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di Silvio Rossi
È tornato a essere il comandante barricadero. Con l’obiettivo di ricompattare il partito, dopo lo strappo di Fitto, le proteste di Brunetta, i mugugni che molti parlamentari e quadri del partito, contrari dai primi tempi al patto del Nazareno, dopo l’elezione di Mattarella, vissuta come uno sgarbo effettuato da Matteo Renzi nei propri confronti, Silvio Berlusconi ha assunto nuovamente il comando della nave, e ha iniziato a protestare veemente contro le iniziative governative.
La scelta del Presidente della Repubblica digerita male, la necessità di farsi nuovamente sentire, per evitare di restare bloccato dalla morsa del patto, quasi come nelle sabbie mobili, la ritrovata libertà, dopo la riduzione della pena dei servizi sociali annunciata, che vedrà di nuovo Berlusconi libero tra un mese esatto, l’hanno convinto a rompere gli indugi e partire all’attacco.
«Sosterremo le riforme che riterremo positive, ma non accetteremo più ciò che avevamo accettato per amore di un risultato positivo…». Questo il punto principale del Berlusconi-pensiero. Non una cesura definitiva al dialogo, cosa che rischierebbe di relegarlo in un cantone troppo lontano dalle stanze dei bottoni. Non se lo può permettere l’ex cavaliere, di attendere che arrivi il 2018, data prevista per le nuove elezioni, se non si verifica una crisi nell’esecutivo. Non potrà nuovamente competere all’età di 82 anni se non fa sentire la sua voce, e non è solo la presenza al tavolo degli accordi che può mantenere viva la speranza di incidere nel panorama politico.
Le parole di Berlusconi sono giunte con una telefonata al primo incontro del “governo ombra”, organizzato dall’ex ministro Gianfranco Rotondi, presso il Centro Congressi Hotel Parco Tirreno a Roma. Nell’intervento si lamenta della “deriva autoritaria” conseguente all’azione del primo ministro. In questa definizione lo strappo è più evidente. Fino a pochi giorni fa il Premier era apprezzato dal suo avversario proprio per il decisionismo che ne ricordava i suoi primi passi in politica. Oggi quindi l’attivismo altrui diventa un pericolo di deriva autoritaria?
L’iniziativa berlusconiana, se da una parte non sembra riuscire a riconquistare Fitto, che ha annunciato per il 21 febbraio un’iniziativa dove esporrà le proprie proposte per il rilancio di Forza Italia e del paese (dicendo: non siamo rottamatori, ma ricostruttori, perché “nel centrodestra italiano quasi tutto è già sfasciato”, ha avuto l’effetto collaterale di scontentare colui che, per conto suo, è stato il regista del Patto, Denis Verdini, che ha commentato: «Osservo nani e ballerini far festa per la fine del Patto».
La posizione dell’ex premier sta diventando sempre più precaria. Lo schieramento che pochi anni fa era compatto sotto la sua leadership è sempre più frammentato. A oggi non è lontanamente possibile immaginare una qualsiasi forma di collaborazione tra la Lega e il Nuovo Centro Destra. Corrado Passera sta cercando di conquistare una fetta di elettorato scontento per quanto sta succedendo nello schieramento moderato. Forza Italia è attualmente spaccata, non lasciando facilmente comprendere, nel caso si ponesse la necessità di una scelta, con chi allearsi. Forse, la scelta odierna di dissotterrare (solo in parte però) l’ascia di guerra, può far credere che le azioni di Salvini e della Meloni, a casa Arcore, siano più convincenti rispetto a quelle di Alfano.
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