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Editoriali

CANCELLIERI VS SCALFAROTTO: CARCERE SI, CARCERE NO

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Tempo di lettura 3 minuti A fare la sua comparsa in quest’annosa e tormentata materia non poteva mancare la voce della Signora Cecil Kyenge

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Alla data del 30 giugno 2013 si contano 5.257.693 di processi pendenti in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale.

 

di Emanuel Galea

Disse Arturo Graf : “Non ti confondere a contraddire a chi, per poco che tu lo lasci parlare, si contraddirà da sé”.  E chi meglio dell’uomo politico può mai fornire prova di questa aforisma?  In Camera e Senato , il tema “giustizia” riscalda le anime e passioni dei “politici”. L’argomento a contendere è “il decreto svuota carceri”, Questo acceso dibattito si svolge durante sedute diurne perché in quelle notturne prosegue, su corsia preferenziale, la legge Scalfarotto, impropriamente definita come legge contro l’omofobia.
Sommariamente, e di seguito sviluppiamo le ragioni. Da una parte ci sta il Decreto Cancellieri “svuota carceri” e dall’altra ci sta la proposta di legge Scalfarotto, “aggiungi un posto in carcere che ci sta un reato in più”, legge anti omofobia.
 
A fare la sua comparsa in quest’annosa e tormentata materia non poteva mancare la voce della Signora Cecil Kyenge, annunciando che fra qualche giorno ci sarà uno ius soli “temperato”, accompagnato dal progressivo allontanamento dei detenuti dai Cie. La Signora Kyenge ha precisato che , essendo lei Ministro dell’Integrazione, non si muove in prima persona bensì si limita a coordinare e sensibilizzare la materia. Intanto nel suo, dà un contributo per svuotare i centri di detenzione.

Il Ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri ha illustrato alla Camera la relazione annuale sull’amministrazione della giustizia.  Ne sono emersi dei dati, nonostante fossero già conosciuti, che fanno ugualmente orrore solo a leggerli .

Alla data del 30 giugno 2013 si contano 5.257.693 di processi pendenti in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale. Inoltre, ci sta “ l’impellente urgenza”, espressione quest'ultima del Presidente Napolitano, di restituire alle persone detenute la possibilità di un effettivo esercizio dei diritti fondamentali e di affrontare seriamente il fenomeno dell’ormai sovraffollamento endemico. Secondo dati circolati al Senato, i detenuti all’interno degli istituti penitenziari italiani sono circa 66 mila. Di questi circa 20 mila sono in eccesso rispetto alla capienza prevista. Secondo statistiche del Ministero della Giustizia, al 30 luglio 2013, su 22.812 detenuti stranieri, 18 mila non appartenevano alla Comunità Europea.

Per affrontare tale situazione, che ormai è sfuggita di mano al Governo, si sta cercando di rimediare con il decreto “svuota carceri”. Questo provvedimento contempla misure diverse che vanno dall’indulto alla depenalizzazione di alcuni reati. Soppressione della carcerazione preventiva, maggior uso del braccialetto elettronico, carcerazione domiciliare ed altre misure, tutte miranti ad alleggerire il carico dei detenuti che sovraffollano gli istituti penitenziari. Si sta studiando inoltre la possibilità di intervenire sulla disciplina delle espulsioni per quei detenuti non appartenenti alla Comunità Europea. Il legislatore, questa volta dovrebbe fare in fretta, perchè a maggio, se non si corre ai ripari, scatteranno le 400 sentenze della Corte europea dei Diritti dell'uomo.

Mentre nelle sedute diurne il dibattito va avanti e s’intravede qualche speranza che questa volta si intende risolvere quella “impellente urgenza”, nelle sedute notturne si rema in senso contrario . Sedute notturne per discutere la legge Scalfarotto che sembra auspicare di aggiungere un posto in carcere che ci sta, in arrivo, un reato in più. Le sedute procedono a ritmo serrato perché, si dice, vogliono arrivare in aula al Senato in febbraio.

Questa legge va tutta nella direzione opposta al Decreto “svuota carceri” perché con la proposta che si sta analizzando in Senato, si rischia di incappare nel reato di opinione e prevede una pena che va da 4 a 5 anni.

Secondo tale proposta, potrebbero essere denunciati, in quanto incitanti a commettere atti di discriminazione per motivi d’identità sessuale, tutti coloro che, senza intimidazioni, minacce o atti violenti, sollecitassero i parlamentari della Repubblica a non introdurre nella legislazione il “matrimonio” gay e, ancor più, tutti coloro che proponessero di escludere la facoltà di adottare un bambino a coppie omosessuali. Essere incriminati per reato d’opinione non sarà poi tanto difficile.

Ne consegue che la legge Scalfarotto va nel verso inverso del decreto “svuota carceri”. Esso,  al contrario, aumentando il reato, per logica aumenta il carico all’amministrazione della Giustizia, di per sé già stracolmo.

La coerenza è una dote rara e la contraddizione cresce abbondante nel giardino della politica.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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