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Editoriali

Caccia a Salvini, una certa stampa italiana mai era giunta a tale degrado e manifestazione di volgarità e idiozia

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Comunque la si guardi, la mossa di Salvini di chiudere i porti e guardare un po’ più da vicino le navi ONG ha risolto una situazione che si protraeva da troppo tempo nella più totale irregolarità, in nome del buonismo ipocrita e dell’umanitarismo ideologizzato e politicizzato. Oggi sappiamo, ad esempio, che due navi che battono bandiera olandese, non sono in carico nei registri navali di quella nazione, e che oltretutto, essendo navi da diporto, buone per non più di cinquanta persone, ne trasportano più di duecento, oltre i membri dell’equipaggio, rischiando che tutti vadano ai pesci, nel senso letterale dell’espressione. Quelli che qualcuno ha indicato come ‘taxi del mare’, subito subissato da una marea di improperi, sono navi che qualcun altro ha definito ‘pirata’, come ci ha fatto capire il procuratore Zuccaro.

Allora, prima di tutto bisogna mettere le mani – quelle dell’UE, non soltanto italiane – a bordo di queste pretese soluzioni umanitarie

Poi possiamo discutere della distribuzione del popolo dei gommoni. Intanto la prossima nave vedrà diviso il suo carico di migranti sembra fra sei diverse nazioni, sempre che quelle che ‘ci stanno pensando’ accettino. Che l’Italia debba ricevere, oltre che i passeggeri raccolti in acque italiane, anche quelli raccolti in acque territoriali libiche – dove molto premurosamente si va a ‘salvarli’ – oppure nel mare di Malta, non può continuare. Naturalmente, di tutto questo, una sinistra avvelenata dagli ultimi risultati elettorali da’ la colpa all’uomo forte attualmente al Ministero dell’Interno, Matteo Salvini. Al punto da criminalizzarlo oltre che sputargli addosso qualsiasi improperio, sui giornali e in TV.

Ma stiamo attenti. Se noi italiani abbiamo la misura di quello che si dice, e sappiamo discernere, non altrettanto si può dire della massa di africani sbarcati da noi a qualsiasi titolo, rifugiati o economici. Comunque, anche sapendo di non averne diritto, chi arriva qui fa domanda di asilo, che viene mediamente esaminata nell’arco di due anni. Come anche circa due anni ci vogliono per il successivo ricorso. Nel frattempo questa popolazione campa sulle nostre spalle. Quello che a loro non manca è qualcuno che li informi dei loro ‘diritti’, senza minimamente menzionare i loro ‘doveri’. Come ad esempio pagare il biglietto sui mezzi pubblici, non aggredire polizia e carabinieri, oltre che i controllori di bus e treni, non violentare le ragazze sulla spiaggia, non sporcare i luoghi pubblici, non aggredire in gruppo il prossimo di pelle bianca, eccetera eccetera.

Naturalmente fra questi, grazie a Dio, c’è sempre una parte, sia pur minima, che si comporta bene

Che è venuta in Italia, o in Europa per lavorare, integrarsi e avere un futuro. Ma sono i meno. La gran parte di chi sbarca da noi viene con un senso d’avventura, come – absit iniuria – un rapinatore che va a togliere ai ricchi ciò che lui non ha, e non potrà mai avere se non con la ruberia – in senso metaforico, ma in qualche caso anche letterale. Come quelli che sono subito reclutati dagli spacciatori. Questa gente non ha il nostro senso comune, e non capisce che gli insulti a Salvini hanno un’origine ben precisa, e che da noi non è come da loro, dove si fa giustizia sommaria. La sinistra è tutta impegnata a indottrinare costoro, e il pericolo è che qualcuno commetta un atto irresponsabile.

Sappiamo comunque a chi Salvini è andato a rompere le uova nel paniere

A quel cosiddetto filantropo ungherese-americano-ebreo che risponde al nome di George Soros, che dichiaratamente vorrebbe rendere l’Italia un ghetto di poveri, e che c’è il sospetto che controlli, tramite altri, anche testate giornalistiche importanti. Come ‘La Repubblica’, che definisce Salvini ‘nazista e assassino’, senza che abbia mai ucciso nessuno. O come ‘L’Espresso’ che titola ‘Uomini e no’, con la parola ‘Uomini’ sotto il viso di un migrante, e il ‘No’ sotto il ritratto di Salvini.

Bisogna dire che certa stampa italiana mai era giunta a tale degrado e manifestazione di volgarità e idiozia

Un avversario politico è un avversario, non un nemico. E la politica è un gioco, alla fine, nel quale chi non sa stare deve lasciare le carte sul tavolo e cambiare mestiere. Il pericolo è che, continuando su questa strada, succeda qualcosa di grave da parte di chi si dovesse sentire giustificato da tutto ciò che scrivono i giornali. Smettiamola con questi toni esacerbati. Capisco che la sconfitta brucia, specialmente dove non batte il sole, ma bisogna accettarla. Specialmente quando di essa si può incolpare soltanto se stessi. A chi addebiteremo un eventuale moto di piazza con vittime, o peggio, dopo tutto questo linciaggio mediatico? La sinistra ha le sue responsabilità. chi ha distrutto – o meglio, rottamato – il PD ha nome e cognome, si chiama Matteo Renzi. Ed è pericoloso oggi voler cercare di recuperare posizioni insultando l’avversario. Soprattutto pericoloso, specialmente quando si obbedisce a ordini dall’alto.

Roberto Ragone

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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