CATANZARO: FREDDATO "TORO SEDUTO", CAPO CLAN ROM

di Matteo La Stella

Catanzaro – Antonio Bevilacqua è stato freddato questa mattina a Catanzaro da diversi colpi d'arma da fuoco. L'uomo era il leader indiscusso della comunità rom proveniente dall'est Europa che negli anni si è stanziata ed imposta nel capoluogo, tanto da ottenere il controllo di svariate attività illecite, dalle estorsioni allo spaccio di sostanze stupefacenti. Il 54enne, conosciuto anche come “Toro Seduto”, è stato colpito mentre era a passeggio in una zona da lui reputata tranquilla: i quartieri del quadrante sud di Catanzaro. L'egemonia del clan di Bevilacqua nei quartieri meridionali era infatti riconosciuta anche dall 'ndrangheta, che, negli anni, aveva lasciato il controllo degli stessi ai rom, diventati vere e proprie roccaforti, difficili da penetrare anche per le forze dell'ordine.

Il 54enne era già finito al centro di numerose indagini, a partire da quella che nel 2005 vide “Toro Seduto”, sfuggire ad un agguato difronte ad un locale di Catanzaro Lido. Anni dopo, emerse dall'inchiesta “Ghibli” che, il tentato agguato operato nei confronti di Bevilacqua era una “punizione” in funzione dei tentativi del capo clan di rendersi autonomo dalla cosca catanzarese, sottoposta al clan degli Arena.

“Toro seduto” compare anche in altre inchieste legate alla criminalità del capoluogo calabrese, come in quella denominata “Domino” e in quella denominata “Effetto Domino”. Secondo la Dda infatti, a Bevilacqua ed a Cosimo Abruzzese, altro esponente dell'organizzazione rom, era stata affidata la gestione degli affari criminosi nelle zone di Catanzaro Lido, Corvo e Germaneto. Quì il duo delinquenziale aveva il compito di ordinare gli accolti di etnia rom per poi indirizzarli, per conto di un accordo che sarebbe stato sancito con i Gaglianesi, alle diverse attività delinquenziali.

Il 25 novembre 2009, sull'onda dell'operazione “Domino”, “Toro seduto” era stato condannato a 6 anni e mezzo di reclusione in prima istanza, pena successivamente accorciata in appello il 3 giugno del 2010. L'uomo, caduta l'aggravante di associazione mafiosa, era rimasto in carcere per estorsione. Era poi tornato in libertà nel 2012, grazie anche alle istanze presentate per le sue condizioni di salute precarie.