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di Matteo La Stella
L'inserimento del canone Rai in bolletta continua a far parlare di sé. Il provvedimento, tra i più bollenti della legge di stabilità, ha prodotto negli ultimi giorni una raffica di polemiche smentite dal sottosegretario alle Comunicazioni del Governo, Antonello Giacomelli.
Le proteste. A guidare il corteo delle proteste ci aveva pensato il segretario del Carroccio Matteo Salvini, che durante la trasmissione “24 Mattina”, andata in onda su Radio 24 il 19 ottobre scorso, aveva duramente contestato le credenziali su cui si baserà la neonata disposizione per emettere l'imposta in bolletta. “Non esiste presumere che tutti debbano vivere e sopravvivere col televisore in casa – tuonava il leader leghista – uno dovrebbe pagare se ha il videocitofono o se ha l’iPad. Ma stiamo scherzando?”.
La risposta. Una visione errata secondo il sottosegretario Giacomelli, che nella giornata di giovedì ha spiegato ai microfoni della stessa trasmissione radiofonica: ”È il possesso di un televisore il requisito per il pagamento del canone, non degli altri dispositivi”. “Rimane l'impianto della normativa in vigore- sottolinea Giacomelli- abbiamo solo aggiunto una presunzione del possesso del televisore che è il contratto di fornitura elettrica”. Stando alle parole del sottosegretario alla comunicazione Giacomelli, dunque, almeno per il momento la normativa rimarrà uguale, con la tassa pendente anche sulle teste dei possessori di apparecchi radio. Esclusi, invece, i computer, i tablet e gli smartphone.
Il reato. Prima di concludere, poi, Giacomelli evidenzia che :”Dichiarare falsamente che non si possiede un televisore per non pagare il canone Rai sarà reato, ma non perché modifichiamo qualcosa. Il decreto del 2000 già dice che la certificazione di un dato falso è reato. Nella legge di Stabilità esplicitiamo che vale quella regola”.
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