Genova), che ha proposto di scontare del 10 per cento la tassa sui rifiuti ai gestori che eliminano le slot dai locali. Quello di San Giorgio (Mantova), che ha annunciato di toglierle dai centri sportivi. Grazie anche a tutti quelli che aderiscono alla campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, al Movimento “No slot” , a Senzaslot.it (i bar senza slot) e a tutte le altre iniziative nate per contrastare il gioco pericoloso.

 

Assodato è che il gioco d’azzardo, prodotto dallo Stato, viene anche curato dallo stesso con campagne sul divieto di gioco per i minori. È lecito, dunque, pensare che ci sia una contraddizione tra la legalizzazione del gioco d’azzardo e la necessità di tutela e cura per chi si ammalasse di ludopatia? Sembra proprio di sì. Da una parte l’amministrazione centrale non sembra disposta a rinunciare agli introiti che derivano dal giro d’affari di lotterie, “macchinette” e giochi on-line. Dall’altro non può neppure abbandonare a se stesse le vittime di questo meccanismo perverso.

 

Il che è un po’ come dire che lo Stato combatte un nemico che si crea da solo. Infatti il fenomeno non è sempre esistito in queste proporzioni. L’allarme sociale per la ludopatia è un fatto recente. Quindi, si tratta di capire cosa è accaduto negli ultimi anni. Perché la pratica dell’“azzardo”, dapprima sopportata e contrastata, a poco a poco è stata assunta tra le attività promosse e controllate dal settore pubblico? Pare ci sia quasi stato una sorta di cambiamento culturale.

 

Fino ai primi anni ‘90, infatti, il monopolio pubblico del gioco d’azzardo in Italia ha sempre cercato di regolare e “contenere” il fenomeno. Poi è qualcosa è cambiato. La metamorfosi è iniziata con il moltiplicarsi delle incarnazioni dei giochi ufficiali, come il Lotto, con l’espandersi delle scommesse sportive e con il diluvio di lotterie istantanee, “Gratta e Vinci”, “Win for life” e così via. Tutte proposte ben accompagnate da pubblicità accattivanti, che invece di scoraggiare al vizio, da anni invitano gli italiani a sprecare i propri soldi nell’illusione di «vincere facile».
Una propaganda che in un ventennio ha segnato in maniera massiccia la cultura popolare italiana. Ad oggi circa la metà della popolazione è composta di giocatori abituali. Basta passare pochi minuti in un bar, in una tabaccheria, in un autogrill, per rendersi conto di quanto sia diffusa l’abitudine al gioco. Evidentemente, lo Stato considera i prelievi sui giochi una sorta di irrinunciabile “bancomat”, cui ricorrere per fare cassa, e i problemi che ne derivano un inevitabile insieme di effetti collaterali.

 

Un discorso che vale anche per altre deplorevoli dipendenze, come ad esempio quella da nicotina. Ma nel caso delle sigarette, lo Stato vieta la pubblicità. Anzi, da qualche anno ha varato norme stringenti per i fumatori e avviato vere e proprie campagne di contrasto del fenomeno. Se il fumo fa male, non si può dire «fuma responsabilmente». Da un po’ di tempo, invece, alla fine degli spot sui giochi c’è proprio un ipocrita invito alla responsabilità. Quasi che lo Stato voglia pulire la propria cattiva coscienza lasciando ogni colpa al singolo giocatore.È come se dicesse: «se dai retta al mio autorevole e attraente invito a farti male, a perdere la tua salute e il tuo denaro, la responsabilità è solo tua». Comodo vero?

Per meglio comprendere la situazione attuale, analizziamo uno dei giochi più frequenti e che attirano sempre più consumatori grazie alle grafiche accattivanti e all’elevato numero di premi “bassi”: I gratta e vinci, da cui ne deriva anche la pubblicità il quale inno è: “Ti piace vincere facile?” , ebbene sarà davvero così facile?

Il Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, riporta all’articolo 7 una serie di “Disposizioni in materia di vendita di prodotti del tabacco, misure di prevenzione per contrastare la ludopatia e per l’attività sportiva non agonistica”. Nello specifico, al comma 4 bis, dispone che “La pubblicità dei giochi che prevedono vincite in denaro deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco pubblicizzato. Qualora la stessa percentuale non sia definibile, e’ indicata la percentuale storica per giochi similari.”
Probabilità media di vincita delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea, cosiddette “Gratta e Vinci”: 1 su 3,53. Il valore complessivo medio della restituzione in vincite può raggiungere il 75% dell’incasso. La probabilità di vincita è riferita al numero di biglietti vincenti uno o più premi, tra quelli individuati con i decreti di indizione delle lotterie, rapportato al numero complessivo di biglietti costituenti i lotti prodotti e immessi sul mercato per la vendita, anch’esso definito nei medesimi decreti di indizione delle lotterie. Il numero dei premi non coincide con il numero di biglietti vincenti: ciascun biglietto vincente può contenere uno o più premi.

Dopo questi cenni noi de L’Osservatore d’Italia abbiamo voluto capirne di più provando a chiedere una percentuale di vincite fatte con i Gratta e Vinci, presso una rivendita di tabacchi del centro storico di Potenza, in Basilicata, prendendo in esame i biglietti le quali vincite sono state riscosse in una settimana. Nel dettaglio, raggruppando i tagliandi principali e più venduti, in base al prezzo di vendita, abbiamo ottenuto questi risultati:
20 euro: 1 vincente ogni 2,9 tagliandi;
10 euro: 1 vincente ogni 3,4 tagliandi;
5 euro: 1 vincente ogni 3,9 tagliandi;
3 euro: 1 vincente ogni 4,2 tagliandi;
2 euro: 1 vincente ogni 4,6 tagliandi;
1 euro: 1 vincente ogni 4,9 tagliandi;

Naturalmente la quantità di tagliandi vincenti non è significativa o comunque utilizzabile per determinare una media delle quote dei premi ridistribuiti con i tagliandi vincenti stessi, in quanto frequentemente si sono presentate vincite multiple su alcuni tagliandi. Dopotutto lo scopo del nostro studio (sia sempre chiaro questo concetto) non è quello di stabilire quanto si vince, ma le reali percentuali di probabilità di vincita che si avrebbero comprando un tagliando al giorno e spiegando perché anche in questo caso “Il gioco non vale la candela”. Qualitativamente parlando, il tipo e la quantità di premi presenti su ogni tagliando vincente, per ogni serie di tagliandi, è prestabilito in base al montepremi predeterminato al tipo ed alla serie del tagliando stesso (montepremi = introiti totali di vendita esclusa la quota da riferire a tutte le voci detrattive, cioè AAMS (Azienda Autonoma Monopoli di Stato), costi di organizzazione, produzione e distribuzione, guadagno rivenditori) , ragion per cui è chiaro il fatto che l’incasso dello Stato non sarà mai uguale o inferiore rispetto all’incasso del singolo giocatore.

E’ conveniente fare questo tipo di gioco? Assolutamente no, perchè questo metodo infatti garantisce la vincita con elevate percentuali di riuscita, ma non l’attivo economico, in quanto comprare 5 gratta e vinci da 20 euro comporta una spesa di ben 100 euro, ma il tagliando vincente potrebbe essere di una somma nettamente inferiore, anche di 20 euro soltanto, ed alla fine vi trovereste ad avere speso 100 euro per ottenere una vincita di soli 20 euro. Lo Stato, infatti, prende sempre di più di quello che da, finendo in uno dei conflitti d’interesse più importante della storia, insieme al fenomeno del tabagismo.

Giulia Ventura




Premafin, accusato di manipolazione del mercato: chiesti 5 anni per Ligresti

MILANO – Cinque anni di carcere e una multa di 100 mila euro è la richiesta di condanna avanzata oggi al Tribunale dalla Procura di Milano per Salvatore Ligresti, imputato per manipolazione del mercato sui titoli Premafin. Il pm Giordano Baggio ha anche proposto 3 anni e 63 mila euro di multa per ciascuno dei due coimputati dell’ex immobiliarista, Giancarlo de Filippo e Niccolò Lucchini e la confisca di tutte le azioni UnipolSai sequestrate su conti esteri nel corso delle indagini.

Il processo riguarda una serie di operazioni effettuate da due trust esteri su titoli Premafin (la holding attraverso la quale la famiglia Ligresti controllava Fondiaria-Sai), realizzate nel periodo tra il 2 novembre 2009 e il 16 settembre 2010, e che sarebbero state finalizzate a tenere alto il prezzo dei titoli della società all’epoca dei fatti quotata.

La Consob, parte civile, nel procedimento ha chiesto la condanna degli imputati a pagare una multa di 96mila euro.

Secondo l’ipotesi accusatoria, Ligresti aveva tutto l’interesse a mantenere alto il prezzo delle azioni Premafin in quanto erano gli asset che le holding della famiglia, Imco S sinergia, avevano dato come garanzia per i loro debiti. Inoltre, l’ingegnere di Paternò non voleva correre il rischio di vedere diluita la sua quota in Premafin per non perderne il controllo. Premafin, ha ricordato il pm in requisitoria, doveva fare un aumento di capitale e, secondo la ricostruzione della procura, con il valore più alto dei titoli, ci sarebbe stata una minore emissione di nuovi titoli e quindi un minore rischio di diluzione per gli azionisti.

Al centro del processo, iniziato dal pm Luigi Orsi prima del suo trasferimento a Roma in Cassazione, ci sono le operazioni realizzate attraverso due trust con sede alle Bahamas, dietro i quali per la Consob c’era sempre Salvatore Ligresti. Giancarlo de Filippo risulta essere il trustee del fondo Heritage e l’asset manager dell’altro veicolo coinvolto, The ever green security trust, mentre Lucchini è imputato in quanto considerato colui che ha ricevuto il mandato a operare sul titolo Premafin.




Palermo, evasione tributaria: al via i primi pignoramenti

PALERMO – Il Comune di Palermo invia a Riscossione Sicilia la prima lista di contribuenti non in regola con il pagamento dei tributi comunali, aggiungendo un ulteriore strumento per il contrasto dell’evasione tributaria, causa di gravi danni ai servizi. I dettagli del provvedimento sono stati illustrati stamani, a Palazzo delle Aquile, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il Sindaco Leoluca Orlando, l’Assessore ai Tributi, Antonino Gentile ed i funzionari di Riscossione Sicilia: Salvo Bisconti, dell’’Ufficio Pianificazione Territoriale e Grandi evasori della Direzione Generale ed Antonio Di Martino, Direttore della sede di Palermo e Trapani.

 

lista evasori

 

LA PRIMA FASE

Sono state individuate n.109.779 utenze domestiche e n. 34.439 utenze non domestiche che non hanno pagato la tari 2016. Inoltre sono state scoperti 635.000 mq di superficie non dichiarata ai fini TARI e 10799 immobili non dichiarati ai fini IMU. Sono in corso di notifica i relativi avvisi di accertamento.

 

LA SECONDA FASE

In parallelo è stato completato il pacchetto di regolamenti tributari ora sottoposto all’approvazione del Consiglio comunale finalizzato a facilitare i pagamenti e ad agevolare la regolarizzazione della propria posizione tributaria.
Un primo regolamento prevede che la tari del 2018 non sarà pagata in due rate ma in quattro (febbraio, aprile, settembre e novembre). Un secondo regolamento consente a coloro che hanno ricevuto avvisi di accertamento di pagare i debiti pregressi in 12 mesi (per debiti da 1000 a 5000 euro), in 24 mesi ( per debiti da 5001 a 15000 euro) e in 36 mesi (per debiti superiori a 15000 euro). Un terzo regolamento ha esteso il ravvedimento operoso da 1 a 5 anni. Se il contribuente non ha ancora ricevuto un avviso di accertamento può ravvedersi pagando una sanzione ridotta. Ad esempio, se un contribuente, pur in presenza di una dichiarazione regolarmente presentata, non ha pagato la Tari 2014 di 400 euro può pagarla ora con una sanzione di 20 euro anziché di 120 euro (il 5% anziché il 30%). Se un contribuente non ha presentato la dichiarazione tari 2015 può presentarla con una riduzione della sanzione dal 100% al 16,65%.

 

LA TERZA FASE

Per coloro che non hanno pagato né attraverso il modello F24 precompilato inviato a casa né a seguito della notifica di avvisi di accertamento né a seguito di iscrizione nei ruoli coattivi con la notifica di cartella esattoriale scattano i pignoramenti. Sono stati individuati migliaia di soggetti percettori di canoni di locazione, percettori di redditi da sostituti d’imposta e titolari di conti correnti. L’operazione sarà graduale. Oggi saranno consegnate tre liste: una prima lista di n. 502 contribuenti proprietari di immobili locati percettori di elevati canoni di locazione e complessivamente debitori di 18 milioni 475 mila euro; una seconda lista di n. 4951 titolari di conti correnti complessivamente debitori di 50 milioni 588 mila euro; una terza lista di n. 5243 percettori di redditi da sostituti d’imposta complessivamente debitori di 9 milioni 124 mila euro.

“Sappiamo bene che la conoscenza è potere – ha premesso Orlando – questo passaggio all’azione arriva dopo una lunga fase di studio e approfondimento. Non è un’azione repressiva: poiché stiamo dando tantissime possibilità agevolate a chi vuole mettersi in regola con i pagamenti. E’ necessario mettere in sicurezza la Rap, non solo consentendo all’azienda di pagare i dipendenti, ma mettendola nelle condizioni di offrire un servizio migliore per tutta la città.

Fare in modo che paghino tutti – ha continuato il Sindaco – per far sì che tutti paghino di meno e i servizi siano migliori. Non è solo uno slogan, ma l’impegno concreto dell’Amministrazione comunale per far sì che si riduca drasticamente il gravissimo fenomeno dell’evasione tributaria, una delle principali cause delle difficoltà a garantire servizi efficienti ed efficaci soprattutto sul fronte della pulizia e del decoro.

Se da un lato pagare le tasse è un dovere per tutti, sanzionare chi non le paga è un diritto che l’amministrazione deve tutelare e garantire proprio a chi fa fino in fondo il proprio dovere. Ovviamente non vogliamo e non possiamo assecondare stereotipi né stigmatizzazione di questa o quella categoria produttiva, ma è ovvio che il Comune, a tutela proprio di chi fra i privati cittadini e le imprese fa il proprio dovere, deve fare tutto quanto è nelle proprie possibilità per recuperare le somme non versate ed anche educare ad un nuovo rapporto col sistema tributario.

Abbiamo moltissimi operatori della città – ha continuato il Sindaco – che legittimamente rivendicano un miglior funzionamento delle Aziende, in particolare della RAP, ma poi sono in larga misura coloro che evadono la TARI o non pagano alle scadenze dovute, mettendo in crisi di liquidità l’intera Amministrazione comunale e, soprattutto, l’azienda di igiene ambientale, che deve far fronte ai propri compiti esclusivamente con i prelievi della TARI. Quindi diventa un circolo vizioso di chi non paga e inquina e poi protesta e continua a non pagare. Abbiamo adesso un piano organico di intervento, con la collaborazione di Riscossione Sicilia, perché vogliamo affrontare questo tema, non dicendo “dipende da qualcun altro”, ma insieme abbiamo trovato un percorso che sicuramente servirà a colpire coloro che non hanno pagato e non vogliono pagare e ad aiutare in tutti i modi coloro i quali che, pur non avendo pagato, intendono pagare.

 

Iniziamo con un primo gruppo di 502 soggetti grandi evasori, titolari di contratti di locazione con introiti pari ad oltre cinquanta milioni di euro, che evadono 18 milioni di euro di TARI. Nei confronti di questi soggetti, che sono prevalentemente percettori di canoni di locazione e non pagano la TARI, provvediamo con uno strumento previsto dalla legge, d’intesa con Riscossione Sicilia: il pignoramento presso terzi. L’inquilino riceverà una comunicazione di pagare non più al proprietario dell’immobile, ma direttamente al Comune”.

 

“Con la consegna a Riscossione Sicilia degli elenchi dei morosi recidivi per effettuare i pignoramenti – dichiara l’Assessore Gentile – si completa il piano d’azione programmato. Potremmo chiamarla ” l’operazione triangolo”. Il primo lato è costituito dall’analisi della morosità in città; il secondo dal pacchetto di regolamenti tributari per facilitare i pagamenti e il ravvedimento operoso; il terzo è quello dei pignoramenti. Va precisato che l’azione di pignoramento sarà diretta verso chi non ha pagato spontaneamente né dopo la notifica dell’avviso di accertamento, né dopo la notifica della cartella esattoriale pur essendo titolare di crediti spesso più elevati dei debiti tributari. E’ il completamento di un’operazione necessaria per il benessere comune e a tutela dei tanti cittadini che assolvono i propri obblighi tributari. Un grazie a Riscossione Sicilia per la forte collaborazione che ha assicurato al Comune”.

“Infine – preannunciano Orlando e Gentile – agli esercenti in regola verrà inviata una “Attestazione di regolarità fiscale”, una sorta di bollino che si potrà affiggere nelle vetrine. Ulteriori provvedimenti sono al vaglio del Consiglio comunale, come revocare l’autorizzazione all’uso del suolo pubblico a chi non ha pagato Tari e Tosap”.

“Ringraziamo il Comune – dicono Bisconti e Di Martino – per averci invitato. L’intento non è quello di opprimere e vessare i cittadini, che metteremo nelle condizioni di pagare, utilizzando gli strumenti che le normative vigenti ci permettono, quali la rateizzazione o la compensazione con i crediti vantati con gli enti locali. Solo successivamente, verranno attivate tutte le azioni esecutive e cautelari previste dalla legge per garantire il credito del Comune, a seconda delle fasce di debito: fermo amministrativo, pignoramento presso terzi, ipoteca e pignoramento”.




Machine learning: ecco i settori a rischio scomparsa

Nel panorama argomentativo riguardante la scena italiana, si parla sempre meno di disoccupazione tecnologica, quel fenomeno su cui sociologi ed economisti di fama internazionale intervengono, perorando la tesi che l’epoca digitale distrugga posti di lavoro dalle vecchie tradizioni, per crearne nuovi, sempre più competitivi e al passo con i tempi. Non è cosa nuova che l’automazione riesca a reggere il confronto con il lavoro manuale, anche se con caratteristiche diverse, pare sia la nuova risorsa del futuro per avere risultati accettabili con un dispendio economico di molto inferiore a quello tradizionale. Il Financial Times, giornale di fama mondiale, svela i risultati di un’inchiesta durata più di due anni e pubblicata solo all’inizio di questo mese, che metterebbe a rischio nuove professioni, fino ad ora, fuori dalla crisi.

 

Secondo il quotidiano inglese entro vent’anni, ben cinque settori saranno devastati dall’innovazione tecnologica, vediamo quali:

Unica “non sorpresa” riguarda le agenzie di viaggio, già dimezzate per l’avvento di internet e delle sue piattaforme che propongono l’acquisto di biglietti aerei a prezzi stracciati ed offerte per soggiorni da sogno alla portata di tutti. Pare che la situazione s’aggraverà ulteriormente, la tecnologia colpirà anche i grandi Tour Operator che vendono pacchetti turistici tramite le agenzie, portando alla chiusura di queste ultime.

Destinati a scomparire anche i produttori di componenti industriali, presto sostituiti dalle stampanti 3D. Rischiano di perdere il 60% del mercato in 10 anni a causa dell’avvento del digitale, importante campanello d’allarme per il Made in Italy, in quanto gran parte del suo introito deriva dalla produzione di componenti meccaniche di utilizzo industriale.

Avremo anche un drastico calo dei meccanici, professione già in calo per via dell’introduzione di componenti elettroniche anche sulle auto utilitarie, una professione che,pare, vedremo sfumare con l’ avvento delle auto elettriche, le quali diminuiranno la manutenzione per il 90% a causa della loro maggiore affidabilità rispetto al motore a scoppio.

Diremo addio ad i venditori di polizze RC auto, grazie alle vetture senza conducente, il rischio di incidenti sarà marginalmente pari allo zero,In fase di test la Google car a guida automatica in sei anni ha registrato solamente 11 incidenti stradali lievi in 2,7 milioni di chilometri percorsi. Un dato praticamente impossibile per un essere umano. Senza le RC auto spariranno i venditori di polizze ma anche un gran numero di addetti impiegati nel settore.

Gli algoritmi prenderanno il posto dei consulenti finanziari, i calcoli economici saranno affidati del tutto a piattaforme online in grado di utilizzare algoritmi per avere una corrispondenza tra previsione e guadagno futuro. In Italia abbiamo già realtà simili (Money Farm) che costituiscono una start up innovativa ed invidiata da molti paesi membri dell’Unione Europea.

 

La rivoluzione digitale sta dunque prendendo sempre più piede e anche in Europa e più nello specifico, in Italia, c’è il rischio che le machine learning, ovvero la capacità dei computer di apprendere anche senza essere stati specificamente programmati, possa finire con il mettere a rischio anche professioni intellettuali fino ad ora risparmiate dall’avvento tecnologico.

Giulia Ventura




Tusa, professione biologo: Sammataro mette in cantiere una sede dell’A.I.S.S.B

TUSA (ME) – Nei giorni scorsi è stato eletto il Presidente dell’Associazione A.I.S.S.B. (acronimo che sta per Associazione Italiana Studenti di Scienze Biologiche), per la provincia di Messina in poche parole una associazione tra coloro che aspirano a diventare un giorno, biologi. Ad essere eletto è stato il giovane dottor Domenico Sammataro, di Tusa, cittadina in provincia di Messina, il quale, tra le sue prime iniziative ha in cantiere di aprire proprio nel suo paese una sede dell’A.I.S.S.B. in modo da promuovere in questa zona periferica della Sicilia, spesso dimenticata da tutte le istituzioni, la figura del biologo e suscitare in tanti giovani l’interesse per una professione che potrebbe aprire le porte per un futuro professionale roseo senza il bisogno di allontanarsi dalla propria terra.

L’associazione, di natura privatistica e senza fini di lucro, è nata nel 1999 a Palermo ed ha sede presso la facoltà di scienze dell’ateneo palermitano. Il Presidente è il dottor Vito Buffa.

Gli scopi dell’associazione sono:
1. Promuovere relazioni tra i Corsi di Laurea in Scienze Biologiche delle università italiane e tra queste e le Università straniere attraverso lo scambio d’idee, esperienze e informazioni riguardanti la formazione accademica ed i risvolti sociali della professione biologica;
2. Suscitare interesse negli studenti di biologia nei confronti della ricerca scientifica e del progresso che da essa deriva;
3. Migliorare la professionalità degli studenti stessi;

L’associazione realizza progetti finalizzati a fare conoscere ai giovani studenti le peculiarità della professione del biologo nelle sue varie articolazioni e figure professionali derivate, come ad esempio biologi molecolari, genetisti, biologi clinici. Sono tante le iniziative messe in atto dall’associazione in collaborazione con le università e gli ordini professionali dei biologi e dei medici, come per esempio corsi, conferenze, seminari, di altissimo valore scientifico e professionale. La figura professionale del biologo, risulta indispensabile in molteplici settori della società civile, nel campo della medicina, della zootecnia, dell’agricoltura, dell’enologia, dell’industria alimentare, e in altri innumerevoli settori, e può offrire, oggi numerosi sbocchi in campo lavorativo.