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Cultura e Spettacoli

Carmelo Lavorino: pronto il libro su Donato Bilancia

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Tempo di lettura 4 minuti Il prossimo 1 dicembre la presentazione a Genova

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Sarà presentato il primo dicembre presso la Fondazione De Ferrari, Piazza Dante 9/18 a Genova il libro dal titolo: “DONATO BILANCIA: nella MENTE del SERIAL KILLER” scritto dal giornalista e criminologo Carmelo Lavorino ed edito da De Ferrari – Genova. Il libro, in vendita al prezzo di 15 euro, è suddiviso in 23 capitoli. La prefazione e l’introduzione sono di:

– Francesco Sidoti criminologo e sociologo
– Roberto Faenza regista
– Nino Marazzita avvocato penalista

Il volume analizza in chiave criminologica, investigativa e giornalistica d’inchiesta gli episodi criminosi con Donato Bilancia spietato e distruttivo protagonista: diciassette omicidi e due tentati omicidi.
L’Autore Carmelo Lavorino, noto criminologo, profiler, analista della scena del crimine ed esperto in investigazione criminale, entra nella mente del serial killer Bilancia e ne intuisce, definisce, analizza e spiega il“maligno filo rosso logico conduttore degli omicidi”, i vari moventi, le scelte tattiche e strategiche delle vittime e dei luoghi degli omicidi, gli schemi mentali e comportamentali, la criminodinamica e la segreta firma psicologica.
Ogni capitolo studia e descrive in modo inedito e col metodo sistemico di analisi criminale: gliantefatti, le scene del crimine e la vittimologia; il modus operandi, i moventi psicologici, pratici, economici e sessuali di Bilancia; le tracce lasciate e i suoi errori esecutivi; il punto della situazione info-investigativa del momento e le carenze delle indagini.

L’ultimo capitolo traccia il profilo criminale di Bilancia e sintetizza i motivi del perché poteva essere individuato già da tempo, molto prima del 29 aprile 1998 e, come mai, le indagini siano state lente, lacunose e scoordinate.

Dalla presentazione del prof. Francesco Sidoti, criminologo sociologo
Questo volume di Carmelo Lavorino non è soltanto avvincente come lettura, ma è assai utile e importante anche da un punto di vista strettamente tecnico e professionale. Grazie a Carmelo Lavorino possiamo ritrovare, in filigrana, nella vicenda individuale di Donato Bilancia, alcune questioni fondamentali di una corretta metodologia.
(…) Carmelo Lavorino entra nella vicenda umana del caso Bilancia, in maniera che è illuminante perché non si affida soltanto ai colloqui (come fanno molti psichiatri): comprensibilmente possono essere riduttivi e fuorvianti. Oltre che fare riferimento alle dichiarazioni, Lavorino studia minuziosamente i fatti e gli antefatti, distingue i dati e le ipotesi, rilegge riga per riga le carte processuali.
(…) In breve, Lavorino fa emergere la specificità dell’investigatore vero, caratterizzato da istruzioni, professionalità, metodologie, attrazioni ben differenti rispetto a quelle che sono proprie dello psichiatra, dell’avvocato, del criminalista, del criminologo, del giornalista. Questi sono prevalentemente interessati l’uno alla capacità di intendere e di volere, l’altro ai profili giuridici, l’altro ancora alle modalità esecutive, ai mezzi, ai luoghi del delitto, alle conseguenze detentive, alle ragioni sociali e istituzionali. Osservano il “come”, il “quando”, il “dove”, le ripercussioni, la difesa, e così via.
L’investigatore, invece, fa un mestiere diverso. Vuole sapere “chi”: esamina le tracce lasciate dal responsabile, lo immagina, lo identifica, lo insegue, lo stana. Soltanto se è veramente bravo, lo trova. In questo caso, Carmelo Lavorino, non lo trova: lo spiega. Ma, in tanti altri casi, il responsabile vero, Lavorino lo ha trovato – e soprattutto ha trovato la non-responsabilità di tanti indagati e imputati, che erano innocenti e che se non fosse stato per lui marcirebbero ancora in galera.
Dalla prefazione del dott. Roberto Faenza, regista
(…) Su Bilancia si è detto, ragionato e scritto molto: articoli, saggi, trasmissioni, fiction e libri. Credo però che nessuno abbia affrontato il complesso e difficile argomento come è riuscito a fare Lavorino, il quale, entrando realmente NELLA MENTE DEL SERIAL KILLER, spiega – col suo metodo e il suo stile da profiler e criminologo investigativo – quali siano realmente tutta una serie di elementi da conoscere. Elenco i principali: la logica segreta delle azioni criminose di Bilancia; i moventi nascosti nella sua psiche, nei suoi traumi (dall’infanzia all’odio esasperato contro le donne, la coppia genitoriale ed altre figure simboliche), nelle sue cabale mentali di giocatore d’azzardo e nelle sue fantasie di morte. Con dovizia di particolari anche spettacolari Lavorino spiega perché, con quali scelte tattiche e strategiche e con quali obiettivi Donato Bilancia, di volta in volta, decideva di uccidere, dove uccidere e quale tipo di vittima aggredire. A leggerlo vengono i brividi e mi chiedo come possa la mente umana elaborare un simile coacervo di orrori riuscendo a sopravvivere.
(…) Leggendo questo libro assistiamo come al cinema a una sedimentazione del male assoluto, dove l’assassino gioca a poker e alla roulette contro i suoi cacciatori, puntando la vita delle vittime come fossero “birilli” o “bambole di pezza”. Un tragico gioco nel quale Bilancia, decidendo il tipo d’azzardo e di sfida, il tavolo e la posta, agisce con azioni temerarie e pianificate, con bluff e contro bluff che potremmo definire geniali se il termine fosse appropriato nel caso di un criminale. (…) Bilancia è stato preso e oggi sconta la sua pena a 13 ergastoli. Ma a leggere queste pagine che rappresentano di fatto la scannerizzazione di una mente umana atipica, c’è da sperare che di uomini come Bilancia non ce ne siano più. Purtroppo non è così e credo che Lavorino lo sappia più di ogni altro.
Dalla presentazione di Nino Marazzita, avvocato penalista
Carmelo Lavorino e Donato Bilancia, due personaggi che ho conosciuto per motivi professionali, rispettivamente il Bene e il Male. Il primo concentrato e dedito a risolvere casi delittuosi, a studiare e sviluppare metodiche d’investigazione criminale, il secondo dedicato al furto, alle rapine, al gioco d’azzardo, alla devianza e delinquenza, sino ad arrivare all’uccisione di diciassette persone in sei mesi.
Con Lavorino, da subito amico Carmelo, ci conoscemmo nel 1995 quando andammo a Firenze per difendere e fare assolvere Pietro Pacciani accusato dei 16 delitti del Mostro di Firenze: Carmelo organizzò e mi mise a disposizione un pool tecnico investigativo di prim’ordine, fra cui il professore Francesco Bruno e la psicologa Simonetta Costanzo: furono giorni intensi ed esaltanti. Facemmo assolvere Pietro Pacciani condannato in primo grado a ben 14 ergastoli. Con Carmelo ho mantenuto un fortissimo rapporto di amicizia e ogni tanto mi pregio della sua collaborazione di criminologo investigativo e di profiler. (…) Ora Carmelo ha scritto un libro intrigante, tecnico, analitico e scientifico su Bilancia, l’assassino seriale che ho conosciuto nel 1998, un uomo che è la “sedimentazione del male assoluto”.  

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Cronaca

Martina Franca, torna l’appuntamento con la fotografia d’arte di Marcello Nitti

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Ritornata anche questa estate in Valle d’Itria, ricca di iniziative culturali come il suo famoso Festival, l’attesa mostra fotografica di Marcello Nitti, che, continuando nella sua indagine espressiva, espone una serie di fotografie con titolo “Impressionism love”, ‘amore per l’impressionismo’. L’autore pugliese spiega come questa sua nuova fatica sia “il frutto di una ricerca intesa ad indagare le romantiche possibilità fotografiche di restituire immagini che possano aiutare il sogno. Le fotografie di “Impressionism love” sono il risultato di ricerca, sperimentazione e di affermazione dell’amore nel campo fotografico. Le fotografie sono realizzate in pellicola e senza aiuti digitali con Hasselblad 500 C/M e le foto sono realizzate con pellicole a colori e B/N Kodak”. Il tutto visibile durante questa estate a Martina Franca in Vico IV Agesilao MIlano 7.
 
All’inaugurazione, presente l’autore, ha svolto una rapida introduzione critica il curatore artistico Pio Meledandri ed anche quest’anno, insieme alle foto sono esposte alcune poesie di Barbara Gortan.
 
Per Meledandri “L’esposizione di Martina Franca, che l’Autore ha intitolato “Impressionism love”, è un viaggio interiore alla ricerca dell’Arte. Una dichiarazione d’amore nei confronti dell’impressionismo che gli fa prediligere i soggetti del mondo naturale e guardare all’”attimo luminoso” capace di modificare le fisionomie degli oggetti, creando forme e cromie nuove. La sensibilità e soprattutto la creatività lo portano ad un fantastico gioco di pareidolia così come da bambini riconoscevamo nelle nuvole forme simili a uomini e animali, a draghi, principesse e castelli. …Tutte le immagini assecondano il sentimento romantico dell’Autore la cui narrazione è fantasia, sogno, mistero, emozione e passione, tutti elementi con cui il Romanticismo si è contrapposto alla cultura Illuminista determinando una sua fisionomia nelle arti visive, nella musica, nella letteratura e nel pensiero filosofico”.
 
Nitti ha ringraziato quindi il pubblico che da anni segue questo suo originale percorso fotografico “per il sostegno che mi avete donato nelle mostre precedenti e vi ringrazio per l’entusiasmo che mi infondete a continuare a creare nuove immagini nel mondo magico e sognante che si chiama ‘Fotografia’”.
Privo di virus.www.avast.com

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Cultura e Spettacoli

Tivoli, al via il festival della cultura giapponese

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Nei giorni 4,5 e 6 luglio si svolgerà a Tivoli la Prima Edizione del Festival della Cultura Giapponese, nell’ambito del rapporto di gemellaggio che lega Tivoli alla città giapponese di Yugawara.
Questo appuntamento si inserisce nel complesso dei rapporti istituzionali che collegano le due comunità e vuole rappresentare anche un ponte tra due culture millenarie che sembrano distanti e che invece hanno molti punti di contatto.
All’iniziativa hanno dato il proprio Patrocinio Gratuito i Comuni di Tivoli e di Guidonia Montecelio, L’Istituto Va-Ve, Villae Tivoli, la Fondazione Italia-Giappone, la DMO di Tivoli e Valle dell’Aniene Terre di Otium e la Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio che ha erogato anche un contributo finanziario a sostegno dell’iniziativa.
Numerosi sono stati gli sponsor privati del territorio che hanno voluto supportare l’evento.
Il Comitato promotore del Festival è composto dall’Associazione Tivoli Città della Cultura, Tivoli ONLUS, LUIG (Libera Università Igino Giordani) e Agenzia del Viaggiatore-CTS.
Il programma allegato è ampio e denso di eventi ed è finalizzato a far conoscere alcuni aspetti della cultura giapponese con l’intento di rafforzare i rapporti anche dal punto di vista istituzionale e degli scambi commerciali.
Una delegazione della Città di Yugawara sarà ospite della nostra Città negli stessi giorni in cui si svolgerà il Festival e visiterà molti luoghi e strutture sia di Tivoli sia di Guidonia Montecelio.
Il Sindaco di Tivoli accoglierà la Delegazione il 4 luglio presso Palazzo San Bernardino per i saluti e lo scambio dei doni
istituzionali.
Particolarmente significativo ed evocativo sarà l’evento del 6 luglio, alle ore 17,00, presso le Scuderie Estensi.
In quell’occasione si celebrerà il primo Raid aereo Roma-Tokyo del 1920 e si commemorerà la figura dell’Ufficiale Pilota Arturo Ferrarin che compì la trasvolata. Per l’occasione, il giorno 5 luglio alle ore 9,30, il 60° Stormo dell’Aeronautica Militare di stanza presso l’Aeroporto di Guidonia Montecelio, sorvolerà la Città di Tivoli per omaggiare la memoria del
pilota italiano, la sua impresa, la Delegazione giapponese e la città di Tivoli.
A Yugawara è presente uno dei più grandi biscottifici del Giappone intitolato alla città di Tivoli, così come un grande Centro Commerciale, inaugurato nel 2017, dove insiste un’ampia zona in cui è possibile trovare prodotti alimentari italiani, in particolare di Tivoli e della Valle dell’Aniene.

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”

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“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.

Emanuela Bruni ed Angelo Polimeno Bottai

C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.

Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.

Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.

Stefano Di Tommaso con in mano la lettera indirizzata da Alessandro Paolini a Giuseppe Bottai

Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.

nella foto, da sx, Angelo Polimeno Bottai, Roberto Eroli ed Emanuela Bruni

Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.

Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.

il direttore de “Il Tuscolo” ed amico Fabio Polli con Angelo Polimeno Bottai

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