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Editoriali

CASO ROBERTA RAGUSA: QUEI RISULTATI SORPRENDENTI DALLE ANALISI DELLA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO

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Tempo di lettura 4 minuti La ricostruzione ci spiega anche il perché Logli, credendo di essere solo in autoscuola, disse liberamente a Sara: "Ti amo, buonanotte"

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di Domenico Leccese
Riguardo il caso di Roberta Ragusa la criminologa Ursula Franco ha effettuato l’analisi delle dichiarazioni rilasciate dal marito, Antonio Logli, ai giornalisti della trasmissione RAI "Chi l’ha visto" subito dopo la scomparsa di Roberta Ragusa e le ha confrontate con ciò che è emerso dalle indagini effettuate dalgi inquirenti. Il risultato di ciò che emerege è sorprendente.

Secondo quanto emerso dalla sua analisi Antonio Logli avrebbe quindi mentito ai giornalisti di "Chi l'ha visto?"
Può sembrarle paradossale ma in realtà mentire è molto difficile. Attraverso l’analisi del linguaggio, tra le righe di ciò che può apparire ad una prima lettura una menzogna, si annida la verità.
In realtà è proprio Antonio Logli a dirci come andarono i fatti quella notte.

Può ricostruirci i fatti di quella sera in modo sintetico?

Quella notte il Logli fece la prima telefonata alla propria amante Sara dalla soffitta, telefonata che durò 42 minuti e che terminò alle 23.50, poco dopo trasferì sua figlia nel lettino, la bambina si era addormentata nel letto matrimoniale con la madre Roberta che si trovava in quel momento con lei, in seguito, intorno a mezzanotte, Antonio Logli andò in autoscuola e da lì chiamò Sara altre due volte. Il Logli chiamò l’amante dall’autoscuola alle 23.56 e infine alle 24.17, per una brevissima telefonata di commiato di pochi secondi il cui contenuto è stato riferito dalla ragazza agli inquirenti: Ti amo, buonanotte. Quando il Logli salutò l’amante non era solo, Roberta lo aveva seguito in autoscuola a sua insaputa e lo sentì parlare con l'amante, ne nacque logicamente una discussione, la Ragusa uscì dall'autoscuola inseguita dal marito, percorse pochi metri, raggiunse la staccionata, la scavalcò e fuggì tra i campi, che attraversò fino ad arrivare in via Gigli. La discussione iniziale tra Antonio e Roberta ebbe luogo in autoscuola dopo le 24.17, per questo motivo i bambini non sentirono niente, per questo motivo anche il titolare della scuola di ballo non fu in grado di riferire nulla, se n'era andato verso mezzanotte. Tra l'altro questa ricostruzione ci spiega anche perché il Logli, credendo di essere solo in autoscuola, disse liberamente a Sara: Ti amo, buonanotte.In seguito alla fuga di Roberta il Logli salì sulla propria auto "Escort station wagon" e si diresse in via Gigli, dove parcheggiò il veicolo al margine della strada, sull’erba e proprio mentre era fermo sul ciglio della strada a fari spenti fu visto dal super testimone Loris Gozi tra le 24.30 e le 24.40. Poco dopo Antonio Logli resosi conto di aver danneggiato la coppa dell’olio, forse per averla urtata su un sasso, tornò a casa, parcheggiò la sua auto nel vialetto dove non era solito lasciarla e cambiò macchina, prese la Citroen C3 di Roberta e tornò in via Gigli dove fu nuovamente visto discutere con la moglie da Loris Gozi, infine Antonio Logli convinse Roberta ad entrare in auto e sgommò via.

Su quali basi esclude che l’allontanamento di Roberta possa essere stato volontario?
Nessun testimone ha mai riferito alcuna anomalia nel comportamento della Ragusa nelle ore che hanno seguito la caduta dalla scala e in quelle che hanno preceduto la sua scomparsa, neanche lo stesso Antonio Logli. Roberta era stata dal proprio medico curante poche ore prima della scomparsa e nessun deficit neurologico che potesse far supporre che il trauma avesse provocato un’emorragia o un edema cerebrale era stato rilevato. Inoltre, se la Ragusa si fosse allontanata volontariamente in stato confusionale sarebbe morta di freddo e il suo corpo sarebbe stato ritrovato non distante da casa.

Secondo lei non ci fu una colluttazione in via Gigli tra il Logli e la moglie?
Non credo, fu Roberta a fare il giro dal lato conducente a quello del passeggero, a entrare in auto, lo fece volontariamente, probabilmente il marito le promise di portarla a casa di Sara Calzolaio per chiarire.
Fu Roberta a sbattere con forza le portiere dell'auto per la rabbia, il Logli non aveva alcun interesse a richiamare l'attenzione dei vicini, Antonio a quel punto aveva già in mente di ucciderla. Nessuna traccia di sangue fu trovata in auto, una conferma a questa ricostruzione.
Antonio Logli dopo quella discussione, cui assistette il Loris Gozi,condusse in una zona isolata la moglie dove la uccise e ne occultò il corpo.

Quindi ritiene che le tracce sull’asfalto fossero d’olio?
Sì, tracce che il Logli tentò di pulire, tracce simili si trovavano anche all’interno della sua proprietà, in un punto del vialetto, nella zona dove l’uomo aveva parcheggiato la Escort quella notte.
La domestica vide l’auto del Logli nel vialetto quella notte e vide anche Antonio che puliva la pavimentazione del viale il giorno seguente, pulì per il timore che quella perdita d’olio avrebbe potuto tradirlo.
Per questo stesso motivo il giorno seguente il Logli uscì con la Escort alla ricerca di Roberta e la lasciò al cimitero.

Crede nella premeditazione?
Penso in primis che la caduta di Antonio Logli e di sua moglie sia stato potenzialmente un tentato omicidio, il Logli spinse Roberta e lei se ne rese conto. Per quanto riguarda la notte dell’omicidio ritengo che quantomeno il Logli maturò l’idea di uccidere la moglie mentre si trovava in via Gigli all’interno della sua Escort e per questo cambiò macchina, per non rischiare che l’auto danneggiata lo lasciasse a piedi.

Lei ha anche analizzato la testimonianza del super testimone Loris Gozi, cosa ha concluso?

Loris Gozi quando interrogato si è limitato a riferire ciò che ha visto riguardo ai due episodi di cui è stato testimone quella notte e non ha fatto nulla per compiacere l’interlocutore, non ha aggiunto ciò che gli è stato involontariamente suggerito mostrando di essere un testimone credibile, direi esemplare. Per quanto riguarda le sue insicurezze, quelle relative alla seconda scena di cui è stato testimone ovvero la discussione tra Roberta e Antonio, queste non inficiano la sua testimonianza, Loris Gozi ha riferito solo ciò di cui era sicuro, quando un testimone rievoca un evento non lo fa mai riproducendolo in modo fotografico in quanto è umanamente impossibile.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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