CASTEL GANDOLFO (RM) – Ci sono fiori freschi e una tomba con il suo nome e cognome di battesimo chiaramente leggibili: “Karl Hass” è sepolto in un fornetto del cimitero nuovo di Castel Gandolfo, non facilmente raggiungibile.
Si trova in cima a delle scale in un angoletto dove sono impilati altri defunti, di cui qualcuno trascurato da tempo. Quel 21 Aprile del 2004 e il giorno della sepoltura del maggiore SS Karl Hass, dirigente del reparto delle SS incaricato dello spionaggio all’estero e superiore del capitano SS Erich Priebke, non ci furono tumulti ai Castelli Romani.
Hass prese parte attiva all’Eccidio delle Fosse Ardeatine assieme a Priebke, finì i suoi anni a Castel Gandolfo dove prese la residenza e morì a 92 anni mentre scontava l’ergastolo ai domiciliari nella casa di riposo “Garden” sul lungolago. Quando il maggiore Hass morì era sindaco Maurizio Colacchi mentre il Vescovo della diocesi di Albano era l’attuale Cardinale Vicario di Roma Agostino Vallini: “Il monsignor Vallini fu categorico – racconta l’ex primo cittadino Colacchi – non concesse nessuna funzione religiosa per un criminale di guerra”.
Eppure il giorno della sepoltura di Hass un prete diede la benedizione al maggiore delle SS. A questo punto le ipotesi sono due: o a benedirlo fu un prete fuori dalla diocesi di Albano, amico degli Hass, oppure qualcuno disubbidì alle direttive dell’allora Monsignor Vallini. Colacchi, il quale esclude che qualche prete nostrano possa aver concesso esequie o benedizione al maggiore nazista, racconta di essersi opposto alla sepoltura di Hass in tutte le sedi, espresse la sua contrarietà persino ai famigliari e legali di Hass. “Non ci fu nulla da fare – continua l’ex sindaco – il Prefetto di allora mi contattò e mi disse che per legge Hass andava sepolto a Castel Gandolfo perché oltre ad essere morto qui, vi era anche residente”. L’ex sindaco dice non avere molti ricordi di quell’evento: Si fece tutto di corsa e blindati dalla sicurezza.
La notizia non ebbe il clamore che invece ha registrato la morte e relativo vagabondaggio del feretro di Priebke, respinto da Roma, la cui funzione religiosa è stata celebrata ad Albano Laziale da don Pierpaolo Petrucci, il superiore dei lefebvriani in Italia, il quale non gli ha negato le esequie in quanto cristiano battezzato. C’erano i parenti stretti al funerale di Karl Hass: molti poliziotti e carabinieri in borghese, la figlia Erika che ogni due mesi partiva dalla Svizzera per visitare il padre e qualche parente venuto dalla Germania.
A manifestare fuori dai cancelli dei lefebvriani lo scorso 15 ottobre c’era anche l’attuale sindaco di Castel Gandolfo Milvia Monachesi che all’epoca dei funerali di Hass era in giunta di centrosinistra a Castel Gandolfo come assessore ai Servizi Sociali: “Se fossi stata al posto dell’allora sindaco – dice – avrei manifestato sdegno per una decisione del genere.
Però – prosegue – ricordo che l’allora sindaco Colacchi manifestò la sua contrarietà ma non potette impedire la sepoltura di un residente morto a Castel Gandolfo, nonostante si trattasse di un criminale di guerra”. Comunque all’epoca non ci fu ne sdegno e neppure proteste. E Colacchi, sebbene l’altro giorno abbia espresso solidarietà al primo cittadino di Albano Nicola Marini, non era presente a manifestare ad Albano. “Con Priebke è andata diversamente – continua Monachesi – il sindaco Marini si è ritrovato improvvisamente nel suo territorio una salma di un criminale nazista respinta da Roma.
E’ gravissima la responsabilità di chi ha pensato di imporre le esequie di un boia nazista ad un territorio profondamente antifascista, senza preoccuparsi dell’offesa che avrebbe procurato, dei rischi di violenza che avrebbe prodotto, della mancanza di rispetto verso il Sindaco, il quale si è visto addirittura annullare una ordinanza dal Prefetto”.