Connect with us

Editoriali

Brexit. La sgradevole richiesta di Theresa May e il sorpasso a sinistra di Angela Merkel

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

di Paolino Canzoneri

All'indomani della vittoria del "leave" con un 52% che non lascia il benchè minimo dubbio sulla volontà degli inglesi di uscire dall'Europa, l'aria di Londra era più fresca del solito e nei volti degli inglesi aleggiava una sorta di stupore e di sorpresa; in fin dei conti non se lo aspettava nessuno e quelle facce dapprima serene e convinte parlavano da sole: "stavolta l'abbiamo fatta grossa". Proprio cosi, l'hanno fatta proprio grossa perchè in fin dei conti l'Inghilterra ha da sempre mostrato una riluttanza e poca predisposizione a voler stare nella comunità europea accollandosi regole e modalità che hanno comportato sacrifici non indifferenti per tutti gli altri paesi. Nel pieno rispetto delle loro tradizioni storiche e della loro cultura (come se l'avessero solo loro), hanno da sempre assunto un comportamento da viziati d'Europa senza volersi adeguare alla moneta unica financo mantenere l'odiosa corsia di transito a sinistra e non solo. Il cosiddetto Brexit comporterà dei disagi pressanti in termine di mercato ma al momento i fautori e vincitori del "Leave" sembrano ignorare che ogni paese dell'unione perderà un solo mercato cioè quello inglese mentre i britannici ne perderanno ben 27 cioè quelli degli altri paesi dell'unione ma se ne accorgeranno nel tempo. A poche ore dalla clamorosa scelta moltissimi inglesi, a cui è stata propinata una campagna informativa errata, faziosa e poco descrittiva su quello che avrebbe comportato la scelta dell'uscita, hanno dichiarato in diverse interviste e sondaggi post brexit di non aver capito bene e di essersi pentiti loro malgrado. In una di queste interviste per scopi di sondaggio spicca quasi per comicità grottesca quella di una signora quasi anziana che ha votato per l'uscita ma senza aver capito realmente cosa avrebbe comportato una scelta cosi importante: "non avevo capito bene, figurarsi che io e mio marito con i soldi risparmiati da una vita abbiamo comprato una casetta nel nord della Francia che tanto amiamo dove vorremmo trascorrere i mesi estivi…". Qualcuno dovrà spiegargli loro malgrado che improvvisamente per la Francia quella adorabile coppia inglese non diverrà altro che una coppia di extra comunitari con obblighi di documentazione in contrapposizione al libero attraversamento delle frontiere fra i paesi della comunità e con tempi di soggiorno limitati. Il nostro presidente del Consiglio stizzito un po come tutti ha rilasciato una dichiarazione con un'aria da sufficienza del tutto giustificata auspicando un veloce disbrigo delle pratiche per l'uscita, quasi a dire "sbrigatevi con le incombenze burocratiche e visto che non ci volete stare, levatevi dalle scatole in fretta perchè abbiamo molto altro da fare nella comunità". Con il passare del tempo sembra che più si aprono le frontiere e più si evidenzia quella scarsa propensione alla condivisione delle culture mentre invece prende piede quella volontà di chiusura a riccio e quella poca voglia di intergrazione. Diffidenza e razzismo quali tarli dell'animo umano vengono fuori proprio nel momento in cui ogni apertura non viene vista come risorsa culturale ma come rischio per una propria incolumità e per un ipotetico disgregamento delle proprie tradizioni che nessuno è disposto a perdere o a veder evolversi. Il Regno Unito in sostanza ha calato il sipario e ha chiaramente mostrato una arrogante ingratitudine verso tutta l'Europa che ogni anno per turismo e per studi ha visto ingrossarsi le proprie casse a dismisura e ha rivelato una altrettanta presunzione di onnipotenza molto collusa con una decisa linea di demarcazione fra l'inglese e il non inglese cosi come si è evidenziato dalla sgradevole richiesta di questi ultimi giorni della premier britannica Theresa May che ha disposto alle aziende del regno di comunicare l'elenco degli impiegati non inglesi. Comprensibile come questa decisione puzzi di celato razzismo ed è facile intuire come si stiano considerando dei provvedimenti legislativi che inducano favori e condizioni migliori per gli inglesi a discapito di tutti gli altri provenienti dall'Europa e dal resto del mondo. La Merkel quale leader della Germania, paese al momento fiorente e con livelli bassissimi di disoccupazione e debiti, in un impeto di insofferenza verso la collega britannica ha tuonato che senza libera circolazione nel Regno Unito non sarà possibile per gli inglesi d'avvalersi del libero accesso ai mercati dell'unione Europea. La Merkel raramente coglie il plauso di tutti i paesi ma stavolta sembra concorde l'approvazione per quanto affermato. Peccato però constatare quanto sempre più difficile sia affrontare temi importanti come la distribuzione del numero degl  immigrati che ogni giorno l'Italia in piena dimostrazione di civiltà e umanità accoglie salvando vite e vite da morte certa mentre altri paesi pensano a muri e credono di risolvere voltando le spalle o uscendo da accordi comunitari precedenti. Peccato assistere ad una incapacità di condivisione e di predisposizione sempre più evidente ad ogni porta aperta.

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti