DEPARDIEU NELLA SERIE NETFLIX "MARSEILLE"

Redazione

Gerard Depardieu sarà il protagonista della serie Netflix "Marseille". Secondo Hollywood Reporter, la serie francese, già paragonata ad "House of Cards", verrà lanciata a inizio 2016. Depardieu sarà Robert Taro, da 25 anni sindaco di una città nel sud della Francia, che si ritrova ad affrontare alle nuove elezioni un giovane rivale, interpretato da Benoit Magimel. Nella serie reciteranno anche Geraldine Pailhas ("Don Juan DeMarco") e Nadia Fares ("I fiumi di porpora"). Alla regia si alterneranno Florent Emilio Siri ("Hostage"), Xavier Gens ("Hitman") e Cedric Anger. 




13 LUGLIO 1985: VA IN SCENA IL ROCK

di Silvio Rossi

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Esattamente trenta anni fa, in un caldo sabato di luglio, si organizzò un evento che incise profondamente nella storia del rock mondiale. In due stadi, il celebre Wembley di Londra, tempio del calcio britannico, e a Philadeplhia, negli Stati Uniti, si riunirono i più grandi interpreti del rock mondiale, per un evento che non ha avuto uguali nel panorama musicale.

Tutto iniziò circa otto mesi prima, quando il cantante di un gruppo inglese, Bob Geldof dei “Boomtown Rats”, e il chitarrista degli Ultravox, Midge Ure, riunirono alcuni interpreti di primo piano, sotto il nome di “Band Aid”, per lanciare un disco corale, al fine di raccogliere fondi per l’Etiopia, colpita in quegli anni da una forte carestia. Il disco, dal nome natalizio “Do They Know It’s Christmas?”. Il disco balzò al primo posto delle classifiche di mezzo mondo, il ricavato andò interamente in donazioni per il paese africano.

Alcuni mesi dopo, Michael Jackson e Lionel Ritchie scrissero un brano, per dare il loro contributo, che venne cantato da un supergruppo, che vide nelle sue fila artisti del calibro di Ray Charles, Stevie Wonder, Bruce Spingsteen, Bob Dylan. La canzone, chiamata “We Are The World” bissò il successo del brano inglese. Nella primavera Geldoff e Ritchie iniziarono a maturare l’idea di realizzare un concerto di beneficenza, da realizzarsi contemporaneamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. L’evento richiese un grande sforzo collaborativo. Per diverse ore i due palchi si alternarono con esibizioni degli artisti che si trovavano nei due continenti.

Nel cast inglese, oltre alla maggior parte degli artisti che presero parte alla registrazione del disco il natale precedente, parteciparono molti artisti del rock britannico nati nei decenni precedenti, come gli Who, i Queen, Paul Mc Cartney, Elton John, che regalarono al pubblico intervenuto momenti memorabili. Non furono da meno i loro colleghi che salirono sul palco americano, dove ci fu la reunion del gruppo Crosby, Still, Nash, e Young, i Led Zeppelin, Santana, Mick Jagger.

Il concerto iniziò alle ore 12:00 di Londra, quando sul palco salì Francis Rossi, cantante e chitarrista degli Status Quo, due ore dopo iniziò anche il palco americano, con Joan Baez, per un alternarsi di artisti, ogni venti minuti circa, fino alle 22:00 (sempre ora di Londra), quando le luci a Wembley si spensero per lasciare spazio al JFK di Philadelphia, per altre sei ore, quando gli artisti sul palco americano cantarono insieme We Are The World, diretti da Lionel Ritchie.

Trasmesso dalla BBC per la parte inglese, e dalla ABC negli States, è stato diffuso da quasi tutti i broadcaster mondiali, per oltre un miliardo di telespettatori, in tutti i continenti. Molti furono i momenti memorabili, le interpretazioni di tanti artisti furono all’altezza della loro fama. Alcuni gruppi che non suonavano insieme da diversi anni, come gli Who, hanno convinto tutti i critici che erano scettici sulla loro esibizione.

L’esibizione che è stata considerata migliore, dalla maggior parte dei critici, sono stati i venti minuti dei Queen, quando Freddie Mercury infiammò la folla, con alcuni duetti col pubblico memorabili. Come disse Elton John, a fine concerto: “quel giorno Freddie Mercury ha rubato la scena a tutti!”.

Una curiosità: Phil Collins, dopo aver cantato e duettato con Sting a Londra, prese un Concorde, e salì sul palco di Philadelphia, suonando tra l’altro la batteria in Stairway to Heaven con i Led Zeppelin,

Il Live Aid è stato certamente il concerto col maggior numero di star contemporaneamente. Si può dire che è stato l’atto di chiusura di una stagione di concerti, iniziata negli anni sessanta, che vide il rock internazionale esplodere con i festival dell’isola di Wight e di Woodstock. Dopo il 13luglio 1985, la musica è stata una ripetizione di quanto già sentito.




CALCIO: QUATTRO MESI DI SQUALIFICA A BELLOLI

di Silvio Rossi

 

Il Tribunale Federale Nazionale ha comminato a Felice Belloli, ex presidente della Lega Dilettanti un’inibizione di quattro mesi per le frasi pronunciate durante la riunione del Consiglio Direttivo del Dipartimento Calcio Femminile del 5 marzo 2015. Al termine dell’incontro, il dirigente disse “Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche”, frase puntualmente riportata nel verbale della riunione. La contestazione per Belloli è stato il mancato rispetto e gli effetti lesivi della reputazione di un organo federale, e di tutto il movimento del calcio femminile. Nelle motivazioni del tribunale, l’attribuzione della frase al soggetto incriminato non viene messa assolutamente in dubbio, perché inserita nel verbale, confermata da diverse persone presenti all’incontro, e nessuno ha smentito tale ricostruzione, perché gli altri consiglieri, al massimo, hanno testimoniato di non aver udito la frase, ma nessuno ha affermato che l’ex presidente non l’abbia pronunciata.


La sentenza è stata accolta con un pochino di freddezza dal movimento calcistico femminile, che forse si attendeva una pena maggiore. Contattato lo staff della Res Roma Calcio Femminile, ci rispondono che la cosa importante è che Belloli non ricopra più il ruolo di presidente della Lega Dilettanti, hanno valutato positivamente la squalifica come segno evidente che le lamentele delle giocatrici, e di tutto il movimento che le sostiene non erano un capriccio, ma una chiara richiesta di rispetto delle persone. Giudicano però la pena troppo leggera, anche se in un mondo come quello del calcio, in casi ugualmente gravi, difficilmente sono state comminate pene più severe. Indipendentemente dalla lunghezza della squalifica, si spera che il movimento calcistico, a tutti i livelli, non veda in futuro più dirigenti che pronuncino più frasi come le “lesbiche” di Belloli o i “mangia-banane” di Tavecchio. Il nostro calcio merita di più, perché continuare a tenere questi personaggi nelle stanze dei bottoni contribuisce solamente ad allontanare i ragazzi e le ragazze dalla pratica sportiva.


Per evitare che personaggi dalle parole censurabili popolino le stanze che contano del nostro sport, oltre alle squalifiche, si dovrebbe fare, al loro incontro, come De Filippo suggerì a chi andava a chiedergli consiglio per mostrare il loro risentimento al Duca Alfonso Maria di Sant'Agata dei Fornari. Siamo convinti che per certe persone, un pernacchio, sia mille volte più umiliante di una sentenza di un tribunale sportivo.




CALCIOSCOMMESSE. CHIESTO PROCESSO AD ANTONIO CONTE

di Silvio Rossi

 

La Procura di Cremona, nell’ambito dell’inchiesta per il calcioscommesse, ha chiesto il rinvio a giudizio per oltre cento imputati, tra cui il nome eccellente dell’allenatore della nazionale Antonio Conte.
La richiesta, giunta al termine di un’inchiesta per una serie di incontri combinati nel 2012, fa riferimento alla partita Albinoleffe-Siena – in quella stagione l’allenatore leccese era a capo della squadra senese – mentre per altre partite finite sotto l’occhio della procura, in particolare Novara-Siena, è stata chiesta l’archiviazione.
Oltre al tecnico della nazionale, tra gli indagati figurano altri nomi eccellenti, come l’allenatore Colantuono, ex tecnico dell’Atalanta, e per il capitano della stessa squadra, al momento dei fatti , Cristiano Doni. Nell’inchiesta ci sono anche i nomi di Stefano Mauri, capitano della Lazio, che ha già scontato sei mesi di squalifica dalla giustizia sportiva, e una settimana di carcerazione preventiva, e di Beppe Signori, non più in attività, ma tesserato FIGC.
Anche Conte, per i fatti oggetto dell’inchiesta odierna, aveva ricevuto una squalifica dalla giustizia sportiva, inizialmente di dieci mesi, per le due partite suddette, pena ridotta a quattro mesi dopo che la Corte di Giustizia Federale lo aveva prosciolto per i fatti di Novara-Siena.
L’accusa nei suoi confronti, di frode sportiva, è stata giustificata dal Procuratore, perché “violò gli obblighi di allenatore”, che ha la responsabilità di “salvaguardare la condotta morale dei calciatori e […]di sorvegliare affinché i calciatori mantengano una condotta consona ai principi di lealtà e probità”.
Le accuse contro Conte erano già note al momento della sua chiamata da parte dell’allora neopresidente Tavecchio, e fortunatamente giungono all’apice in un anno disparo, in cui la nazionale non è impegnata in campionati europei o mondiali, altrimenti il nostro calcio avrebbe dovuto subire l’onta dell’attacco di tutta la stampa mondiale contro l’allenatore sotto processo, e contro i vertici che lo hanno voluto a ricoprire tale incarico. A questo punto, viene da chiederci: ma non c’era nessun altro nome da poter chiamare al suo posto?

VEDI ANCHE CALCIO SCOMMESSE. CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER 130 INDAGATI




CAPRI. IN ESPOSIZIONE LE OPERE DI LEONARDO PAPPONE

di Simonetta D'Onofrio

Capri – Con il patrocinio del Comune Di Capri e dell’ Azienda Autonoma di Cura Soggiorno e Turismo dell’isola di Capri si è tenuta sabato scorso in Piazzetta Ignazio Cerio 11, l’inaugurazione della rassegna artistica dal titolo "FLASH CITY 3.0" del pittore Leonardo Pappone. L’esposizione, che sarà possibile visitare fino al 12 luglio, è curata dall’esperto di fama internazionale Massimo Rossi Ruben, ed è composta da una serie di quadri che rappresentano immagini e frazioni di visioni urbane che sviluppano e materializzano gli esiti originali e recenti della sua costante ricerca sugli aspetti urban and underground . "La pittura di Pappone – scrive il curatore – è ricca di incantamenti, per certi versi singolari se posti a confronto con altre produzioni del convulso alveo del XXI secolo, perché non assimilabili per intero a nessun movimento ma appunto per ciò attraibili verso contesti diversi; rara prerogativa del senso eclettico, questa, che sdogana la sua arte trasversalmente, senza il preconcetto dell’appartenenza all’una o all’altra ideologia identitaria. Ricordare ascendenze può essere in luogo o fuori luogo, ma vengono in mente – specie nell’osservazione del ciclo stereometrico dello skyline – i nomi della colonia di epigoni che da Klee a De Staël, passando per Morlotti ed Emilio Vedova, hanno tracciato l’acclive sentiero del costruttivismo. Nomi di artisti monumentali che indubbiamente fanno parte del percorso formativo di Pappone e dai quali egli ha tratto quella certificazione dell’essere “pittore” per essenzialità, in quella tensione drammatica di riduzione fino all’erebo del figurativo."


L’aspetto significativo di questa iniziativa, nella “Terra dei Faraglioni”, è quella di rendere fruibile al pubblico l’arte di fama internazionale del pittore Leonardo Pappone: raccontare visioni cittadine delle grandi metropoli, le metamorfosi, i nuovi linguaggi, le idee, le contraddizioni e le contaminazioni che le attraversano. Tante le immagini che ci riportano a visioni di città americane. L’importante collezione che per l’occasione è impreziosita anche da nuove tele è anche un momento per riflettere sulla visione della città per l’autore, saranno esposte anche delle opere inedite, realizzate artigianalmente per l’artista, dal collega ed amico Augusto Iannelli, utilizzando sacchi di juta riciclati e sottoposti ad uno speciale procedimento di vetrificazione prima della stesura del materiale pittorico.
Artista pluridirezionato nella declinazione ipercromatica del modernismo, Leonardo Pappone muove ed esalta la propria relazione dialettica con l’arte procedendo tra due termini solitamente contrapposti, lo spazio e il volume. Si tratta in vero di un’ambizione – comune a molti artisti di tutte le epoche, profondamente indotti dalle sollecitazioni antitetiche del razionale – a cui Pappone allea la consapevolezza di un’astrazione meditata, di ricerca e recupero del dato formale. Pattern geometrico e addizioni compositive diventano, quindi, l’elemento costitutivo di un articolato linguaggio di segni e impianto modulare, attraverso la cui narrazione si dipana la metafora formale delle postavanguardie e del graffitismo.

Si può dunque individuare, in Leonardo Pappone, un’identità artistica di matrice pop, correlata alla formula estetica degli elementi architettonici verticali, risolta nel derma prospettico di talune citazioni di accademia, che certo richiamano l’ordine e la lezione di Mattia Moreni e il Chiesi dei fortunati esordi.

Per informazioni si può contattare anche il sito web istituzionale dell'AZIENDA AUTONOMA CURA SOGGIORNO E TURISMO ISOLA DI CAPRI http://www.capritourism.com e il sito dell’artista Leonardo Pappone raggiungibile presso il sito www.leopapp.it – pappone.leonardo@gmail.com;




JURASSIC WORLD SBANCA

Redazione

Non ce la fanno Magic Mike XXL e Terminator Genisys, appena usciti negli Usa, a scalzare dal vertice della classifica Jurassic World e Inside Out. Jurassic World, continua la sua cavalcata da dinosauro al box office, incassando 30.9 milioni di dollari in questo quarto weekend di programmazione. Il film della Pixar Inside Out, lo segue di un soffio con 30.1 milioni. La new entry Terminator Genisys, quinto capitolo della saga sci-fi è in terza posizione con 28.7 milioni nei tre giorni




DUO PACE – POLI CAPPELLI: UNA FORMAZIONE CHITARRISTICA CHE SI E' IMPOSTA NEL PANORAMA MUSICALE MONDIALE

di Michele Di Filippo

Quest’oggi ho il piacere di intervistare una formazione che in breve tempo si è imposta nel panorama musicale mondiale. Si tratta di un Duo formato da due chitarristi italiani dai curriculum eccellenti. Loro sono i Maestri Andrea Pace e Cristiano Poli Cappelli ed insieme formano il Duo Chitarristico Pace Poli Cappelli.  La loro collaborazione in duo inizia nel 2012, ma in poco tempo, riunendo le esperienze di solisti e non solo, li ha portati ad esibirsi nell’ambito di festival internazionali, con un repertorio particolarmente attento alla musica del Novecento ed alla contemporanea. Questo ha suscitato oltre all’attenzione del pubblico anche un’attenzione da parte di numerosi compositori. Di particolare fascino e bellezza è la loro ultima impresa discografica con l’etichetta Brilliant Classics, sull’opera completa per due chitarre del compositore italiano Mario Castelnuovo-Tedesco, di cui parleremo in seguito.

Allora Maestri, oltre ai miei  complimenti per la vostra attività, la domanda che vorrei farvi è questa :

Da dove è nata l’idea e la voglia di mettersi in gioco con un progetto così ambizioso come quello del Duo e soprattutto quali sono gli intenti che vi siete posti in riferimento al vostro repertorio ?
Cristiano: io ed Andrea ci conosciamo da più di dieci anni ed abbiamo iniziato a suonare insieme praticamente subito, appena ci siamo conosciuti nelle aule dell’Arts Academy. Dopo una lunga esperienza in Trio abbiamo proseguito la nostra attività con il Duo cercando di mettere a frutto questi anni di continuo studio con una formazione in cui abbiamo creduto fin da subito. L’idea era quella di affrontare con vitalità un repertorio magnifico per questo ensemble, repertorio che, per nostra inclinazione, è soprattutto un repertorio del 900 ed, ovviamente, del XXI secolo.

Maestri oltre ad essere due solisti siete anche stati componenti di formazioni cameristiche diverse. Cristiano è chitarra solista della Corelli Chambers Orchestra diretta dal M° Manfredo Di Crescenzo e collabora con molti musicisti. Andrea è, attualmente,  membro del prestigioso Quintetto a plettro “Giuseppe Anedda” e suona in duo con il flautista Marco Ferraguto. Quanto incide una formazione come il Duo di chitarre, quindi due strumenti identici, nella  prassi esecutiva e nelle scelte estetiche?
Andrea: Suonare in duo di chitarre comporta delle scelte ben definite, scelte che possono condurre questo tipo di formazione in direzioni, spesso, molto diverse. Il nostro intento principale è quello di rendere i nostri suoni e le nostre visioni interpretative più simili, omogenee e coerenti possibile. Questo al fine di dare all’ascoltatore l’illusione che l’esecutore sia uno solo. Abbiamo, cioè, l’ambizione di trasmettere un’idea musicale in modo “puro” senza che le nostre differenti visioni possano alterare questo messaggio.
 
Chi vi conosce bene sa che oltre ad essere “colleghi” siete anche ottimi amici, non a caso il feeling necessario si forma solo grazie alla profonda stima reciproca . E’ così anche per voi? Quanto la vostra amicizia influenza la vostra attività?
Cristiano: Dici una cosa verissima. Io ed Andrea siamo molto amici e, devo dire, questo aspetto è davvero estremamente importante. Ci consente di mettere da parte ambizioni personali e forme di competizione negative per il raggiungimento dei nostri obiettivi comuni. Inoltre, la  nostra amicizia rende sicuramente lo studio, estremamente rigoroso e faticoso, anche un’occasione di divertimento.

Tra un concerto e l’altro, siete anche due impegnati didatti, attivissimi sul web, organizzate attività musicali, corsi per ragazzi e chi più ne ha più ne metta.  Ma dove la trovate la forza e il tempo per fare tutto? Dite la verità c’entra per caso un patto con il diavolo??…ma a parte gli scherzi, la vostra testimonianza è un indice di un amore indiscusso per la musica a 360 gradi. Cosa vi sentite di dire a dei giovani che si vogliono avvicinare ad uno strumento come la chitarra?
Andrea: Per entrambi l’attività didattica è molto importante per una serie di ragioni. Innanzi tutto siamo entrambi convinti che i più grandi miglioramenti musicali e tecnici passino anche attraverso la trasmissione del sapere musicale. Impariamo molto dai nostri allievi e c’è un arricchimento reciproco. Sappiamo quanto sia difficile per un giovane chitarrista trovare occasioni di approfondimento e quanto queste occasioni possano essere economicamente inaccessibili  a molti. Per questo abbiamo sempre cercato di creare queste occasioni cercando di dare tutto quello che possiamo ai nostri allievi. Spesso i giovani hanno bisogni di stimoli per capire quale percorso fare e quello che ci sentiamo di consigliare e di credere nei loro progetti, anche se, a volte, possono sembrare ambiziosi.

Leggevo di voi che siete molto attenti ai compositori contemporanei. Meglio di me sapete che la contemporaneità però è spesso considerata Avanguardia, linguaggio anch’esso ormai storicizzato e che si riferisce ad un periodo ben preciso del Novecento che ormai di contemporaneo ha ben poco. Come vi ponete nei confronti dell’avanguardie e qual è il principio estetico che vi porta a scegliere questa o quella composizione.
Cristiano: siamo perfettamente d’accordo con te, Michele. Spesso il linguaggio contemporaneo vive di cliché che hanno allontanato molte persone dalle sale da concerto. Non abbiamo un’”estetica” di riferimento nella scelta del nostro repertorio: ci facciamo guidare, con molta naturalezza, dai nostri gusti, da ciò che ci sembra musica di qualità, originale ma che abbia le caratteristiche adatte a piacere al pubblico. Il concetto di “piacere” deve perdere le connotazioni negative che certa musica “colta” vorrebbe attribuirgli. La musica deve assolutamente piacere a chi ne fruisce, non può continuare ad essere un’esperienza di addetti ai lavori. Per fortuna ci sono giovani compositori che stanno tornando a comporre musica di grande efficacia e di grande comunicativa, senza cadere nella banalità che è, poi, l’altro lato della medaglia.

Ma adesso veniamo al momento più bello. Dico un nome, anzi nome e cognome. Mario Castelnuovo–Tedesco. Di primo impatto che cosa vi viene in mente?
Andrea: Sicuramente uno dei nomi più importanti per la chitarra. Un compositore che meriterebbe di essere conosciuto di più, anche al di fuori degli ambienti chitarristici.

Il vostro lavoro sull’opera di Castelnuovo – Tedesco è bellissimo, che cosa vi ha lasciato quest’esperienza?
Cristiano: ci ha lasciato molto di bello. è stato come riscoprire, una seconda volta, il grande compositore. Ovviamente entrambi conoscevamo le “Guitares” prima di suonare in duo ma, affrontare questa musica incredibile, da interpreti, è stata un’esperienza magnifica. Le Guitares bien tempérèes sono probabilmente uno dei capolavori del Maestro e pensiamo che il loro profondo studio sia davvero utile per questa formazione, proprio perché una buona interpretazione richiede un grande senso dell’insieme, della visione “unificata”, una grande capacità di ascoltarsi.

Maestri secondo voi come sta la musica e quali sono le difficoltà dei musicisti di oggi?
Andrea: se ti riferisci alla musica in generale senz’altro bene. Chiunque coltiva esperienze musicali, anche se solo passivamente. Il problema è capire quale sia il livello di queste esperienze musicali, quanto esse siano esperienze di “consumo”, usa e getta. Bisogna fare qualcosa di propositivo per far arrivare musica di qualità alle orecchie delle persone, convincendoli con la qualità stessa che l’esperienza musicale è un’esperienza che può essere creativa e che può condurre a godere della musica in modo più profondo, meno consumistico. In questo senso torna alla ribalta la questione “avanguardia”: bisogna far tornare le persone nelle sale da concerto, avvicinandoci a loro, non allontanandoci ancor di più. Non significa venire a patti con la bassa qualità ma significa comprendere che il fare musica presuppone anche qualcuno che la ascolti e che trovi questo ascolto appagante.

Ci resta di aggiungere che ultimamente siete stati ispiratori di un nuovo modello di chitarre realizzate dal Liutaio romano Leonardo De Gregorio, che ha realizzato per voi le chitarre “gemelle”. Raccontateci com’è andata.
Cristiano: Ti abbiamo detto della nostra ricerca di uniformità interpretativa, di suono, di coerenza. E’ arrivato molto presto il momento in cui abbiamo sentito la necessità di avere un suono più simile possibile e abbiamo affidato a Leonardo, che stava costruendo strumenti eccezionali, la costruzione di due chitarre che avessero caratteristiche simili in tutto e per tutto. Siamo stati ripagati perché abbiamo due strumenti davvero molto simili, costruite seguendo un nuovo progetto Double top, senza uso di materiali sintetici. Davvero due chitarre fantastiche. Ovviamente la mia è quella riuscita leggermente meglio (ride guardando Andrea).

Progetti futuri ? Prossimi eventi?  Come possiamo seguire le vostre attività?
Andrea: I prossimi progetti del duo sono…solistici! Stiamo realizzando due registrazioni, sempre per Brilliant Classics. Io sto preparando gli Studi di Mario Gangi mentre Cristiano sta incidendo l’opera per chitarra di Alexandre Tansman.
Cristiano: Anche in questo progetto abbiamo messo lo zampino del duo, incidendo assieme la Sonatine per chitarra. Ovviamente abbiamo già in mente un nuovo progetto discografico in duo…per saperne di più bisogna seguire la nostra webpage e sui nostri account Facebook e Twitter.

Ringrazio di cuore davvero Il Duo Pace Poli Cappelli per la disponibilità di quest’intervista, una bella testimonianza da due interpreti formidabili. Grazie ancora Maestri.

Per qualsiasi info richiesta, domanda scrivere a: difilippomichele@yahoo.it




LA RIVINCITA DEI VALORI DELLA TERRA SULL'ERA INDUSTRIALE E TECNOLOGICA

 

Alessandro Petruccelli: “In occasione dell'Expo Milano 2015, che ha come centro la genuinità dei cibi e dei sapori, mi sembra giusto e doveroso rivolgere un saluto a coloro che, per millenni, di padre in figlio hanno coltivato la terra e hanno garantito la suddetta genuinità. Essi si chiamavano contadini.“ 

 

di Gabriella Resse

Personaggio di profondo sapere e percettibilità, indagatore della realtà, immerso in un una sorta di neorealismo favolistico, un po’ filosofo, Alessandro Petruccelli, nato a S.S. Cosma e Damiano cittadina in provincia di Latina  vive e lavora a Formia (LT) .

Laureato in lettere, vincitore di numerosi premi letterari e con al suo attivo la pubblicazione di diversi libri e favole illustrate, ha insegnato negli istituti superiori e tra gli altri, di lui ricordiamo il best seller “ Un giovane di campagna “ . Avendo  in sé una profonda conoscenza della campagna e del mondo contadino, egli ha sentito l’esigenza di dare voce al suo disappunto verso una società moderna e metropolitana che oggi scopre inaspettatamente ciò che un tempo era stato, ghettizzato, considerato gretto, brutto, cafone, come economicamente sfruttabile, bucolico, Bio, pittoresco, genuino, ecosostenibile. E ci regala questo monito, come un buon padre di famiglia che cerca di insegnarci il senso delle nostre azioni, affinché non siano vuote e mirate solo ad meschino tornaconto, ricordando a tutti che le ricchezze della terra, sono sempre state davanti ai nostri occhi, e che non sono preziose solo perché si riscoprono essere una delle principali risorse economiche del nostro paese, ma perché lo sono, come lo sono sempre state, anche dal punto di vista umano, sociale , culturale e spirituale. Un patrimonio di incalcolabile valore che in passato, nell’era dello sviluppo industriale e metropolitano e dei concetti associati di profitto e competitività su ampia scala, fu, insieme a coloro che lo custodivano, avvilito, disprezzato e abbandonato. Ora la terra ed i suoi magici doni, i suoi segreti ed i piccoli misteri svelati, si sta riprendendo una rivincita su un concetto di sviluppo che appare ormai freddo, svenduto e privo d’attrattiva  e lo scrittore Alessandro Petruccelli  lo sottolinea  in questa “ Lettera ai contadini della mia terra e di tutte le terre“ che compare nel suo sito. Un messaggio fresco, diretto, denso di significato, un percorso nella memoria, che molto può dirci sul nostro presente ed  incoraggiarci ad intraprendere strade nuove nel nostro futuro, come persone e come paese.             
                                     
Ecco la lettera "ai contadini della mia terra e di tutte le terre" di Alessandro Petruccelli

Cari contadini della mia terra e di tutte le terre, vi ricordate quel giorno? È stato un bel giorno quel giorno in cui abbiamo capito che se ci volevamo riscattare sul serio dal disprezzo del mondo e dalla schiavitù delle zolle, questo riscatto doveva essere pagato con il nostro sudore e il nostro sacrificio. Io sono andato a scuola a piedi tra il vento e la pioggia, per impervi sentieri, con lunghi cammini, voi siete andati all'estero indifesi e soli tra gente sconosciuta; avete dormito nelle baracche e avete fatto i lavori più umili e nei momenti di riposo vi siete preparati i pasti e lavati la biancheria o avete scritto alle famiglie lontane e avete desiderato avere accanto la moglie e i figli.

Voi con l'emigrazione e io con i libri abbiamo raggiunto lo stesso scopo.

Con i risparmi che avete fatto, vi siete costruiti le case in città o nei pressi di strade frequentate e avete aperto botteghe e trattorie, dopo anni di servizio in ristoranti e negozi stranieri; o, dopo anni di apprendistato, siete entrati nelle fabbriche come operai specializzati. Avete viaggiato e accumulato tante esperienze e mentre prima pensavate che la vita consistesse solo nei doveri, da anni ormai conoscete dove arrivano i vostri diritti. I nostri figli, diversamente da noi, non sono cresciuti dietro gli animali e non hanno imparato solo la fatica. Occorreva andarsene dai campi per non essere più contadini. Noi ce ne siamo andati, rompendo gli schemi di un ordinamento sociale che durava da millenni. E' stata una rivoluzione totale la nostra e l'abbiamo fatta senza barricate, senza sangue e senza bandiere.

In ogni epoca, presso ogni popolo, nessun padre, potendo scegliere tra i mestieri, ha consigliato al proprio figlio di fare il contadino, nessun figlio, anche se appartenente agli strati più poveri, un bel mattino si è alzato ed è corso ad annunciare ai genitori e agli amici la sua vocazione di arare i campi. Il contadino è l'unico mestiere che, costretti, hanno continuato a fare i figli dei contadini.

Da anni, da sempre, gli altri ci hanno considerati fuori dal mondo civile. Ogni tanto sono venuti a osservare il nostro comportamento e a studiarci come se fossimo scimmie e pappagalli, sono venuti superbi o pietosi in mezzo a noi, ci hanno interrogati e hanno assistito curiosi o divertiti alla nostra lealtà, hanno goduto delle nostre reazioni e se ne sono andati, contenti di non essere come noi. La nostra fede l'hanno chiamata superstizione, la nostra pensosità intontimento; il nostro amore passione selvaggia, la nostra energia forza bruta, la nostra semplicità nient'altro che ignoranza.

La nostra, poi, non è stata ritenuta cultura,  ma folclore e a nulla sono valsi i nostri innesti, i tralci disposti con simmetria, i solchi diritti, le mete di paglia e di fieno con pendenza perfetta, le decorazioni dei carri e degli aratri, le serenate che abbiamo composto per l'amata e cantato sui colli, le ninne nanne con cui abbiamo acquietato i bambini del mondo, le canzoni con cui abbiamo accompagnato i nostri lavori e i nostri pellegrinaggi. Allo stesso modo, non è stata data alcuna importanza al nostro rispetto nei confronti della terra madre. Infatti, finché noi siamo stati custodi del territorio, rari o rarissimi sono stati gli smottamenti e le frane, rare o rarissime sono state le alluvioni, perché piantavamo alberi che con le loro radici trattenevano il terreno che tendeva a scivolare, perché ogni rettangolo o quadrato di terra era delimitato da fossi che ogni anno venivano rifatti o puliti e non permettevano il ristagnare neppure a una goccia d'acqua.

Solo quando abbiamo fatto del male, ci hanno reputato consapevolmente cattivi, razionalmente spietati: per il resto, ci siamo comportati con istinto e senza gusto e siamo stati come animali che si accoppiano mangiano bevono e lavorano, ripetendo gesti e azioni di cui non si rendono conto. Tuttavia, nei periodi di decadenza ci hanno considerati come la loro riserva umana e come uccelli rapaci sono venuti a cercare e a prendere da noi quei sentimenti originari che per smodatezza o ambizione avevano perduti. Si sono appropriati così dei nostri usi, delle nostre parole, dei nostri riti, dei nostri balli, delle nostre cassepanche; hanno attraversato in lungo e in largo le campagne alla ricerca dei nostri cibi genuini e del nostro modo di prepararli: e tutte queste cose quando erano presso di noi le hanno schifate presso di loro invece, sono diventate belle, hanno acquistato prestigio e hanno dato al loro animo una verniciatura di sensibilità.

Cari contadini, da anni, da sempre tra capo e collo ci stava una tradizione che era disprezzo. Sugli autobus, sui treni si sono seduti a forza accanto a noi. "Ecco, questo è un contadino" diceva tra se' il truffatore e si preparava a intrappolarci. "Ecco, questo è un contadino" pensava il medico e ci trovava malattie lunghissime. Se ci trovavamo in città, quelli che ci vedevano passare ci additavano ai loro figli: "Guardate, sono quelli i cafoni". Se una donna andava vestita male o alla buona la rimproveravano: "Sembri una contadina". Quando un bambino mangiava la mela o il pane, tagliandoli a pezzi con il coltello, i presenti lo aggredivano: "Non così, così mangiano i contadini". Ogni ragazzo che andava male a scuola o non voleva imparare un mestiere, i genitori lo minacciavano: "Zapperai la terra!". Quando un giovanotto faceva l'imbecille o il maleducato con una ragazza, quando uno entrava col cappello in testa o usciva lasciando la porta aperta, quando uno beveva e si asciugava bocca con la manica, gli dicevano o pensavano di dirgli: "Villano!", attribuendo così a noi ogni loro indecenza.

A chi aveva uno schizzo di fango o una macchia qualunque sul vestito o sulle scarpe si chiedeva con disgusto: "Da dove vieni, dalla campagna?", e poiché i luoghi ritenuti colpevoli di sporco erano i nostri, noi, quando uscivamo da essi, ci rimboccavamo i calzoni, esponendo nudi gli stinchi alle spine, attraversavamo scalzi i rivi, camminavamo scalzi sui sassi appuntiti e solo prima di entrare in paese ci mettevamo le calze e le scarpe.

Ora che la civiltà contadina non c'è più, ai giovani che vivono nelle comodità, ai giovani che sono diplomati o laureati, ai giovani che conoscono ogni segreto dei telefonini e dei computer diciamo di provare a entrare nel mondo che noi abbiamo lasciato. Coltivare i campi per loro non sarà una condanna, ma una libera scelta; non solo, ma nessuno può sapere quali orizzonti gli potrà aprire davanti il contatto vero con la natura. Essi, poi, useranno le macchine e non saranno chiamati contadini, ma tecnici o industriali della terra.
 




MOLISE: QUEL MIX DI ELEMENTI PER LA RIPRESA DEL TURISMO

di Simonetta D'Onofrio

Campobasso – Può sembrare scontato, quasi banale, sottolineare che l’industria culturale è un volano importante per l’intera economia del sistema Italia, strategico per la crescita del futuro di un paese. Nondimeno è quindi lo sviluppo dell’intera filiera, come la valorizzazione del patrimonio storico e architettonico, il commercio dei prodotti tipici locali e il turismo. Su questa strada, si sta ponendo il Molise, piccola regione del centro-sud, che ha però un potente mix di elementi che operano all’interno, tutti favorevoli alla crescita del turismo, come le attrattive naturali, un patrimonio storico unico al mondo e straordinari paesaggi , tutt’ora incontaminati, parchi ed aree protette presenti nell’intero territorio. Serve portare questo messaggio tra la gente, nelle pubbliche amministrazioni, tra le imprese che operano nel comparto turistico. Sta alle realtà ricettive oggi non perdere l’occasione, per recuperare il tempo perso e far guadagnare al Molise il ruolo che gli spetta nel settore. Una chance da non mancare.

Quali sono le imprese turistiche di qualità che investono nel settore? Ne abbiamo parlato con Mino Reganato, direttore dal 2013 del Centrum Palace Hotel di Campobasso. Nato nel 1961 a Formia, sul golfo di Gaeta, in un’area dalle forti memorie storiche legate all’impero romano e all’epopea borbonica. Opera nel turismo dal 1980 dove ha ricoperto differenti incarichi dirigenziali nei settori alberghiero e dei tour operator, oltre ad essere docente per corsi di alta formazione di destination management della Regione Lazio.

Qual è la chiave per convincere i turisti a venire in Molise? Cosa può offrire questa regione di diverso dalle altre?
Uno slogan molto efficace recita: “Molise …visitalo prima che diventi di moda”. L’intento è trasmettere tutte le potenzialità di questa stupenda regione. Il Molise ha un’enorme potenzialità costituita da paesaggi e territori incontaminati, da un’enogastronomia di eccellenza, da un connubio mare e montagne unici in Italia. Una miriade di piccoli centri storici uno più bello dell’altro dove la vita scorre in modo semplice e genuino, caratteristica ricercata dal nuovo modello di turismo verde e naturalistico che in piccola parte, frequenta queste zone per ritemprarsi dalla vita frenetica delle grandi città.
 

Nel vostro caso come state cercando di promuovere questo flusso?
Al Centrum Palace – continua Reganato – abbiamo programmato una serie di pacchetti e convenzioni che unitamente all’opera sinergica con altre entità, stiamo promuovendo attraverso operazioni molto ambiziose al fine di creare un interesse strategico del territorio e ciò anche grazie all’orientamento della famiglia Morelli, proprietaria della struttura ricettiva che ha nella persona del dott. Rosario Morelli, un’anima pulsante e costantemente attiva per la crescita del territorio. Ciò per far sì che anche il Molise possa iniziare ad intercettare flussi turistici nazionali ed internazionali.
 

Chi sono i vostri potenziali clienti?
Uno di questi pacchetti che abbiamo ideato è dedicato agli emigrati molisani e alle successive generazioni che intendono visitare la terra da dove sono partiti i propri padri e nonni. Un desiderio molto sentito per la ferma volontà di appartenenza ad un territorio lasciato per necessità e che rimane perennemente nella pelle. I pacchetti e le convenzioni con evidenti sconti sulle tariffe, vogliono apportare un modesto ma importante contributo al fine di permettere ai corregionali sparsi nel mondo, di tornare sui luoghi di origine per vivere uniche emozioni.
 

Molise è natura e paesaggio, ma anche cibo. Potete parlarci della vostra cucina?
Anche l’offerta enogastronomica è tracciata per fornire a tutti coloro che scelgono la nostra struttura, una chiara occasione per degustare la vera cucina molisana, passaggio obbligato per comprendere le eccellenze di un territorio e le proprie tradizioni. Per questo stiamo lavorando per un ambizioso progetto di cooperazione con alcuni attori dell’offerta enogastronomica per far si che i principali prodotti alimentari molisani possano essere conosciuti attraverso dei week-end tematici con l’opportunità di partecipare a una sorta di EXPO’ (per parafrasare il trend del momento) in uno dei palazzi più belli di un rinomato centro posto vicino a Campobasso. Una vetrina per unire la visita ad importanti centri monumentali ed archeologici con la degustazione di prodotti tipici, abbinati a vini di alto spessore organolettico come la Tintilia. Abbiamo creato a tal riguardo, un sondaggio di opinione tra alcuni importanti CRAL italiani i quali hanno espresso parere favorevole circa la possibilità di partecipazione a tali eventi, segno indistinguibile di un forte interesse verso la destinazione Molise. Altri eventi e pacchetti tematici sono in agenda e prossimamente saranno divulgati a segmenti di mercato di nicchia, proprio per far vivere esperienze uniche a chi sceglie la nostra struttura e ovviamente il Molise.
 

Il turismo quindi come leva per rilanciare l’economia?
Personalmente credo che la prima industria dovrebbe essere proprio il turismo. Abbiamo tre scuole alberghiere, Agnone, Termoli e Vinchiaturo, cresciute in termini di iscrizioni che potrebbero senz’altro fornire figure professionali formate. Ecco, la formazione, altro elemento indispensabile ai fini della crescita del fenomeno turistico di cui la progettualità sopracitata abbisogna, puntare insomma sulla qualità dei servizi che offerti a turisti che cercano emozioni e vivono esperienze da raccontare poi al loro ritorno con effetti positivamente dirompenti e che certamente favoriscono la crescita della destinazione. I turisti sono anche quelli che leggono i giornali, che fanno opinione, sono quelli che vanno in Internet a cercare testimonianze per poi muoversi. Questo è l’aspetto che spesso viene sottovalutato ma che è fondamentale proprio perché quando si ha un prodotto qualitativo con una buona comunicazione si giunge certamente a risultati apprezzabili in termini di sviluppo.
 

In conclusione, può riuscire il Molise a eccellere a livello nazionale?
Ne ha le potenzialità, ma è imperativo fare gruppo e investire sulla formazione, ognuno per le proprie competenze e certamente il Molise potrà competere con le altre destinazioni, creando i presupposti per un auspicato sviluppo territoriale di cui tutto l’indotto economico ne gioverebbe.




LADISPOLI: TROVATA MORTA L'ATTRICE LAURA ANTONELLI

di Silvio Rossi

Ladispoli (RM) – È stata trovata senza vita stamattina dalla badante, nella sua casa di Ladispoli, l’attrice Laura Antonelli, morta all’età di 74 anni.


L’ultima ad aver visto viva l’attrice è stata proprio la badante venerdì scorso, ancora non è certa la data del decesso, verrà predisposta l’autopsia per scoprire le cause e l’ora della morte. Un fratello della Antonelli, che vive in Canada, è stato avvertito del decesso.
Nata nel 1941 a Pola, in Istria, in tenera età fu tra i tanti profughi scappati dalla repressione titina, si trasferisce a Napoli, dove si diploma all’Istituto di Educazione Fisica, insegnando la materia nel liceo romano di Via Ripetta.
Inizia a lavorare nel cinema con piccoli ruoli nella metà degli anni sessanta. Nel 1973 ottiene il successo cinematografico grazie a Malizia, film di Salvatore Samperi, dove interpretava una sexy cameriera che seduce il giovane Alessandro Momo, attore scomparso in tenera età.
 

Il successo fu notevole, e la Antonelli iniziò a lavorare assiduamente con registi e interpreti di livello, tra cui si ricorda il francese Jean Paul Belmondo, con cui ebbe una burrascosa relazione. Fu al fianco di Sordi in due film tratti da commedie di Moliere: L’avaro e Il Malato Immaginario. Ma il suo personaggio rimase legato all’immagine di donna sexy, anche se non riuscì a ripetere il successo di Malizia.
Nel 1991 rimase coinvolta in una storia di droga, per cui fu condannata a 3 anni e 6 mesi in primo grado, assolta poi in appello alcuni anni dopo, con la legge sugli stupefacenti che nel frattempo era cambiata (la Antonelli venne riconosciuta consumatrice, ma non spacciatrice di cocaina).


Dopo la riabilitazione, non riuscì però a tornare al successo, anche per un intervento di chirurgia estetica che aveva deturpato il suo volto, per il quale le venne riconosciuto un risarcimento ritenuto dai più del tutto inadeguato. Negli ultimi anni si era ritirata a vita privata, vivendo di una pensione minima, tanto che l’amico Lino Banfi fece un appello al Presidente del Consiglio per aiutarla, lei fece però sapere di non volere riconoscimenti, perché la vita terrena non la interessava più.
I molti fan dell’attrice, però, preferiscono ricordare la Antonelli bella e sorridente degli anni migliori, un volto che aveva fatto innamorare milioni di italiani.
 




MUORE IL CONTE DRACULA: ADDIO A CHRISTOPHER LEE

di Ch. Mo.

Londra –
E’ morto all’età di 93 anni il Conte Dracula primo, unico e inimitabile del cinema. Una leggenda che va via lasciando tanti e tanti ricordi. Noto per un' infinità di ruoli e film, dal Conte Dracula, al Signore degli Anelli a Star Wars, era stato ricoverato per problemi respiratori e una crisi da insufficienza cardiaca ed e' deceduto domenica mattina, in un ospedale londinese. Soltanto oggi però è stata diffusa la notizia e a deciderlo è stata la moglie che ha voluto informare prima l'intera famiglia.


Una carriera ad honorem cominciata nel 1947, con un ruolo in un film dalle atmosfere gotiche, 'Corridor of Mirrors', quella di Lee ma solo negli anni '50 aveva raggiunto il vero grande successo con la produzione Hammer in almeno una ventina di film horror, a cominciare da 'La maledizione di Frankestein'. 


Negli ultimi quindici anni la sua carriera aveva conosciuto una seconda giovinezza interpretando lo stregone Saruman nella trilogia del 'Signore degli Anelli' lavorando anche con Tim Burton ('Alice in Wonderland').
Doppiatore e anche cantante, attore e interprete, lo potremo rivedere per l'ultima volta in "Angels in Notting Hill ", il suo film non ancora uscito sugli schermi.