Marsala: riparte la stagione del Baluardo Velasco. Spettacolo e intrattenimento

 
di Angelo Barraco
 
Marsala (TP) – Riparte la Stagione del Baluardo Velasco, uno spazio culturale nella città di Marsala in cui si svolgono spettacoli di musica, teatro, serate sperimentali e tradizioni popolari.

La stagione si aprirà domenica 20 novembre con l’attrice Anna Mazzamauro che taglierà il nastro della “Baluarte 2016-217” una rassegna culturale che illumina la Città lilybetana. La famosa “Signorina Silvani” dei rinomati film di Fantozzi si esibirà con lo spettacolo “Nuda e Cruda” alle ore 18. Una rassegna che proseguirà anche nei mesi successivi poiché il 30 aprile il regista David Riondino,  il jazzista Luigi Cinque e Patrizio Fariselli degli Area proporranno i racconti del drammaturgo marsalese Claudio Forti. Verrà inoltre portato in scena lo splendido capolavoro di Pirandello “Uno, Nessuno, Centomila” da Giuseppe Pambieri; ma lo spettacolo degli Area non è finito poiché i suoni del Mediterraneo prenderanno vita grazie ad Ares Tavolazzi, bassista degli Area e di Guccini, con il chitarrista Marco Poeta, il percussionista Roberto Chiga. Tornano al Baluardo anche Marco Cavallaro e Sandro Dieli, inoltre Davide Dolores racconterà dell’Omu Cani e il “Novecento” di Baricco verrà accompagnato dalla performance danzante di Donatella Barbagallo. Ci sarà inoltre Mariano Rigillo, eccellenza del teatro napoletano insieme ad Anna Teresa Rossini con “Parole d’Amore”. Ma non vi sarà soltanto il teatro poiché “Baluarte 2016-2017” è impregnato come non mai di musica e vi sarà l’esibizione degli Archibugi String Trio che faranno immergere gli ascoltatori tra le meravigliose note dei Led Zeppelin, vi sarà Marco Corrao che graffierà che pareti sonore con il blues e Stefano Barotti che farà emergere la sua energia e raffinatezza. Illustri eccellenze della città si esibiranno in questa tanto attesa manifestazione, come la cantante jazz Roberta Genna, Irene Gambino con la tradizione popolare, Paolo Passalacqua in quartetto con Anna Ilaria e una “speciale serata Velasco” con Lilybeum Jazz Trio. Vi saranno tre serate sperimentali, le letture “europeane” discusse con il fisico Ignazio Licata e la musica elettronica di Alfredo Giammanco; il “contrabbasso parlante” di Lelio Giannetto; e le “lezioni” di Tango della compagnia “Encuentro”. La stagione del Baluardo si chiude il 7 maggio con la compagnia Teatron, sotto la direzione di Salvo Ciaramidaro. Gli spettacoli si terranno, oltre che al Baluardo sito in via Frisella, 27, a Marsala, anche al Teatro Comunale “E. Sollima” e presso la Cantina Caruso e Minini. 

Baluardo Velasco è un’Associazione culturale che vuole tracciare un segnale forte all’interno di una società che rema contro una crescita che concretamente arranca ad avvenire. Il “Baluardo Velasco – Espacio teatral” non gode di alcun contributo pubblico ma nasce dall’impegno di quattro soci e dal contributo di sponsor privati. Il suo nome deriva da un antico bastione della città di Marsala edificato dagli spagnoli nel XVI secolo. Una roccaforte che per anni rimase coperta dall’oblio e dall’indifferenza e solo negli anni 90 vide una degna valorizzazione. L’Associazione ha scelto proprio questo nome e questa storia per lanciare un segnale forte alla città e voler comunicare ai cittadini che concretamente esiste una realtà che punta alla qualità e alla cultura. Baluardo Velasco è aperto alla musica, al teatro, alla fotografia, alle mostre, alla pittura, alla scultura e a qualsiasi forma d’arte che porta all’interazione e alla fruizione delle espressioni artistiche tra i cittadini. 



Radiosservatore: intervista ai Niodel

Redazione
 
Giovedì 3 novembre si è tenuto il ventiduesimo appuntamento di RADIOSSERVATORE ormai giunto alla sua seconda stagione, ovvero L’Osservatore D’Italia  in radio, precisamente su CBP-Radio Activity. Un appuntamento settimanale che accompagna i lettori e i radioascoltatori dalle ore 22.00 in poi con approfondimenti in merito a notizie de L'Osservatore D'Italia.
 
Le notizie vengono approfondite da Angelo Barraco (corrispondente de L’Osservatore D’Italia in Sicilia) affiancato ogni giovedì dal fondatore di Radio Activity, Federico Salluzzo e da Francesco Zingale e con la collaborazione di Paolino Canzoneri. La nuova stagione di RADIOSSERVATORE tocca le arti e la cultura a 360° e in questa nuova puntata sono stati intervistati i Niodel, band proveniente direttamente dalla scuderia Nostress Netlabel, italiani ma ormai stabilizzati a Berlino dove hanno messo le loro radici a seguito di un percorso di studio musicale fatto al conservatorio in Italia. Il combo costituito da basso e batteria suona un jazz che incrocia nel suo percorso direzionale sonoro la vastissima sperimentazione sonora che offre il mondo dell’elettronica, creando sonorità uniche e psichedeliche. Nel corso dell’intervista hanno raccontato la nascita della band, l’evoluzione e l’approccio al genere e hanno parlato di quelli che sono i progetti futuri di un gruppo che a Berlino sta già facendo parlare di se. 



Pico

di Andrea Barbi

GIOVANNI PICO DELLA MIRANDOLA

Giovanni nacque a Mirandola, presso Modena, il figlio più giovane di GianFrancesco I, Signore di Mirandola e Conte della Concordia(1415-1467), e sua moglie Giulia, figlia di Feltrino Boiardo, Conte di Scandiano.[1] La famiglia aveva a lungo abitato il Castello di Mirandola, città che si era resa indipendente nel XIV secolo e aveva ricevuto nel 1414 dall'imperatore Sigismondo il feudo di Concordia. Pur essendo Mirandola uno stato molto piccolo, i Pico governarono come sovrani indipendenti piuttosto che come nobili vassalli. I Pico della Mirandola erano strettamente imparentati agli Sforza, ai Gonzaga e agli Este, e i fratelli di Giovanni sposarono gli eredi al trono di Corsica, Ferrara, Bologna e Forlì.[1]

Gli studi e l'attività
Pico compì i suoi studi fra Bologna, Pavia, Ferrara, Padova e Firenze; mostrò grandi doti nel campo della matematica, e imparò molte lingue, tra cui perfettamente il latino, il greco, l'ebraico, l'aramaico, l'arabo, il francese. Ebbe anche modo di stringere rapporti di amicizia con numerose personalità dell'epoca come Girolamo Savonarola, Marsilio Ficino, Lorenzo il Magnifico, Angelo Poliziano,Egidio da Viterbo, Girolamo Benivieni, Girolamo Balbi, Yohanan Alemanno. A Firenze in particolare entrò a far parte della nuova Accademia Platonica. Nel 1484 si recò a Parigi, ospite della Sorbona, allora centro internazionale di studi teologici, dove conobbe alcuni uomini di cultura come Lefèvre d'Étaples, Robert Gaugin e Georges Hermonyme. Ben presto divenne celebre in tutta Europa.

Tombe di Giovanni Pico, Girolamo Benivieni e Poliziano nel Convento di San Marco a Firenze
Nel 1486 fu a Roma dove preparò 900 tesi in vista di un congresso filosofico universale (per la cui apertura compose il De hominis dignitate), che tuttavia non ebbe mai luogo. Subì infatti alcune accuse di eresia,[2] in seguito alle quali fuggì in Francia dove venne anche arrestato daFilippo II presso Grenoble e condotto a Vincennes, per essere tuttavia subito scarcerato. Con l'assoluzione di papa Alessandro VI, e godendo della rete di protezioni dei Medici, dei Gonzaga e degli Sforza, si stabilì quindi definitivamente a Firenze, continuando a frequentare l'Accademia di Ficino. Morì improvvisamente nel 1494, all'età di trentun anni, in circostanze misteriose,[3] mentre Firenze veniva occupata dalle truppe francesi di Carlo VIII.[4][5] Fu sepolto nel cimitero dei domenicani dentro il convento di San Marco. Le sue ossa saranno rinvenute da padre Chiaroni nel 1933 accanto a quelle del Poliziano e dell'amico Girolamo Benivieni.

Fama postuma
Di Pico della Mirandola è rimasta letteralmente proverbiale la prodigiosa memoria: si dice conoscesse a mente numerose opere su cui si fondava la sua vasta cultura enciclopedica, e che sapesse recitare la Divina Commedia al contrario, partendo dall'ultimo verso, impresa che pare gli riuscisse con qualunque poema appena terminato di leggere.[6]
Oggi è ancora in uso attribuire l'appellativo "Pico della Mirandola" a chiunque sia dotato di ottima memoria.[7]
Secondo una popolare diceria Pico della Mirandola avrebbe avuto un'amante o una concubina segreta;[8] recentemente tuttavia si è sostenuto che potrebbe aver avuto un rapporto amoroso con l'umanista Girolamo Benivieni, sulla base di alcuni scritti, tra cui sonetti, che quest'ultimo aveva dedicato a Pico,[9] e di alcune allusioni poco chiare di Savonarola.[8] Pico era comunque un seguace dell'ideale dell'amor socratico;[8] anche la figura femminile ricorrente nei suoi versi viene celebrata su un piano prevalentemente filosofico.[10]
Dottrina
Il pensiero di Pico della Mirandola si riallaccia al pensiero neoplatonico di Marsilio Ficino, senza però occuparsi della polemica anti-aristotelica. Al contrario, egli cerca di riconciliarearistotelismo e platonismo in una sintesi superiore, fondendovi anche altri elementi culturali e religiosi, come per esempio la tradizione misterica di Ermete Trismegisto e della cabala.[11]
L'ideale di una filosofia universale
Il proposito di Pico, esplicitamente dichiarato ad esempio nel De ente et uno, consiste infatti nel ricostruire i lineamenti di una filosofia universale, che nasca dalla concordia fra tutte le diverse correnti di pensiero sorte sin dall'antichità, accomunate dall'aspirazione al divino e alla sapienza, e culminanti nel messaggio della Rivelazione cristiana. In questo suoecumenismo filosofico, oltre che religioso, vengono accolti non solo i teologi cristiani ed esoterici insieme a Platone, Aristotele, i neoplatonici e tutto il sapere gnostico ed ermeticoproprio della filosofia greca, ma anche il pensiero islamico, quello ebraico e appunto cabbalistico, nonché dei mistici di ogni tempo e luogo.[12]
Il congresso da lui organizzato a Roma in vista di una tale "pace filosofica" avrebbe dovuto inserirsi proprio in questo progetto culturale basato su una concezione della verità come princìpio eterno ed universale, al quale ogni epoca della storia ha saputo attingere in misura in più o meno diversa. In seguito tuttavia ai vari contrasti che gli si presentarono, sorti a causa della difficoltà di una tale conciliazione, Pico si accorse che il suo ideale era difficilmente perseguibile; ad esso, a poco a poco, si sostituirà nella sua mente il proposito riformatore di Girolamo Savonarola




La Notte dell'Unesco: 15 mila visitatori nei monumenti fra Palermo, Monreale e Cefalù

di Paolino Canzoneri

PALERMO – Le prime stime parlano di oltre 15mila visitatori che si sono riversati nei luoghi storici del capoluogo siciliano in occasione della "Notte dell'Unesco", tre giorni di festa che vedono protagonisti assoluti gli imponenti e magnifici monumenti autentici baluardi della storia e della cultura di questa maginifica città. Una vera consacrazione del circuito arabo normanno, e non solo; quale 51esimo sito italiano fra tutte le regioni d'Italia, vanta sette luoghi protetti quale patrimonio mondiale assoluto e unico. Ed è cosi che si sono viste file lunghissime alla Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, alla Cappella Palatina, alla Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio detta alla Martorana e alla Cattedrale; un autentico assalto di visitatori che per nulla al mondo si sarebbero persi bellezze uniche dell'Unesco. Venerdi scorso a Palazzo Reale si era tenuta la cerimonia per l'iscrizione ufficiale al patrimonio della World Heritage List presenziata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiaramente orgoglioso e commosso da tale imponenza e attenzione per sua città natìa e sabato a Ponte Ammiraglio altre manifestazioni avevano visto la presenza di molte scuole palermitane con spettacoli ed eventi lunghi per tutto il weekend fino al prestigioso concerto dell'Orchestra Sinfonica Siciliana nella Cattedrale. Si è giunti cosi alla creazione di un percorso che vede una collaborazione sinergica fra Palermo e altri due comuni quali Monreale e Cefalù. Monreale ha visto un boom eccezionale di visite gratuite al Duomo e al Chiostro fino alla mezzanotte mentre a Cefalù, nella cornice spettacolare del Duomo Normanno, ha avuto luogo la cerimonia ufficiale con presenza prestigiosa di tutte le più alte cariche delle autorità siciliane quali il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il presidente della Regione Rosario Crocetta, il sindaco Rosario Lapunzina, il vescovo Vincenzo Manzella e il direttore della Fondazione Unesco Sicilia Aurelio Angelini e Piero Capizzi sindaco di Monreale. Leoluca Orlando ha riassunto con efficaci parole: "E' Stato un lungo ed emozionante fine settimana dedicato all'avvio della straordinaria avventura del Percorso di Palermo Arabo-Normanna e delle cattedrali di Cefalù e Monreale a capo del Comitato di Pilotaggio del sito seriale. Un week end che attorno a cultura, arte e turismo, ha dato un chiaro segnale di ciò che possiamo fare ed ottenere se mettiamo in moto una sinergia fondamentale fra le istituzioni, e fra queste e i cittadini. Palermo ha mostrato ai palermitani e ai turisti, i suoi gioielli più famosi, ma anche i suoi tanti tesori nascosti, da valorizzare. Decine di migliaia di persone dal centro storico a corso dei Mille, dalla Zisa a Monreale e Cefalù, hanno potuto godere del nostro splendido patrimonio, divenuto finalmente un vero motore di sviluppo sostenibile e dell'economia rispettosa della storia".




Cantagiro 2016: vincono le belle canzoni e la bella musica


Red. Eventi

 

Grandissimo successo di pubblico e critica, anche domenica, dalle 21.00, al Teatro Comunale di Fiuggi per la serata conclusiva del Cantagiro edizione 2016, quella dedicata alle finali di Junior e baby. I 24 concorrenti ammessi all’esibizione serale si sono alternati al microfono presentando brani in italiano e in inglese, oltre a qualche inedito, e poi hanno ballato, suonato e  anche concesso qualche battuta, insomma fatto – e a grandi, grandissimi livelli – spettacolo, coinvolgendo il pubblico con esibizioni che nulla avevano da invidiare a quelle che si sono svolte nelle serate immediatamente precedenti. Pressoché impossibile il compito della giuria tecnica che si è trovata a “dover decretare un vincitore perché così vuole la competizione”, come ha detto il Patron Enzo De Carlo, ricordando però la notevole difficoltà nel farlo “in quanto il livello delle esibizioni che si sono susseguite, le capacità canore dei concorrenti, le loro doti artistiche sono talmente encomiabili che è come se, in qualche modo, fossero tutti arrivati primi”. E, in qualche modo, così è stato. Se, infatti, dietro le quinte i ragazzi, scherzando, già cercavano di individuare il modo migliore per tagliare il premio in tanti parti uguali, la gioia che hanno rispecchiato i loro occhi all’atto della proclamazione dei vincitori ha chiaramente svelato che, anche tra i più piccoli, non è mai venuto meno quel sano spirito di competizione che caratterizza il Cantagiro. E, del resto, non va dimenticato che nello spirito della manifestazione c’è anche questo: oltre e restituire valore alla musica dandole l’opportunità di trasmettere emozioni e regalare continuità a una manifestazione che è una pietra miliare, aiutare nuovi talenti a emergere attraverso una gara garbata, cosa tutt’altro che facile nell’epoca dei talent show televisivi.

Ben 6 i premiati della serata.
Vincitori assoluti pari merito sono Maria Sole Fazi e Aurora Trucco, per la categoria baby, e Nicolas Palmarini per quella Junior. La lirico pop vede, invece, spiccare Elena Maule. Il premio musical va a Chiara Carmosini mentre il premio progetto artistico al trio ACA. Ottima notizia per i giovani, intraprendenti cantautori: quanti si sono presentati a quest’edizione del Cantagiro con un inedito entreranno di diritto nella Compilation del Cantagiro, la cui presentazione è prevista a Sanremo nel periodo del Festival della Canzone Italiana”.
 




Torna Radiosservatore con la seconda stagione: intervista a Carmelo Pipitone dei Marta Sui Tubi

Redazione
 
Torna Radiosservatore con una seconda stagione ricca di sorprese e novità. Giovedì 6 ottobre si è tenuto il ventesimo appuntamento di RADIOSSERVATORE, ovvero L’Osservatore D’Italia  in radio, precisamente su CBP-Radio Activity. Un appuntamento settimanale che accompagna i lettori e i radioascoltatori dalle ore 22.00 in poi con approfondimenti in merito a notizie de L'Osservatore D'Italia.
 
Le notizie vengono approfondite da Angelo Barraco (corrispondente de L’Osservatore D’Italia in Sicilia) affiancato ogni giovedì dal fondatore di Radio Activity, Federico Salluzzo e da Francesco Zingale e con la collaborazione di Paolino Canzoneri. La seconda stagione del programma è stata inaugurata con l’intervista a Carmelo Pipitone, chitarrista della rock band Marta Sui Tubi. Un’intervista in cui si è festeggiato a suon di “Rock” il compleanno dello stesso Carmelo che proprio il 6 ottobre ha spento le candeline in diretta, ripercorrendo passo dopo passo quelle che sono state le tappe fondamentali della sua band, dagli esordi per le vie di Bologna all’esperienza milanese, dalla toccante esperienza con Lucio Dalla che ha portato la band stessa all’incisione di un brano in studio all’esperienza Sanremese. Si è inoltre parlato di progetti attuali e futuri, come la band “Ork” che vede lo stesso Pipitone alla chitarra e altri tre illustrissimi musicisti di fama internazionale che lo accompagnano. La trasmissione è stata introdotta dalla sciabordante musica dell’etichetta Nostress Netlabel, attraverso il quale gli ascoltatori hanno ascoltare le perle sonore di musicisti del calibro di Tau Ceti, Massimo Ruberti, Etterem, Cum Moenia.



"A letto senza cena" il cortometraggio contro i blog che educano all'anoressia

 

di Vincenzo Giardino

 

“La bulimia è come un cancro spesso invisibile. Il regista Patrice Makabu ha voluto guardarla dritta negli occhi senza sconti e senza retorica. I siti pro-ana diventano così dei luoghi grotteschi e malati dove però ci si illude di ricevere l' ascolto che in famiglia è spesso negato”.

 

Così la scrittrice Fabiola De Clercq introduce il nuovo corto di Patrice Makabu dal titolo emblematico “A letto senza cena” dal 10 settembre on line su YouTube, che affronta i disturbi del comportamento alimentare (Dca). Makabu non è nuovo nell' affrontare temi di interesse sociale nelle sue produzioni, e come in passato con “Uccidere la Libertà”, anche questa volta utilizza un linguaggio moderno e diretto, che ben descrive la drammaticità di una situazione ai più poco conosciuta. Il corto, patricinato dalla Città di Torino, è stato interamente realizzato durante lo scorso maggio con il supporto dell' associazione ABA fondata e presieduta dalla De Clercq, prima associazione italiana che da oltre vent' anni si occupa  di disturbi alimentari attraverso i propri centri dislocati sul territorio nazionale.


Presentato in anteprima dalle emittenti del network piemontese Rete 7 attraverso uno speciale giornalistico a cura di Maria Teresa Marinò e del Dott. Alessandro Raggi (ABA), Makabu in questo corto della durata di cinque minuti non si limita a rappresentare una situazione di disagio che nel tempo è stata protagonista di molti spot e di immagini shock che hanno fatto il giro del mondo, bensì a collegarla ad una realtà che denuncia la presenza numerosi blog pro anoressia e pro bulimia che incitano a comportamenti autolesionisti. In Italia circa tre milioni di persone sono affette da disturbi del comportamento alimentare e di queste circa due milioni sono giovani ed adolescenti. I blog pro ana e pro mia giocano un ruolo fondamentale sulla personalità di chi vive immerso in una realtà che si traduce in un vero e proprio allarme sociale, poiché i loro contenuti sono il prodotto di una visione completamente distorta della problematica e della vita, ed inoltre sembrano essere totalmente fuori controllo: chiunque può interfacciarsi con questo mondo virtuale, catapultato nelle false aspettative di una perfezione fisica deviata, mascherata dalle miracolose prospettive di una dieta ferrea saldamente legata al rifiuto della propria immagine e del cibo in generale.
Attraverso i blog a pro anoressia e pro bulimia trovano confronto migliaia di persone, mediate da “esperti” che dei Dca fanno una ragione di vita estraniandosi completamente dalla condizione reale e proponendo i canoni di una realtà deviata e pericolosa, dove una serie di comportamenti anomali rientra in un meccanismo ben collaudato di autodeterminazione al raggiungimento di un disastroso obiettivo.


In “A letto senza cena” viene rappresentato uno stralcio della vita quotidiana di una ragazza adolescente vista attraverso lo sguardo distaccato di un ipotetico spettatore, che di lei intercetta il forte condizionamento mentale, entrando di fatto nella visione alterata che scandisce i ritmi frenetici di una continua fuga dalla realtà.
Il cortometraggio oltre che diretto è stato prodotto dallo stesso Makabu, che considerando l' attualità della problematica trattata ha deciso mettere a disposizione del pubblico per la libera condivisione sui social network, rendendo immediatamente palese l' intenzione di una video denuncia del fenomeno dei blog che incitano a comportamenti autolesionisti.


Nel cast la giovanissima Nikla Minolfi, Michele Franco (La trattativa – S.Guzzanti), Loredana Sileo (Il principe dei tarochi – M.Griggion), Katia Benassi, Andrea Signorino, Davide Sussolano, Lorenzo Felace, Giulia Tivero (Nine – M.Laversa, J.Di Donato, R.Dalboni), Giulia Papani. Music score Emiliano Muscillo, Carlo Romeo.
 




Morto Gian Luigi Rondi: decano dei critici italiani

 

di Paolino Canzoneri

 

ROMA – Il 2016 verrà ricordato a lungo per l'alto numero di grandi personaggi illustri e storici passati a miglior vita. A lasciarci questa volta è il decano dei critici Gian Luigi Rondi che si è spento la notte scorsa alla veneranda età di novantaquatto anni che con il suo inconfondibile sorriso e dal cappotto nero e sciarpa bianca in pieno stile felliniano è stata una presenza fondamentale nella storia del cinema italiano che con le sue assidue recensioni ha regalato al cinema importanti pagine di critica di alto livello e assoluta perizia. Operatore culturale a livello internazionale era nato nel 1921 a Tirano nella provincia di Sondrio in Valtellina ma trascorse quasi tutto il suo tempo nella capitale dove ebbe modo di distinguersi sin dalla sua prima recensione nel 1947 sui film americani che facevano capolino in Italia. Figlio di un Carabiniere Reale, Gian Luigi esordisce scrivendo su un giornale catto-comunista come "La Voce Operaia" suscitando un vero e propro scandalo in famiglia costrerra a correre "ai ripari" imponendogli di falsare la sua firma ma il giovane Rondi insiste e rincara la dose scrivendo le sue critiche su un giornale ancora più di sinistra come "Voce Partigiana" finchè non viene notato dal direttore dell'accademia che lo prende come vice di Teatro portandolo verso la rubrica di cinema lasciata vacante dal drammaturgo Luigi Chiarelli con recensioni di grandi film d'epoca come Casablanca, La grande pioggia, Saratoga ma solo nel 1947 inizierà a firmare le sue recensioni con Gian Luigi Tondi. Un vero e proprio fermento quello che seguì il dopoguerra e Rondi giovane e talentuoso come pochi ebbe modo di interlacciarsi non senza fatica con registi dal valore titanico come Roberto Rossellini, Luchino Visconti, suo lontano parente, e Vittorio De Sica e non di meno frequentò anche attori allora studenti dell'accademia d'Arte Drammatica come Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi che è risaputo divennero icone assolute della grandezza indiscussa del cinema italiano di quei tempi. Durante la lavorazione del capolavoro "La terra trema" di Visconti riuscì ad entrare in confidenza con il regista che gli confidò le difficoltà nascoste del mondo cinematografico italiano che nonostante il successo e il riconoscimento aveva insidie e difficoltà gestionali al suo interno che non lasciavano sereni neanche i grandi registi. Ne nacque una bellissima amicizia durata tutta la vita. Nel 1948 ebbe modo di presenziare per la prima volta come critico alla Mostra di Venezia. Vent'anni dopo nel 1968 la mostra venne bloccata per contestazioni e sorsero polemiche fra Zavattini e Bertolucci e Pier Paolo Pasolini. Periodo convulso della storia d'Italia che sconfinò negli anni di piombo dove il terrorismo eversivo investiva e coinvolgeva istituzioni tanto da costringere Rondi stesso a munirsi di scorta della Digos. Gian Luigi è comunque stato un personaggio non esente da polemiche e qualche errore lo commise come quando escluse dalla selezione della Mostra il film "Velluto Blu" di David Lynch interpretato dalla giovane Isabella Rossellini. Nelle sua fitta carriera firmerà anche documentari e cicli di cinematografia per la televisione ma continuerà sempre a scrivere grandi recensioni per il giornale "Il Tempo" come quella per il film di Rosi "Le Mani sulla città". Ha sempre rivendicato con orgoglio d'esser stato un partigiano antifascista di solida fede democristiana e con lo stesso orgoglio è sempre stato grande organizzatore di eventi, rassegne, premi e non di meno un vero e proprio talent scout di registi. Per volere dello stesso Rondi non è prevista una camera ardente e i funerali verranno celebrati sabato per dare modo ai figli che vivono in Francia di arrivare nella capitale. Un personaggio assoluto che non perdeva mai occasione per elogiare il cinema italiano perchè lo amava sinceramente e si è sempre speso per tramandare ai suoi successori questa importante eredità.




Fiction Catturandi – Nel nome del padre. Convenzionalità troppo classica e obsoleta?

di Paolino Canzoneri

Catturandi. Nel nome del padre – Palermo città d'arte e di storia da tempo immemore è stata usata, abusata e presa a pretesto quale ottima sceneggiatura cinematografica per film, sceneggiati e gialli racchiusi con un unico denominatore comune che è la mafia. Luca Rossi e Alessandro Fabbri hanno curato regia e sceneggiatura per una nuova coproduzione Rodeo Drive e RaiFiction di un nuovo evento televisivo che ha fatto capolino tra le primissime novità dei palinsesti televisivi della TV di Stato per questa estate che volge al ternine. Un nuovo evento presentato in pompa magna da giornali e media come una Fiction diversa dalle solite, una Fiction legata alla lotta delle istituzioni contro il fenomeno criminale mafioso ma espressa e raccontata da un squadra della Polizia, la Catturandi che svolge un azione coordinata di indagine capillare fatta di appostazioni, spionaggio, sorveglianze elettroniche e intercettazioni con lo scopo di mettere le manette ai grandi capi di cosa nostra. Fabrizio Costa regista per la televsione di Don Matteo e dei serial La bella e la bestia e Rosso San Valentino ha scelto un cast di attori del calibro di Anita Caprioli che interpreta Palma Toscano una donna determinata e col chiodo fisso di voler catturare Natale Sciacca (Vincenzo Amato), Massimo Ghini, Leo Gullotta e Alessio Boni. Una trama che durerà sei puntate che evidenzia lo sforzo e l'impegno della Rai per provare a rappresentare e offrire un prodotto alternativo e di facile presa da porre in contrapposizione allo strapotere delle fiction delle altre emittenti a pagamento che con investimenti da capogiro dentengono al momento la piena padronanza del genere. Basti pensare alla famosa serie "Gomorra" le cui due stagioni sono state tradotte e vendute in decine di paesi di tutto il mondo. In casa Rai proviamo ma arranchiamo un po nel cercare di proporre prodotti avvincenti dalla facile presa ma contestualizzati in realtà dolorose ai limiti del cattivo gusto. Non sempre la mafia, argomento serio e doloroso non solo per i siciliani, è stato abusato per innesti romanzeschi dal sapore vagamente poliziesco e spesso di scarsa fattura. Lo sforzo di raccontare il lato umano, le conflittualità della protagonista Palma Toscano alle prese con  incubi personali, il padre ucciso e amori non facili, provano ad "insaporire" una trama lunga forse un po già vista come forse già viste e un po obsolete appaiono quelle immagini al "rallenty" un po in pieno "american style" che neanche le serie culto di oggi come appunto "Gomorra" o "Il trono di spade" ne hanno mai usate come effetto in qualche scena. Ad oggi la fiction italiana soffre una concorrenza fortissima dove servono idee veramente originali.  Perseverare scegliendo ambientazioni e soggetti un po troppo inflazionati non portano a niente e non funzionano neanche più quelle fiction biografiche dove un personaggio storico diventa protagonista principale in cui si esaltano solo le doti e troppo spesso si omettono e nascondono scivoloni, lati oscuri e scheletri negli armadi. Non è più tollerabile che le direzioni della TV di Stato seguino una linea "borghese-cattolica" con fiction leggere e con la classica e serafica conclusione del "e vissero tutti felici e contenti" in un mondo dove la realtà, la cronaca e il serio lavoro della lotta delle istituzioni contro la mafia non fa nessuno felice e contento. La serie Catturandi riesce ad offrire una notevole prova di recitazione ma da attori di quella portata questo elemento appare scontato e non ci si poteva aspettarne il contrario. Serve forse più coraggio nel ricreare scenicamente la realtà cruda senza alleggerimenti e tecniche di riprese e montaggio meno sorpassati provando a sviluppare meglio le trame di cronaca distaccandosi dalle convenzionalità classiche del genere poliziesco.




“Dentro la vita”: viaggio nel romanzo di Flora Caruso


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di Tiziana Bianchi

Che la realtà possa superare la fantasia è certamente noto ma, in quali termini possa accadere, come nel caso di DENTRO LA VITA, il libro autobiografico di Flora Caruso, è davvero inimmaginabile. Un’infanzia felice quella di Flora che declina progressivamente, in pochi anni, verso il buio di una grave retinopatia congenita fino ad arrivare all’oscurità di una violenza sessuale subita nel corso dell’adolescenza. Una vita ricca di eventi, densamente vissuta nella unicità del complicato, ma meraviglioso, contesto della città di Napoli, nella quale l’autrice nasce nel 1957 e vive attualmente. Consigliere dell’Unione Italiana Ciechi, tre mariti, due figli, molte amiche, viaggi, sport, attività sociale, ma anche conviventi violenti e truffatori. Come osservato nella Prefazione dalla filosofa Esther Basile, con questo libro Flora affronta un “…viaggio dentro un romanzo, il romanzo della sua vita”, narrandola attraverso minuziose e, talvolta, crude ricostruzioni che ci raccontano il passaggio dalla luce al buio della cecità grazie alla quale, però, da non vedente ha imparato a guardare…

Flora, nella copertina del libro ha voluto evidenziare questa frase: “Non posso vedere ma posso guardarti”, cosa significa?

La repentina privazione della vista che mi ha strappato dal “mondo visibile”, mi ha insegnato, mio malgrado, a “guardare” laddove, troppo spesso, il vedente non si spinge. E, andando oltre, ho acquisito una consapevolezza del mondo che mi consente, ogni giorno, di vivere dentro la vita.
Improvvisamente Flora s’interrompe e, dopo qualche secondo di silenzio, con tono fermo e deciso, prosegue.
Non sono più spettatore della mia vita. Alla cecità mi sono adattata ma certamente mai rassegnata. E` con l’adattamento a questa nuova condizione che sono riuscita a sottrarmi ad una più pericolosa oscurità, quella della depressione.

 

Ripercorrendo la sua vita, introduce il lettore nel mondo dei non vedenti con sfumature inaspettatamente molto divertenti, come le tre cieche alle prese con i coriandoli, piuttosto che la fettina di carne confusa per un panno per spolverare. Quanto ha pesato la condivisione della sua condizione con altre persone non vedenti?
Direi che e` stato determinante. In una prima fase della malattia sono stata ostile al mondo dei ciechi perché non accettavo la mia condizione, la rifiutavo, punto e basta! Ad un certo punto mi decisi e mi recai presso l’Unione Italiana Ciechi dove, mentre ero completamente smarrita – non solo fisicamente – un giovane insegnante di nome Riccardo, totalmente cieco – mentre io, invece, avevo ancora un piccolo residuo visivo – con passo deciso, senza esitare, mi accompagnò nella stanza del direttore. Incredibilmente, lui, in una condizione sfavorevole rispetto alla mia, si muoveva come un vedente. In quell’occasione compresi chiaramente che la qualità della mia vita avrebbe potuto essere ben diversa. Ed, in effetti, lo e` stata perché l’adattamento alla mia condizione mi ha illuminato la strada da percorrere per “imparare ad essere cieca” prima di divenirlo del tutto.

 

La città di Napoli, una città del sud, assume chiaramente un ruolo pregnante nella sua vita di donna cieca portandola, anche se indirettamente, a contatto con il mondo della camorra. Come hai vissuto quegli anni?
Sono stati anni vissuti intensamente, una palestra di vita. A tratti mi sono addirittura sentita più fortunata di alcune donne vedenti, succubi di situazioni familiari di arretratezza culturale, radicate in habitat ancora più infimi. Immaginate, poi, se la donna in questione e` anche cieca! Mi riferisco alle mie amiche di sempre, Vicky, Adriana, Luana…mi hanno dato e continuano a darmi moltissimo. Da Vicky c’e` tutto da imparare. Una donna che e` riuscita a lasciare un marito camorrista e a salvare i propri figli. Adriana che, preso il cosiddetto toro per le corna, decidendo di denunciare un marito ubriacone e bugiardo, è stata stuprata da un operatore di giustizia. Luana, affetta dalla più crudele delle cecità, quella dei medici. Curata per anni per una demenza precoce mentre, invece, un meningioma (totalmente ignorato) cresceva nella sua testa facendola diventare cieca con l’ulteriore perdita del gusto e dell’olfatto a 48 anni. Tutto evitabile se il meningioma fosse stato rimosso prima.


Anche il mare e` un  elemento importante della sua vita. Le vacanze felici, il primo bacio, il marito marinaio e persino un’immersione a più di 20 metri di profondità.
Il mare e` quasi un richiamo ancestrale, la vita per me. Mi sono sentita nascere quando ho fatto l’immersione in quel mondo fluido, senza barriere dove, finalmente, mi sono sentita libera, senza quella che noi ciechi definiamo la “paura del muro” che ci fa stare sempre un po’ ritratti, rigidi, insomma. Una volta, invece, ci stavo per morire; mentre nuotavo le cinghie di una specie di giubbetto salvagente, facendomi effetto cappio mi tirarono sott’acqua, ero quasi morta e, quando sono stata riportata a galla, mi e` sembrato di rinascere.

 

Le condizioni di salute di suo padre (epilettico e cieco) per lunghi periodi lo costringevano lontano dalle mura domestiche ma, ciononostante, in relazione alla sua cecità sembra abbia svolto un ruolo preminente rispetto a quello di sua madre.
Si, e` cosi. Papà, facendo il panettiere lavorava la notte ed era più facile che fosse con noi bambine di giorno. Mamma era infermiera con turni estenuanti, giorno e notte. Ma in effetti lei era sicuramente più cupa ed introversa di papà che, invece, era più allegro ed espansivo. Lui è stato di grande supporto, un riferimento per me. Mamma ha sempre rifiutato la mia cecità che, invece, per papà non era un problema, lui ci conviveva chiedendo sempre aiuto. Ma in quegli anni non avevo capito che lui era cieco, perché mamma giustificava tutto con: “papà non vede bene” mentre la realtà era ben diversa.

 

Se oggi incontrasse la sua vecchia insegnante di matematica che la invitò a lasciare la “scuola per ragazzi normali” mentre le era stata fornita la diagnosi di “cecità isterica”, insomma frutto di un capriccio della psiche, rispetto alla quale era attesa la guarigione, cosa le direbbe?
Le direi che essere insegnante significa anche aiuto alla crescita e non solo didattica.
All’istante, aggrottando le sopracciglia, lo sguardo le si fa cupo e severo.
Fu davvero un messaggio diseducativo. Persone cosi dovrebbero tenersi alla larga da qualsiasi forma d’insegnamento. Oggi, il ruolo degli insegnanti di sostegno è di assoluta importanza, hanno una grande responsabilità e devono essere ben preparati. Purtroppo, però, troppo spesso, i corsi di specializzazione sono frequentati superficialmente e soltanto per avere qualche punto in più in graduatoria.

 

Dopo tanti anni, per la prima volta, attraverso il libro, ha deciso di denunciare l’incontro con “l’uomo nero”. Si e` pentita di non averlo fatto prima?
Certamente, moltissimo. La mia vita sarebbe stata indiscutibilmente diversa! Magari non mi sarei sposata a 15 anni perché avrei naturalmente lasciato quel ragazzo al quale, invece, mi sono aggrappata, per paura di restare sola dopo quello che mi era accaduto. Ma ero piena di sensi di colpa: mia la colpa di aver voluto sciogliere i capelli, di aver voluto indossare la minigonna, di essere passata dove mi era stato detto di non passare. Papà sarebbe morto di crepacuore e mamma forse mi avrebbe gonfiato di botte per la vergogna che avrei rappresentato. Ma ora lo so, ho certamente sbagliato, le violenze vanno denunciate.

 

Il “primo riscatto” e` stato quello di riuscire ad entrare nel mondo del lavoro dopo il conseguimento del diploma di qualifica per centralinisti non vedenti. In quali altri ruoli, oggi, un cieco può riscattarsi? Nel corso degli anni si sono create nuove possibilità di impiego per i non vedenti?
Si, oggi la figura del centralinista è praticamente scomparsa, non serve più. La tecnologia svolge un ruolo molto importante creando maggiori possibilità di accesso al lavoro come ad esempio nel campo dell’informatica, delle lingue, dell’insegnamento. Ma bisogna studiare e formarsi per prepararsi adeguatamente al mondo del lavoro, la cecità non può essere un alibi. Era vero nel passato e lo è, tanto più, oggi: non ci sono spazi per coloro che non s’impegnano. Il nostro Presidente dell’Unione Italiana Ciechi di Napoli è un esempio lampante: laureato in giurisprudenza ed impiegato nel settore informatico presso l’Università.

 

Lei sostiene che i preconcetti verso la cecità possono sfociare in un eccesso di protezione oppure in un rifiuto, più o meno manifesto. Ad oggi, quali dei due comportamenti ha  maggiormente registrato?
Nella mia personale esperienza alla fine ho registrato maggiormente atteggiamenti di rifiuto per paura o per egoismo. Troppo difficile confrontarsi con un problema complicato da gestire, mentre i propri problemi sono al centro dell’universo. E` per questa ragione che tocca a noi andare incontro agli altri del “mondo visibile” per accompagnarli delicatamente nel nostro mondo. Ma la sofferenza peggiore, che maggiormente subisco, è senz’altro l’indifferenza, la chiusura mentale rispetto alla quale nulla si può.

 

Vivere Dentro la Vita ed esserne protagonisti è la sua arma per sconfiggere la cecità?
Vivere dentro la vita non serve a sconfiggere soltanto la cecita` ma, soprattutto, a riappropriarsi di se stessi per non subire passivamente gli eventi ed avere, quindi, una visione globale del mondo. Vivere dentro la vita è la cosa migliore che tutti possiamo fare, vedenti e non vedenti.
 




The Beatles – Eight days a week, il film del regista premio Oscar Ron Howard

Redazione

Dal regista premio Oscar Ron Howard, un film evento sui quattro ragazzi di Liverpool che hanno conquistato il mondo: The Beatles – Eight days a week. Martedì 13 settembre la presentazione alla stampa, a Roma e a Milano.

Il racconto delle imprese live della band dai primi giorni ai concerti che hanno fatto la storia della musica, dai tempi del Cavern Club di Liverpool fino allo storico Candlestick Park di San Francisco sarà nelle sale italiane per sette giorni solamente dal 15 al 21 settembre con Lucky Red. La Premiere Mondiale si terrà a Londra, a Leicester Square, il 15 settembre del 2016.

Il film è la storia di come John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr si sono uniti diventando quel fenomeno straordinario che tutti conosciamo come "I Beatles." Un racconto – con la piena collaborazione di Paul McCartney, Ringo Starr, Yoko Ono Lennon e Olivia Harrison – costituito da preziosi filmati rari e inediti, che esplora il dietro le quinte della band, il modo in cui prendevano le decisioni, creavano la loro musica e costruivano insieme la loro carriera.Il film mostra l'incredibile personalità e lo straordinario dono musicale che caratterizzavano ciascuno di loro. Il vincitore del Grammy Nigel Sinclair della White Horse Pictures, Scott Pascucci e il vincitore dell'Academy Award e dell'Emmy Brian Grazer di Imagine Entertainment sono i produttori del film insieme ad Howard. Jeff Jones e Jonathan Clyde della Apple Corps Ltd. sono i produttori esecutivi, assieme a Michael Rosenberg della Imagine e a Guy East e a Nicholas Ferrall della White Horse.