Stati generali dell’Economia: la politica che, nell’emergenza, cerca il punto di emersione. Costituzione permettendo

di Angelo Lucarella*

Una recente affermazione del Presidente Mattarella è il punto da cui partire: “la Magistratura recuperi credibilità, ai cittadini si dia certezza del diritto”. Mi si dirà, condivisibilmente, cosa mai c’entri la questione toghe con gli Stati generali dell’Economia. C’entra eccome. Il mondo “Giustizia” vale, stime 2019, circa 18 miliardi di euro e costituisce pressappoco il 3% di Pil; la lentezza del sistema, nel suo complesso, costa invece circa il 2% di esso.

Allora come si fa a non tenere conto del fatto che il diritto, in altri termini, non è che l’economia stessa di un paese? D’altronde il diritto non altro delimita il confine in cui il mondo del “pubblico” ed il mondo del “privato” cercano la rispettiva dignità in un rapporto di auspicato equilibrio che, il più delle volte, vede il primo sopraffare l’altro e, sporadicamente, accadendo il contrario.  

Chi dovrebbe essere l’arbitro? Un soggetto terzo, imparziale (non immacolato, ma quasi) chiamato Giudice

Nella nostra Costituzione c’è l’art. 111 il quale, splendidamente, afferma un principio sacrosanto chiamato “Giusto Processo”; un principio che fonda le radici nella parità di trattamento (meglio detta eguaglianza), nel diritto di difesa (pieno ed effettivo), nell’equilibrio dell’arbitro, per l’appunto, presumibilmente terzo ed imparziale.

Per garantire tutto ciò, nel lontano dopoguerra, si era pensato di dotare la magistratura di c.d. “indipendenza”. A poco a poco, tuttavia, la politica succedutasi nei decenni ha quasi del tutto abrogato (mi si faccia passare il termine) se stessa al punto tale di essersi spogliata di un ruolo fondamentale quale diretto interposto tra Popolo e Potere.

La magistratura ha dovuto, da una parte, “sostituire” la politica e, dall’altra, “arrestare” la politica medesima in qualche occasione. Certamente non si può fare una colpa ai giudici per avere cercato di combattere il malaffare.

Anzi quei Giudici coraggiosi, dediti al lavoro e che, talvolta, ci hanno rimesso affetti e, disperatamente aggiungerei, anche la vita andrebbero non solo riconosciuti a futura memoria (quanto a valor massimo repubblicano esistente), ma soprattutto studiati!

Penso sia questo il fulcro principale su cui si dovrebbe instradare una riforma seria del mondo “Giustizia”: chi ha competenza, nei ruoli per cui serve competenza (partendo anche dalla questione universitaria).

Oggi il mondo cambia velocemente. Vero. La mole di norme è ancor più aumentata negli ultimi 20 anni rispetto alla prima Repubblica. Il contenzioso italiano, quindi, è sempre più tecnico anche tenuto conto delle numerosissime disposizioni normative di matrice europea ed internazionale.

Non si può più fondare un sistema ispirato al “Giusto Processo” se vige, ancora, l’idea che il magistrato si differenzia per funzione e non per carriera. È pur vero che la separazione delle carriere di per sé sola non basterebbe a rendere migliore l’affermazione del principio di certezza del diritto legato ad una credibilità complessiva del sistema.

Occorrerebbe che si riscoprisse una sensibilità maggiore rispetto ai tempi che corrono: ma questo potrà riaffermarsi solo se alle spalle della magistratura vi ci sarà una politica tornata consapevole e studiosa dei fenomeni.

Non trascurandosi il fatto, poi, che la formazione continua obbligatoria non serve a granché se ad essa non si accompagna una funzionale responsabilizzazione del giudice (a prescindere dalle norme generali esistenti) rispetto a ciò che fa; ciò per rendere tale figura più uguale, nel bene o nel male, a tutti gli altri cittadini.

Le parole del Presidente Mattarella, quindi, non sono peregrine. La credibilità del terzo potere dello Stato passa dalla certezza del diritto: principio che nella reale vita del “sistema giustizia” diventa realtà solo mediante il fare dei magistrati contraddistinto da approccio solenne, imparziale, terzo, equilibrato, fermo, colmo di rettitudine e (soprattutto) alimentato di competenza.

Parole, comunque, che se per un attimo affibbiate alla politica diventerebbero, quasi identicamente, così elaborate: “il Legislatore recuperi credibilità, ai cittadini si diano leggi certe”.

Ecco come, cambiando l’ordine degli addendi, può percepirsi una portata immensa nel significato di poche parole ben ordinate in modo sistematico; già, perché, in ipotesi contraria il risultato sarebbe altro e cioè il seguente “il Legislatore recuperi credibilità, ai cittadini si dia certezza delle leggi”.

Non è un caso. Le parole hanno un senso specifico per come ordinate. Nel caso della politica dare “certezza di leggi” è cosa diametralmente opposta rispetto al partorire “leggi certe”.

Perché nelle leggi certe non si nasconderà alcuna possibilità di interpretazione discrezionale da parte del Giudice e, così facendo, sarà più facile e semplice (tanto per le imprese che per i lavoratori, ad esempio, dato che si è nel pieno degli Stati generali dell’Economia) capire qual è la portata “giusta” di una disciplina legata all’attività economica, all’investimento, al lavoro, ecc.

Allora, se proprio una stortura del sistema giudiziario si può evincere, non è nella separazione delle carriere il nocciolo della questione (semmai ne è il derivato), ma nel divieto di carriere e laddove, con quest’ultimo termine, si vuole riferirsi più che altro alla duplice diversità di formazione tra accusatore e giudicante che si forgia durante l’espletamento della funzione magistratuale (e mai prima durante il percorso universitario o pre-concorso pubblico).

Recentemente l’ex Presidente della Camera On.le Luciano Violante ha ricordato che difficilmente, nel nostro sistema, chi inizia come indagatore finisce, poi, per essere l’arbitro della contesa e viceversa.

Della serie se nasci tondo, non puoi morire quadrato

Al Senato, nel maggio 2019, il Pres. Casellati ha ricordato anche i risultati degli ultimi monitoraggi sulla durata dei processi fatti dal Ministero della Giustizia: circa il 20 per cento dei procedimenti incardinati nei tribunali e oltre il 40 per cento di quelli presso le Corti di Appello sono a rischio di “legge Pinto” (trattasi della norma che prevede l’equa riparazione per il cittadino per danni causati dall’irragionevole durata di un processo).

Ad ogni buon conto anomalie ve ne sono parecchie: come certificato dal “quadro di valutazione sullo stato della giustizia 2018”, pubblicato dalla Commissione europea, esse hanno prodotto in questi anni costi enormi a carico dei bilanci dello Stato facendo sprofondare lo stivale tra gli ultimi in Europa quanto ad efficienza del “sistema giustizia”.

Un esempio su tutti? Una primeggia nel ruvido contrasto di ruoli di cui innanzi.

Si consideri come il sistema di giustizia tributaria, tutt’oggi, sia l’emblema del dualismo di mentalità giurisdizionale derivato dal fatto che in quasi tutte le Commissioni Tributarie italiane ci sono Procuratori degli uffici di Pubblico Ministero a decidere le sorti dei contribuenti.

Magistrati i quali, pertanto, ricoprono contemporaneamente due uffici d’incarico pubblico: inquirenti nel penale, giudicanti nel tributario.

La questione anomala appena rappresentata, però, non va risolta semplicisticamente così: un buon inquirente potrebbe essere anche un ottimo giudicante e saper discernere i rispettivi ruoli a seconda della funzione di giustizia da svolgere ed a cui è chiamato.

È proprio qui che si inciampa perché il Giudice del Pubblico Ministero dipende dal CSM, mentre il Giudice tributario dipende dal sistema di Giustizia tributaria organizzato e controllato dal Ministero dell’Economia (detto MEF) in tutto e per tutto.

Si badi bene che il MEF non solo è il controllore del cittadino tramite gli Enti delle entrate, non solo è la controparte naturale del giudizio tributario, ma è anche il soggetto a cui fa riferimento il giudice del tributario ed a cui deve dare conto del suo operato di decidente.

Quanto innanzi non è che uno degli innumerevoli incidenti di percorso; il nostro legislatore da anni non riesce a decifrarne politicamente la portata negativa (in termini generali) ed a risolvere la sovrapposizione di interessi in gioco (costituzionalmente parlando).

Ne va certamente di quella famosa “parvenza di imparzialità e terzietà” a cui i fruitori di giustizia vorrebbero affidarsi: proprio perché ne va della credibilità del sistema oltreché del paese.

Questo è un nodo cruciale del corretto rapporto tra Popolo e Potere e, di contro, del quanto più ottimale bilanciamento tra i poteri stessi dello Stato.

Se c’è qualcosa, con priorità tra le priorità, da cui si potrebbe partire agli Stati generali dell’Economia insediati dal Pres. Giuseppe Conte è proprio questo: il ruolo della politica dinanzi alla crisi della magistratura (e non il contrario) che, a conti fatti, deriva a sua volta dal troppo onere caricato sul giurisdizionale nonché dal troppo potere dato negli anni dalla politica stessa (così da implicarne diversi riflessi d’interferenza, assolutamente non funzionale, con il legislatore e l’esecutivo).

Sulla questione “giustizia” ne va, eccome, dello sviluppo del paese.

Mettendoci per un secondo nei panni di un investitore straniero, pur con la Costituzione più bella al mondo, quest’ultimo si troverebbe dinanzi ad un sistema quasi “infernale”; per non parlare del costo sociale che, specie aggravata dall’ultima riforma sulla prescrizione, si appresta, per certi versi, a vestirsi di “diabolico”.

La sopraffazione di un potere rispetto all’altro rischierebbe e, cogentemente, rischia di portare il paese (e la storia ce lo insegna) ad un processo “democraticamente irreversibile” in cui la iniziativa privata, pur costituzionalmente tutelata ed in qualsiasi forma, rimarrebbe lettera morta sino ad arrivare, man mano, ad una economia Generale dello Stato.

Il cambio di rotta ci può essere purché fatto con competenza; perché di “certezza della politica” ne abbiamo da vendere, ma è di “certa politica” di cui il paese avrebbe bisogno.

La Magistratura non ha tutte le colpe, ma alcuni giudici si

Tutto il contrario della Politica: a cui, in tempi di emergenza, tocca rimanere a galla cercando al più presto un punto di emersione. Al Popolo, per ora, non rimane che l’assoluzione dai peccati. Costituzione permettendo.

*Avvocato tributarista, Presidente CLN AssoConsum, membro Commissione Giustizia MISE




Riapertura frontiere interne UE, tornano i primi turisti

Tutti gli italiani liberi di viaggiare in Europa. Con circa 120 voli, tra arrivi e partenze, e dodici paesi europei collegati, in coincidenza con la riapertura delle frontiere interne all’Ue, la giornata odierna segna un ulteriore passo verso la graduale ripresa del traffico aereo all’aeroporto di Fiumicino, dopo una lunga fase caratterizzata dall’emergenza Covid 19. Primi significativi movimenti di turisti, in particolare di tedeschi in arrivo nel “Bel Paese”. Aumentano i collegamenti aerei da e per lo scalo romano. Sono sette tra Francoforte, Monaco e Dusseldorf, le destinazioni per la Germania raggiungibili dal Leonardo da Vinci con voli Alitalia e Lufthansa. E nel Paese ripartono cinema, teatri, centri estivi per bimbi, sagre e sale giochi mentre ora sarà possibile partecipare a conferenze o eventi di persona, non più solo dai video di pc e cellulari. Continuano le aperture della Fase 3, ma a macchia di leopardo: diverse regioni hanno autonomamente dato il via libera, ad esempio, anche a sagre e discoteche, in altre vige un maggior rigore.

CINEMA, RIAPRONO IN POCHI – La riapertura dei cinema, prevista per oggi, non ha trovato finora molti consensi tra gli esercenti. In Sicilia un solo cinema, con due sale, ha deciso di andare controcorrente e di presentarsi con puntualità all’appuntamento: il Rouge et Noir di Palermo. Si comincia con un classico francese, “Il bandito alle 11”, di Jean Luc Godard. In Campania le sale restano chiuse, riaprono solo le arene. “Le regole sono ancora confuse, ci sono dubbi sull’obbligo delle mascherine e non ci sono film in uscita. Per questo i cinema tornano all’antico e quest’estate non sono orientati a riaprire”. Così Luigi Grispello, presidente dell’Agis Campania e titolare di tre sale in città, spiega la situazione nel giorno del via libera per cinema e teatri in Campania. A Napoli i cinema restano chiusi come tradizionalmente avveniva d’estate: solo nel 2019 infatti partì la programmazione estiva, un esperimento che funzionò ma che non si ripete nel’era covid. “Non c’è alcuna corsa all’apertura – spiega Grispello – nè per cinema né per i teatri. I dubbi sulle regole restano sembrava che si potesse stare seduti in platea senza mascherina ma ora ci stanno riflettendo. Per riaprire bisogna anche fare una formazione al personale e avere il quadro chiaro e poi mancano i film. Tutto è rimandato a settembre, quando potranno riprendere le uscite dei film di prima visione e quando avremo anche il polso dell’evoluzione del contagio. .

TEATRI AL VIA, PRONTE TOSCANA, LIGURIA E EMILIA – Lunedì 15 giugno riaprono i teatri in Italia e anche l’Orchestra della Toscana torna finalmente a casa dopo 103 giorni. La mattina del 15 giugno le porte del Teatro Verdi si riapriranno per accogliere i professori che torneranno al loro lavoro rispettando tutti i parametri di sicurezza previsti dalle nome vigenti. E luedì riparte anche l’attività del Carlo Felice di Genova, pronto con i suoi complessi orchestrali e corali a tornare alla musica. Cerimonia nella notte del 14 giugno a Milano, quando allo scoccare della mezzanotte si sono aperte le porte e poco dopo hanno risuonato le note delle Quattro stagioni di Vivaldi, suonate dall’orchestra d’archi dei Pomeriggi musicali con direttore e Solista Stefano Montanari. Un concerto simbolico, un segno di ripartenza riservato alle istituzioni e agli operatori sanitari che hanno affrontato l’emergenza. Teatri di Vita, il centro di produzione teatrale situato nel Parco dei Pini di Borgo Panigale a Bologna, riprende l’attività dopo la forzata chiusura dovuta al coronavirus con la rassegna risiDanze di primavera: dal 15 al 27 giugno quattro compagnie in residenza artistica e due compagnie ospiti presenteranno i loro studi negli spazi all’aperto intorno al teatro.

Primo tra i parchi gioco d’Italia, il 13 giugno ha riaperto Gardaland. Gardaland ha studiato e messo in pratica un protocollo di misure per tutelare la salute di ospiti e dipendenti. “Siamo felici di tornare ad accogliere i nostri visitatori. La parola d’ordine quest’anno sarà divertimento in sicurezza. Usciamo da un periodo difficile per tutti ma siamo convinti che sia possibile tornare a divertirsi!” ha detto Aldo Maria Vigevani, ad di Gardaland.

Riapre ai turisti questa settimana uno dei simboli di Cortina, l’antico Hotel De La Poste. L’albergo che si affaccia su Corso Italia, crocevia di storia, cultura e mondanità cortinese, riapre i battenti da venerdì 19 giugno.

AEROPORTI, DA OGGI OPERATIVI 26 SCALI –  In considerazione delle numerose richieste dei gestori aeroportuali, della collocazione geografica degli aeroporti in grado di servire bacini di utenza in modo uniforme sul territorio e della loro capacità infrastrutturale, nonché della necessità di garantire i collegamenti insulari, l’operatività dei servizi è limitata agli aeroporti di Alghero, Ancona, Bari, Bergamo – Orio al Serio, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze – Peretola, Genova, Lamezia Terme, Lampedusa, Milano Malpensa, Napoli Capodichino, Olbia, Palermo, Pantelleria, Parma, Pescara, Pisa, Roma Ciampino, Roma Fiumicino, Torino, Venezia Tessera e Verona Villafranca.

IN LIGURIA  RIAPRONO I CENTRI ESTIVI. “Questa settimana non poteva iniziare meglio, con il sorriso dei nostri ragazzi che finalmente possono tornare a incontrarsi e giocare insieme in sicurezza”. E’ il commento del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. “Sono soddisfatto che le Regioni abbiano contribuito a questa ripartenza, studiando linee guida ad hoc per consentire la riapertura delle attività per i bambini e i ragazzi. Un aiuto prezioso per i tanti genitori che sono tornati a lavoro. – continua – Ora non bisogna perdere tempo per far ripartire le scuole a settembre in sicurezza, dando risposte chiare e concrete a docenti, alunni e genitori, senza creare ulteriori stop con le elezioni. “Oggi l’Italia riparte attraverso il gioco, il sorriso, l’incontro e le risate tra bambini e bambine che finalmente hanno la possibilità di ricominciare a stare insieme, a riacquisire una dimensione di socialità dopo mesi difficili di chiusura. E’ un giorno di festa non solo per le famiglie ma per tutto il Paese”. Lo ha detto la ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia Elena Bonetti recandosi al centro estivo municipale presso la sede sportiva dell’Aeronautica militare a Roma per l’apertura della stagione dei centri estivi nel Municipio II. I centri estivi hanno riaperto per i bimbi fino a tre anni anche in Emilia Romagna.

IN VENETO SI’ ANCHE AI CIRCHI –  in Veneto cinema e teatri, circhi e spettacoli viaggianti, spettacoli lirici e sinfonici, in conformità alle linee guida regionali. Lo stabilisce la nuova ordinanza regionale

IN BASILICATA RIAPRONO CINEMA E TEATRI – La Basilicata riapre cinema, teatri e discoteche, anche se, per queste ultime, “limitatamente alle attività musicali”, mentre il ballo avverrà “esclusivamente negli spazi all’aperto”: lo prevede l’ordinanza del presidente della Regione, Vito Bardi. Via libera anche ai ricevimenti per i matrimoni, i congressi e i meeting aziendali e le attività formative “in presenza”, compresi esami finali teorici e pratici e la formazione professionale. Riaprono anche per i minorenni parchi, giardini pubblici e ville, riprendono i servizi per la prima infanzia, per bambini e adolescenti e tornano attive le sale giochi, le sale slot e quelle specializzate in scommesse e bingo. Riprendono anche sagre, fiere, congressi e convegni, le attività sportive di base e l’attività motoria. Per quanto riguarda gli eventi sportivi riconosciuti dal Coni e dal Comitato paralimpico si svolgeranno “a porte chiuse ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico”.

IN SICILIA VIA LIBERA A SALE GIOCHI E DISCOTECHE –  E Una nuova ordinanza firmata dal governatore Nello Musumeci prevede l’apertura di sale giochi, sale scommesse e sale bingo, sale da ballo, discoteche e locali assimilati all’aperto o al chiuso, fiere e congressi, centri benessere, centri termali centri culturali e centri sociali, comprensori sciistici, servizi ristorazione, attività dei servizi alla persona, stabilimenti balneari e spiagge di libero accesso.

IN CALABRIA RIAPRONO GLI STABILIMENTI BALNEARI –  “Dal 15 giugno 2020 sono consentite le attività economiche, produttive e ricreative della ristorazione, le attività turistiche (stabilimenti balneari e spiagge), le attività ricettive, i servizi alla persona (acconciatori, estetisti e tatuatori), il commercio al dettaglio (anche su aree pubbliche), uffici aperti al pubblico, piscine, palestre, manutenzione del verde, musei, archivi e biblioteche, attività fisica all’aperto, noleggio di veicoli e altre attrezzature, informatori scientifici del farmaco, aree giochi per bambini, circoli culturali e ricreativi, formazione professionale, cinema e spettacoli dal vivo, parchi tematici e di divertimento, sagre e fiere locali, strutture termali e centri benessere”.E’ quanto dispone l’ordinanza n.51 firmata dalla presidente della Regione Calabria, Jole Santelli. “Dal 19 giugno 2020, potranno ripartire – è detto nell’ordinanza – anche sale da ballo e discoteche (all’aperto o al chiuso), fiere, congressi e attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e sale slot




Italiani alla fame e martedì si paga la prima rata dell’IMU: 25 milioni di proprietari di seconde case per oltre 10 miliardi da incassare

Primo appuntamento con le tasse per milioni di italiani nell’era Covid. Anche se rinviare le scadenze di giugno, ridurle per alcuni settori, esentare altre categorie dall’Imu sono tra le innumerevoli richieste per far fronte all’emergenza che arrivano da tante categorie produttive e da molti esperti alle prese con le ricette per indicare la ripartenza. Intanto 25 milioni di proprietari di seconde case (o di abitazioni di lusso) si preparano a passare alla cassa entro il 16 giugno per pagare oltre 10 miliardi di prima rata dell’imposta sugli immobili.

Cresce il pressing anche in Parlamento per allentare ancora il peso del fisco vista l’emergenza Coronavirus: c’è chi, come Pd e Iv, chiede di esonerare dalla tassa sul mattone anche cinema e teatri, o il settore degli eventi (c’è un emendamento M5S al decreto Rilancio in questa direzione); chi, come Fdi, punta invece a ridurre il prelievo nei confronti di chi affitta ad attività commerciali ed ha rinegoziato il contratto riducendo il canone di almeno il 20%, o chi, come Forza Italia, lancia l’allarme di “tanti piccoli proprietari” che non potranno rispettare la scadenza perché nel frattempo, durante il lockdown non hanno riscosso gli affitti”. Italia Viva chiede poi di rinviare a novembre le tasse e di cancellare del tutto gli acconti per il 2020, ed è una proposta simile a quella avanzata dalla Lega.

Il governo ha già rinviato tasse per 30 miliardi nei mesi più duri della serrata, generalizzato per le zone rosse, e ha anche tagliato le imposte per le imprese per altri 4 miliardi cancellando saldo e acconto dell’Irap programmati sempre a giugno. Appare difficile quindi, in queste circostanze, che si possa dare seguito alle richieste di spostare le scadenze per le dichiarazioni dei redditi (che comunque si potranno presentare fino a settembre) o di cancellare per tutti, e non solo per gli alberghi e le strutture ricettive, la rata di giugno dell’Imu.

E’ possibile però, è emerso nei giorni scorsi, che si possa intervenire ulteriormente per alleggerire i versamenti che dovrebbero riprendere entro metà settembre (saldando il dovuto o dividendolo in 4 rate mensili). Tra le ipotesi si starebbe ragionando sulla possibilità di spostare ancora quella scadenza o ampliare le rate. E ci sarebbe chi suggerisce anche l’idea, già balenata durante la gestazione del decreto Rilancio, di trasformare quei 30 miliardi in ulteriori contributi a fondo perduto, se non in toto almeno per le categorie e i settori che più stenteranno a riprendersi.

La partita sulle modifiche al decreto si inizierà a giocare solo a partire da metà della prossima settimana, quando dovrebbero iniziare i voti in commissione sugli emendamenti. Nel frattempo, la tassa unica sugli immobili frutto della fusione tra Imu e Tasi interesserà 25 milioni di proprietari che verseranno in media, secondo i calcoli elaborati nei giorni scorsi dalla Uil, se l’immobile è in un capoluogo di provincia, 535 euro per la prima rata che salgono a oltre 1000 nelle grandi città. In 18 capoluoghi, peraltro, l’aliquota sarà più alta del 10,6 per mille, perché già era applicata l’addizionale Tasi fino allo 0,8 per mille consentita quando le due imposte erano separate. Si arriva all’11,4 per mille a Roma, Milano, Ascoli, Brescia, Brindisi, Matera, Modena, Potenza, Rieti, Savona, Verona. E sempre a Roma si registra il costo maggiore per una seconda casa, 2.064 euro totali in media, seguita da Milano con 2.040 euro medi; a Bologna 2.038 euro; a Genova 1.775 euro; a Torino 1.745 euro.




EU, pubblicati i risultati 2020 dell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società: Italia arranca e Finlandia in testa

La Commissione europea ha pubblicato i risultati per il 2020 dell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Digital Economy and Society Index – DESI), che controlla le prestazioni digitali globali dell’Europa e misura i progressi compiuti dai paesi dell’UE in termini di competitività digitale.

Il DESI di quest’anno evidenzia progressi in tutti gli Stati membri e in tutti i principali settori misurati nell’indice. Ciò assume un’importanza ancora maggiore nel contesto della pandemia di Covid-19, che ha dimostrato quanto le tecnologie digitali siano diventate essenziali, rendendo possibile la prosecuzione del lavoro, monitorando la diffusione del virus o accelerando la ricerca di cure e vaccini.

Gli indicatori DESI pertinenti per la ripresa dimostrano inoltre che gli Stati membri dell’UE dovrebbero intensificare gli sforzi volti a migliorare la copertura delle reti ad altissima capacità, assegnare lo spettro 5G per consentire il lancio commerciale dei servizi 5G, migliorare le competenze digitali dei cittadini e digitalizzare ulteriormente le imprese e il settore pubblico.

Nell’ambito del piano per la ripresa dell’Europa, adottato il 27 maggio 2020, il DESI guiderà l’analisi specifica per paese a sostegno delle raccomandazioni sul digitale formulate nel contesto del semestre europeo. Ciò aiuterà gli Stati membri ad orientare le rispettive esigenze in termini di riforme e investimenti e a definirne le priorità, facilitando in tal modo l’accesso al dispositivo per la ripresa e la resilienza, la cui dotazione è di 560 miliardi di €. Il dispositivo fornirà agli Stati membri i fondi necessari a rendere le loro economie più resilienti e a garantire che gli investimenti e le riforme sostengano le transizioni verde e digitale.

Principali risultati del DESI 2020

La Finlandia *, la Svezia, la Danimarca e i Paesi Bassi si collocano in cima alla classifica per quanto riguarda le prestazioni digitali globali all’interno dell’UE, seguite a ruota da Malta, Irlanda ed Estonia.

L’Italia arranca al quart’ultimo posto, o, se si preferisce, al 25° tra 28

Secondo l’indice internazionale di digitalizzazione dell’economia e della società (I-DESI) i paesi dell’UE che hanno registrato le prestazioni migliori sono anche i leader a livello mondiale. Il fatto che le più grandi economie dell’UE non siano all’avanguardia nel settore digitale implica che, se l’UE vuole realizzare con successo la duplice trasformazione digitale e verde, è necessario accelerare la trasformazione digitale. Negli ultimi cinque anni i progressi più significativi sono stati realizzati dall’Irlanda, seguita da Paesi Bassi, Malta e Spagna. Questi paesi hanno anche conseguito risultati nettamente superiori alla media dell’UE sulla base del punteggio del DESI. Poiché la pandemia ha avuto un forte impatto su ciascuno dei cinque aspetti esaminati dal DESI, i risultati del 2020 dovrebbero essere letti alla luce delle numerose misure adottate dalla Commissione e dagli Stati membri per gestire la crisi e sostenere la ripresa. Gli Stati membri hanno adottato provvedimenti volti a ridurre al minimo il contagio e a sostenere i sistemi sanitari, ad esempio introducendo applicazioni e piattaforme intese a facilitare la telemedicina e coordinare le risorse sanitarie. Anche la Commissione è intervenuta, adottando ad esempio una raccomandazione relativa a un pacchetto di strumenti comuni dell’Unione per l’uso della tecnologia e dei dati al fine di contrastare la crisi Covid-19 e uscirne, in particolare per quanto riguarda le applicazioni mobili e l’uso di dati anonimizzati nelle app di tracciamento. Su richiesta della Commissione, l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) ha iniziato a monitorare il traffico Internet per evitare una congestione della rete.

Principali risultati nei cinque settori del digitale

L’indice di digitalizzazione dell’economia e della società misura i progressi compiuti negli Stati membri in cinque principali settori strategici, ossia la connettività, le competenze digitali, l’uso di Internet da parte dei singoli, l’integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese e i servizi pubblici digitali. La connettività è migliorata, ma occorre fare di più per rispondere a esigenze in rapida crescita. Gli Stati membri stanno lavorando al recepimento nel diritto nazionale delle nuove norme dell’UE adottate nel 2018, al fine di promuovere gli investimenti nelle reti ad altissima capacità, sia fisse che mobili. Nel 2019 il 78 % delle famiglie aveva un abbonamento per servizi a banda larga fissa, percentuale in aumento rispetto al 70 % di cinque anni fa, e quasi tutta la popolazione europea è servita dalle reti 4G. Solo 17 Stati membri hanno però già assegnato lo spettro all’interno delle bande pioniere 5G (cinque in più rispetto all’anno scorso). Finlandia, Germania, Ungheria e Italia sono i paesi più avanzati in termini di preparazione al 5G. Il 44 % delle famiglie dell’UE dispone di reti fisse a banda larga ad altissima capacità. Sono necessari ulteriori progressi nel campo delle competenze digitali, soprattutto perché la crisi Covid-19 ha dimostrato che, per accedere a informazioni e servizi, è fondamentale che i cittadini possiedano competenze digitali adeguate. Gran parte della popolazione dell’UE (il 42 %) non è tuttora in possesso di competenze digitali di base. Nel 2018 circa 9,1 milioni di persone nell’UE lavoravano come specialisti TIC, 1,6 milioni in più rispetto a quattro anni fa. Il 64 % delle imprese di grandi dimensioni e il 56 % delle PMI che hanno assunto specialisti TIC nel 2018 hanno riferito di aver incontrato difficoltà nel coprire i posti vacanti per tali professionalità. Sebbene durante la pandemia sia stato registrato un forte aumento dell’uso di Internet, si tratta di una tendenza preesistente alla crisi: l’85 % delle persone utilizza Internet almeno una volta alla settimana (rispetto al 75 % del 2014). L’uso delle videochiamate è l’attività che ha registrato l’aumento più netto, passando dal 49 % degli utenti di Internet nel 2018 al 60 % nel 2019. Anche le operazioni bancarie e gli acquisti via Internet sono più diffusi che in passato e sono utilizzati rispettivamente dal 66 % e dal 71 % degli utenti di Internet. Le imprese sono sempre più digitalizzate, soprattutto quelle di grandi dimensioni: il 38,5 % fa già affidamento su servizi cloud avanzati e il 32,7 % ha riferito di utilizzare l’analisi dei Big Data. Tuttavia la stragrande maggioranza delle PMI ancora non si avvale di tali tecnologie digitali: infatti solo il 17 % utilizza servizi cloud e solo il 12 % l’analisi dei Big Data. Per quanto riguarda il commercio elettronico, solo il 17,5 % delle PMI ha venduto prodotti o servizi online nel 2019, con un leggerissimo aumento (di 1,4 punti percentuali) rispetto al 2016. Nel 2019, invece, il 39 % delle imprese di grandi dimensioni si è avvalso delle vendite online.

Per dare un impulso al commercio elettronico l’UE ha adottato una serie di misure che vanno dall’abolizione degli ostacoli transfrontalieri ingiustificati e dall’agevolazione delle consegne transfrontaliere di pacchi a costi più contenuti, alla garanzia della tutela dei diritti dei clienti online e alla promozione dell’accesso transfrontaliero ai contenuti online. Dal dicembre 2018 i consumatori e le imprese possono usufruire delle migliori offerte online in tutta l’UE senza essere discriminati sulla base della loro nazionalità o residenza.

È stata infine osservata una crescente tendenza all’uso dei servizi pubblici digitali nei settori dell’amministrazione online e della sanità elettronica, che permette a governi e imprese di aumentare l’efficienza e i risparmi, oltre a migliorare la trasparenza e rafforzare la partecipazione dei cittadini alla vita politica. Il 67 % degli utenti di Internet che nel 2019 hanno trasmesso moduli alla pubblica amministrazione utilizza ora i canali online (erano il 57% nel 2014), dimostrando così la comodità del ricorso ai servizi basati sulle TIC rispetto alle procedure cartacee. I paesi che in questo settore hanno fatto registrare le prestazioni migliori sono l’Estonia, la Spagna, la Danimarca, la Finlandia e la Lettonia.

Contesto

L’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) misura, sulla base di dati Eurostat

nonché di studi specializzati e metodi di raccolta, i progressi compiuti dagli Stati membri dell’UE nel loro percorso verso un’economia e una società digitali. Le relazioni DESI 2020 si basano sui dati del 2019. Al fine di migliorare la metodologia dell’indice e tenere conto degli ultimi sviluppi tecnologici, sono state apportate diverse modifiche all’edizione 2020, che ora prende in esame anche la copertura della rete fissa ad altissima capacità (VHCN). Il DESI per gli anni passati è stato ricalcolato per tutti i paesi in esame, al fine di rispecchiare le modifiche nella scelta degli indicatori e le correzioni apportate ai dati sottostanti. I punteggi e le posizioni in classifica dei paesi possono quindi aver subito cambiamenti rispetto alle edizioni precedenti. Poiché i dati si riferiscono al 2019, il Regno Unito è incluso nel DESI 2020 e nelle medie calcolate per l’UE.

Ma l’Italia va ancora peggio nel Digibarometro 2020 Quasi in coincidenza con il rapporto della Commissione, è uscito in Finlandia il Digibarometer 2020, indagine, realizzata da enti governativi e dalle organizzazioni industriali locali, che valuta in che modo i singoli paesi utilizzano la digitalizzazione e come si confrontano tra loro in questo senso, misura in sintesi l’utilizzo delle capacità digitali. La Danimarca è al primo posto, seguita dalla Finlandia, nel Digibarometer 2020, che confronta 22 paesi con un indice composito composto da 36 variabili; gli Stati Uniti occupano il terzo posto, seguiti da Olanda, Norvegia e Svezia mentre in fondo dell’elenco troviamo Brasile, Italia e Russia. La misurazione viene eseguita su tre livelli (capacità, utilizzo e implicazioni) e su tre settori (società, civico e pubblico). Ogni settore viene esaminato su ogni livello, formando così una matrice di punteggio di nove celle per ciascun paese.




Riapertura sale slot, scommesse e bingo: le linee guida regionali ci sono, ora tocca al governo

Riorganizzare gli spazi e la dislocazione degli apparecchi per garantire il distanziamento sociale, gestire gli ingressi dei clienti, utilizzo della mascherina per clienti e personale e frequente igienizzazione delle mani, con dispenser con soluzioni disinfettanti.

Queste le linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative, approvate lo scorso martedì dalla Conferenza delle Regioni, che contengono indirizzi operativi specifici validi per agenzie di scommesse, sale slot e bingo.

IL VIDEO SERVIZIO TRASMESSO A OFFICINA STAMPA DEL 11/06/2020

I gestori dovranno riorganizzare gli spazi e la dislocazione delle apparecchiature per garantire l’accesso in modo ordinato, al fine di evitare assembramenti di persone quindi assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra gli utenti, ad eccezione delle persone che, in base alle disposizioni vigenti, non siano soggette al distanziamento interpersonale.

Le linee  con gli indirizzi operativi specifici per il settore giochi, dovranno essere recepite dal Governo, probabilmente in un altro DPCM.

Un settore, quello dei giochi che negli ultimi anni ha portato centinaia di miliardi nelle casse dello stato

“Chi, nel Governo, demonizza il gioco dimostra tutta la sua ipocrisia”. Ha detto Maurizio Ughi, presidente di Obiettivo 2016, in un’intervista al Riformista. “C’è una contraddizione di fondo – ha proseguito Ughi -se chi, come i 5 Stelle, demonizza il gioco e non solo riscuote miliardi di tasse dal settore, ma vara leggi che invece di favorire le piccole imprese avvantaggiano i grandi gruppi. Altra storia è la lotta al gioco patologico, che comunque rappresenta una minoranza sul totale dei giocatori. Su questo fronte il governo dovrebbe investire di più, considerando tutte le tasse che ogni anno riscuote dalle scommesse legali”. In passato, ha ricordato Ughi, “il principale obiettivo era togliere all’illegalità un mercato così grande e tutelare gli scommettitori. Legalizzando il gioco lo Stato si è riappropriato di miliardi di euro che altrimenti sarebbero finiti altrove. Al giorno d’oggi ci vorrebbe qualcuno che avesse la competenza e il coraggio e che ci mettesse la faccia per affrontare seriamente la situazione. Per ora – ha concluso il presidente di Obiettivo 2016 – non mi pare ci sia qualcuno in grado di farlo e disposto a farlo”.




Imprese a rischio usurai: la Confcommercio lancia l’allarme

Dopo liquidità, costi e crollo dei consumi, anche l’usura e i tentativi illeciti della malavita di impadronirsi delle aziende sono tra gli ostacoli all’attività delle imprese del commercio e della ristorazione durante e dopo l’emergenza Covid-19.

Un 11% di imprese, secondo un’indagine di Confcommercio in collaborazione con Format Research, indica nella criminalità “un ulteriore, pericoloso ostacolo” allo svolgimento della propria attività; in particolare, circa il 10% degli imprenditori, in questo periodo, “risulta esposto all’usura” o a tentativi di “appropriazione anomala” dell’azienda. E la percentuale cresce fino a quasi il 20% per quegli imprenditori che sono molto preoccupati per il verificarsi di questi fenomeni nel proprio quartiere o nella zona della propria attività.

Il 67,4% delle imprese intervistate giudica comunque “molto” o “abbastanza” efficace l’azione delle Forze dell’ordine e della magistratura per contrastare l’azione della criminalità e il 66% del campione ritiene “molto” o “abbastanza” efficaci le diverse forme di collaborazione in atto tra Autorità centrali e locali, Forze dell’ordine e magistratura da una parte e Associazioni di categoria degli imprenditori e altre forze della società civile dall’altra. Fondamentale, per il 60% del campione, è anche ricorrere subito alla denuncia. Però, ancora oggi, quasi un’impresa su 3, di fronte a questi fenomeni criminali, non sa che cosa fare.

Dall’indagine risulta poi che carenza di liquidità e calo dei consumi hanno rappresentato il principale ostacolo all’attività di impresa durante l’emergenza, mettendo in difficoltà il 60% delle imprese del commercio e della ristorazione; quasi il 30%, invece, tra burocrazia e le necessarie procedure di sanificazione, igienizzazione e altri protocolli di sicurezza, ha visto incrementare i costi.

“La crisi economica – commenta il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli – crea una zona d’ombra dove rischia di rafforzarsi la criminalità. Le nostre imprese in difficoltà denunciano sempre più spesso usura, estorsioni e acquisizioni illecite. Abbiamo comunque fiducia nella magistratura e nelle Forze dell’ordine ma, insieme, è necessaria più rapidità per far giungere i sostegni previsti dal Decreto rilancio alle aziende e irrobustirli. Solo così si combatte la criminalità e si ricostruisce un’economia sana”.




Smartphone, in Italia il mercato crolla del 21 per cento

L’epidemia di coronavirus e il conseguente lockdown hanno colpito duramente anche il mercato italiano degli smartphone, che nel primo trimestre ha registrato vendite in crollo del 21% su base annua. A riferire il dato sono gli analisti di Counterpoint, secondo cui si tratta del risultato peggiore riportato in Europa. Tra le aziende, Samsung resta prima con il 39% del mercato italiano. Seguono Huawei e Apple, appaiate al 20%.   Stando a quanto diffuso dai ricercatori, da gennaio a marzo le vendite di smartphone in Europa sono diminuite del 7% su base annua. A livello europeo Samsung mantiene la leadership ma la sua quota scende dal 31 al 29%. Apple tiene, cresce di un punto percentuale e scavalca Huawei piazzandosi al secondo posto con il 22%. Huawei passa invece dal 23 al 16% e scivola in terza posizione. Le vendite di Huawei “sono diminuite del 43% su base annua, a causa delle sanzioni Usa che continuano a colpire”, osserva l’analista Abhilash Kumar. A guadagnare del calo europeo di Huawei è principalmente Xiaomi, che registra una crescita del 145% nel trimestre, seguita da Oppo. Xiaomi è infatti passata dal 4 al’11% di quota di mercato; Oppo dall’1 al 3%. Guardando ai mercati principali, in cui rientra anche l’Italia, il Regno Unito ha subito un calo dell’8%. Qui in testa c’è Apple, con un solido 49% di market share; Samsung è al 23% e Huawei al 10%. In Germania la flessione è stata dell’11%. Sul podio dei costruttori c’è Samsung (35%) davanti a Apple (32%) e a Huawei (13%). In Francia le vendite di smartphone sono diminuite del 9%. Samsung detiene il 35%, Apple il 32% e Xiaomi il 13%. In Russia la flessione è stata contenuta all’1%. A guidare la classifica delle vendite è Huawei con il 33%, seguita da Samsung (19%) e da Xiaomi (18%). Insomma, anche un mercato solido come quello degli smartphone ha subito un duro colpo a causa del virus. Riuscirà nei prossimi mesi a riconquistare quanto perso in questi mesi di lockdown? Non resta altro che aspettare e incrociare le dita.

F.P.L.




CNA Roma: “Nella Capitale il 12,5% del turismo nazionale. Subito politiche efficaci per far ripartire il settore”

“Quello del turismo è uno dei settori trainanti della nostra città. In tempi di emergenza sanitaria, è stato tra i primi a fermarsi e sarà tra gli ultimi a ripartire: proprio per questo ha bisogno di supporto e liquidità, accompagnati da politiche efficaci che rilancino concretamente il marchio Roma nel mondo. Chiediamo ad Alitalia, rifinanziata anche con gli ultimi provvedimenti “covid”, di assicurare tratte dirette con le principali capitali mondiali, comprese quelle del Medio Oriente e dell’Asia, così determinanti per la ripresa dei flussi turistici di fascia alta”, così dichiara Stefano Di Niola, Segretario della CNA di Roma.

Secondo quanto emerge da Roma: Global Challenge, uno studio realizzato dalla CNA di Roma, in collaborazione con Nina International, il GISLAB dell’Università de L’Aquila e con il contributo della Camera di Commercio di Roma, negli ultimi dieci anni la capacità attrattiva del sistema locale è aumentata, soprattutto nei confronti dei viaggiatori provenienti dai principali paesi extra-europei.

Basti pensare che al 31/12/2018 in termini di valore della spesa, numero di viaggiatori e di pernottamenti, la quota di visitatori è passata dal 10 al 12,6% del totale nazionale. L’aumento più significativo è di viaggiatori provenienti dai paesi extra-europei, a scapito dei principali paesi UE, tranne la Francia.

In particolare, la quasi totalità dei giapponesi che vengono in Italia (80% nel 2018) scelgono Roma e provincia come meta turistica. Quote molto elevate si registrano anche per gli argentini (68%), i brasiliani (64%) e gli australiani (54%).

La spesa media per viaggiatore a Roma è più alta di quella nazionale: nel 2018 un turista straniero spendeva 609 euro rispetto ad una media nazionale di 444 euro. Tuttavia, negli ultimi anni Roma ha richiamato in misura maggiore viaggiatori con un reddito più basso della media, segno della perdita di attrattività verso turisti con fascia di reddito alta. Anche la durata media del soggiorno si è ridotta negli ultimi anni (20,5%), rimanendo comunque al di sopra della media nazionale.




Finnair riprende i collegamenti aerei per l’Italia dall’estate

La compagnia aerea di bandiera finlandese, Finnair, interrompeva il 9 marzo i suoi voli per Milano da Helsinki ed il 12 marzo da Roma, come poi ha dovuto fare per molte destinazioni internazionali e nazionali, riducendo il suo traffico ad almeno il 90%. Del resto, come hanno dovuto fare tutte le compagnie aerea del mondo con tutte le conseguenze economiche e sociali a tutti ben note. I collegamenti stagionali per Venezia venivano sospesi il 29 marzo e per Bologna il 30 marzo.

Anche la Finlandia ha avviato una sua prudente fase di ripartenza, per cui ha quindi deciso di riattivare i propri collegamenti aerei diretti con li Italia, a partire dall’estate. Nello specifico, i voli per le due città italiane verso e da Helsinki ripartono il 2 agosto prossimo. Nel complesso, la compagnia, il cui controllo è dello Stato, che ha recentemente approvato un sostegno di ricapitalizzazione fino ad un massimo di 700 milioni di euro, ha deciso di riprendere gradualmente i voli verso le destinazioni europee e asiatiche da luglio in quanto le restrizioni ai viaggi sono allentate. La compagnia ha quindi reso noto che da luglio inizierà a servire importanti destinazioni europee come Berlino, Bruxelles, Londra, Mosca, Parigi,  Amsterdam, Bruxelles, Budapest, Copenhagen, Dublino, Düsseldorf, Edimburgo, Francoforte, Göteborg , Ginevra, Amburgo, Malaga, Manchester, Monaco, Oslo, Praga, Riga, Tallinn, Stoccolma, San Pietroburgo, Vilnius, Vienna e Zurigo. Da agosto ha dichiarato di aver pianificato voli per gli aeroporti di Barcellona, ​​Madrid, Varsavia, Milano e Roma. Nel frattempo, la compagnia aerea, che ha scommesso da anni pesantemente su una strategia redditizia come snodo tra Asia ed Europa, ha dichiarato che inizierà a volare a Pechino, Hong Kong, Shanghai, Tokyo, Nagoya, Osaka, Singapore, Seoul e Bangkok a luglio. Ad agosto, prevede anche di riprendere il servizio su Delhi e New York, mentre la stagione invernale la porterà a Miami, Krabi e Phuket.

Secondo il responsabile commerciale di Finnair, Ole Orvér, l’intenzione del vettore è di operare il 30 % del normale numero di voli per luglio. “Un recente sondaggio tra i clienti ha indicato che le persone stanno già pianificando viaggi d’affari e di piacere“, ha dichiarato Orvér, aggiungendo che “inseriamo rotte e voli settimanali di mese in mese man mano che la domanda recupera”, precisando che la compagnia aggiornerà il suo programma di volo su base mensile, pronta ad aggiungere più voli a seconda della domanda e delle possibili modifiche delle restrizioni di viaggio.

Sul piano interno, Finnair ha deciso di continuare un congelamento dei servizi verso taluni aeroporti nazionali, almeno fino alla fine dell’anno, affermando che eventuali decisioni relative ai suoi servizi post-estivi verso destinazioni nazionali saranno prese in un secondo momento, sulla base degli sviluppi della domanda.

A luglio, Finnair opererà sei rotte domestiche in Finlandia, volando verso Kuopio, Mariehamn, Oulu, Rovaniemi, Turku e Vaasa. Ad agosto Finnair inizierà a volare verso Ivalo e Kittilä nella Lapponia finlandese, mentre a settembre inizieranno le operazioni a Kuusamo e Tampere. Finnair non opererà a Joensuu, Jyväskylä, Kajaani, Kemi o Kokkola durante l’estate 2020. Le decisioni per queste cinque destinazioni per l’inverno 2020/2021 saranno prese in seguito, quando vi sarà maggiore chiarezza sullo sviluppo della domanda.

Flessibilità e sicurezza

Dallo scorso marzo Finnair sta offrendo ai suoi clienti una flessibilità straordinaria per modificare le date del viaggio e questa modalità prosegue: infatti si possono modificare le date del viaggio per tutti i voli acquistati dai canali di Finnair tra il 1 ° aprile e il 30 giugno 2020 in modo flessibile e viaggiare entro la validità del biglietto. Dato che Finnair pubblica il suo programma di voli da luglio 2020 a fine marzo 2021, cancella anche i voli che non saranno operativi ma gestirà le cancellazioni in più fasi e i clienti saranno contattati entro la fine di giugno su tutti i voli cancellati su cui siano stati prenotati.

Un elenco di collegamenti che Finnair non opererà durante l’estate 2020 e l’inverno 2020/2021 è disponibile sulla pagina degli aggiornamenti di viaggio,  https://www.finnair.com/fi-en/flight-information/travel-updates?_ga=2.111248961.498396802.1589880522-1917849237.1589880522

La compagnia ha predisposto tutte le misure di sicurezza per i passeggeri e gli equipaggi, che dovranno usare mascherine per la durata dei viaggi; ne sono esenti i bambini sotto i sette anni. Ma ogni dettaglio è precisato sulla pagina di cui al link.

Se il volo di un cliente viene annullato, ma Finnair opera ancora verso la destinazione in questione, il vettore si impegna ad offrire automaticamente un volo alternativo. I clienti possono chiedere un rimborso per i voli cancellati e se hanno voli cancellati, possono modificare le date del viaggio fino al 31 maggio 2021 tramite il sito Web o il servizio clienti di Finnair su Finnair.com

La crisi del coronavirus ha visto precipitare il numero dei passeggeri.: in aprile, solo circa 1.000 passeggeri hanno utilizzato i terminal dell’aeroporto di Helsinki-Vantaa rispetto ai consueti da 50.000 a 60.000.




Cessione del quinto: quando conviene richiederla?

Cosa si intende per cessione del Quinto? Vediamo di cosa si tratta e la sua convenienza. A volte le famiglie si ritrovano a dover affrontare delle spese imminenti come una nuova auto usata, l’intervento del dentista o un lavoro urgente in casa. Per tutte queste e altre necessità è prevista una formula di finanziamento che non sconvolgerà troppo i bilanci familiari grazie alla possibilità di pagare in comode rate. La maggior parte degli italiani approfitta della cessione del quinto più conveniente per far fronte a spese improvvise, che non rientrano nel bilancio preventivo familiare.

Cos’è la cessione del quinto?

La Cessione del Quinto è un prestito con rimborso a rate fisse studiato per lavoratori e pensionati. Viene chiamato in questo modo perché si rimborsa pagando rate fino ad un quinto dello stipendio netto mensile o della pensione netta mensile. Le rate sono versate direttamente dal datore di lavoro o dall’Istituto di Previdenza Sociale che paga la pensione. Il rapporto di finanziamento, inoltre, è coperto da un’assicurazione obbligatoria.

Come si richiede?

Per richiedere una cessione del quinto è necessario possedere uno stipendio o essere titolari di una pensione. Quindi bisogna essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato oppure essere pensionati. La richiesta è molto semplice e avviene tramite un istituto bancario il quale svolgerà tutte le pratiche per conto del cliente. Trattandosi di un finanziamento non finalizzato, non è previsto l’obbligo a fornire le motivazioni del prestito ma è necessario sottoscrivere una polizza assicurativa che possa coprire la perdita del lavoro o il decesso. Quindi possono richiedere la cessione del quinto i dipendenti pubblici e statali, i dipendenti privati e i pensionati. Anche i dipendenti a tempo determinato possono accedere a questo finanziamento ma a condizione che il rientro non superi la data di termine del contratto.

Chi può richiederlo?

Le condizioni di ammissibilità sono molto semplici. I dipendenti pubblici e statali residenti in Italia devono avere 18 anni e aver maturato anzianità di servizio dimostrabile con busta paga. I dipendenti di privati devono avere anch’essi residenza in Italia e presentare garanzie di assicurabilità dell’azienda presso cui operano.

Quali sono in vantaggi?

Si tratta quindi di un prestito davvero vantaggioso che permette di affrontare spese cospicue in comode rate facili da pagare. È un prestito detto “non finalizzato”, ovvero che non richiede di specificare la motivazione della richiesta di finanziamento. Le rate verranno addebitate direttamente sulla busta paga o sulla pensione, per questo non bisogna ricordare le scadenze avendo sempre la garanzia che tutto vada a buon fine. È un prestito per piccole cifre ma che può avere una durata massima fino a dieci anni, dando la possibilità di rimborsare il prestito in comode rate. Inoltre non richiede particolari garanzie dato che la copertura assicurativa evita di fornire ulteriori di garanzie patrimoniali. Infine nel caso in cui dovessi aver avuto problemi di pagamenti protestati o segnalazioni come cattivo pagatore, potrai comunque richiedere la Cessione del Quinto: sarà la banca a valutare l’affidabilità del soggetto richiedente, ma i trascorsi non causano direttamente l’esclusione.




Ambiente, sanificazione e ospitalità: Prosegue il dialogo delle associazioni di Confindustria con il Parlamento. “Servono interventi strutturali per ripartire con meno burocrazia”

Proseguono gli incontri che le associazioni confindustriali stanno organizzando con le forze politiche. Si è tenuto ieri il secondo meeting sui temi di Ambiente, Sanificazione e Ospitalità che ha coinvolto Confindustria Cisambiente, ANIP-Confindustria e Confindustria Alberghi.

Ogni associazione ha potuto esporre alla delegazione presente (in questa tornata i referenti del Partito Democratico) le problematiche e le prospettive dei rispettivi settori, anche alla luce degli ultimi provvedimenti del Governo cui le Camere potranno adoperarsi con emendamenti migliorativi.

Lucia Leonessi, Direttore Generale di Confindustria Cisambiente, ricorda come “il settore ambiente, ecologia ed energie rinnovabili non si sia mai fermato garantendo all’Italia il mantenimento degli ottimi standard raggiunti negli ultimi anni. Oggi la reale difficoltà per la ripresa è sciogliere i nodi creati con il Decreto “Cura Italia” del 17 marzo, emanato in piena emergenza, perché rendano possibile mettere in moto la macchina industriale e permettano la ripresa del Paese. Un punto su tutti l’abrogazione dell’Art. 42 comma 2 sulla responsabilità penale”.

Lorenzo Mattioli, Presidente di ANIP-Confindustria, ha sottolineato come “il comparto dei Servizi integrati è strategico per la ripartenza di tutti i settori, e la sanificazione è oggi il primo pilastro della salute pubblica. Abbiamo calcolato in due miliardi di metri quadri le superfici da sanificare relative agli ambienti da fruire nella ripartenza (scuole, uffici, fabbriche, aree commerciali, alberghi, ospedali etc…) e crediamo che ad oggi il credito d’imposta rappresenti ancora una misura insufficiente per garantire una fase 2 più sicura per la vita sociale e per la vita lavorativa. La sanificazione è la ripartenza del Paese, continuiamo a ribadirlo in tutte le sedi, ma quanto messo in campo dal governo non è ancora sufficiente”.

Dal punto di vista di Associazione Italiana Confindustria Alberghi: “Il momento è molto difficile e la nostra speranza è di ripartire al più presto con indicazioni chiare e precise, indispensabili per garantire sicurezza e serenità dei nostri ospiti. In attesa dei testi definitivi, il decreto rilancio sembrerebbe lasciare molte problematiche insolute e non offrire quella visibilità sui prossimi mesi che è fondamentale per un imprenditore che deve decidere se riaprire o meno. Stiamo aspettando conferma su un protocollo sulle misure di sanificazione e sicurezza che abbiamo proposto ormai da diverse settimane. Non sappiamo ancora in che modo funzioneranno gli spostamenti all’interno delle Regioni e tra Regione e Regione per non parlare di alcune scelte europee di favorire determinati mercati a scapito del nostro. E poi su tutto l’incredibile e inaccettabile indicazione del covid 19 come “incidente sul lavoro”.  Un complesso di problemi che se non troverà chiarimenti e risposte lascerà chiusa la maggior parte delle strutture italiane”

L’obiettivo degli incontri in videoconferenza dalla sede di Viale dell’Astronomia, è quello di portare a conoscenza delle Istituzione la condizione dell’economia reale e del mondo produttivo affinché le scelte del legislatore affinché le scelte del legislatore siano quanto più possibile rispondenti alle esigenze di impese e lavoratori.