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Roma

CASTELLI ROMANI: ECCO IL PARCO CHE NON C'È

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Tempo di lettura 4 minutiSorgono come funghi le casette abusive che spuntano sui terreni agricoli dalla sera alla mattina senza che ci sia un controllo meticoloso

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di Chiara Rai

Rocca di Papa (RM) – Il nuovo anno è arrivato anche ai Castelli Romani dove però restano fermi i problemi di sempre: dal bracconaggio alle mini discariche, dall'abusivismo edilizio in pieno parco regionale dei Castelli Romani, dove dalla sera alla mattina compaiono case edificate senza la benchè minima autorizzazione, per arrivare alla barca didattica dell'Ente regionale non accessibile ai disabili, agli arenili del lago Albano in completo degrado alle carcasse di auto disseminate all’interno del Parco Regionale dei Castelli Romani e opportunamente "sezionate" da qualcuno con buona pace di tutte le istituzioni del territorio.


Questi sono soltanto alcuni dei problemi che ormai si porta dietro un Ente “baraccone” che a causa dello scarso personale e dei fondi regionali insufficienti non riesce a gestire le emergenze dell’area protetta che ricade su 15 Comuni castellani: Albano Laziale, Ariccia, Castel Gandolfo, Frascati, Genzano di Roma, Grottaferrata, Lanuvio, Lariano, Marino, Monte Compatri, Monte Porzio Catone, Nemi, Rocca di Papa, Rocca Priora, Velletri.

Il problema è sempre lo stesso: gli enti fanno uno scaricabarile infinito rimpallandosi le responsabilità senza cercare una soluzione definitiva che riesca a debellerare questi fenomeni di inciviltà.

Carcasse di auto e ormai nel Parco non è più possibile neppure passeggiare. L’area protetta è disseminata, nel territorio di Rocca di Papa, da numerosissime carcasse di auto abbandonate oltre che dall’immondizia di ogni genere fino a un cumulo di tappeti abbandonati. I residenti del luogo sono furiosi: “Eppure siamo nella Toscana di Roma – dicono – solo che nella patria dell’Alighieri le persone sono molto attente alla salvaguardia del patrimonio naturalistico e ambientale specialmente se si tratta di una area protetta”.

C’è un menefreghismo diffuso e paura di denunciare bracconaggio e vandali: “Eppure basterebbero delle telecamere e una sorveglianza maggiore del fenomeno, conosciuto da tutti, per evitare che si arrivi a trovare un vero e proprio sfascio all’aria aperta”. Addirittura ultimamente sono state portate via delle vetture da un carro attrezzi privato su segnalazione delle autorità ma dopo qualche giorno la situazione è di nuovo degenerata. E che dire di certi sfasci che si trovano nel territorio di Velletri, ai confini con Nemi, nel bel mezzo di un’area ricettiva alberghiera? Addirittura uno di questi è stato sequestrato un anno fa ma a tutt’oggi l’area non è stata completamente bonificata nonostante sotto l’enorme sfascio scorra l’acqua del Simbrivio che arriva nelle case dei residenti. Una volta si andava a funghi ma oggi stanno scomparendo anche quelli come del resto gli splendidi scoiattoli sugli alberi.
 
Emergenza cinghiali Che dire poi dell’emergenza cinghiali, talmente fuori controllo che arrivano persino vicino le abitazioni e a ridosso del liceo di Ariccia. Il presidente di Federcaccia Lazio Aldo Pompetti in questi giorni ha lanciato nuovamente l’allarme e chiesto agli enti parco regionali e alle istituzioni tutte di riaprire il dibattito sulla specie ''cinghiale'' cercando delle soluzioni da mettere in campo, anche per mezzo del fucile affinché il grosso delle popolazioni di cinghiali uscisse dal Parco o per lo meno abbandonasse i dintorni dei centri abitati. Ma questo riesce difficile perché ad esempio non c’è un dialogo collaborativo tra cacciatori ed Ente che potrebbe invece portare delle soluzioni tampone adottate in altre Regioni Italiane come quella degli abbattimenti selettivi, come avviene anche in alcune aree protette nazionali limitrofe al Lazio. Di fatto si potrebbe creare anche una sorta di attività turistico ricettiva attorno a questa ricchezza di cinghiali con il giusto equilibrio tra conservazione delle specie e promozione di un prodotto locale di pregio. Del resto l’uso delle gabbie, in atto nel parco dei Castelli come in quello di Veio o l’Oasi Tevere-Farfa, non stanno dando i risultati sperati. Questo perché come giustamente ha sottolineato Pompetti un’eccessiva presenza di cinghiali si rivela dannosa per qualsiasi altra forma di vita animale e per gran parte di quelle vegetali dunque c’è un serio rischio ambientale oltre che dell’incolumità delle persone.
 
Abusivismo Per di più in questo polmone verde sorgono come funghi le casette abusive che spuntano sui terreni agricoli dalla sera alla mattina senza che ci sia un controllo meticoloso su questo fenomeno che ormai ha divorato i dintorni più prossimi dei laghi di Nemi e Albano. Tant’è che sono pochi i cantieri con i sigilli che poi rimangono lì senza che le ordinanze sindacali di demolizione vengano rispettate.

Il lago di Albano Sull’emergenza del lago Albano si parla ormai da un ventennio. L’ondata rivoluzionaria annunciata con l’insediamento della giunta Zingaretti non ha visto mai luce, tant’è che l’assessore regionale all’Ambiente Refrigeri ha aperto un dialogo anni orsono con le amministrazioni locali di Castel Gandolfo ed Albano senza trovare una soluzione al rischio frane e quindi alla necessità di messa in sicurezza del costone attorno al bacino lacustre e neppure si è arrivati ad effettuare una seria bonifica dell’area protetta. Infatti gli arenili dati in concessione ai gestori degli stabilimenti balneari sono puliti durante la bella stagione ma tutto intorno è un groviglio di rovi incolti, barche abbandonate, immondizia e ancora più scandaloso è il fatto che è stato addirittura distrutto il Villaggio delle Macine, un insediamento di palafitte risalenti all'età del bronzo lasciate completamente alla mercé di vandali e all’incuria e degrado di un ambiente abbandonato a se stesso. E come se non bastasse è anche vietato percorrere a piedi o in bicicletta, il sentiero che si sviluppa lungo il periplo del lago Albano comunemente detto “dei Cappuccini”. Questo divieto, conseguenza di una serie di frane che rendono estremamente pericoloso e instabile il tracciato, continua ad essere in vigore, per questo già da diversi anni l’Ente Parco ha escluso tale itinerario da quelli proposti per le proprie attività turistico ricettive. La messa in sicurezza di questo sito è ormai una chimera

La barca didattica dell'Ente regionale Parco dei Castelli Romani Vogliamo parlare della barca didattica del Parco? Giampiero Tofani, Delegato di Castel Gandolfo C.A.B.A., Controllo Abbattimento Barriere Architettoniche denuncia il fatto che la “Barca Ecologica” a motori elettrici, poi convertita in “Barca Didattica” a motore a scoppio del Parco Regionale dei Castelli Romani è off limits ai disabili. Ma non è tutto perché Tofani parla anche di una presunta speculazione: “Dare in appalto il natante ad un privato per gite turistiche a pagamento nel Lago Albano – commenta Tofani – oltre ad essere un impiego palesemente fuorilegge della barca didattica a motore a scoppio, è come se le forze dell’ordine dessero in appalto gli autobus in dotazione ad una azienda privata per gite turistiche a pagamento nella Città Metropolitana di Roma”. E aggiunge sottolineando che “l’approdo e il varo del natante a motore, situato proprio nel bel mezzo della spiaggia pubblica che il P.U.A., il Piano di Utilizzazione degli Arenili, ha riservato ai bagnanti, oltre a risultare altamente pericoloso per i grandi e piccini che sguazzano in prossimità della riva, costituisce occupazione senza titolo di specchio acqueo demaniale. Un reato perseguibile d’ufficio sia dagli agenti di Polizia Locale e sia dai Guardiaparco, agenti di Polizia Giudiziaria, che percepiscono stipendi di denaro pubblico”.