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Call of Duty Black Ops 4, tre giochi in uno per gli amanti del multiplayer

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Con Call of Duty Black Ops 4 Activision cambia le carte in tavola e imposta un titolo che punta a volersi imporre anche tra i videogiocatori più competitivi. Per raggiungere tale scopo la software house ha deciso di sacrificare la componente single player in favore dell’introduzione della modalità Battle Royale che affiancherà l’ormai noto multiplayer e la modalità zombi. Con questo nuovo titolo quindi si è cercato di creare un impianto di gioco capace non solo di accontentare gli annuali fan della saga, ma anche di portare quelle necessarie modifiche per avvicinarsi in pianta stabile al circuito del gaming competitivo. Ma veniamo al dunque, la modalità che ha il compito di rivisitare il concetto di Battle Royale in chiave CoD prende il nome di Blackout e ha la peculiarità di introdurre la fluidità tipica del franchise in una tipologia di gioco che ha ormai trovato la sua folta schiera di appassionati grazie a titoli come Pubg e Fortnite.

L’impostazione iniziale che Call of Duty Black Ops 4 dà a questa modalità Blackout è quella classica, con la possibilità di selezionare una partita in solitaria o a squadre da due o da quattro giocatori, che vengono scelti tramite matchmaking nel caso in cui non si sia già in team con degli amici. Una volta iniziata la ricerca di una partita, si verrà lanciati in una “simulazione” della mappa di gioco, con la possibilità di esplorare liberamente e con il dono dell’immortalità. Questo naturalmente fino a quando tutti i giocatori non saranno presenti nella lobby e il match sarà quindi pronto per iniziare. Durante questa fase, aprendo la mappa di gioco, è inoltre possibile iniziare a vedere il percorso che seguirà l’elicottero da cui ci bisognerà lanciarsi. Funzionalità, questa, introdotta soltanto recentemente nelle produzioni dei Bluehole e di Epic Games, ma che è di estrema utilità in termini organizzativi, soprattutto quando si gioca in squadra. A quanto punto si avranno sessanta secondi per decidere dove e quando buttarsi giù. Naturalmente prima si arriverà a terra e prima si potrà iniziare la ricerca di un’arma: essenziale per assicurarsi la sopravvivenza nelle caotiche fasi iniziali del gioco. Per chi non lo sapesse nei giochi Battle Royale si entra in gioco con solo i vestiti addosso e sarà necessario trovare armi, corazze ed equipaggiamenti sul campo. Nella modalità Backout proposta in questo nuovo Call of Duty Black Ops 4 la gestione dell’inventario è molto interessante e risulta in sostanza l’unica vera novità, che questa Battle Royale aggiunge rispetto alla concorrenza. Oltre alle due armi equipaggiabili, entrambe altamente personalizzabili con ottiche, calci e accessori vari, c’è anche la possibilità di portare con sé un gadget medico, tra i vari oggetti che curano 25, 50 o 100 punti ferita, utilizzabile con il dorsale sinistro, e uno strumento come il rampino o una granata da usare con il dorsale destro. In più sono presenti due slot passivi dedicati uno alla corazza, di tre livelli differenti, tra cui l’ultima in grado di proteggere dai colpi alla testa, e l’altro allo zaino, con la classica utilità di ampliare il proprio inventario da cinque a dieci slot. Nonostante questa pratica selezione rapida, in qualsiasi momento della partita si potrà aprire il menu rapido per utilizzare liberamente tutti gli equipaggiamenti, tra cui dei particolari bonus dalla durata a tempo, che si possono trovare in giro per la mappa e forniscono gli stessi benefici dei classici perk di Call of Duty. Quanto alle munizioni, è invece presente una sezione dell’inventario dedicata e queste non graveranno sul peso e non occuperanno alcuno spazio nello zaino. La mappa di gioco nel complesso è ben strutturata, dalle dimensioni più contenute rispetto alle ormai note Erangel e Miramar presenti su Pubg, ma con una buona alternanza di scenari: da centri urbani ad ampi spazi aperti. Non manca infine la possibilità di sfruttare i mezzi presenti, da camion lenti ma ben corazzati e quad rapidi ma vulnerabili, fino a poter guidare motoscafi lungo i canali ed elicotteri per solcare i cieli. Ovviamente anche nel Battle Royale di Call of Duty 4 Black Ops lo scopo del gioco è rimanere l’ultimo giocatore o l’ultima squadra in vita mentre l’area di gioco si restringe sempre di più. Se si rimane fuori dai bordi la vita del proprio personaggio si riduce progressivamente fino alla morte. Tirando le somme, la modalità Blackout è una tipologia di gioco che convince e diverte nonostante sia palesemente un’interpretazione in chiave Call of Duty di una formula già collaudata e con meccaniche ben precise che, pur non apportando alcuna vera innovazione al genere, riesce ad ampliare l’offerta del titolo.

Per quanto riguarda il resto del pacchetto, in Call of Duty Black Ops 4 è presente l’immancabile multiplayer, vero fiore all’occhiello della saga da ormai più di 10 anni, ma prima di descrivere in cosa consiste è necessario fare una piccola premessa. Come già detto all’inizio la campagna single player è stata rimossa, ma la casa di sviluppo statunitense ha pensato bene di far approcciare futuri e vecchi giocatori attraverso un sistema intelligente, quanto mai appropriato. Gli eroi indiscussi di Black Ops 4 sono senza dubbio gli Specialisti, quindi, quale occasione migliore di poterli mettere in campo guidando il videogiocatore nelle varie modalità proposte? Si entra di diritto nel Quartier Generale degli Specialisti, un luogo che rappresenta un HUB per coloro che vogliono conoscere il background degli eroi e capire il funzionamento di ciascuno di essi. In linea di massima si tratta di un enorme tutorial che getta le basi per introdurre al giocatore quello che lo aspetterà nei mesi seguenti. I fan più appassionati troveranno anche di gradito gusto i file relativi ai dossier di ciascun specialista, dove scene di intermezzo, si alterneranno agli obiettivi preposti dall’istruttore guida. Niente campagna quindi, ma un modo intelligente di far conoscere Black Ops 4 ad ogni tipologia di videogiocatore. Venendo al multiplayer, le differenze sostanziali rispetto a quanto già visto in passato risiedono in un Time To Kill più diluito e la mancanza di auto-rigenerazione dopo una sparatoria. Sarà invece presente un’abilità speciale che consentirà ad una siringa di far scorrere più adrenalina e recuperare, quindi, punti vita. Tale introduzione ha un costo in cooldown, cioè un tempo di ricarica che consentirà al giocatore di non abusare troppo del reintegro, anche se la gestione dei perks e del loadout del proprio Specialista consente la riduzione di tale tempistica. Anche per questo motivo, la salute è stata aumentata del 50% in virtù del fattore rigenerate assente. Sono state eliminate anche dinamiche correlate alla parte più tecnologica degli Specialisti, vale a dire la corsa sui muri ed il doppio salto. Nonostante quasi tutte le modalità siano state mantenute, alcune non sono presenti come ad esempio “Gioco delle armi”, ma ne sono state introdotte altre di egual spessore, se non addirittura di qualità superiore e più appaganti. Certamente i vari Deathmatch a squadre, Cerca e Distruggi o Uccisione Confermata risultano ancora oggi le playlist più apprezzate, così come Dominio e Controllo, ma la vera novità dal punto di vista del multiplayer risiede in Furto. In questa nuova modalità di gioco due squadre si alternano nel recupero di un’ingente somma di denaro per estrarlo in punto preciso attraverso un elicottero. Si parte con una gestione oculata del proprio equipaggiamento, con dei crediti (fittizi) spendibili per armi e oggetti, per poi fiondarsi insieme alla squadra in uno scontro che non tollererà l’entrata dopo la morte. Sarà disponibile una sola vita per scontro, quindi questo fa sì che le partite abbiano un approccio ragionato e che il team cooperi all’unisono per arrivare alla vittoria. Al netto delle modalità disponibili, vi è anche una modifica sostanziale alla playlist presente su Veterano, speciale attività che prevede l’utilizzo di un numero inferiore di modalità aventi delle modifiche sostanziali al gameplay. L’eliminazione del radar non consente ai giocatori di capire la posizione del nemico, così come un time to kill più ridotto induce alla cautela, nonché la presenza del fuoco amico potrà causare uccisioni da parte dei compagni di squadra. Per evitare l’abuso consistente dovuto alla morte per via del fuoco amico, Treyarch ha introdotto un sistema di espulsione dalla partita per uccisioni multiple errate. Tale sistema è sicuramente utile per eliminare giocatori che effettivamente disturbano il match, ma risulta anche controproducente nel caso di morti accidentali.

https://www.youtube.com/watch?v=ooyjaVdt-jA

A completare la massiccia offerta di Call of Duty Black Ops 4 c’è la tanto apprezzata modalità Zombi. Se si è amanti di questa tipologia di gioco, presente ormai da dieci anni nei titoli della saga, in quest’ultima produzione sarà possibile trovare quanto di meglio si possa desiderare. Treyarch ha infatti deciso di inserire ben tre diversi scenari, appartenenti a differenti epoche storiche, dove i giocatori saranno chiamati a respingere orde di non morti sempre più dense, tra perks e pozioni indispensabili per avere ragione di una quantità di avversari mai così agguerrita. Tra trovate sceniche d’eccezione, che ovviamente e qualche limatura alle regole classiche del genere, si può affermare senza alcun dubbio che Treyarch ha centrato perfettamente il bersaglio. A livello tecnico/grafico, Call of Duty Black Ops 4 non brilla certamente per innovazione, spesso e volentieri si possono notare texture non proprio eccelse, animazioni al di sotto del livello di altri prodotti AAA e modelli poligonali non rifiniti al meglio. Anche sotto l’aspetto grafico, il titolo risulta essere poco entusiasmante e non stupisce. Fortunatamente i cali di frame si presentano raramente, salvo in alcuni momenti concitati su Blackout, quindi l’esperienza di gioco sarà quasi sempre fluida e appagante. Il netcode nel complesso risulta essere ben solido, come già visto in altre produzioni targate Activision, e questo è un bene in quanto garantisce piacevoli e longeve sessioni di gaming esenti da problematiche poco gradevoli.

Tirando le somme, questo Call of Duty Black Ops 4 è un prodotto che diverte e che offre una varietà di gioco mai vista prima nel franchise. Activision e Treyarch hanno ascoltato con attenzione le richieste della community portando alla luce un prodotto solido e ben variegato nelle modalità che, purtroppo, pecca di una campagna single player maldestramente sostituita da tutorial, con protagonisti i vari Specialisti, che mancano di spessore e caratterizzazione. Il titolo potrebbe candidarsi realmente a essere quel punto di raccordo, mai trovato fino a questo momento, tra la vecchia e nuova fetta d’utenza utile a dar nuova linfa vitale a un brand che, nel corso degli ultimi anni, è rimasto bloccato in un limbo che non ha mai convinto o soddisfatto gli utenti. In ogni caso, se siete amanti degli shooter, del Battle Royale, della competizione o della saga, questo titolo non può assolutamente mancare nel vostro scaffale sia che siate possessori di Pc, Xbox One o PS4.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Longevità: 9
Gameplay: 8,5
Sonoro: 8,5
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise

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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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