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Economia e Finanza

Belpaese, paupertas tua vita mea. Codacons avverte: “Se aumenta Iva e accise sarà l’ecatombe”

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Il bollettino Istat puntualissimo torna a pubblicare i dati poco confortanti del primo trimestre 2018. L’accumulo di scorte nei magazzini è stato provvidenziale a sostenere la spesa delle famiglie, facendo argine contro la contrazione degli investimenti e dell’esportazione. I redditi rimangono invariati e il mondo del lavoro non segna alcun stimolo. Le ore lavorate registrano un netto calo. All’orizzonte non si annuncia alcuna schiarita. La crescita dello 0,8% diventa sempre più una speranza. “Se scatterà l’aumento dell’Iva e delle accise – dicono dal Codacons – la crescita della spesa registrata nel primo trimestre del 2018 non solo verrà annientata, ma si verificherà una ecatombe”. Il 10 maggio 2018 nel corso di un’audizione sul Def, davanti alle commissioni speciali di Camera e Senato, riunite a Montecitorio, l’Istat ha rivelato che un milione di famiglie senza lavoro sono raddoppiate negli ultimi dieci anni. Aumenta la povertà assoluta e interessa 5 milioni di italiani. Peggiora la capacità di spesa di molte famiglie che sono scese sotto la soglia di povertà. Quattro famiglie su 100 non percepiscono alcun reddito da lavoro. Un milione di famiglie sono senza lavoro.

Il quadro apparirebbe più devastante se si dovessero analizzare questi fenomeni per territori, nord e sud

Intanto quanto esposto è già esemplificativo dell’emergenza che incombe. Molti parlano di povertà. Se ne parla a Montecitorio, si organizzano convegni, simposi e conferenze si fanno dibattiti sul web e nei talk show e tanto altro. Ma cos’è veramente la povertà? Treccani viene in aiuto e propone questa definizione: “La povertà è la condizione di singole persone o della collettività umana nel loro complesso che hanno un limitato accesso a beni essenziali e primari, ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale”. Ebbene, fino a qui è chiaro, la povertà non è una malattia bensì inefficienza amministrativa, malgoverno della cosa pubblica. Non sembra proprio il caso di approfondire ulteriormente l’argomento. La materia è immensa ed addentrarsi nei meandri dell’ indigenza si cade nei solchi profondi del pauperismo, in molti casi frutto della disuguaglianza economica. Molti e svariati sono i costi, sconosciuti i benefici. Basta soffermarsi un attimo a riflettere.

Quanto costa organizzare convegni, conferenze e simposi per dibattere il tema “povertà”?

Quanto viene a costare all’Istat in mezzi e personale per raccogliere i dati, redigere i rapporti, fare stime, proiezioni,distinguere la povertà tra quella assoluta e quella relativa, tra quella reale e quella percepita? Talk show a non finire, palinsesti costruiti ad hoc intorno alla “povertà”con tanto di pubblicità, cronisti in giro per le periferie degradate, opinion leader che di povertà non sanno distinguere l’olezzo , ospiti eleganti e ingioiellati, tutti a cantare le lodi della “sorella povertà”. Quanta filantropia a buon mercato che narcotizza le coscienze! Che tristezza! Oltre ai dati ufficiali, elaborati a grande dispendio dall’Istat, girano intorno alla “voce povertà” decine di agenzie informatiche che anche loro raccolgono dati, redigono rapporti, hanno uffici da mantenere e personale da stipendiare. Nessuno li biasima, tutti hanno famiglia e nessuno fa niente per niente.

Dopo quanto detto, della povertà si sa quasi tutto

Molti sono soddisfatti dopo avere raccolto i dati, per avere organizzato conferenze e convegni e grazie ai quali ora stanno meglio. Rimane un fatto triste e incontestabile, e cioè, la povertà assoluta continua ad interessare 5 milioni di italiani, oggi come ieri, prima dei convegni e delle conferenze. Per l’indigente, per il senza reddito, lo sforzo di questi filantropi non è giunto.

Infiltrazione dei parassiti tra i filantropi

Parassita , secondo il dizionario Treccani può essere chiunque , individui o categorie o anche organismi, enti e similari che, pur essendo improduttivi si impongono come necessari vivendo a spese delle categorie veramente attive. Tutto il contrario è il filantropo. E’ colui che si adopera altruisticamente per aiutare i bisognosi. Da un’indagine fatta risulta che in Italia gli enti no profit iscritti a Filantropia Istituzionale ,che si occupano di persone a rischio povertà sono decine di decine. Da una prima esamina del listone degli iscritti ne emerge un quadro tutt’altro diverso da quello che ci si aspettava di leggere. Fra tutte le associazioni ce ne sono alcune che veramente si occupano attivamente per sollevare il disagio degli indigenti, dei “veri poveri”, mentre la maggior parte delle associazioni iscritte veri e propri benefici alle persone in povertà non ne portano alcuna.Diverse di queste associazioni aiutano le persone in difficoltà nella crescita professionale. Altre associazioni iscritte offrono le loro attività per la crescita morale e culturale dei cittadini. Qualcuna di queste associazioni si avvicina verso lo scopo e offre trasporti in ambulanza per anziani e disabili. La lista è lunga ma la storia è sempre la stessa. Quanto costano questi enti per mantenere le strutture, uffici, personale, pubblicità ed eventuali? Quanti poveri, grazie a queste, riescono ad uscire dal tunnel dell’indigenza? Un aforisma dell’astrologo serbo Zoran S.Stanojevic suggerisce una risposta: “I poveri pagano per tutti. Non sappiamo proprio dove abbiano preso tutto questo denaro”. Ci sarà un giorno chi lo spiegherà!

Emanuel Galea

Economia e Finanza

L’Italia è il paese più ricco di strutture ricettive in Europa

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Il fenomeno dell’eccesso turistico costituisce attualmente tema importante del dibattito pubblico, anche grazie a tutta una serie di proteste che si sono verificate in alcune delle mete turistiche più frequentate del continente europeo, con le più accese a Barcellona e Maiorca. Con questa espressione si intende una situazione in cui l’impatto del turismo supera le capacità fisiche, ambientali, sociali, economiche, psicologiche o politiche dei luoghi in cui accade vedi Venezia o Firenze. Si tratta di dinamiche che hanno delle ripercussioni sia sui residenti delle comunità locali che sui turisti stessi, oltre che sul paesaggio, sui beni culturali e sui servizi presenti all’interno di questi contesti. La misurazione di queste dinamiche è ancora complessa da fare. Si tratta di materia relativamente nuova per le quali ancora non ci sono delle reali linee guida su quali siano gli indicatori da utilizzare. Inoltre, alcune caratteristiche del fenomeno (come la sua stagionalità) rendono ancora più complesse le analisi. Per poter iniziare ad inquadrare il fenomeno è utile valutare lo stato dell’industria turistica nei paesi comunitari, partendo dal numero di strutture ricettive di accoglienza e il numero di posti letto.
 
Nel suo complesso, l’Unione Europea conta oltre 636mila strutture ricettive con più di 29 milioni di posti letto. In questo dato si comprendono non soltanto gli alberghi ma anche altre strutture di alloggio simili come i B&B oltre a campeggi e aree camperistiche attrezzate.
 
Negli anni delle restrizioni dovute alla pandemia si registra un calo ma i valori attuali (riferiti al 2023) sono in crescita rispetto al periodo pre-Covid. Per quel che riguarda il numero di strutture ricettive, si registra un incremento del 3% rispetto al 2019 mentre per i posti letto l’aumento è dell’1,5%. Il 21,1% delle strutture turistiche europee si trova in aree urbane centrali, che comprendono il 22,6% dei posti letto. Seguono poi le zone periferiche (32,5% strutture, 33,6% posti letto) e le zone rurali (46,4% e 43,8%). Circa la metà delle infrastrutture turistiche europee si trova in aree costiere (51,1%) e copre il 41,6% dei posti conteggiati.
 
Come informa Openpolis, su elaborazione dati da Eurostat, in termini assoluti l’Italia è il paese europeo dotato del maggior numero di strutture ricettive (229.513) e di posti-letto (5,2 milioni). Rispettivamente, coprono il 36,1% e il 17,8% dell’offerta nel continente; per quel che riguarda le infrastrutture turistiche, seguono Croazia (117.476, il 18,5%), Germania (48.275, 7,6%) e Francia (29.375, 4,6%). In coda,  tre piccoli paesi dell’unione: Cipro (771, 0,1%), Lussemburgo (357, 0,1%) e Malta (335, 0,1%).
 
Per quel che riguarda invece i posti-letto, al nostro paese seguono Francia (5.094.909, 17,5%), Germania (3.665.302, 12,6%) e Paesi Bassi (1.400.003, 4,8%). Gli stati caratterizzati da una minore quantità di posti letto sono invece Lussemburgo (57.830, 0,2%), Lettonia (52.263, 0,2%) e Malta (51.041, 0,2%). Occorre evidenziare che risultano mancanti i dati dell’Irlanda mentre quelli della Spagna sono invece parziali, motivo per cui non sono stati considerati nell’analisi.
 
Questi dati sono disponibili a livello regionale per quasi tutte le aree dell’UE. Per poter permettere di confrontare il dato tra regioni con popolazione differente, è stata calcolata l’incidenza ogni 10mila abitanti. La regione europea con l’incidenza maggiore di strutture ricettive è Jadranska Hrvatska (857,64 ogni 10mila abitanti), che comprende tutta l’area della Croazia. Seguono Ionia Nisia (Grecia, 223,90) e la provincia autonoma di Bolzano (221,55). Tra le prime dieci europee, quattro sono italiane: oltre al territorio già citato, sono presenti anche il Veneto (123,84), la Valle d’Aosta (103,39) e il Friuli-Venezia Giulia (83,07). Sui posti letto invece i valori maggiori si registrano nella regione di Notio Aigaio (Grecia, 9.084,56), Jadranska Hrvatska (Croazia, 8.357,92), Ionia Nisia (Grecia, 7.714,12) e Corsica (Francia, 4.728,77).
 
È importante notare che valutare l’incidenza delle strutture ricettive turistiche sul territorio è solo uno degli elementi utili per considerare lo stato del turismo in una regione. Di fondamentale importanza è considerare anche la quantità di notti passate dai turisti in un paese, così come l’incidenza del settore nel calcolo del Pil.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Privo di virus.www.avast.com

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Economia e Finanza

Sicilia, discariche sature: 90mila tonnellate di rifiuti in partenza per la Finlandia

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Di Paola (M5s): “Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche”

È da tempo risaputo come anche i rifiuti siano una risorsa ma una risorsa non facile da gestire e trasformare in prodotti utili. Si apprende dunque sa organi d’informazione siciliani che è stata recentemente definitiva una disposizione o decreto regionale, del 1° agosto scorso, che consente di spedire i rifiuti della Sicilia all’estero fino al prossimo 30 giugno e questa volta con destinazione Finlandia.

L’assessorato regionale competente pei rifiuti ha deciso che dall’isola Sicilia saranno effettuate almeno 3 mila spedizioni di rifiuti indifferenziati, trattati negli impianti Tmb, che non possono essere più smaltiti in loco, per complessive circa 90 mila tonnellate di rifiuti, decisione provocata dalla saturazione delle discariche locali, come quella di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti.

Questi trasferimenti, però, non sono indolori per i Comuni siciliani, che vedranno sobbarcarsi un costo extra

Lo smaltimento in Sicilia costava tra i 200 e i 250 euro a tonnellata, mentre in Danimarca, nel termovalorizzatore di Copenaghen, la cifra è salita a 400 euro a tonnellata. Adesso, l’immondizia di circa 150 Comuni siciliani, soprattutto della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano, finirà in Finlandia trasportata dalla ditta lombarda Vibeco, nel termovalorizzatore della società Loviisan Satama Oy, sita a Valko, ove verranno trattati nell’ottica del recupero energetico.

Ed è prevedibile che i costi lieviteranno ulteriormente. Il porto di Loviisa è un porto marittimo baltico nella città di Loviisa, situato sulla costa meridionale della Finlandia e sulla sponda settentrionale del Golfo di Finlandia. a poco meno di una novantina di km. da Helsinki.
Il decreto non indica alcun prezzo né fornisce un ristoro economico ai sindaci, che già dall’anno scorso avevano chiesto uno stanziamento extra per fronteggiare i costi.

La situazione è ora più complessa e pesante

Secondo l’attuale governo regionale, i rifiuti potranno in futuro essere trattati in Sicilia utilizzando un paio di inceneritori che dovrebbero essere realizzati a Palermo e Catania, ma il cui iter autorizzativo non sembra breve, ragion per cui la soluzione dell’esportazione non appare di breve durata.


Il M5S, con il vicepresidente dell’ARS, Nuccio Di Paola, fiuta il pericolo di una manovra inevitabile per la Regione dichiarando che “se spedire i rifiuti in Finlandia è la soluzione di cui tanto parlava Schifani pochi giorni fa, allora c’è davvero da preoccuparsi.

Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con queste cifre, una amministrazione coscienziosa avrebbe dovuto stringere i tempi per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo, la musica non cambia. Lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani”.

Alla destinazione finnica si aggiunge anche una destinazione turca: infatti altri 5 decreti hanno autorizzato l’invio a Aliaga-Izmir, nell’impianto Ege Celik Sanay Ticaret, di 5.733 tonnellate. Anche in questo caso l’autorizzazione all’invio, concordata con i ministeri dell’Ambiente italiano e turco, durerà un anno.

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Costume e Società

Croazia: boom di turisti e prezzi alle stelle

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La Croazia ad oggi è parte dell’Unione Europea e come tale ha acquisito i diritti e i doveri degli altri Paesi che ne fanno parte. Diverse testimonianze di turisti confermano che quest’anno si è osservato un boom turistico proveniente da zone limitrofe e oltre: Italia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Grecia e Francia.

Tuttavia, è credibile che l’entrata della Croazia tra le “stelle” dell’Unione Europea abbia incentivato la costruzione di alberghi e di ristoranti per ospitarne il turismo da un lato, ma dall’altro ha sicuramente rialzato le spese dell’economia croata.

Questo aspetto finanziario dettato dalla moneta unica, rispetto a quello che era il valore della moneta croata, ha “meravigliato” sia la popolazione croata che il turismo, subendo alcuni contraccolpi sia nelle spese che nei ricavi economici.

L’euro, in un certo senso, ha equiparato la Croazia con gli altri Stati Europei da un punto di vista dei tre settori economici: agricoltura, industria e turismo.

Questo requisito ha però modificato la vita quotidiana di ciascun croato che si è ritrovato a dar di conto ad un’economia più ampia e complessa rispetto al passato.

Non c’è alcun dubbio sul fatto che la Croazia si stia notevolmente sviluppando nel turismo con la costruzione di alberghi, di strutture marittime etc…, ma questi nuovi investimenti hanno richiesto all’economia croata di creare adeguate risorse non solo per il turismo, ma anche per gli abitanti stessi.

La Croazia ad ora ha prezzi elevati e poco concorrenziali soprattutto negli alimenti, nelle postazioni turistiche (es. ombrelloni, sdrai), nei vestiti e nell’oggettistica (es. souvenirs), rischiando un saldo economico di ritorno più basso del previsto.

Un tempo il turista che arrivava in Croazia pagava meno rispetto ai servizi di cui necessitava, oggi è inevitabile che l’aumento dei prezzi possa portare con sé il rischio di abbassare il flusso turistico.

La Croazia ha però una particolarità intrinseca rispetto al passato: nelle città costiere i prezzi si sono elevati rispetto alle isole. Questo dato è tratto da alcune ricerche svolte sul campo nei periodi di luglio e agosto; è come se la vita da isolano costasse meno rispetto a quella di città. Il dato potrebbe essere scontato, ma non lo è, poiché prima dell’ingresso nell’Unione Europea, l’intera Croazia aveva costi poco concorrenziali e soprattutto similari nel triangolo costa, città e isola.

Nel frattempo che la Croazia continui il suo “viaggio” di inserimento in Europa, ogni turista sicuramente “farà due conti in tasca prima di avventurarsi in zone della Croazia dove i costi sono saliti alle stelle”.

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