CALCIO: ADDIO GHIGGIA, L'EROE DEL MARACANAZO

di Silvio Rossi

Uruguay – Nella città di Las Piedras, nel sud dell’Uruguay, è scomparso all’età di 88 anni il calciatore simbolo della Celeste, con cui disputò solo dodici partite, ma che divennero indimenticabili, perché grazie a una sua rete nella finale dei campionati mondiali del 1950, realizzata in quel tempio del calcio che è lo stadio Maracanà, la nazionale uruguayana vinse il suo secondo titolo mondiale (dopo quello vinto nella prima edizione mondiale del 1930).
Alcides Edgardo Ghiggia, ultimo eroe di quella nazionale che realizzò l’impresa di “rubare” la coppa sotto il naso del Brasile, con una vittoria fuori da ogni pronostico, che è passata alla storia col termine “Maracanazo”.

La finale è stata giocata il 16 luglio 1950, davanti a circa duecentomila spettatori, esattamente lo stesso giorno in cui, sessantacinque anni dopo, il campione del mondo è morto. Al termine della partita Ghiggia fu aggredito da alcuni tifosi brasiliani, tanto da essere costretto a tornare a Montevideo in stampelle, e da dover rimanere a riposo per diversi mesi. Nel 1953 il giocatore si trasferì a Roma, dove disputò otto campionati (miglior risultato un secondo posto nel 1954/55), e vinse nel 1960/61 la Coppa delle Fiere, contribuendo assieme ad altri assi sudamericani, come Schiaffino, Altafini, Sormani, Sivori, al mito degli “oriundi”, giocatori di altre nazionalità, ma di origine italiana, che hanno visto il riconoscimento della nazionalità, e hanno giocato nella nazionale azzurra.
Dopo la Roma, e una stagione al Milan, tornò a giocare in Uruguay, dove indossò gli scarpini chiodati fino all’età di 42 anni, in seguito fece l’allenatore per qualche anno. Ritirato a La Piedras, a pochi chilometri dalla capitale Montevideo, ha gestito un supermercato.
Da tutto il mondo, compreso il Brasile, sono arrivati tanti messaggi di cordoglio, tutti hanno ricordato il gol di Ghiggia che fece piangere milioni di brasiliani. Lui stesso, scherzando, disse una volta: “Solo tre persone nella storia hanno fatto zittire il Maracanã con un gesto: il Papa, Sinatra e io”.