Caso David Rossi, la Procura apre due nuovi fascicoli: nella vicenda anche un misterioso sparo nel buio

Pare che, dopo due archiviazioni, finalmente la ripresa delle indagini sulla morte sospetta di David Rossi, responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, possa trovare nuove piste, con l’interrogatorio di persone mai ascoltate prima, ma che le inchieste giornalistiche hanno messo in evidenza. Infatti, a seguito di inchieste giornalistiche sulla stampa e in televisione, la Procura di Siena ha deciso di aprire due nuovi fascicoli del modello 45, cioè quello relativo a fatti non costituenti notizia di reato.

 

La vicenda: Il 16 marzo 2013 David Rossi, responsabile della comunicazione del Monte dei paschi di Siena, fra le 19,30 e le 20,00 precipita dalla finestra del suo studio al terzo piano, atterrando nella piazzetta Salimbeni, alle spalle dell’edificio della banca. La sua morte viene immediatamente attribuita a suicidio, addirittura da chi per la seconda volta telefona al 118, riferendo che una persona ‘si era suicidata’. Dopo solo un anno, nonostante varie incongruenze, la morte di Rossi viene ufficialmente attribuita a suicido e l’inchiesta archiviata. Le indagini vengono riaperte dopo ancora un anno, su pressioni della famiglia, che non crede che Rossi si sia tolto la vita. Dopo un altro anno, seconda archiviazione.

 

La terza riapertura delle indagini, su pressioni del CSM, che alla fine vuole veder chiaro nella faccenda, prende le mosse da un servizio televisivo delle ‘Iene’, che mette a fuoco parecchie situazioni poco chiare nell’ambito della banca e resistenze nelle persone vicine a David Rossi. Si decide, quindi oggi, di interrogare molte persone che all’epoca dei fatti non furono ascoltate. Tra le altre, l’ex sindaco di Siena, Pierluigi Piccini, amico personale di David Rossi, il quale, a telecamere spente, aveva riferito al giornalista Monteleone, di ‘festini’ che si sarebbero tenuti in una villa fra Arezzo e il mare, a cui sarebbero intervenute personalità di alto livello, fra appartenenti ai vertici di MPS, uomini politici e magistrati. Di questa confidenza, che Piccini riferisce di avere ricevuto da una persona di sua conoscenza ‘vicina ai Servizi’, al Piccini non è mai stato chiesto conto; ciò che invece evidentemente i giudici della Procura di Siena si apprestano ora a fare.

 

Fra i non interrogati, ex vertici del MPS, ma anche segretarie e alcuni imprenditori. I PM genovesi, come riferisce il Secolo XIX, ascolteranno l’ex presidente di MPS Giuseppe Mussari, l’ex AD Filippo Viola, la segretaria Lorenza Pieraccini, mai ascoltata dai PM Senesi, Valentino Fanti, ex segretario di Mussari e del CDA, Bernardo Mingrone, numero uno dell’area finanza, la vice di Rossi Lorenza Bondi, il capo della segreteria Giancarlo Filippone, il portiere Massimo Ricucci, l’imprenditore Antonio Degortes, e forse la vedova di Rossi Antonella Tognazzi. Dopo la tornata di interrogatori i PM decideranno se contestare l’abuso d’ufficio o archiviare. Nel frattempo arriverà da Firenze l’esito degli accertamenti sulla cartuccia e relativa lettera minatoria intercettata a Sesto Fiorentino, indirizzata al PM Aldo Natalini, all’epoca incaricato delle indagini sullo scandalo MPS e sulla morte di Rossi, per la quale chiese l’archiviazione come suicidio.

 

Ma l’inchiesta sulla morte di David Rossi è destinata a fornire altri spunti di indagine a chi ne è preposto. Il 5 di questo mese, infatti, La Repubblica esce con un articolo relativo al fatto in oggetto, a firma Sergio Rizzo, che racconta dell’incontro dell’avvocato Goracci, legale della famiglia Rossi, con un misterioso personaggio che dice di essere un imprenditore, e che solo ora, dopo tre anni passati all’estero, ha deciso di farsi vivo, dopo la riapertura del caso. Riferisce di avere avuto un appuntamento con Rossi alle ore 18 del giorno della sua morte, ma di essere arrivato in ritardo di due ore, alle 19,50. Lo scopo dell’incontro era l’apertura di diversi conti correnti a Mantova, patrocinati da alti dirigenti del MPS, per finanziare le sue attività. Questo signore si presenta come Antonio Muto, e riferisce di avere intravisto il corpo di Rossi a terra, ma di non essersi potuto avvicinare perché aggredito alle spalle da tre o quattro persone. Riesce a divincolarsi e a fuggire, e sente anche, alle sue spalle, il rumore di uno sparo. Noi sappiamo che alcune persone si avvicinarono al corpo di Rossi, nell’immediatezza della caduta, filmate molto confusamente dalla telecamera di sorveglianza, mentre ancora Rossi si muoveva. La sua agonia è durata infatti ventidue minuti, tempo durante il quale chi aveva assistito alla scena o era intervento immediatamente dopo, avrebbe ben potuto chiamare un’ambulanza, cosa che fu invece fatta circa mezz’ora dopo la caduta, quando Rossi non si muoveva più. Il fatto è che un Antonio Muto è stato processato, e successivamente assolto, per contiguità con le cosche mafiose, e l’avvocato Goracci pensa di trovarsi di fronte a quel personaggio. Un personaggio, a quanto lo descrive nel suo libro relativo alla ‘ndrangheta nelle terre del Po, la giornalista Rossella Canadè, della Gazzetta di Mantova, molto chiacchierato e poco limpido. Fatto sta che quindici giorni dopo quella visita misteriosa, l’avv. Goracci segue su Report un’inchiesta del giornalista Paolo Mondani, a proposito dei grandi debitori delle banche italiane, nella quale viene intervistato anche un Antonio Muto, che non è assolutamente la persona che lui ha conosciuto, e che lo ha messo al corrente di strani traffici e di valigette di denaro in nero che arrivavano a Mantova.

 

La vicenda s’allarga a macchia d’olio, e gli eventuali depistaggi sono alla porta. Aspettiamo che venga fatta chiarezza sui fatti che hanno portato alla morte di David Rossi, è il minimo che possiamo chiedere ad uno stato di diritto e ad una magistratura che finalmente pare voglia fare sul serio, dopo due a archiviazioni. Aggiungendo che chi sa e non parla, come è probabile che sia, è colpevole esattamente come chi la morte di David Rossi potrebbe averla voluta e pianificata.

Roberto Ragone