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di Angelo Barraco
Un nuovo “gioco” molto pericoloso ha cagionato la morte di circa 157 adolescenti in Russia, il suo nome è “Blue Whale” ovvero “Balena Blu”. Un fenomeno talmente preoccupante che le tv e i giornali russi hanno dedicato intere puntate a questo gioco, con interventi di esperti e familiari delle vittime che vorrebbero trovare una possibile e tempestiva soluzione a questo agghiacciante fenomeno che pian piano si sta diffondendo a macchia d’olio anche in Brasile, Francia, Gran Bretagna e forse anche Italia.
Ma che cos’è “Blue Whale”? Si tratta di pura manipolazione mentale, dove ci sono dei “Curatori” che adescano gli adolescenti sui social per introdurli al gioco. Vi è un’interazione tra i giocatori e gli amministratori o curatori che inducono gli adolescenti –attraverso le regole- a cagionarsi danni fisici fino alla morte. Dopo essere entrati nel gioco non è più possibile uscirne poiché gli amministratori arrecano minacce nei riguardi dei partecipanti e delle loro famiglie. Tutti devono seguire obbligatoriamente e quotidianamente 50 regole per 50 giorni, che devono essere completate l’ultimo giorno con il suicidio, che avviene solitamente dal palazzo più alto della città.
Dietro tutto ciò si cela Philipp Budeikin, un ex studente di Psicologia che è stato arrestato e condannato. A lui sono riconducibili ben 16 suicidi di ragazze, ha inoltre dichiarato che il suo scopo era quello di “ripulire” la società inducendo al suicidio coloro che riteneva indegni di vivere. “Blue Whale” è un gioco malato di pura coercizione psicologica che induce i partecipanti a mantenere l’assoluto silenzio in merito a quanto stanno facendo e obbliga ad ostentare una normalità apparente che non lascia in alcun modo far presagire gli intenti futuri. La trasmissione televisiva “Le Iene” si è occupata di tale inquietante fenomeno e dalle interviste che Matteo Viviani ha realizzato in Russia si apprende chiaramente come l’induzione al suicidio sia stata talmente devastante da stravolgere queste giovani vite che in principio erano serene. I genitori di questi ragazzini hanno raccontato infatti che i loro figli erano allegri, sereni e pieni di interessi e solo dopo aver collegato la morte del proprio figlio a quella di altri ragazzi e al fenomeno “Blue whale” hanno capito che determinati comportamenti che nell’ultimo periodo assumevano i figli erano dettati dalle assurde regole di un gioco malato. I loro figli per esempio disegnavano balene, le collocavano all’interno di immagini di ogni tipo. In un primo momento i genitori pensavano che fosse un semplice disegno ma non è così poiché la balena collocata in qualsiasi spazio rappresenta l’inizio del gioco stesso che porta i ragazzini a gesti di autolesionismo, all’annullamento del proprio io non parlando con nessuno, guardando film dell’orrore per tutta la notte, alzandosi alle 4 del mattino. Progressiva e lento stress fisico e mentale che disorienta e disturba una giovane mente sana che pian piano cade in uno stato depressivo che si spinge fino al suicidio. Ultima regola del gioco: la morte deve essere documentata attraverso un filmato.
La Dott.ssa Rossana Putignano – Psicologa Clinica- Psicoterapeuta Psicoanalitica- Responsabile della Divisione Sud e della Divisione di Psicodiagnosi Neuropsicologia e Forense del Crime Analysts Team ci ha spiegato che “Nel Novembre 2015 scattò il primo arresto per un 21enne, Filip Budejkin, amministratore di 8 “gruppi della morte”, il quale, secondo gli inquirenti, avrebbe istigato al suicidio almeno 15 teenagers tra il 2013 e il 2016. Ora il fenomeno si sarebbe esteso anche in Ucraina, Bielorussa, Azerbaijan, Kazakhistan e Kirgizistan e la Camera civile da sempre a tutela i diritti dei cittadini in Cremlino, ha dovuto porre il divieto di accesso ad internet ai minori sotto i 15 anni” ha aggiunto inoltre “Questo fenomeno sta comparendo anche su instagram: anonimi amministratori affidano alcune “prove” da superare per accedere a gruppi più esclusivi; queste tappe iniziali prevedono una serie di attività come scrivere poesie sulla morte, disegnarsi un cetaceo blu sul polso, decifrare indovinelli o pubblicare foto di vene recise. Man mano che sali nella “scala della morte” vedrai film horror per 24 ore di fila, ti inciderai sul braccio la balena col tuo stesso sangue e poi scatterai il tuo “selfie” finale prima di ucciderti. Secondo i dati che provengono dal Rotsit (Centro pubblico russo sulle tecnologie Internet) si contano almeno 4mila hashtag al giorno associati a queste chat suicide”.
L’aspetto più assurdo di questa storia è certamente legato all’indifferenza dei presenti dinnanzi ad un suicidio programmato che viene anche documentato con un video. Una morte annunciata, pianificata e soprattutto imposta da terzi ma che nessuno osa contrastare poiché si tratta del “gioco” a cui nessuno può sottrarsi poichè vi sono minacce continue qualora vi fosse l'intenzione. L’esasperazione del mezzo internet si palesa davanti ai nostri occhi e si tramuta in un mostro amorfo che gioca con la vita degli altri e usa le fragilità di adolescenti nel fiore della loro età che ancora non hanno sviluppato la possibilità di potersi imporre in autonomia ad un meccanismo psicologico malato e deviato che fa leva su una presunta e illusoria crescita in una scala generazionale attraverso il raggiungimento di obiettivi e prove di forza, come l’autolesionismo e poi il suicidio. C’è un altro gioco che ha già seminato molte vittime e che si chiama “Fata di Fuoco”. E’ un gioco che coinvolge i bambini di 9 anni e li induce al suicidio attraverso un video in cui si vede un bimbo che entra in cucina, accende il gas e si trasforma in una fata di fuoco come nei cartoni animati. Nell’immagine coercitiva c’è scritto “entra in cucina silenziosamente senza farti notare da nessuno altrimenti la magia scomparirà”. Le conseguenze di questa depravata manipolazione ha avuto effetti devastanti sui bambini e numerosi sono stati i casi di suicidio o ustioni. Come contrastare questa follia? Come fermare questa macchina infernale che induce al suicidio centinaia di giovani in Russia e che si sta espandendo?
Abbiamo intervistato la Dott.ssa Mary Petrillo, Psicologa, criminologa, Coordinatrice del Crime Analysts Team, Docente Master Univ. Niccolò Cusano.
– Cosa spinge queste persone a indurre al suicidio i minori?
Cominciamo col dire che in Italia l'istigazione al suicidio è un reato penale, art. 580 c.p. ., il suicidio può essere indotto per svariati motivi da quelli più di natura compassionevole a quelli più abietti, come quelli che avvengono nelle sette o come in questo caso. Purtroppo ci sono persone che affermano la loro personalità e la loro dominanza sugli altri, facendo leva sulle debolezze altrui e spingendo le persone più fragili fino a commettere tale atto non conservativo. Teniamo presente però che, come in questo caso specifico, nel soggetto che subisce questa pressione deve già preesistere il proposito suicida e che egli stesso mette in atto la sua morte, altrimenti dovremmo parlare di omicidio del consenziente e/o di omicidio volontario, quindi il tutto dovrebbe poi assumere un altro "aspetto ".
– Quali sono i punti deboli su cui fanno leva?
Se parliamo di istigazione, questa può essere perpetrata per motivi disparati quali ad esempio partecipazione emotiva nei confronti di chi vive una situazione di disagio psicologico e/o fisico, si può istigare al suicidio attraverso la minaccia, l' inganno, per odio e violenza.
– Un minore come può contrastare tutto ciò?
Torniamo all'inizio del nostro discorso, ossia se trattasi di omicidio del consenziente o di suicidio vero e proprio perché ovviamente ciò cambia anche il modo in cui un soggetto può far fronte a ciò. In linea di massima un giovane deve imparare ad amare la vita ed in questo noi adulti abbiamo le nostre responsabilità, in quanto i ragazzi vogliono punti di riferimento che facciano capire loro fino a che punto possono spingersi e ovviamente la sana socializzazione tra coetanei è un ottimo antidoto contro il suicidio. Oggi i ragazzi nonostante i social network sono più soli che mai e purtroppo molte volte questi social non fanno che alimentare le invidie e i disagi che alcuni giovani vivono e sentono.
– Un adulto come può accorgersi di tale coercizione?
Un adulto attento e che non lascia solo per troppe ore davanti ad un PC o ad uno smartphone un adolescente, si! Un adulto che privilegia la comunicazione in famiglia può accorgersi di certi segnali coglierli in tempo e quindi con l'aiuto della scuola e dei professionisti della salute psicologica può sicuramente far fronte a questi terribili eventi.
– Un genitore come può capire se il proprio figlio è stato plagiato e cosa può fare?
Parlare di plagio in un Paese che lo ha eliminato come reato è molto difficile, personalmente lo reintrodurrei con le opportune modifiche che fanno riferimento anche alle più moderne tecniche di interpretazione del disagio psicologico. Logicamente è bene farsi aiutare in questi casi da un professionista
– Che consigli si sente di dare?
Innanzi tutto di fare sempre attenzione a cambiamenti repentini di personalità del ragazzo/a e anche a cambiamenti di vita quotidiana. È importante favorire sempre la comunicazione in famiglia, ma non facendo il "genitore/amico"! È importante far capire quanto la vita sia bella e preziosa e che ogni situazione si può superare, perché è la paura che deve "essere uccisa" e non la persona! È necessario stare vicino a chi vive un momento di panico e/o smarrimento e con la propria vicinanza ed umanità si può far superare il panico che porta poi al compimento anche di gesti inconsulti.
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