Magliano Sabino, al teatro Manlio va in scena “In nome del padre, della madre, dei figli”: il terzo capitolo della trilogia

Lo spettacolo prova a ragionare su quella strana generazione allargata di “giovani” tra i 18 e i 45 anni che non ha intenzione di dimettersi dal ruolo di figlio

Terzo capitolo della trilogia In nome del padre, della madre, dei figli, lo spettacolo di Mario Perrotta Dei figli, con la consulenza alla drammaturgia Massimo Recalcati, sarà in scena il 5 marzo ore 21.00 al Teatro Manlio, nell’ambito della stagione teatrale 2022, nata dalla collaborazione tra il Comune di Magliano Sabina, ATCL Circuito multidisciplinare del Lazio sostenuto da MIC – Ministero della Cultura e Regione Lazio, e La Mirabilis Teatro societas.

Lo spettacolo con Luigi Bignone, Dalila Cozzolino, Matteo Ippolito, Mario Perrotta con la collaborazione in video di Arturo Cirillo, Alessandro Mor, Marta Pizzigallo, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano e in audio di Saverio La Ruina, Marica Nicolai, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano, prova a ragionare su quella strana generazione allargata di “giovani” tra i 18 e i 45 anni che non ha intenzione di dimettersi dal ruolo di figlio. Non tutti, per fortuna, e non in ogni parte del mondo. Ma in Italia sì, e sono tanti…

«Una casa che è limbo, che è purgatorio, per chiunque vi passi ad abitare. Vite in transito che sostano il tempo necessario – un giorno o anche una vita – pagano un affitto irrisorio e in nero e questo li lascia liberi di scegliere quanto stare, quando andare. Solo uno sosta lì da sempre: Gaetano, il titolare dell’affitto. Al momento, le vite in casa sono quattro. Vediamo tutti gli ambienti come se i muri fossero trasparenti. La casa è fluida, come le vite che vi abitano. Le uniche certezze sono quattro monitor di design, bianchi, come enormi smartphone. Su ognuno di essi stanziano, incombenti, le famiglie di origine degli abitanti: genitori, sorelle, cugini… 13 personaggi per un intreccio amaramente comico, un avvitamento senza fine di esistenze a rischio, imbrigliate come sono nel riflettere su sé stesse» scrive Mario Perrotta

«Una delle grandi mutazioni antropologiche del nostro tempo riguarda la cronicizzazione dell’adolescenza. Se prima la giovinezza era legata alla pubertà e si concludeva con la fine dell’adolescenza, oggi l’adolescenza non è più il riflesso psicologico della “tempesta” psicosessuale della pubertà bensì una condizione di vita perpetua che tende a cronicizzarsi. Quando questo accade in primo piano è la difficoltà del figlio di accettare la separazione dai genitori per riconoscersi e viversi come adulto. L’adolescenza perpetua impedisce infatti al figlio di divenire uomo assumendo le conseguenze dei propri atti anziché colpevolizzare il mondo degli adulti identificandosi nel ruolo della vittima tanto innocente quanto inconsolabile. Il nuovo spettacolo di Mario Perrotta indaga queste e altre sfumature dell’esser figlio sine die, senza però dimenticare la forza, lo splendore e l’audacia straordinaria della giovinezza» afferma Massimo Recalcati.




San Cesareo, al teatro Giulanco va in scena “Se il tempo fosse un gambero”: Un grande musical per tutta la famiglia

Dal 4 marzo al 10 aprile (venerdì e sabato ore 21 e domenica ore 18)

SAN CESAREO (RM) – Al teatro Giulanco di San Cesareo l’associazione ‘Marionette senza fili’, guidata dal direttore artistico Claudio Tagliacozzo, torna in scena con il musical per tutta la famiglia “Se il tempo fosse un gambero”, dal 4 marzo al 10 aprile (venerdì e sabato ore 21 e domenica ore 18).

Tornare indietro nel tempo…Ipotesi affascinante, sogno antico quanto l’uomo stesso, motivo ispiratore di generazioni di scrittori. Questo sogno è accompagnato in Se il tempo fosse un gambero da una colonna sonora memorabile -del compianto Trovaioli- e dalla leggerezza e dal divertimento del testo originale proposto in un moderno adattamento. Tutto prende il via dall’ottantenne Adelina (Manuela Serpetti), nubile da sempre, che mentre assiste alle prove di una sgangherata compagnia teatrale, piena di nostalgia per la giovinezza perduta, resta affascinata da una canzone che i giovani cantano e ballano, ed allora esprime un desiderio segreto e mai sopito, per il quale venderebbe anche l’anima al diavolo: tornare a quando aveva 20 anni e poter così sposare quel Principe Poniatowskij (Angelo Giovannetti) che aveva chiesto la sua mano e che lei aveva rifiutato. Tanto basta per risvegliare l’interesse del Re delle Tenebre (Alessandro Ernesti), grande collezionista di anime buone, il quale invia sulla Terra un suo emissario allo scopo di far commettere alla candida Adele quel peccato che non commise in giorventù. Il compito è modesto e non sembra presentare eccessive difficoltà. Ma, l’incaricato di carpire l’anima della vecchietta è una specie di impiegato di serie “C” (Claudio Tagliacozzo), fanalino di coda delle “Legioni infernali”. Ma, tornare indietro nel tempo non basta a cambiare il carattere di Adelina. Il nostro diavolo ce la mette tutta per corrompere e tentare la sua preda: nonostante i suoi sforzi, la sua abilità di trasformista e l’appoggio di Sora Lalla (Claudia Murru) madre di Adele (lusingatissima all’idea che sua figlia possa diventare principessa) la ragazza non è di facile “cattura”. Ogni tentativo di approccio tra il Principe e Adelina si conclude però con uno schiaffo, proprio come 60 anni prima. Ma se il Male non ha presa sull’anima schietta di Adelina, ecco che invece, il Bene da lei rappresentato, comincia ad esercitare un curioso fascino sul nostro Max che, proprio ad un passo dalla vittoria, compie un gesto imperdonabile per un essere infernale. Riuscirà Max a riconquistare il suo diabolico prestigio? E, Adelina, riuscirà a salvarsi l’anima? Non è detto, perché il Grande Tentatore odia le sconfitte e non demorde così facilmente. Le scommesse sono aperte. Tuttavia tanto per darvi un amichevole suggerimento sappiamo che noi crediamo nell’Amore, abbiamo fiducia nel Bene e siamo irresistibilmente attratti dal Lieto Fine. Una grande produzione per le Marionette senza Fili, che arrivano al loro sesto musical.

Claudio Tagliacozzo ci tiene a ribadire “Un ringraziamento speciale va a tutto il cast che annovera ben 24 elementi tra attori, ballerini e tecnici, che in questo momento pandemico ha trovato la forza di affrontare, tra tamponi e mascherine, tre intensi mesi di prove, al fine di poter far rivivere l’Arte Pura che contraddistingue Marionette senza Fili da ben 24 anni. Grazie alla MD ITALIA S.p.A. capitanata da D’Amico Stefano per il contributo offerto a sostegno delle scenografie. Ma soprattutto grazie a mia moglie Manuela, perché riesce sempre a trovare la giusta sintonia tra i suoi sogni ed i miei desideri.”

Cosa altro aggiungere se non: Venite a teatro, venite a divertirvi con noi! Aiutateci a portare avanti la bandiera della cultura e del teatro in un momento storico non facile in cui abbiamo bisogno di stare insieme in modo spensierato!

Vi aspettiamo numerosi!




Pier Paolo Pasolini, l’impegno civile costante a favore della società dei deboli

Ricordo, con mio figlio sulle spalle, in mezzo a grande folla, a Campo dé Fiori, allorché in un freddo pomeriggio di novembre del 1975 Alberto Moravia, a Roma, diede palese sfogo al  suo dolore per l’ignominia dell’assassinio di Pier Paolo Pasolini: “i poeti sono materiale raro, ne affiora uno ogni secolo”:  i presenti commossi e addolorati, il grande scrittore in visibile turbamento, ai piedi del monumento di Giordano Bruno. Quale fatale coincidenza: Giordano Bruno e Pier Paolo Pasolini, due autentici e  genuini martiri della libertà  e del libero pensiero, due miti e umili e dolci  creature, messi a morte dalla violenza ed arroganza e fondamentalismo  del potere, non uso alla convivenza con la  qualità non comune di siffatti  personaggi, infastidito  anzi mortalmente ostile alle loro parole e attestazioni.  Infatti PPP fu vittima non del miserabile giovincello che era con lui bensì come ripetutamente  affermato e sostenuto pur se non provato né tantomeno approfondito e indagato, del potere occulto  di quel momento  storico sulla scena del Paese, potere intriso di viltà e di ipocrisia e, nel complesso, di  bieca ignoranza. Anche Giordano Bruno, secoli prima, arso vivo dalle gerarchie perché non aveva  voluto rinnegare le proprie idee e pensieri di fronte all’arroganza delittuosa e pochezza morale nonché ferocia del potere clericale imperante.

Non vogliamo ricordare di Pier Paolo Pasolini il suo impegno di poeta o quello di significativo e rivoluzionario cineasta, di artista pittore, di indagatore e protettore dei deboli delle borgate  romane, o quello di giornalista  e divulgatore e nemmeno della sua figura di poeta e di grande scrittore o della sua professione di fede per  Marx e per Cristo: il suo contributo impagabile va individuato e messo in evidenza nell’impegno civile costante a favore della società dei deboli. I grandi nemici invisibili e perciò ancora più micidiali, sono il capitalismo e la globalizzazione che  non tenuti sotto intelligente e severo controllo dal potere politico, hanno devastato  e stanno continuando a  devastare la società  dovunque nel mondo, rendendo l’uomo schiavo, solo un consumatore di beni quasi tutti inutili, preda e succube completo del mercato e in generale, ecco la disgrazia,  non dispone di antidoti e di difese culturali e morali atti a tutelarlo e perciò  progressivamente subisce le conseguenze che il capitalismo mondiale persegue e ambisce: precarietà, paghe basse, delocalizzazioni, cementificazione selvaggia e criminale del Paese, la corruzione generalizzata, privilegi inauditi di certe categorie, la proletarizzazione della comunità, al fine di ingrassare le proprie attività e accrescere i profitti. Ed è in tale specifico contesto  di autentico pur se non consapevole vero e proprio ‘genocidio’ dell’uomo da parte del sistema capitalistico  e finanziario che Pier Paolo Pasolini spiattella e appalesa i soli veri colpevoli imperdonabili del disastro sociale cui si è pervenuti essendo venuti meno o non effettivi, i rimedi  e le difese che al contrario sarebbero stati obbligati istituzionalmente a fornire la scuola prima di tutti e la televisione e poi la classe politica specificatamente democristiana, “il nulla ideologico mafioso”, detentrice da sempre del potere  e, non per ultima, la più ‘pericolosa’ e micidiale di tutti, la giustizia/ingiustizia che condanna i deboli e protegge i potenti. Nessuno prima di lui e dopo di lui ha avuto il coraggio civile e la libertà assoluta di coscienza,  sulla propria pelle e a proprie spese, di evidenziare  senza mezzi termini lo stato dei fatti dell’Italia, mettendone in luce  ripetutamente i tanti mali:  tale suo impegno solitario è stato possibile portarlo alla conoscenza del pubblico italiano grazie alla sensibilità e disponibilità di alcuni giornali, specie il Corriere della Sera dell’epoca e il Mondo.  E’ vero, altri sensibili scrittori e giornalisti non  hanno fatto mancare le loro denunce, come Antonio Cederna in particolare con riferimento agli abusi edilizi, ma nessuno con la forza e la costanza e soprattutto la profondità e la chiarezza storica di Pier Paolo Pasolini. Il concetto chiarificatore come nessun altro, atto a  descrivere il consumismo e i suoi effetti deleteri, si chiama   “omologazione antropologica”, espressione scientifica da lui coniata, non consente di aggiungere niente altro al già espresso concetto di “genocidio”  della gente: la società si è uniformata al basso, si è ‘borghesizzata’ perché anche la borghesia ha perso il suo spazio tradizionale: ora bassi e alti si incontrano, sono ‘omologhi’!

La scuola diventa produttiva di realtà sociale generalizzata e costruttiva, se guarda in faccia gli scolari seduti sui banchi e ne interpreta uno per uno, i sogni e le necessità vere e non solo e esclusivamente ‘t’amo pio bove’. La televisione come strutturata, vuota, formale, tutta apparenza, parolaia, retorica e patetica, falsa,  è solo veleno continuo per la comunità,  perciò va eliminata,  finché non si rigenera.

L’analisi della società italiana è stata portata avanti col massimo approfondimento e coraggio  e in merito ricordo in particolare, per gli interessati, due libri che contengono i suoi famosi editoriali  “Lettere luterane” e “Scritti corsari”: sono questi interventi giornalistici che qui hanno la preponderanza, ma peso concettuale e insegnamenti  di gran lunga superiori sono  da rinvenire nei suoi romanzi, nei suoi films, e ancora di più  nei suoi libri di poesie.

Quanto in particolare, a mio avviso,  urtò e anche spaventò la classse politica e il potere furono gli ultimi suoi interventi sulla stampa allorché iniziò a  proporre anzi a propugnare  che il ‘palazzo’  -altra sua espressione per indicare il potere-  venisse messo sotto pubblico processo, che un ‘processo’   agli uomini politici dell’epoca, citati  per nomi, venisse celebrato davanti agli italiani.  Qui ci arrestiamo, nella commemorazione.  




Roma, al teatro Tor Bella Monaca va in scena “Love’s kamikaze”

Una delle drammaturgie più politiche di Mario Moretti – – Dal 10 al 12 febbraio 2022

ROMA – Dal 10 al 12 febbraio 2022 va in scena al Teatro Tor Bella Monaca di Roma “LOVE’S KAMIKAZE” una delle drammaturgie più politiche di Mario Moretti, che racconta la straziante storia d’amore tra un’israeliana e un palestinese a Tel Aviv, “risucchiati” da un conflitto  ancora irrisolto nonostante siano trascorsi più di settant’anni.

Tel Aviv 2005: due giovani rappresentanti di due popoli, Naomi, ebrea, e Abdel, palestinese, si amano cercando di dimenticare la sporca guerra e, nello stesso tempo, confrontano e discutono le due civiltà e le diverse motivazioni che animano le due parti.  Qui, tra un amplesso e l’altro, i due giovani mettono a confronto le loro civiltà divise, toccando, ognuno dal proprio punto di vista, i tanti punti che separano i due popoli, fino alla più amara delle consapevolezze. 

Una conclusione tanto inaspettata quanto dotata di tragica verosimiglianza e di emblematica forza dimostrativa suggella lo spettacolo. 

Interpretato da Micol Damilano e Claudio Contartese, per la regia di Mila Moretti, il testo è scritto da Mario Moretti, drammaturgo, attore e regista teatrale, animatore di alcune fra le più fertili realtà teatrali e culturali italiane come il  “Teatro Tordinona”, “Il CaffèTeatro” di Piazza Navona, il Teatro in Trastevere e nel 1982 con Lorenzo Salvati l’Accademia del Teatro dell’Orologio, dove ha ricoperto il ruolo di direttore artistico e docente di drammaturgia. Sua figlia Mila porta avanti con la stessa passione del padre la ripresa di questo spettacolo, tristemente attuale, difendendo i Juliet and Romeo di sempre e per sempre. «Non possiamo sposarci, Naomi» sentenzierà amaramente Abdel e al gesto purificatore e idealista con cui lanciano il loro paradossale messaggio di pace: «Perché è sempre con i corpi che si scrivono le rivoluzioni!». 

NOTE DI REGIA

Love’s kamikaze si innesta naturalmente nel fertile ceppo dell’attualità e dell’impegno civile, a dimostrazione che il teatro non racconta solo favole, ma può anche essere carne, viscere, sangue della nostra impietosa esistenza. E, soprattutto, può portare un mattone, una pietra, un granello di sabbia, per la costruzione dell’edificio della pace. Un’utopia? Perché no? Vengano pure le utopie, se ci aiutano ad uscire per qualche tempo all’aperto, fuori dal nostro bunker quotidiano.




Ex itinere, poesia in tre tempi tra Occidente e Oriente 

L’evento a Roma mercoledì 26 gennaio nella sede dell’Associazione della Stampa Estera

 Una lettura pubblica e condivisa di poesie che attraversano il mondo fatta da giornaliste in diverse lingue, intervallata da interventi e brani musicali: il nuovo libro di Stefania Falasca, giornalista ed editorialista di Avvenire, sarà presentato mercoledì 26 gennaio nella sede dell’Associazione della Stampa Estera a Roma (ore 16.30 – live streaming) in un evento dal titolo Ex itinere. Poesia in tre tempi tra Occidente e Oriente. Sul filo dei viaggi da cronista, spesso al seguito di Papa Francesco, Stefania Falasca ha scritto poesie come sintetici reportage che ci fanno entrare nelle diverse realtà attraversate: dalle sorgenti avvelenate del Grande fiume dell’Amazzonia alle favelas di Nova Iguaçu in Brasile, dal muro della frontiera messicana ai campi profughi della Cisgiordania e della Grecia, dal Mediterraneo alla Cina, sulle strade che da Tibhirine portano a Beirut, a Istanbul, a Najaf in Iraq, ad Auschwitz-Birkenau. L’Autrice entra nelle ferite e nelle piaghe che sfigurano l’umanità; se ne fa carico e ne fa tesoro per restituire le dimensioni di una possibile speranza. Percorrendo i sentieri della memoria, la cronaca si fa poesia condivisibile e riflettibile in molte lingue.L’iniziativa si colloca alla vigilia della Giornata della memoria.

Apre l’evento la scrittrice Edith Bruck, sopravvissuta alla Shoah, che firma la prefazione alla raccolta di poesie pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana. Intervengono: L. Rino Caputo, Cristiana Lardo e Vania De Luca. Leggono: Lucia Capuzzi, Cristiane Murray, Eva Fernandez, Hélène Destombes, Gudrun Sailer, Esma Cakir, Cindy Wooden, Pascale Rizk, Teresa Tseng Kuang Yi, Lina Petri Luciani, Franca Giansoldati. I brani musicali tratti da opere di Beethoven, Respighi, Bellini, Čajkovskij, Tiersen sono eseguiti da Francesca Polenta, soprano, Gemma Gresele e Cecilia Francesca Romana Valente, arpa. Saluti di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Lorenzo Fazzini, responsabile editoriale LEV. Modera l’evento Francesca Serra.L’evento, dalla sede della Stampa Estera, potrà essere seguito in diretta




Roma, al Teatro Manzoni arriva lo show “C’è Costa per te”: il sorriso come rimedio naturale per il benessero psicofisico

ROMA – Due ore di risate e di leggerezza che “alleggerisce”. Questa la ricetta del comico siciliano Antonello Costa in scena al Teatro Manzoni di Roma dal 27 gennaio al 20 febbraio 2022 con il nuovo spettacolo “C’è Costa per te”.

Una sorta di omaggio alla regina della tv Maria de Filippi che, con il suo format dedicato al valore dei sentimenti, fa sorridere i cuori registrando da anni record di ascolti. E cosa c’è di più sano di una risata come farmaco naturale per il proprio benessere psicofisico? Costa  lo sottolinea nel suo varietà insieme alla sorella, la soubrette Annalisa Costa, che da sempre lo accompagna con un bellissimo corpo di ballo.

Ben 13 pillole di puro divertimento legate a 13 personaggi diversi, con altrettanti cambi scena, in un concentrato travolgente di monologhi, canzoni e danza. Uno show dal ritmo serrato ed incalzante, che coinvolgerà anche il pubblico in sala in una parodia di quello che eravamo e che stiamo diventando.

Dal proprio posto, in totale sicurezza, ogni spettatore potrà  trasformarsi per una serata in uno dei protagonisti dello spettacolo e scegliere se recitare o cantare con il poliedrico mattatore, pronto ad affrontare ogni sfida grazie al suo innato talento per ogni forma d’arte.  Un inno alla gioia e all’allegria, che tutte le sere farà esclamare al pubblico: “E’ già finito?!”




Milano, 30mila visitatori per la “straordinaria bellezza sospesa” della mostra “Realismo magico” a Palazzo Reale

“I dipinti di Longhi, Casorati, Oddi, Cagnaccio di Sanpietro rappresentano creature sospese nell’attesa della tragedia della guerra” spiega l’architetto delle luci Francesco Murano

Prosegue “Realismo Magico”, in programma a Palazzo Reale di Milano sino al 27 febbraio 2022, a cura di Gabriella Belli e Valerio Terraroli: l’esposizione, che ha raggiunto i 30mila visitatori, è stata ampiamente apprezzata sia dalla critica che dal pubblico. Il progetto espositivo, promosso e prodotto dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, punta – secondo una precisa ricostruzione filologica e storiografica del fenomeno del Realismo Magico – a far scoprire al visitatore più di ottanta capolavori di questa complessa e affascinante corrente artistica, con un allestimento curato dallo Studio Bellini.

LA “STRAORDINARIA BELLEZZA SOSPESA” DI REALISMO MAGICO – A curare l’illuminazione delle opere è Francesco Murano, oggi tra i più richiesti progettisti italiani d’illuminazione al servizio dell’arte e autore delle luci delle più importanti mostre in Italia. Una esposizione “dalla straordinaria bellezza, tanto delle opere esposte, quanto dell’allestimento dello Studio Bellini”.

Molti dei dipinti esposti derivano proprio dalla collezione di Mario Bellini, uno dei Maestri del design italiano, anche progettista dell’allestimento. “Ebbi la fortuna di conoscerlo quando frequentavo il master della Domus Academy spiega il light designer – che vantava professori come Mario Bellini, Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Andrea Branzi e Clino Castelli con il quale ho iniziato ad occuparmi di luce. E’ stato quindi davvero emozionante ritrovarmi dopo molti anni a collaborare con lo Studio Bellini, come se si chiudesse così un cerchio che avevo cominciato a tracciare più di trent’anni fa”.

LE OPERE IN MOSTRAIl percorso cronologico-filologico ruota intorno a capolavori italiani di questa specifica temperie, a loro volta messi in relazione con alcune opere della Neue Sachlickheit, la cosiddetta “Nuova oggettività” tedesca, che per primo Emilio Bertonati promosse e fece conoscere alla cultura italiana agli inizi degli anni Sessanta attraverso la Galleria del Levante, nelle sedi di Milano e di Monaco di Baviera. I confronti saranno anche con i caratteri del Novecento Italiano di Margherita Sarfatti, dai quali il Realismo Magico si distingue, ma con il quale condivide alcune personalità artistiche come Achille Funi, Mario Sironi, Ubaldo Oppi.

In mostra vengono esposte le opere originalissime di Felice Casorati, come il Ritratto di Silvana Cenni del 1922, così come le prime invenzioni metafisiche di Giorgio de Chirico come L’autoritratto e L’ottobrata del 1924, ma anche le proposte di Carlo Carrà, con Le figlie di Loth del 1919, e Gino Severini con i suoi Giocatori di carte; tutti propongono un originale e tutto italiano “ritorno all’ordine”.

I dipinti di Longhi, Casorati, Oddi, Cagnaccio di Sanpietro rappresentano creature sospese nell’attesa della tragedia della guerra – dichiara Francesco Murano – ma la loro attesa non esprime né dramma né partecipazione e vivono la stessa atmosfera borghese nella quale si muovono ad esempio i personaggi de “Gli indifferenti” di Alberto Moravia. Per molto tempo si è confusa questa indifferenza per complicità e questo ha impedito il reale apprezzamento delle opere di questi artisti che oggi possono essere ammirate senza preconcetti”.

COME ILLUMINARE LE OPERE IN MOSTRA – Dal punto di vista luministico, occorreva ricreare l’atmosfera sospesa, quasi di attesa, che le bellissime opere sembravano richiedere. Per questo Murano, che prossimamente curerà le luci delle mostre di Monet a Genova e a Trieste, di La Chapelle, Cartier Bresson e Chagall a Milano, di Disney e Il Barocco a Roma – ha scelto di sfumare la luce, affinché questa svanisse nella parete scura, così da non interferire in alcun modo con i dipinti e con le sculture.

Per la mostra sono stati impiegati nuovi apparecchi di illuminazione, che si sono rivelati come ottimi proiettori per potenza e qualità della luce – rivela Murano ma che sono ancora privi di alcuni accessori, da me molto adottati, come portafiltri e bandierine. Abbiamo quindi dovuto trovare un modo per applicarvi artigianalmente sia il cinefoil, sottile foglio di alluminio nero usato per tagliare la luce, sia i filtri diffusori utili ad ammorbidirne il contorno”.

BIOGRAFIA DI FRANCESCO MURANO – Francesco Murano è docente nei master di illuminotecnica della Scuola di Design, nonché membro del laboratorio “Luce e colore” del Politecnico di Milano e tiene corsi di design presso l’Istituto Marangoni e in diverse Università italiane ed estere. Architetto, ha conseguito un master presso la Domus Academy. Poi un dottorato di ricerca in disegno industriale con una tesi di laurea dal titolo “Le figure della Luce”. Ha svolto ricerche accademiche, scientifiche, programmi e attività di progettazione per importanti industrie italiane ed estere, concentrandosi sulla progettazione illuminotecnica e illuminando molte delle più importanti mostre d’arte in Italia e all’estero. È inoltre autore del libro “L’illuminazione delle opere nelle mostre d’arte” edito da Maggioli, un prezioso manuale per la corretta illuminazione del nostro patrimonio artistico.




Friuli, in mostra le aurore boreali di Gabriele Menis

Menis è definito ‘cacciatore di aurore boreali’

Sabato 8 gennaio 2022, con inizio alle ore 20.30, presso la sala consiliare del Comune di Majano è in programma l’evento “Arctic Lights – l’aurora boreale e la magia della Lapponia” organizzato dall’Amministrazione Comunale di Majano, Udine, e a cura del fotografo professionista friulano Gabriele Menis.

La serata è moderata dal giornalista Alessandro Di Giusto. Le immagini e i video, correlati da contenuti inediti, ritraggono il fascino dell’estremo nord della Lapponia, fulcro della cultura ‘Sámi’, luoghi dove regna la natura ancora vergine, tra nevi, ghiaccio, renne e le spettacolari “luci del nord”.

“In concomitanza con l’inizio dell’anno nuovo e la fine delle festività natalizie – ha dichiarato il locale assessore alla cultura e alle politiche giovanili, Giulia Benedetti – abbiamo deciso di invitare il fotoreporter friulano Gabriele Menis per far assaporare un po’ di magia della Lapponia anche agli interessati del nostro Comune”. Menis è definito ‘cacciatore di aurore boreali’ perché percorre quei territori da diversi anni e accompagna i viaggiatori in itinerari fotografici fuori dalle rotte turistiche. Le zone ritratte nelle fotografie e nei video raffigurano le terre lapponi più lontane dall’inquinamento luminoso, a nord del Circolo Polare Artico nella zona di Inari, Ivalo e Capo Nord e nei pressi nella Valle del Tornio, fiume che divide la Finlandia dalla Svezia. Al termine dell’evento sarà inoltre disponibile il calendario fotografico 2022, che raccoglie alcune delle più belle immagini scattate da Menis negli ultimi otto anni di esplorazioni nel Grande Nord.

L’ingresso è gratuito, ma è necessario il certificato vaccinale rafforzato. La prenotazione è obbligatoria chiamando l’Informagiovani Majano al numero 0432/948455 int. 234 o mandando una mail a informajano@comune.majano.ud.it.




Amore e Politica: il libro sul connubio esaltato dai Costituenti (per la dignità della persona)

“Ispirazione significa avere rispetto della dignità della testimonianza”. Questo è solo uno dei passaggi chiave del saggio di Angelo Lucarella pubblicato il 23 dicembre scorso con la storica casa editrice Aracne di Gioacchino Onorati.

Il libro registra la partecipazione del giurista Luca Conserva (ideatore del format culturale “Amore Politica” da cui l’opera prende titolo) e la prefazione illustre del Prof. Pino Pisicchio. 

Si tratta di un testo in cui viene riprodotto un dialogo vero tra Lucarella e Conserva, avvenuto a luglio scorso nella sede di Palazzo dell’Università di Martina Franca, con a corollario due ulteriori capitoli su democrazia ed umanizzazione del diritto. In appendice il testo integrale della nostra Costituzione. 

Una breve descrizione del libro, tra pochissimi giorni nelle librerie, spiega come ci sia una stretta relazione tra l’amore e la politica; elementi, quest’ultimi, delle relazioni umane che, a seconda dell’ordine sistematico, possono dare spazio ad almeno due declinazioni od accezioni: la politica per amore e l’amor politico.

Per questo Lucarella e Conserva ricordano come la nostra Costituzione non nasce a caso. È stata partorita in un momento storico molto particolare, sofferto, duro, ma al tempo stesso pieno, colmo e strabordante di passione per la rinascita del Paese dopo la fase bellica.

“La dignità della persona umana, l’uguaglianza, la solidarietà sono solo alcuni dei principi che in essa ritroviamo enunciati e scritti. Principi, quest’ultimi, di chiara irrinunciabilità, indissolubilità, imprescindibilità e che pongono la persona umana al centro delle tutele dello Stato di diritto lasciandosi così alle spalle il ricordo di uno Stato illiberale.

Per questo “Amore e Politica” è ispirazione, sentimento e non irrealismo

Chi è Angelo Lucarella? Avvocato, saggista, editorialista, analista di questioni politiche e giuridiche. È vicepresidente coordinatore della Commissione Giustizia del Ministero dello Sviluppo Economico. Direttore del dipartimento di studi politici, costituzionali e tributari della Federiciana Università p.re. Componente del tavolo di esperti per gli studi sul reddito universale in seno al dipartimento di scienze politiche dell’Università internazionale per la Pace dell’ONU (Roma). Scrive ed interviene su diverse testate nazionali ed internazionali tra cui La Voce di New York, Italia Oggi, Il Sole 24 Ore, Formiche, Filodiritto, L’Occidentale. Con la casa editrice Aracne di Gioacchino Onorati ha pubblicato in merito al famoso “Contratto di Governo” tra Lega e Movimento 5 Stelle nel 2019 a cui è seguita la raccolta “Governo da Contatto”, tra Pd e M5S, nel 2020.  Chi è Luca Conserva? Avvocato giuslavorista, counselor ad indirizzo umanistico esistenziale ed esperto in discipline economiche (cura approfondimenti, prevalentemente, indirizzati al miglioramento del clima lavorativo e delle relazioni umane). È stato promotore e protagonista nel 1993 del movimento politico “Liberi e Solidali”. Ideatore del format “Amore e Politica”: uno spazio di interazione con persone sensibili al tema di promozione della liberazione interiore dell’uomo attraverso la consapevolezza del sé creativo. Ha pubblicato L’Individuo Mondano (Nuova Editrice Apulia, 1996).




Roma, palazzo Braschi: oltre 80mila visitatori per la mostra Klimt

Il light designer Francesco Murano racconta le tecniche adottate per l’allestimento

ROMA – Grandissimo successo di pubblico per la mostra Klimt. La Secessione e l’Italia che, dalla sua apertura lo scorso 27 ottobre, ha visto un’affluenza totale di oltre 80mila visitatori amanti del grande pittore austriaco che con le sue opere ha scritto una delle pagine più significative del Novecento europeo. La mostra ripercorre le tappe dell’intera parabola artistica di Gustav Klimt, ne sottolinea il ruolo di cofondatore della Secessione viennese e – per la prima volta – indaga sul suo rapporto con l’Italia, narrando dei suoi viaggi e dei suoi successi espositivi.

LE OPERE IN MOSTRA – Klimt e gli artisti della sua cerchia sono rappresentati da oltre 200 opere tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture, prestati eccezionalmente dal Belvedere Museum di Vienna e dalla Klimt Foundation, tra i più importanti musei al mondo a custodire l’eredità artistica klimtiana, e da collezioni pubbliche e private come la Neue Galerie Graz. La mostra propone al pubblico opere iconiche di Klimt come la famosissima Giuditta I, Signora in bianco, Amiche I (Le Sorelle) (1907) e Amalie Zuckerkandl (1917-18). Sono stati anche concessi prestiti del tutto eccezionali, come La sposa (1917-18), che per la prima volta lascia la Klimt Foundation, e Ritratto di Signora (1916-17), trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e recuperato nel 2019.

Klimt. La Secessione e l’Italia è una mostra promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, co-prodotta da Arthemisia che ne cura anche l’organizzazione con Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con il Belvedere Museum e in cooperazione con Klimt Foundation, a cura di Franz Smola, curatore del Belvedere, Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente Capitolina ai Beni Culturali e Sandra Tretter, vicedirettore della Klimt Foundation di Vienna.

KLIMT E LA SUA SCELTA “RIVOLUZIONARIA” – A curare l’illuminazione delle opere in mostra è Francesco Murano, tra i più richiesti progettisti italiani d’illuminazione al servizio dell’arte e autore delle luci delle più importanti esposizioni in Italia. È la seconda volta che Murano illumina le opere dell’artista austriaco, con la prima a Milano in una grande mostra a lui dedicata a Palazzo Reale.

Anche allora ciò che mi ha impressionato di più è stata la bravura tecnica del Klimt antecedente la Secessione Viennese – dichiara Francesco Murano – Un’abilità immensa che mi ha fatto capire come la scelta “decorativa” del 1997 sia andata maturando in un artista che ha voluto rimettere in gioco il vertice figurativo al quale era arrivato. Una scelta davvero “eroica”, “rivoluzionaria” per l’intera storia dell’arte, e che ha precedenti solo in altri sommi artisti, come nell’ultimo Rembrant, la cui conversione non ebbe però la stessa fortuna”.

COME ILLUMINARE GLI ORI DI KLIMT – Illuminare Klimt, specie quello successivo alla Secessione vuol dire fare i conti con l’oro che brilla nei quadri e in questo caso anche nelle dorature dell’allestimento ideato da BC Progetti. “E’ essenzialmente un problema di equilibrio tra il soggetto e la decorazione che lo circonda, entrambi protagonisti dell’opera di Klimt – spiega Murano – Anche in questo caso sono stati utilizzati dei sagomatori, speciali apparecchi capaci di circoscrivere la luce sull’opera, ma sono stati sempre sfocati o sfumati con filtri diffusori per fare in modo che la luce sembrasse emanare dall’opera stessa”.

L’architetto delle luci, dopo aver illuminato anche Monet a Palazzo Reale a Milano, Boldini a Palazzo Albergati a Bologna, Mondrian al Mudec di Milano, Wonder Woman Palazzo Morando e TvBoy sempre al Mudec, è attualmente impegnato in nuovi allestimenti. “Sto illuminando alla Pinacoteca di Como una grande opera di Paolo Pagani, un grande pittore della metà del Seicento conosciuto più all’estero che in Italia. Poi ho in programma Monet a Genova, Chagall a Milano, tutta una serie continua di impegni che dovrebbe culminare con l’illuminazione di Rembrant a Riyad”.

BIOGRAFIA DI FRANCESCO MURANO – Francesco Murano è docente della Scuola di Design, nonché membro del laboratorio “Luce e colore” del Politecnico di Milano. Architetto, ha conseguito un master presso la Domus Academy. Poi un dottorato di ricerca in disegno industriale con una tesi di laurea dal titolo “Le figure della Luce”. Ha svolto ricerche accademiche, scientifiche, programmi e attività di progettazione per importanti industrie italiane ed estere. Concentrandosi sulla progettazione illuminotecnica e illuminando molte delle più importanti mostre d’arte in Italia e all’estero.




Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri, in mostre parallele a LE STANZE DEL VETRO a Venezia

Nel 2021, anno in cui la Venini celebra il suo centenario, LE STANZE DEL VETRO pro­pongono un progetto speciale a cura di Marino Barovier: Tapio Wirkkala alla Venini e Toni Zuccheri alla Venini. Due mostre a LE STANZE DEL VETRO, aperte al pubblico, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia, dal 21 novembre 2021 al 13 marzo 2022.

Si tratta di due esposizioni distinte e parallele nello stesso spazio che, attraverso 200 opere in vetro, raccontano le esperienze muranesi di due grandi artisti presenti in for­nace Venini, sia contemporaneamente che in tempi diversi, soprattutto nella seconda metà degli anni Sessanta: Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri. Ognuno di loro, con la sua forte personalità, contribuì a caratterizzare la produzione della vetreria che, in quegli anni di grande trasformazione, non solo seppe proporre nuovi modelli senza rinunciare all’uso del colore, nonostante in quel momento a Murano l’uso del vetro cristallo fosse preponderante, ma riuscì anche a rispondere alle nuove esigenze di essenzialità provenienti dal mondo del design.

Tapio Wirkkala alla Venini

Il celebre designer finlandese Tapio Wirkkalaesordì alla Biennale di Venezia nel 1966 dove si poterono apprezzare gli eleganti esiti del suo lavoro. Forte di un’esperienza nel mondo del vetro nordico presso la manifattura Iittala, Wirkkala coniugò la sua cultura con le tipiche lavorazioni muranesi, dalle quali rimase affascinato, che gli offrirono nuove possibilità espressive: prese progressivamente confidenza con la tecnica della filigrana e con la “scoperta” del colore, ricorse spesso alla tecnica dell’incalmo per l’esecuzione di manufatti policromi in vetro trasparente affiancando cromie diverse, in prevalenza dai toni freddi, ma anche con note vivaci. Ne sono un esempio, tra l’altro, le Meduse realizzate in filigrana sommersa, i vasi Pianissimo, i Gondolieri, dalle forme essenziali come i Coreani e le famosissime Bolle, serie queste ultime destinate a un grande consenso. Caratteristico della sua ricerca è anche l’impiego di murrine di grandi dimensioni, che egli utilizzò in particolare per l’esecuzione di una serie di piatti. In un continuo lavorio, le serie successive nacquero da ulteriori sperimentazioni con l’impie­go di stampi, soprattutto nei nuovi piatti, e da variazioni sul tema della filigrana spesso accostata al vetro opaco.

Toni Zuccheri alla Venini

La sperimentazione sulla materia vitrea e sui processi di lavorazione sono invece le note distintive di Toni Zuccheri che, ancora studente di architettura, giunse alla Venini chiamato per dar forma a un bestiario in vetro, presentato alla Biennale del 1964. Sono anatre in vetro policromo insieme a inediti animali in vetro e bronzo (tacchino e faraona). Questo primo bestiario, viene affiancato da alcune serie di vasiche dimostrano l’indagine di Zuccheri sulle possibilità della trasparenza, seguite negli anni successivi (1967-68) da nuovi vetri opachidalle intense colorazioni e dalla linea organi­ca, ispirata al mondo vegetale (Tronchi, Ninfee, Scolpiti). Dalla fine degli anni settanta il bestiario in vetro si arricchisce di nuovi modelli, riconfermando l’interesse di Zuccheri per questo tema, declinato in maniera mai scontata. Di grande interesse è anche il lavoro che l’artista svolge nel corso degli anni sessanta sul vetro di grosso spessore per la realizzazione delle celebri vetrate grosse per e con l’architetto Gio Ponti.

Il progetto espositivo Tapio Wirkkala alla Venini e Toni Zuccheri alla Venini è accompa­gnato da due distinti cataloghi monografici editi da Skira – Tapio Wirkkala alla Venini e Toni Zuccheri alla Venini – entrambi a cura di Marino Barovier e Carla Sonego. Le duemonografieillustrano rispettivamente il lavoro di Wirkkala e Zuccheri alla Venini che è stato ricostruito attraverso un’accurata ricerca documentaria basata sia sul materiale d’archivio della vetreria che da quello messo a disposizione dagli eredi.

Nella sala video de LE STANZE DEL VETRO SONO proiettati per tutto il periodo di aper­tura delle mostre il film documentario su Toni Zuccheri Pezzi Sparsi di Marta Pasqualini prodotto da Pentagram Stiftung nel 2016, e il documentario su Tapio Wirkkala Tapio Wirkkala, The man who designed Finland.

Le iniziative digitali

A partire da dicembre 2021, è online anche il giro virtuale in 3D di entrambe le mostre, che permette al pubblico di visitarle gratuitamente anche da casa con approfondi­menti testuali, fotografici e video. Per tutti coloro che non raggiungono l’Isola di San Giorgio ci è inoltre la possibilità di prenotare visite guidate online gratuite per non perdere l’occasione di conoscere tutti i segreti di Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri. Sono disponibili fino al 31 dicembre 2021 anche i percorsi virtuali delle passate mostre Venezia e lo Studio Glass Americano e L’Arca di vetro. La collezione di animali di Pierre Rosenberg, che hanno già raggiunto più di 10.000 visualizzazioni. È sempre inoltre attivo la libreria online sul sito www.lestanzedelvetro.org con un’ampia selezione di testi specialistici dedicati agli amanti del vetro, insieme a una selezione di dvd e cataloghi delle mostre già tenutesi a LE STANZE DEL VETRO.