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Economia e Finanza

Cassa integrazione in deroga, ritardo nei pagamenti: Conte tira le orecchie alle Regioni

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Il premier Giuseppe Conte è alla Camera per l’informativa sull’emergenza Covid-19 e sul negoziato in Europa. “La Cig in deroga come sapete passa attraverso le Regioni. Mi permetto di sollecitare le Regioni che non hanno fatto pervenire i flussi (di richieste, ndr), a farli pervenire quanto prima altrimenti non potremo erogare la Cig”, ha detto il premier Giuseppe Conte in un passaggio della sua informativa alla Camera.

Anche alla Camera, come era avvenuto in Senato prima, l’opposizione ha protestato quando Conte ha assicurato la collaborazione con l’opposizione. Il presidente Fico, dopo aver chiesto il silenzio dei deputati leghisti, ha chiesto a Conte di proseguire nel suo intervento.

L’informativa di Conte al Senato

“Il prossimo consiglio europeo non sarà risolutivo ma dovrà dare un indirizzo chiaro” sugli strumenti per combattere “lo shock” generato dal Coronavirus, ha detto il premier Giuseppe Conte, riferendo in Senato: “Questo passaggio viene compiuto nella chiara della consapevolezza della necessità di coinvolgere il Parlamento tanto più in una fase in cui l’azione di governo rileva direttamente su beni primari della persona”, ha detto. 

Capitolo ripartenza. “Stiamo elaborando un programma di progressive riaperture che sia omogeneo su base nazionale e che ci consenta di riaprire buona parte delle attività produttive e anche commerciali tenendo sotto controllo la curva del contagio”, dice Conte. E la soglia del contagio di riferimento “vogliamo che sia commisurata alla recettività delle strutture ospedaliere delle aeree di riferimento”, aggiunge.

“Si prospetta una fase molto complessa: dobbiamo procedere a un allentamento del regime attuale delle restrizioni e fare il possibile per preservare l’integrità del nostro tessuto produttivo. Il motore del Paese – prosegue il premier – deve avviarsi ma sulla base di un programma ben strutturato“. 

Sostegno alle famiglie. “Questa emergenza incide sulle fasce più fragili, rischia di creare nuove povertà e lacerare un tessuto sociale già provato. Abbiamo già compiuto alcuni passi. Il governo però è consapevole che questi interventi non sono sufficienti: occorre un sostegno alle famiglie e alle imprese prolungato nel tempo ancora più incisivo”, ha spiegato il premier. 

La risposta sanitaria. Il governo ha elaborato “una strategia in cinque punti. Il primo – ha aggiunto Conte – è mantenere e far rispettare distanziamento sociale, promuovere un utilizzo diffuso di dispositivi di protezione individuale fino a quando non disponibili terapia e vaccino“. 

Per quanto riguarda l’App per il tracciamento, “sarà offerta su base volontaria, non obbligatoria”. “Anche per le misure di distanziamento sociale ci saranno alcune modifiche, non ci sfugge”, prosegue il premier, la difficoltà dei cittadini “nel continuare a rispettare” le regole anticontagio e “l’aspirazione al ritorno alla normalità”. 

Il Mes. “Sull’ormai strafamoso Mes – ha poi aggiunto – si è alimentato nelle ultime settimane un dibattito che rischia di dividere l’Italia in opposte tifoserie” ma l’intento è procedere con la “massima cautela”. In merito al Mes, “chi esprime dubbi su questa linea di credito contribuisce a un dibattito democratico e costruttivo. Ritengo che questa discussione debba avvenire in modo pubblico, trasparente, in Parlamento, al quale spetterà l’ultima parola”. “Ci sono Paesi in Ue – ha proseguito Conte – che hanno dimostrato interesse” al Mes senza condizioni. “La Spagna ha dimostrato di essere interessata purché non abbia le condizionalità” previste prima dell’emergenza. “Rifiutare questa nuova linea di credito significherebbe fare un torto a questi Paesi che ci affiancano nella battaglia” in Ue. “Per capire se il Pandemic Crisi Supporto (la nuova linea di credito che fa riferimento al Mes, ndr) sarà effettivamente” senza condizionalità “bisogna attendere l’elaborazione dei documenti predisposti per erogare questa linea di credito. Solo allora potremo discutere se il relativo regolamento può essere o meno opportuno agli interessi nazionali”. Lo dice il premier Giuseppe Conte nell’informativa al Senato.

In merito al recovery Fund “appoggiamo la proposta francese avendo chiesto di integrarla in modo da rispondere più puntualmente ai requisiti che riteniamo imprescindibili. Da ultimo è stata presentata una proposta spagnola che pure, ma con qualche suggerimento di variazione, potremmo appoggiare per la sua conformità alle nostre finalità”, dice il premier Giuseppe Conte nell’informativa al Senato.

Verso un Cdm domani per il varo di Def e scostamento – Dovrebbe tenersi domani il Consiglio dei ministri per il varo del Documento di economia e finanza. A quanto si apprende da più fonti di governo, la riunione non è ancora convocata, ma si lavora in queste ore perché si possa approvare il Def nella giornata di mercoledì. Il governo dovrebbe dare il via libera anche alla relazione al Parlamento sullo scostamento di bilancio, per autorizzare nuove spese in deficit e finanziare le misure del decreto atteso a fine mese.

“Prima della fine di questa settimana confido di comunicarvi questo piano e di illustrarvi i dettagli di questo articolato programma” per la fase 2 del Coronavirus. “Una previsione ragionevole è che lo applicheremo a partire dal prossimo 4 maggio”. Lo annuncia in un lungo post sui social il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. 

“In queste ore continua senza sosta – si legge – il lavoro del Governo, coadiuvato dall’équipe di esperti, al fine di coordinare la gestione della ‘fase due’, quella della convivenza con il virus. Come già sapete, le attuali misure restrittive sono state prorogate sino al 3 maggio.

Molti cittadini sono stanchi degli sforzi sin qui compiuti e vorrebbero un significativo allentamento di queste misure o, addirittura, la loro totale abolizione. Vi sono poi le esigenze delle imprese e delle attività commerciali di ripartire al più presto. Mi piacerebbe poter dire: riapriamo tutto. Subito. Ripartiamo domattina. Questo Governo ha messo al primo posto la tutela della salute dei cittadini, ma certo non è affatto insensibile all’obiettivo di preservare l’efficienza del sistema produttivo. Ma una decisione del genere sarebbe irresponsabile. Farebbe risalire la curva del contagio in modo incontrollato e vanificherebbe tutti gli sforzi che abbiamo fatto sin qui. Tutti insieme. In questa fase non possiamo permetterci di agire affidandoci all’improvvisazione. Non possiamo abbandonare la linea della massima cautela, anche nella prospettiva della ripartenza. Non possiamo affidarci a decisioni estemporanee pur di assecondare una parte dell’opinione pubblica o di soddisfare le richieste di alcune categorie produttive, di singole aziende o di specifiche Regioni.

L’allentamento delle misure deve avvenire sulla base di un piano ben strutturato e articolato. Dobbiamo riaprire sulla base di un programma che prenda in considerazione tutti i dettagli e incroci tutti i dati. Un programma serio, scientifico. Non possiamo permetterci di tralasciare nessun particolare, perché l’allentamento porta con sé il rischio concreto di un deciso innalzamento della curva dei contagi e dobbiamo essere preparati a contenere questa risalita ai minimi livelli, in modo che il rischio del contagio risulti “tollerabile” soprattutto in considerazione della recettività delle nostre strutture ospedaliere.

Vi faccio un esempio. Non possiamo limitarci a pretendere, da parte della singola impresa, il rispetto del protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro che pure abbiamo predisposto per questa epidemia. Dobbiamo valutare anche i flussi dei lavoratori che la riapertura di questa impresa genera. Le percentuali di chi usa i mezzi pubblici, i mezzi privati, in quali orari, con quale densità. Come possiamo garantire all’interno dei mezzi di trasporto la distanza sociale? Come possiamo evitare che si creino sovraffollamenti, le famose “ore di punta”? Come favorire il ricorso a modalità di trasporto alternative e decongestionanti? Questo programma deve avere un’impronta nazionale, perché deve offrire una riorganizzazione delle modalità di espletamento delle prestazioni lavorative, un ripensamento delle modalità di trasporto, nuove regole per le attività commerciali.

Dobbiamo agire sulla base di un programma nazionale, che tenga però conto delle peculiarità territoriali. Perché le caratteristiche e le modalità del trasporto in Basilicata non solo le stesse che in Lombardia. Come pure la recettività delle strutture ospedaliere cambia da Regione a Regione e deve essere costantemente commisurata al numero dei contagiati e dei pazienti di Covid-19. È per questo che abbiamo gruppi di esperti che stanno lavorando al nostro fianco giorno e notte. C’è il dott. Angelo Borrelli che sin dalla prima ora ci aiuta, per tutta la parte operativa, con le donne e gli uomini della Protezione civile.

C’è il dott. Domenico Arcuri che sta mettendo le sue competenze manageriali al servizio dell’approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale e delle apparecchiature medicali di cui le Regioni erano fortemente carenti (pensate: ad oggi abbiamo fornito alle Regioni 110 milioni di mascherine e circa 3 mila ventilatori per le terapie). C’è il prof. Silvio Brusaferro che insieme agli altri scienziati ed esperti sanitari del Comitato tecnico-scientifico ci forniscono un’analisi scientifica della curva epidemiologica e ci suggeriscono le misure di contenimento del contagio e di mitigazione del rischio. Più di recente si è aggiunto il dott. Vittorio Colao che insieme a tanti altri esperti sta offrendo un contributo determinante per la stesura di un piano per una graduale e sostenibile riapertura, che tenga conto di tutti i molteplici aspetti, operativi e scientifici.

È fin troppo facile dire ‘apriamo tutto’. Ma i buoni propositi vanno tradotti nella realtà, nella realtà del nostro Paese, tenendo conto di tutte le nostre potenzialità, ma anche dei limiti attuali che ben conosciamo. Nei prossimi giorni analizzeremo a fondo questo piano di riapertura e ne approfondiremo tutti i dettagli. Alla fine, ci assumeremo la responsabilità delle decisioni, che spettano al Governo e che non possono essere certo demandate agli esperti, che pure ci offrono una preziosa base di valutazione. Assumeremo le decisioni che spettano alla Politica come abbiamo sempre fatto: con coraggio, lucidità, determinazione. Nell’esclusivo interesse di tutto il Paese. Nell’interesse dei cittadini del Nord, del Centro, del Sud e delle Isole. Non permetterò mai che si creino divisioni. Dobbiamo marciare uniti e mantenere alto lo spirito di comunità. È questa la nostra forza. E smettiamola di essere severi con il nostro Paese. Tutto il mondo è in difficoltà. Possiamo essere fieri di come stiamo affrontando questa durissima prova. Prima della fine di questa settimana confido di comunicarvi questo piano e di illustrarvi i dettagli di questo articolato programma. Una previsione ragionevole è che lo applicheremo a partire dal prossimo 4 maggio“.

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Economia e Finanza

L’Italia è il paese più ricco di strutture ricettive in Europa

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Il fenomeno dell’eccesso turistico costituisce attualmente tema importante del dibattito pubblico, anche grazie a tutta una serie di proteste che si sono verificate in alcune delle mete turistiche più frequentate del continente europeo, con le più accese a Barcellona e Maiorca. Con questa espressione si intende una situazione in cui l’impatto del turismo supera le capacità fisiche, ambientali, sociali, economiche, psicologiche o politiche dei luoghi in cui accade vedi Venezia o Firenze. Si tratta di dinamiche che hanno delle ripercussioni sia sui residenti delle comunità locali che sui turisti stessi, oltre che sul paesaggio, sui beni culturali e sui servizi presenti all’interno di questi contesti. La misurazione di queste dinamiche è ancora complessa da fare. Si tratta di materia relativamente nuova per le quali ancora non ci sono delle reali linee guida su quali siano gli indicatori da utilizzare. Inoltre, alcune caratteristiche del fenomeno (come la sua stagionalità) rendono ancora più complesse le analisi. Per poter iniziare ad inquadrare il fenomeno è utile valutare lo stato dell’industria turistica nei paesi comunitari, partendo dal numero di strutture ricettive di accoglienza e il numero di posti letto.
 
Nel suo complesso, l’Unione Europea conta oltre 636mila strutture ricettive con più di 29 milioni di posti letto. In questo dato si comprendono non soltanto gli alberghi ma anche altre strutture di alloggio simili come i B&B oltre a campeggi e aree camperistiche attrezzate.
 
Negli anni delle restrizioni dovute alla pandemia si registra un calo ma i valori attuali (riferiti al 2023) sono in crescita rispetto al periodo pre-Covid. Per quel che riguarda il numero di strutture ricettive, si registra un incremento del 3% rispetto al 2019 mentre per i posti letto l’aumento è dell’1,5%. Il 21,1% delle strutture turistiche europee si trova in aree urbane centrali, che comprendono il 22,6% dei posti letto. Seguono poi le zone periferiche (32,5% strutture, 33,6% posti letto) e le zone rurali (46,4% e 43,8%). Circa la metà delle infrastrutture turistiche europee si trova in aree costiere (51,1%) e copre il 41,6% dei posti conteggiati.
 
Come informa Openpolis, su elaborazione dati da Eurostat, in termini assoluti l’Italia è il paese europeo dotato del maggior numero di strutture ricettive (229.513) e di posti-letto (5,2 milioni). Rispettivamente, coprono il 36,1% e il 17,8% dell’offerta nel continente; per quel che riguarda le infrastrutture turistiche, seguono Croazia (117.476, il 18,5%), Germania (48.275, 7,6%) e Francia (29.375, 4,6%). In coda,  tre piccoli paesi dell’unione: Cipro (771, 0,1%), Lussemburgo (357, 0,1%) e Malta (335, 0,1%).
 
Per quel che riguarda invece i posti-letto, al nostro paese seguono Francia (5.094.909, 17,5%), Germania (3.665.302, 12,6%) e Paesi Bassi (1.400.003, 4,8%). Gli stati caratterizzati da una minore quantità di posti letto sono invece Lussemburgo (57.830, 0,2%), Lettonia (52.263, 0,2%) e Malta (51.041, 0,2%). Occorre evidenziare che risultano mancanti i dati dell’Irlanda mentre quelli della Spagna sono invece parziali, motivo per cui non sono stati considerati nell’analisi.
 
Questi dati sono disponibili a livello regionale per quasi tutte le aree dell’UE. Per poter permettere di confrontare il dato tra regioni con popolazione differente, è stata calcolata l’incidenza ogni 10mila abitanti. La regione europea con l’incidenza maggiore di strutture ricettive è Jadranska Hrvatska (857,64 ogni 10mila abitanti), che comprende tutta l’area della Croazia. Seguono Ionia Nisia (Grecia, 223,90) e la provincia autonoma di Bolzano (221,55). Tra le prime dieci europee, quattro sono italiane: oltre al territorio già citato, sono presenti anche il Veneto (123,84), la Valle d’Aosta (103,39) e il Friuli-Venezia Giulia (83,07). Sui posti letto invece i valori maggiori si registrano nella regione di Notio Aigaio (Grecia, 9.084,56), Jadranska Hrvatska (Croazia, 8.357,92), Ionia Nisia (Grecia, 7.714,12) e Corsica (Francia, 4.728,77).
 
È importante notare che valutare l’incidenza delle strutture ricettive turistiche sul territorio è solo uno degli elementi utili per considerare lo stato del turismo in una regione. Di fondamentale importanza è considerare anche la quantità di notti passate dai turisti in un paese, così come l’incidenza del settore nel calcolo del Pil.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Economia e Finanza

Sicilia, discariche sature: 90mila tonnellate di rifiuti in partenza per la Finlandia

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Di Paola (M5s): “Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche”

È da tempo risaputo come anche i rifiuti siano una risorsa ma una risorsa non facile da gestire e trasformare in prodotti utili. Si apprende dunque sa organi d’informazione siciliani che è stata recentemente definitiva una disposizione o decreto regionale, del 1° agosto scorso, che consente di spedire i rifiuti della Sicilia all’estero fino al prossimo 30 giugno e questa volta con destinazione Finlandia.

L’assessorato regionale competente pei rifiuti ha deciso che dall’isola Sicilia saranno effettuate almeno 3 mila spedizioni di rifiuti indifferenziati, trattati negli impianti Tmb, che non possono essere più smaltiti in loco, per complessive circa 90 mila tonnellate di rifiuti, decisione provocata dalla saturazione delle discariche locali, come quella di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti.

Questi trasferimenti, però, non sono indolori per i Comuni siciliani, che vedranno sobbarcarsi un costo extra

Lo smaltimento in Sicilia costava tra i 200 e i 250 euro a tonnellata, mentre in Danimarca, nel termovalorizzatore di Copenaghen, la cifra è salita a 400 euro a tonnellata. Adesso, l’immondizia di circa 150 Comuni siciliani, soprattutto della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano, finirà in Finlandia trasportata dalla ditta lombarda Vibeco, nel termovalorizzatore della società Loviisan Satama Oy, sita a Valko, ove verranno trattati nell’ottica del recupero energetico.

Ed è prevedibile che i costi lieviteranno ulteriormente. Il porto di Loviisa è un porto marittimo baltico nella città di Loviisa, situato sulla costa meridionale della Finlandia e sulla sponda settentrionale del Golfo di Finlandia. a poco meno di una novantina di km. da Helsinki.
Il decreto non indica alcun prezzo né fornisce un ristoro economico ai sindaci, che già dall’anno scorso avevano chiesto uno stanziamento extra per fronteggiare i costi.

La situazione è ora più complessa e pesante

Secondo l’attuale governo regionale, i rifiuti potranno in futuro essere trattati in Sicilia utilizzando un paio di inceneritori che dovrebbero essere realizzati a Palermo e Catania, ma il cui iter autorizzativo non sembra breve, ragion per cui la soluzione dell’esportazione non appare di breve durata.


Il M5S, con il vicepresidente dell’ARS, Nuccio Di Paola, fiuta il pericolo di una manovra inevitabile per la Regione dichiarando che “se spedire i rifiuti in Finlandia è la soluzione di cui tanto parlava Schifani pochi giorni fa, allora c’è davvero da preoccuparsi.

Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con queste cifre, una amministrazione coscienziosa avrebbe dovuto stringere i tempi per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo, la musica non cambia. Lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani”.

Alla destinazione finnica si aggiunge anche una destinazione turca: infatti altri 5 decreti hanno autorizzato l’invio a Aliaga-Izmir, nell’impianto Ege Celik Sanay Ticaret, di 5.733 tonnellate. Anche in questo caso l’autorizzazione all’invio, concordata con i ministeri dell’Ambiente italiano e turco, durerà un anno.

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Costume e Società

Croazia: boom di turisti e prezzi alle stelle

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La Croazia ad oggi è parte dell’Unione Europea e come tale ha acquisito i diritti e i doveri degli altri Paesi che ne fanno parte. Diverse testimonianze di turisti confermano che quest’anno si è osservato un boom turistico proveniente da zone limitrofe e oltre: Italia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Grecia e Francia.

Tuttavia, è credibile che l’entrata della Croazia tra le “stelle” dell’Unione Europea abbia incentivato la costruzione di alberghi e di ristoranti per ospitarne il turismo da un lato, ma dall’altro ha sicuramente rialzato le spese dell’economia croata.

Questo aspetto finanziario dettato dalla moneta unica, rispetto a quello che era il valore della moneta croata, ha “meravigliato” sia la popolazione croata che il turismo, subendo alcuni contraccolpi sia nelle spese che nei ricavi economici.

L’euro, in un certo senso, ha equiparato la Croazia con gli altri Stati Europei da un punto di vista dei tre settori economici: agricoltura, industria e turismo.

Questo requisito ha però modificato la vita quotidiana di ciascun croato che si è ritrovato a dar di conto ad un’economia più ampia e complessa rispetto al passato.

Non c’è alcun dubbio sul fatto che la Croazia si stia notevolmente sviluppando nel turismo con la costruzione di alberghi, di strutture marittime etc…, ma questi nuovi investimenti hanno richiesto all’economia croata di creare adeguate risorse non solo per il turismo, ma anche per gli abitanti stessi.

La Croazia ad ora ha prezzi elevati e poco concorrenziali soprattutto negli alimenti, nelle postazioni turistiche (es. ombrelloni, sdrai), nei vestiti e nell’oggettistica (es. souvenirs), rischiando un saldo economico di ritorno più basso del previsto.

Un tempo il turista che arrivava in Croazia pagava meno rispetto ai servizi di cui necessitava, oggi è inevitabile che l’aumento dei prezzi possa portare con sé il rischio di abbassare il flusso turistico.

La Croazia ha però una particolarità intrinseca rispetto al passato: nelle città costiere i prezzi si sono elevati rispetto alle isole. Questo dato è tratto da alcune ricerche svolte sul campo nei periodi di luglio e agosto; è come se la vita da isolano costasse meno rispetto a quella di città. Il dato potrebbe essere scontato, ma non lo è, poiché prima dell’ingresso nell’Unione Europea, l’intera Croazia aveva costi poco concorrenziali e soprattutto similari nel triangolo costa, città e isola.

Nel frattempo che la Croazia continui il suo “viaggio” di inserimento in Europa, ogni turista sicuramente “farà due conti in tasca prima di avventurarsi in zone della Croazia dove i costi sono saliti alle stelle”.

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