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Roma

CAMERA STORICA DI S.GIOVANNI DECOLLATO CUSTODE DI CARNEFICINE DI ROMA ANTICA

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Emanuel Galea

Nel 1886, in Città di Castello, Lapi ha stampato il taccuino scritto da Gian Battista Bugatti, meglio conosciuto come Mastro Titta. Il taccuino fu ritrovato da Alessandro Demollo e nel 1891 l'editore Perini lo pubblicò a dispense con il titolo : <Mastro Titta, il boia di Roma. Memorie di un carnefice, scritte da lui stesso.> Si pensa però, che l'autore delle dispense fu Ernesto Mezzabotta, il più prolifico del Perini. 

Giuseppe Gioacchino Belli, in uno dei suoi sonetti, e a questo tema ne ha dedicato più di uno, così aprì il sonetto : <Vengheno: avanti: la funzione è llesta (rapida)>  Si viene a sapere che dal 1796 al 1864, ad espletare le alquanto frequenti esecuzioni, a Roma operò un unico uomo, appunto Mastro Titta, per l'anagrafe Gian Battista Bugatti. Nei 70 anni della sua “carriera”mise in atto 516 “giustizie” come si usava chiamarli allora. Fare il boia non era l'occupazione principale del Bugatti. Come attività quotidiana teneva una bottega sotto casa e faceva il “verniciatore di ombrelli” nel quartiere di Borgo. 

Come boia ufficiale dello Stato Pontificio teneva un registro delle sue attività, un taccuino dove annotava data, scopi e nomi per cui i servizi venivano richiesti.  Fu proprio quel taccuino che Alessandro Demollo rinvenì e l'editore Perini pubblicò. 

Quando Mastro Titta attraversava il Tevere non era certo per delle gite fuori porta. Avvolto nel suo mantello scarlatto, (l'indumento ancora si può vedere esposto al Museo Criminologo di Roma) e con la sua borsa di strumenti del mestiere,il Bugatti compì le sue trasferte per espletare i suoi servizi di “giustizia” a Rocca di Papa, a Bracciano, Perugia, Castelli Romani e dintorni. 

A Roma le esecuzioni si espletavano a Piazza del Popolo, nella piazzetta davanti a Castel Sant'Angelo ed in Via dei Cerchi.

Oltre al Belli che si è occupato a lungo di Mastro Titta nei suoi sonetti, ebbe a dedicare le sue impressioni anche Charles Dickens ne : <Pictures of Italy> quando lo scrittore si trovò a passare dall'Italia nel 1876.

A questo punto qualcuno può chiedere ma la Camera Storica di S.Giovanni Decollato come entra in tutta questa storia.  Lo spieghiamo subito. Prima però diamo qualche nozione riguardo la chiesa che ospita la camera storica medesima.

La chiesa di San Giovanni Decollato, è una chiesa di Roma, nel rione Ripa, nella via omonima. Al posto di questa attuale, precedentemente ne sorgeva un'altra, intitolata a S.Maria della Fossa. Nel 1488 la chiesa fu concessa alla Confraternita di S.Giovanni Decollato di Firenze da cui proviene il nome.  Scopo dell’Arciconfraternita era di assistere i condannati a morte, invitarli al pentimento, confortarli sino all’estremo, e seppellirne i cadaveri. 

Nel 1600 Clemente VIII ne fece costruire il chiostro, nel quale sono ancora visibili le fosse comuni dei condannati a morte qui sepolti. Esse sono coperte da chiusini in marmo, sui quali la Confraternita ha inciso una scritta “Signore, quando verrai a giudicare, non condannarmi”, che, a posteriori può sembrare una palese ironia. 

La "Camera Storica" dell'Arciconfraternità conserva oggetti, documenti, registri, sacchi, cappucci relativi alle condanne capitali. Qui sono conservati numerosi cimeli relativi all’attività della Confraternità : tra le altre cose, il cesto che raccoglieva la testa dei giustiziati, l’inginocchiatoio sul quale Beatrice Cenci recitò l’ultima sua preghiera.

Beatrice fu una giovane nobildonna romana che all'età di 22 anni, l'11 settembre 1599, fu giustiziata per parricidio. Anni dopo il popolo la elevo ad eroina. Le esecuzioni non si limitavano unicamente all'impiccagione, andavano ben oltre altri sistemi attroci ed orribili che per senso di rispetto verso il lettore ometto dal descrivere.

Nella camera storica si possono ancora vedere le barelle sulle quali i confratelli trasportavano i resti dei condannati a morte ed altri tristi ricordi di un'era che, confidiamo, non dovremo mai più rivedere.

La Confraternita aveva il privilegio di liberare, con solenne cerimonia, un condannato all'anno.

Racconta Andrea Pollett in “ Curiosità Romane” che fino al 1870 le pubbliche esecuzioni erano degli spettacoli del popolino e , aggiunge poi, che l'allora popolino , “oltre a trovare la pratica di proprio gradimento, addirittura portava con se i figli ad assistere all'evento, a mo' di strumento educativo”. 

Una condanna netta a quelle esecuzioni. Nostra ferma disapprovazione , negando che quegli eventi potevano servire di strumento educativo. Stessa nostra disapprovazione quando oggi i figli si piazzano davanti allo schermo televisivo e, peggio che a pubbliche esecuzioni, assistono ai peggiori atti di violenza, criminalità e comportamenti diseducativi. Gli impiccagioni non si eseguono più a Piazza del Popolo, Via dei Cerchi oppure nel piazzale davanti a Castel S.Angelo. Si suicidiano impiccati i reclusi di Regina Coeli, San Vittore, l'Ucciardone ed in tante altre case circondariali d'Italia. A questi non si portano i bambini ad asistere, non fa caso neanche il legislatore a ciò che a lui dovrebbe indicare il punto di non ritorno della negazione dei diritti umani della giustizia carceraria, di cui tanti riempiono la bocca ma nulla fanno per risolverla..

La Camera Storica è aperta per le visite ogni 24 giugno. Tutto fa parte del vissuto nostrano e solo conoscendolo possiamo evitare il suo ripetersi. 

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