Castelli Romani: “Ieri, oggi, sempre pride!”

Una storia lunga tante vite e 22 anni nel ricordo sempre vivo di Massimo Consoli

di DANIELE PRIORI *

Ci sono giorni che stravolgono la Storia. Ieri, ai Castelli Romani, è stato uno di quei giorni. 

C’è voluto il fresco della sera per farmi realizzare con nettezza e precisione che l’onda dell’Orgoglio rainbow è arrivata davvero fin sotto le nostre case. 

A li Castelli come goffamente recitava lo slogan del primo Albano Pride. 

4mila splendidi cuori in corteo pare il dato finale, credibile, accertato dagli encomiabili agenti della Polizia Locale di Albano. 

Di strada, di tempo, di pazienza ce ne sono voluti davvero molti. 

Così, sfilando nella marea di gente arcobaleno di ogni età che ieri ha raggiunto la nostra Albano, ho pensato costantemente al World Pride dei miei 18 anni. Nel 2000. Ai miei primi articoli sui diritti civili scritti sui giornali di questi territori. Parole che si infrangevano sugli occhi sbarrati o addirittura chiusi di molti, di tutti quasi. 

Parole che mi costrinsero (per carità a 18 anni forse era anche ora…) a non servire più all’altare della mia basilica di San Barnaba a Marino. Perché con spudoratezza avevo dato un nome, per di più sui giornali e firmando tutto, a quell’amore che ancora non doveva nemmeno provare a dire il suo nome dalle nostre parti. Figurarsi a farsi leggere sulle pagine della cronaca locale. 

Dissi al mio parroco di allora che dall’altare sarei sceso, tanto la fede avrei potuto viverla ovunque. Per fortuna è stato davvero così. 

Dissi pure a me stesso, però, che nonostante tutte le difficoltà e le rinunce, magari qualche discriminazione sussurrata o pronunciata ad alta voce, di diritti e della mia gente arcobaleno avrei continuato a scrivere ovunque sarebbe capitata l’opportunità. Soprattutto nei campi e con le persone più difficili e più distanti. Perché questa, a mio personale e umilissimo giudizio, è la missione più complessa e affascinante da condurre per compiere davvero la rivoluzione copernicana dei diritti. Non imporre un “politically correct” spesso addirittura ridicolo ma farsi capire, comprendere, amare (non tollerare!) davvero per quello che siamo. E ovunque noi siamo. 

Perché, diceva bene ieri una accesa e fiera portavoce della manifestazione di Albano: il Pride o è ovunque o non è!

Oggi si può dire davvero così. Oggi è realmente così. Allora no. Nel 2000 erano passati 100 anni dalla morte di Oscar Wilde. Londra e Parigi avevano capito gli orrori che avevano commesso nel torturare un genio colpevole solo di essere omosessuale. Roma e i suoi Castelli invece non avevano nemmeno valorizzato appieno il passaggio tra di noi, tra le nostre terre, di un altro genio come Pier Paolo Pasolini. Scandaloso nome, vent’anni fa ancora quasi da dire a bassa voce. Mentre io, adolescente nella mia cameretta, leggevo trepidante le  pagine dolcissime di “Amado mio” e delle “Poesie a Casarsa” che emergevano da un Pasolini giovanissimo figlio dello stesso Friuli regione natia di mia nonna Iole che non ho avuto la fortuna di conoscere ma sentivo e sento scorrere nel mio sangue. Campagne dolciamare, sotto i monti del Carso, genti semplici, capaci di piccole crudeltà e grandi reticenze, che sin da ragazzino al liceo percepivo così simili ai nostri Castelli Romani. 

Per questo  con l’umiltà e la forza  che mi hanno insegnato i miei nonni e i miei genitori, in questi 22 anni, nel mio ingombrante piccolo,  penso di essere riuscito ad arrivare ovunque e a parlare di tutto con tutti. Perché così si deve fare. Senza preclusioni. Neppure coi fascisti. Neppure con gli omofobi. A chi più di loro, d’altra parte, dobbiamo almeno provare a trasmettere il nostro messaggio? 

Io e la mia cravatta verde-Wilde donatami da Massimo Consoli, come eredità unica. Una eredità che ho ritrovato tutta in giovani coraggiosi e fieri, divenuti oggi miei cari amici come Mattia PiccaFrancesco AngeliLorenzo DuranteLuca GalantiPietro Turano che hanno avuto la volontà dal 2019, da soli e con le loro sole forze fortunatamente almeno incoraggiate da Arcigay, dai Giovani Democratici e da GayLib, di riportare in vita e azioni sul territorio, il nostro territorio, l’impegno quarantennale di PapaMax, scomparso (solo fisicamente) 15 anni fa esatti. 

Speriamo che entro fine anno la Città di  Marino possa finalmente dedicare una strada di Frattocchie all’indimenticabile Consoli al quale la piazza di Albano ha tributato il giusto e doveroso plauso.

Marino, la sua città, è stata rappresentata ieri al corteo (purtroppo senza fascia per il mancato patrocinio) dalla sempre coraggiosissima e avanti Franca Silvani, una donna, militante, dirigente locale e consigliera comunale del Pd che da molti anni ha capito che la questione dei diritti civili o è trasversale o non è. Onore a lei. Vera testimone di un cambiamento che finalmente, persino nella provincia fino a ieri lontanissima da Roma, sta davvero prendendo forma.

Ai Castelli, infatti – e scusate se lo ribadisco ma ci vuole – fino a un indeterminato “ieri”, figurato ma non troppo, i gay, le lesbiche, figuriamoci un po’ i sempre discussissimi bisex, non esistevano proprio. Esisteva qualche sparuta persona transessuale (solo mtf) suo malgrado che, purtroppo per lei, non poteva giocoforza nascondersi, subendo ironie, risolini ovunque e da chicchessia. 

Ieri invece abbiamo conosciuto e ascoltato il dolore e il coraggio di ragazzi, ragazzini per dirla meglio, millennials della generazione Z o poco più che hanno trovato il coraggio di metterci la faccia e raccontare le loro storie per le nostre strade. Tra le famiglie scese in piazza e quelle sui balconi o nei negozi meravigliosamente “arcobalenati” ad applaudire. E molte di queste storie erano di ragazzi trans ftm, da donna a uomo. Perché sì. Ci sono pure loro tra di noi. Storie che molti non avrebbero neppure immaginato o, fino a ieri, semplicemente avrebbero taciuto. Perché così si doveva. 

Ma fino a ieri pareva, anzi no, era semplicemente impossibile. 

Porchetta, uva, vino, pacche sulle spalle. La sagra degli ominidi, come li denominò bonariamente lo scrittore genius loci di Albano, Aldo Onorati, testimonial pure lui del Pride castellano. 

Li Castelli so’ così, d’altra parte cantava Petrolini nella (forse) sua Nannì.

E invece no. Da ieri, improvvisamente, la pagina è stata voltata con una folata di vento sotto il sole a 35 gradi. 

Una folata di vento che mi ha ricordato quella che chiuse il libro posto sul feretro di San Giovanni Paolo II nel giorno dei suoi funerali a San Pietro, a inizio primavera del 2005. La fine di un’epoca. 

A proposito: Albano è  sede di una delle più importanti diocesi della Chiesa Cattolica italiana. E se questa pagina si è voltata il merito va riconosciuto anche alla tenerezza, sulle orme del verbo di Papa Francesco, con cui don Marcello Semeraro prima e don Vincenzo Viva oggi hanno saputo affrontare queste questioni sulle quali, invece, molti altri sacerdoti fanno ancora fatica. 

Un plauso, dunque, va anche al rispetto e alla discrezione autenticamente laici mostrati dai nostri due vescovi che in questi anni si sono passati il testimone nella Curia di Albano. 

Così ci svegliamo, in questa nuova domenica castellana. Nel cuore e negli occhi immagini di un mondo nuovo, possibile, a colori. Persino qui. Persino tra questi colli e i nostri splendidi centri storici da oggi un po’ meno medievali. Con la voglia di continuare a vivere una meravigliosa estate di diritti e organizzare, per il prossimo anno, un altro Pride, in un’altra piazza de li Castelli. Perché ormai anche quello che pareva impossibile è diventato possibile. 

*Segretario Nazionale di GayLib