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Editoriali

Caso Diciotti e denuncia Salvini. Il senso di umanità sgretolato sotto il peso di un razzismo dilagante e di interessi propagandistici

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Assume i contorni di una classica “spocchia” da padrone quella che contraddistingue il nostro ministro degli Interni Matteo Salvini sin dai primi giorni di questa scellerata alleanza forzata e imbarazzante tra frange politiche dal passato reciproco bellicoso e polemico a mai finire.

Salvini personalmente crede di aver assunto il ruolo di capo assoluto di un governo monarchico dove il ruolo e il peso del presidente del Consiglio Giuseppe Conte dista anni luce da suoi predecessori e dove il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Di Maio fatica a trattenere il suo imbarazzo memore dell’aver trascorso la sua professione da politico pentastellato quando quotidianamente ne diceva e scriveva di tutti i colori contro Lega e “accozzaglie lombardo-padane”. Di base vige un fraintendimento e un vistoso cambio di marcia dove le promesse del programma di governo hanno lasciato posto ad una lotta serrata contro l’ipocrita Europa che dimostra, come se ce ne fosse ancora bisogno, quanto poca Unione fra gli stati membri effettivamente esista nella realtà. La strafottenza a condividere l’impegno storico dell’accoglienza e distribuzione degli immigrati, tragedia umanitaria di questo secolo, mette a nudo l’ipocrisia degli Stati membri poco disposti a sostenere sacrifici che l’Italia oramai da troppo tempo compie e che oramai è giunta ad un collasso strutturale.

La mano dura del governo italiano appare ignorata forse per un processo giunto in un punto di non ritorno e Matteo Salvini, pur avendo ragione sull’intollerabile “volta spalle” di molti dei paesi dell’Unione, risponde sempre in modo confuso e facilmente dissentibile a chi lo accusa di razzismo e di un comportamento disumano e intollerabile contro poveri disgraziati in fuga da un abominio incontrollato che troneggia nelle loro calde terre.

Forse vittima egli stesso di una esagerata campagna catastrofista su invasioni di massa degli immigrati come se fosse la discesa dei barbari dal nord con saccheggi stupri, assassini e interi villaggi a fuoco; creduto da quella popolazione italiana di medio bassa cultura convinta sul serio che i nostri soldi vengano “dispersi e sperperati” nell’accoglienza di quella povera gente mentre invece, come è risaputo, sono per lo più fondi europei stanziati per far fronte proprio a questo problema.

Una classica campagna del terrore che ancora una volta fà breccia nelle menti degli italiani particolarmente sensibili a quel tipo di politica che parla direttamente alle pance come fece il suo “amico” Berlusconi anni fa. Un insegnamento da un “maestro ineccepibile” reso efficace da una dilagante ignoranza degli italiani sempre più lontani dalle buone e sane abitudini come leggere quotidiani cartacei e web per sviluppare autonomamente un parere stimolato da diverse visioni e letture dell’attualità per sfuggire alle dilaganti fake news che tendono solo a confondere ed allontanare dalla realtà dei fatti.

La denuncia della procura di Agrigento nei confronti di Matteo Salvini e il capo di gabinetto rei d’aver negato a 137 immigranti stanchi e malati la discesa dalla nave Diciotti della Guardia Costiera per cinque interminabili giorni suona come una esagerazione oggettiva che va oltre la politica e oltre la necessità del pugno duro diretto al resto d’Europa.

Esiste una etica e una visione dell’uomo che oltrepassa ogni ragione politica. Esiste un limite alle ragioni delle parti, alla burocrazia, alla falsa e ipocrita unione europea basata sulla prostrazione al dio denaro. Esiste l’essere umano prima di tutto. Muri e confini dimostrano bassezze culturali ed una incapacità di sentirsi parte dell’immenso universo. Trascorrere la nostra breve esistenza a guardia di una propria zolla di terra è solo parte di una involuzione sociale.

Sembra si sia persa quell’umanità che travalica ogni ragione politica e appare evidente come certi interessi, politici messi in atto ad hoc per suscitare facili consensi, siano diventati elemento di forza rappresentativa di uno stato come l’Italia che per storia, cultura e umanità non ha niente da spartire con focolai di becero razzismo e gratuita propagande dal gusto acre di menzogne alla ricerca di sfrenati consensi.

Un palese dirottamento delle promesse in campagna elettorale dove il problema dell’immigrazione non primeggiava tra i problemi interni come occupazione, aumento dell’Iva, Flat Tax, reddito di cittadinanza, meno tasse etc. Un dirottamento messo a nudo e aggravato dalla solita spocchia e arroganza nelle risposte di Matteo Salvini, figlie di una mancanza di serietà, rispetto e senso delle istituzioni.

Gli atti dell’inchiesta saranno trasmessi alla competente procura di Palermo ed una volta esaminati, li invierà al tribunale per i ministri della stessa città. Archiviazione o prosecuzione dell’inchiesta sembra proprio che si sia presa una direzione dove la magistratura appare come istituzione da combattere e delegittimare. Si cammina all’indietro senza però voltare il capo a guardare i passi. Questo governo non sembra destinato a terminare il suo corso, (cosa molto probabile), il movimento 5 stelle pagherà cara la sua incresciosa perdita di spessore politico avendo scelto di assecondare una politica fatta di toni arroganti e azioni del tutto contrarie ad anni di “vaffa” contro ogni forma di prevaricazione. Non sembra questa l’Italia migliore, non è questa l’Italia del futuro. Stiamo correndo verso una involuzione dal sapore medievale dove il senso di umanità si sgretola sotto il peso di un razzismo dilagante.

Paolino Canzoneri

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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