CASALE SAN NICOLA: LA SOLIDARIETA' TRICOLORE PER GLI ITALIANI ABBANDONATI DALLE ISTITUZIONI

 

 

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di Ivan Galea

Casale San Nicola (RM) – Oltre un centinaio di persone, al Campo profughi degli italiani di Casale San Nicola, hanno atteso sotto il sole cocente l’arrivo dell'ormai epico duo formato da Simone Carabella e Claudio Palmulli.

Carabella è partito alle 9 di mattina del 4 luglio da piazza Colonna, proprio davanti la sede del Governo,percorrendo oltre 40 chilometri di corsa fino a Casale San Nicola e trasportando il disabile Claudio Palmulli sulla carrozzina che innalzava la bandiera tricolore in segno di solidarietà alle famiglie di italiani che stazionano da oltre due mesi di fronte ad un ex scuola destinata ad accogliere un centinaio di immigrati.

 

L'assenza delle Istituzioni: "E' inaccettabile – ha commentato il figlio di mister Ok Claudio Palmulli –  che un disabile al 100% debba vivere con 288 euro al mese di pensione mentre vengono dati immobili comunali a persone che non stanno in regola e che non pagano regolarmente le tasse nel nostro paese. Le istituzioni – ha proseguito Palmulli – devono aiutare prima le persone che vivono nel nostro paese e poi gli altri. Bisogna aiutare i malati di sla, bisogna aiutare i disabili, bisogna aiutare e non far finta di aiutare. Chiara la ragazza massacrata di botte dal fidanzato è ridotta su una sedia a rotelle… le istituzioni in questo caso dove sono?" Claudio Palmulli ha poi ringraziato tutti i giornalisti intervenuti: "Grazie a quei giornalisti che ci danno voce come Emanuele Guru Bompadre, Samantha Lombardi, Ivan Galea e Chiara Rai Grazie veramente tanto! Grazie a tutti per l'accoglienza di oggi, – ha proseguito Palmulli – ma il mio grazie più grande va al mio eroe di battaglia Simone Carabella! Il 5 Luglio – ha poi concluso il figlio di Mitser Ok – ricorrono 365 giorni che abbiamo iniziato queste battaglie, dalle barriere architettoniche al diritto alla cura … E continueremo finchè non torneremo fieri di essere Italiani!"


Simone Carabella un mito dei nostri tempi: “Parte questa corsa – ha detto Simone Carabella – insieme al mio amico disabile Claudio Palmulli che prende circa 280 euro di pensione e che porta solidarietà alle famiglie di italiani e ai tanti bambini che dormono in tenda mentre a pochi metri c’è una struttura nuova di zecca col parquet a terra e i bagni ristrutturati destinata a 100 immigrati. Questo è il colmo: prima gli italiani poi gli altri”. Quest’ultima frase ha fatto da slogan all’impresa dei due. Al seguito dei “maratoneta della solidarietà” la scorta della polizia di Roma Capitale e macchine piene di viveri partite dai Castelli Romani in soccorso ad una decina di famiglie che vivono nelle tende di fronte alla struttura. Sono donne con bambini al seguito, giovani e anziani che non hanno un alloggio e che per assurdo protestano perché “si pensa prima all’accoglienza degli immigrati” che a loro che da anni aspettano un alloggio popolare, delusi e appesi alla speranza che queste azioni, come la corsa di Simone, riescano a puntare ancora i riflettori sulla loro condizione di abbandono. Nelle tende da campeggio variopinte ci sono giocattoli, materassi di fortuna, tavolini per mangiare e tutti si aiutano vicendevolmente.


Alfredo Iorio tra i promotori del presidio: A Casale San Nicola non c’era solo molto caldo ma tanto calore: un tronchetto di porchetta su un tavolo di fortuna, chi faceva panini e scherzava con i bambini del campo, sorrisi e flash dei fotografi. La tendopoli è pulita, tutto un altro scenario rispetto ai campi nomadi: “E’ il primo campo profughi per italiani dove ancora vivono circa una decina di famiglie senza tetto – dichiara Alfredo Iorio tra i promotori del presidio. – L’Ue e l'Italia danno i soldi a gente dell’africa che scappa da guerre vere o finte che siano, gente che trova ospitalità in Italia. Così abbiamo pensato – prosegue Iorio – di creare questo campo a simboleggiare che anche noi italiani scappiamo dalla guerra. E’ una guerra fatta dalle banche che ci rincorrono, da Equitalia, e da uno Stato che non ci tutela".

 

La solidarietà del gruppo ViVanguillara: Iorio specifica poi che il presidio nasce come iniziativa spontanea messa in atto senza un progetto ben definito, ma dall'incontro di tanta gente e gruppi tra cui ViVanguillara che conta circa 8mila persone e che ha dato solidarietà fin dall'inizio aiutando queste famiglie con iniziative concrete come la raccolta di generi di sostentamento.


Insieme a loro anche Fabio D’Andrea coordinatore per i Castelli Romani di Noi con Salvini:
“Essendo presente costantemente sul territorio dei Castelli Romani – dice – posso affermare che purtroppo di situazioni come questa ce ne sono fin troppe: immigrati trattati a 5 stelle mentre gli italiani abbandonati a se stessi in emergenza abitativa e senza una tutela degna di un paese civile. Inutile girarci intorno, finché non si cambiano i regolamenti dei servizi sociali non se ne esce: bisogna mettersi in testa che chi paga le tasse deve venire prima. Noi italiani dobbiamo avere la precedenza su chi cerca fortuna e accoglienza in Italia e non paga le tasse. Tutto il resto sono chiacchiere. Continueremo a batterci per questa causa e per il momento sono solidale con queste famiglie di italiani costretti ad essere accampati mentre gli immigrati hanno un tetto sotto la testa: inconcepibile!”.


C’è anche l'associazione "Nessuno tocchi il mio Popolo": Ragazzi che non credono ne alle “ruspe” di Salvini e neppure alle “promesse di Renzi”: “Se non ci si aiuta tra noi – dice Nicola – non lo fa nessuno. Nessuno del municipio o del Comune si è degnato di venire a vedere in che condizione stiamo noi italiani”. Finora almeno 20 famiglie hanno trovato un tetto sotto la testa grazie a privati che hanno addirittura messo a disposizione abitazioni, strutture come un ex scuola a Cerveteri. Marco e Lucia hanno un figlio piccolo e dormono in una tenda a due posti. Entrambi sono senza lavoro, si arrangiano come possono: “La gente dell’est che fanno da guardiani all’ex scuola di fronte a noi stasera farà il bagno caldo – dicono – mentre noi racconteremo una storia in tenda a nostro figlio che un tetto sotto la testa, benché italiano, non può permetterselo”