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di Michele Santulli
Cassino (FR) – In un passato intervento abbiamo registrato il vero e proprio, a nostro avviso, colpo mancino, inferto all’antico e nobile monastero dalle gerarchie vaticane nella loro opera di riorganizzazione territoriale delle strutture religiose.
In verità l’Abbazia di Montecassino è stata per quindici secoli una sola unità col territorio ai suoi piedi: era la nota terra di San Benedetto che non solo comprendeva le comunità circostanti ma che, tra l’altro, estendeva propaggini in varie parti delle regioni limitrofe. E’, in aggiunta, arduo rinvenire in Europa un monastero che sia anche sede vescovile, più antico di Montecassino, senza menzionarne l’altissimo e unico prestigio culturale e storico. E’ perciò ancora più arduo a comprendere sulla scorta di quali motivazioni si siano potuti cancellare anche tanti secoli di storia ma soprattutto di vicende e di comunanza, con un tratto di penna: che cosa mai avrebbe comportato per la Chiesa la conservazione dello status di sede vescovile di Montecassino e dunque il mantenimento al futuro di questa pagina di prestigio e di storia? Montecassino è un unicum! E se si ricorda che già nel 1300 un papa aveva confermato e ribadito la sua ‘la sede vescovile permanente‘, allora non si può non rimanere attoniti e sorpresi di tale provvedimento.
La Chiesa dunque sa togliere ma sa anche dare: e infatti il medesimo giorno della cancellazione della Diocesi di Montecassino, ne ha nominato abate un monaco attivo in Puglia, don Donato, chiamato ad occupare una carica prestigiosa rimasta vuota da qualche anno. Compito difficile, quello di Don Donato: dover gradualmente portare a compimento e ad assolvimento gli impegni ed obbligazioni ed incarichi contratti e rivestiti nella precedente carica abbaziale per parecchi anni e poi allo stesso tempo entrare in contatto, e conoscerla!, e amministrarla, una realtà unica al mondo quale Montecassino. Gravame estremo, è da ritenere, sulle spalle di don Donato.
Eppure in questi primi mesi della sua presenza, senza minimamente interferire nella normale e consolidata routine e abitudini comunitarie, ha preso visione e si è reso conto. E ha iniziato ad agire, con modestia, senza rumore, epperò con decisione e fermezza, illuminato e nel nome di San Benedetto e nell’alto interesse di Montecassino. E immediatamente è intervenuto in quello che è da considerare l’aspetto cruciale e mai messo in discussione prima di lui: l’orario di apertura del Monastero al visitatore e al pellegrino. Non più dunque apertura alle 9,30 e interruzione alle 12,30 e poi riapertura alle 15,30 fino alle 17 bensì orario continuato: dalle 8,30 alle 19,00!! Mai avvenuto, credo, a Montecassino nella sua lunga storia.
Mai avvenuto in un altro monastero benedettino o confratello. In realtà, Montecassino non è solo dei monaci, Montecassino appartiene al mondo, deve essersi detto Don Donato ed è giusto aver le braccia aperte, a ricevere il pellegrino, ad ogni ora. E quindi nuove e onerose incombenze connesse e ulteriori impegni e responsabilità: servizi ampliati al parcheggio, altri in costruzione nei chiostri e nel Museo, assunzione di nuovo personale, il prezioso Museo attualmente sottoposto a opere di razionalizzazione dei percorsi e a migliorie strutturali; programmazione di strutture ricettive e di accoglienza del pellegrino, ampliamenti delle aree di parcheggio ma molto altro si ha intenzione e volontà di realizzare, secondo le parole di Don Donato: non solo dunque la visita turistica, non solo dunque la visita edificatoria ed elevatrice e devozionale ma anche lo studio e l’apprendimento, la ricerca e la divulgazione e l’insegnamento, il contatto diretto coi monaci da parte del visitatore e anche la promozione dell’esperienza del soggiorno claustrale purificatore: dunque apertura massima al mondo, nello spirito del Santo Fondatore. E si comprende e deduce immediatamente che la visione di don Donato è come si suol dire, a 360°, senza pregiudizi e preconcetti e preclusioni. E possiamo impiegare il termine: una rivoluzione è in atto: una nuova epoca si preannuncia. Un nuovo rinascimento per Montecassino.
E certamente ora i visitatori e i benefattori continueranno ancor di più a dare il loro apporto e il loro sostegno. La fine e la interruzione repentina dell’attività di Diocesi si sta assimilando e vivendo con impegno e serenità e armonia. Altro aspetto a nostro avviso pure determinante e pragmatico è la presa d’atto da parte dell’Abate Donato che la consistenza dei monaci e dei conversi è ormai ridotta a numeri esigui rispetto alle obbligazioni e impegni e, anche, alle aspettative: da qui le sue, pronte e convissute, esigenza e obbligatorietà, di continuare a servirsi, e ora quasi unicamente, della collaborazione e presenza dei laici.
Colpisce ferocemente in un siffatto contesto di valorizzazione e di impegno e di operosità costruttivi, la velleità invece, a mio avviso, distruttiva dell’amministrazione comunale di Cassino la quale, crogiolandosi nel suo bel titolo piombatogli dal cielo di ‘città martire’, dopo aver trovato il suo solo ed unico e vero interesse e ambito di realizzazione, da sempre, esclusivamente nella cementificazione selvaggia del territorio, senza mai, al contrario, ravvisare nemmeno embrionalmente la esigenza civile della realizzazione intelligente di istituzioni artistiche o culturali o ricettive idonee, in grado di richiamare il forestiero e quindi anche il visitatore di Montecassino, incubo da sempre della amministrazione comunale cementiera e asfaltista, ora tira fuori dal cappello una funivia che dovrebbe risolvere il suo problema acuto della intercettazione dei turisti che vanno a Montecassino.In che modo? Con l’impedire ai pullman di salire le sacre balze e al contrario venir bloccati, d’imperio, in una piazza cittadina! E qui ci arrestiamo.
Sappiamo che a Cassino opera qualche associazione che si occupa della salvaguardia del paesaggio e del buon senso e ciò lascia sperare. Come pure uomini politici che sanno discernere.
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