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BASILICATA: LA REGIONE PUNTA SU AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ CON IL PROGRAMMA EPOS

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Tempo di lettura 8 minuti La strategia di EPOS spinge ad individuare un modello di collaborazione con le altre istituzioni ed i cittadini, fino alla creazione di una rete territoriale

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di Domenico Leccese

Potenza – Lunedì 14 Dicembre alle presso la Sala A del Consiglio Regionale si è svolto il convegno “Informazione, cultura e territorio” per condividere esperienze e risultati del Programma EPOS 2010-2013.

I Centri di Educazione Ambientale per la Sostenibilità (CEAS) fanno parte della Rete regionale di educazione alla sostenibilità. Accreditati formalmente come nodi della REDUS, mediante l’applicazione del Sistema di Indicatori di Qualità della Regione Basilicata (Siquab), essi operano secondo cinque funzioni: proposta educativa, formazione, animazione e progettazione territoriale, informazione e comunicazione, coordinamento e capacità sistemica.

Il programma stategico EPOS, approvato con Delibera della Giunta Regionale n. 2014 del 30/11/2010, è coordinato dalla Direzione Generale del Dipartimento Ambiente Territorio Politiche della sostenibilità, che ha dedicato un team di risorse umane alla sua attuazione. EPOS nasce dalla volontà di promuovere azioni per avvicinare i cittadini al tema della responsabilità verso l'ambiente nel convincimento che il paradigma dello sviluppo sostenibile ha nell'educazione e nella partecipazione un pre-requisito fondamentale.

La strategia di EPOS spinge ad individuare un modello di collaborazione con le altre istituzioni ed i cittadini, fino alla creazione di una rete territoriale che lavori insieme per far crescere la capacità di relazione dell 'individuo e della comunità con l'ambiente, il territorio ed il paesaggio. Il programma sostiene la Rete dei Centri di educazione ambientale e alla sostenibilità di Basilicata – REDUS – con finanziamenti regionali, statali e del PO FESR 2007-2013, con una struttura organizzativa che funge da Centro di Coordinamento regionale della rete e che, insieme alla Direzione scolastica regionale, ai Centri e agli Amici della Rete costituisce un laboratorio di idee e proposte per promuovere la sostenibilità ambientale. La Redus è articolata in un Centro Regionale di Coordinamento, attestato presso la Regione Basilicata – Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità, ed una serie di nodi, distribuiti sul territorio, costituiti da Centri di Educazione Ambientale per la Sostenibilità (Ceas) e da Osservatori Ambientali per la sostenibilità (Oas). La Redus è sostenuta dal gruppo: Amici della rete (Adr).

Il Centro Regionale di Coordinamento della Redus è composto da: – Dott. Donato Viggiano, Direttore Generale del Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità;- Arch. Anna Abate, responsabile del Sistema Regionale Redus;- Dott.ssa Antonella Logiurato, dott.ssa Filomena Pesce, esperte in educazione ambientale ed alla sostenibilità, interne all'Amministrazione Regionale. Il responsabile del Sistema e gli esperti sono stati nominati con atto del Dirigente Generale del Dipartimento suddetto;

Il Laboratorio della Redus è composto da: – Arch. Anna Abate, responsabile del Sistema Regionale Redus – Dott.ssa Filardi, Direzione Scolastica Regionale – Dott. ssa Cammarota, rappresentante dell'A.R.P.A.B.; – Ceas Dolomiti Lucane, Ceas Pollino Basilicata, Ceas Lega Navale, Oas Università popolare lucana, Oas Wwf, rappresentanti dei Centri di Educazione Ambientale per la Sostenibilità e degli Osservatori Ambientali per la Sostenibilità; – Istituto Comprensivo di Accettura, Associazione Arte Pollino, rappresentanti degli Amici della Rete; – dott.ssa Logiurato e dott.ssa Pesce, esperte in educazione ambientale ed alla sostenibilità interne all'Amministrazione Regionale, componenti del Centro Regionale di Coordinamento;

Tutti lavorano ed operano secondo una logica di Sistema, partecipando attivamente ad ogni proposta, iniziativa, progetto della Rete. ——- Sono stati presentati oggi, nel corso dell’incontro svoltosi nella sala A del consiglio regionale di Basilicata a Potenza, i risultati del programma Epos, Programma Strategico messo in campo dal Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, finanziato dal PO FESR 2007-2013. All’incontro, cui erano presenti numerosi rappresentanti dei CEAS e delle associazioni che si occupano di ambiente, hanno preso parte il dirigente generale del Dipartimento Ambiente Carmen Santoro, la referente del Centro Redus Antonella Logiurato, il presidente del Parco dell’Appennino Lucano Domenico Totaro, l’assessore regionale all’ambiente Aldo Berlinguer, e Gaetano Lofrano del CEAS “Il cielo di Indra”.

Nel suo intervento il presidente Totaro, coordinatore regionale di Federparchi Basilicata, è partito dall’attualità che in questi giorni fa registrare due eventi importanti come gli accordi di Parigi sul clima e la decisione del governo in merito alle trivellazioni in mare e alle estrazioni petrolifere. In merito al tema dell’incontro, che verteva su “Informazione, cultura e territori”, Totaro ha sottolineato la ristrettezza dei trasferimenti statali ai Parchi e ha ribadito “l’importanza strategica dell’educazione ambientale che non deve essere rivolta solo ai ragazzi e ai bambini, ma che deve interessare tutti, in particolare colo che vivono in un’area protetta perché il primo passo verso una cosciente salvaguardia ambientale e verso lo sviluppo sostenibile è la consapevolezza dell’enorme patrimonio rappresentato dal capitale natura, del quale ancora oggi si apprezzano poco le potenzialità di motore dell’economia dei luoghi”. In merito alle attività svolte dai CEAS in questi anni, Totaro ha avuto parole di apprezzamento verso tutti i progetti. “Occorre proseguire questa esperienza –ha detto- e investire di più sulla educazione ambientale in modo che ci sia una inversione culturale, già in atto per quanto riguarda i tanti giovani professionisti capaci e dotati di tanta passione che operano nei CEAS , ma ancora carente nella sensibilità di tante amministrazioni locali che spesso disertano incontri e appuntamenti importanti in cui si dibattono temi e strategie per la valorizzazione di questi siti.

Le zone a protezione speciale (SIC, ZPS e SCS) non sono solo dei riconoscimenti della comunità scientifica ma devono essere sapute trasformare in delle occasioni di crescita per tutte la comunità, dal momento che in tanti, nel mondo, apprezzano e ci invidiano queste rare bellezze naturali della nostra Basilicata. Ci vuole uno scatto di orgoglio da parte di tutti noi affinché questo patrimonio produca ricchezza e nuove opportunità di lavoro nel campo del racconto della biodiversità, della tutela della fauna, dell’offerta nel turismo natura e culturale. Un’ultima riflessione è stata riservata da Totaro alla comunicazione. “Il successo dell’obiettivo di Matera 2019 ci dice che noi lucani siamo ospitali creativi e laboriosi, ora però dobbiamo trasferire questa creatività e laboriosità anche su iniziative legate alla valorizzazione delle risorse ambientali diffuse sull’intero territorio regionale. Federparchi Basilicata già impegnata su progetti di rete (NatuArte, Epos, Azioni sull’arresto della Biodiversità ecc,) non farà certo mancare il suo contributo per il rafforzamento della rete esistente nella elaborazioni di nuove progettualità anche in funzione dei prossimi appuntamenti sulle opportunità della nuova programmazione 2014/2020)

Intervista a Gaetano Lofrano

Gaetano, come educatore e operatore di un Ceas, che fa parte della Redus grazie al programma Epos lavora per diffondere una cultura della sostenibilità nella Regione Basilicata.
Grazie per questo intervista e per questa opportunità di fornire informazioni utili, in particolare sul coordinamento Redus, sullo staff di chi ha lavorato realmente per questa iniziativa e lavora quotidianamente per l’attuazione del programma EPOS, sento il dovere di evidenziare pochi ma, spero, significativi aspetti, cercando di non dilungarmi eccessivamente ma allo stesso tempo di evidenziare il punto di vista di chi lavora direttamente sul campo per far sì che gli indirizzi politici diventino pratica quotidiana.

Qual è la tua esperienza nella REDUS?
La mia esperienza nella Redus si riferisce agli ultimi cinque anni, durante i quali, non senza difficoltà, sono stati attivati e portati a termine numerose iniziative, con l’obiettivo di innescare quel processo di cambiamento proprio dell’educazione ambientale, grazie a un atteggiamento positivo e propositivo verso l’ambiente inteso come natura, territorio, paesaggio, ma anche società, valori e cultura.

I primi cambiamenti sono avvenuti negli stessi Ceas e Oas?
Esattamente, in diverse occasioni, sono stati messi in condizione di lavorare insieme; inizialmente “costretti” a collaborare, hanno potuto conoscersi, confrontarsi e a volte anche riconoscersi nelle affinità.

Sappiamo quanto sia difficile per noi lucani (e non solo) descrivici le tue esperienze.
Consapevole che è necessario, abbandonare la visione individualista del proprio orto e aprirsi alla reale cooperazione, anche perché i centri sono sparsi in tutto il territorio regionale e questa collaborazione, per limiti geografici oltre che culturali, non è sempre agevole, ma credo vada elencata assolutamente tra i punti di forza di questa esperienza.

Sostanzialmente è una buona pratica che dovrebbe diventare routine all’interno di ogni istituzione e ambiente di lavoro?
Soprattutto nelle realtà periferiche della nostra regione, il senso di isolamento rischia di disperdere energie e di scoraggiare l’iniziativa anche di gruppi molto motivati. Ne abbiamo prova tutti i giorni. Far parte di una rete, invece, costituisce un grosso stimolo e, per quel che ci riguarda, ha significato e vorremmo che significasse ancora di più aprirsi ad altre possibilità, sentirsi parte di una comunità che lavora per uno stesso obiettivo.

Quali i temi trattati in questi anni?
Insieme, in questi anni, credendo di essere una risorsa per questo territorio, abbiamo lavorato sul tema acqua, boschi, risorse, sostenibilità… per mettere in moto un processo verso una cittadinanza responsabile e solidale: abbiamo lavorato per creare le basi di una nuova cultura, quella richiesta dalla modernità {formare cittadini competenti e capaci di affrontare i problemi di questo nostro tempo}.

Sappiamo oramai che quando diciamo educazione ambientale parliamo di qualcosa che parte dalla natura, i boschi e i fiumi e va ben oltre, fino ad arrivare ai consumi, agli stili di vita, alla povertà, ai diritti e ai privilegi di alcuni, alla salute, alla cultura. "E soprattutto parliamo di relazioni, di nessi, dell’interdipendenza che esiste tra noi tutti e tra noi e le altre forme di vita". Quando diciamo educazione ambientale, cosa intendiamo realmente?
Non parliamo solo di informazione. Oggi gli educatori ambientali hanno il compito di formarsi e rinnovarsi per diventare promotori di un pensiero e di una cultura nuova, di cui ancora non disponiamo, capace, come ci ricorda anche Papa Francesco, di mettere in discussione i “miti” della modernità, far maturare delle sane abitudini quotidiane, recuperare l’equilibrio interiore, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale. È un compito arduo, che forse non è stato ancora pienamente compreso nella sua complessità, ma che ha un obiettivo altissimo e, per questo, necessita di un riconoscimento. Senza sottovalutare o sottacere il lavoro che viene richiesto a ciascuno di noi, a ciascun Ceas, è importante, a mio avviso, che la Redus venga vista finalmente come un patrimonio di intelligenze, professionalità, umanità di questa regione; che venga dato valore a questa enorme risorsa, e che come tale venga riconosciuta mediante tutti gli strumenti possibili. È tempo, a mio avviso, che a questa rete venga data maggiore visibilità come avamposto della società lucana, e, per il ruolo fondamentale a cui è chiamata, venga sostenuta e difesa.
A tal fine sarebbe opportuno uno scambio più frequente, una maggiore conoscenza di quanto avviene in questa realtà, della Regione Basilicata, delle criticità così come del potenziale che essa custodisce e rafforza. "All’interno delle rete sono presenti associazioni, piccole società, cooperative, imprese dunque che, con enormi difficoltà, rischiano e danno lavoro e che, oltre a lavorare in ambito educativo, forniscono anche servizi turistici ad esempio all’interno dei Parchi. Tant’è che, negli ultimi due anni, molti Ceas sono stati coinvolti nel programma Estate nei Parchi, con l’obiettivo di avvicinare le persone al patrimonio naturale della Basilicata".

Queste esperienze se adeguatamente sostenute, possono diventare traino per nuove economie, in armonia col territorio e con le sue vocazioni originarie?
Sicuramente, ma soprattutto, a queste realtà, viene chiesto di giocare un ruolo fondamentale in questo momento storico. Un ruolo che non può essere affidato alle leggi del mercato; l’educazione va difesa in quanto diritto e dovere della persona; all’educazione ambientale va riconosciuto il ruolo, così come sta accadendo a livello ministeriale, fondamentale nella formazione di una cittadinanza responsabile, in grado di cambiare i propri comportamenti e di salvaguardare la vita, la propria salute e quella delle altre specie.

Il ruolo della Scuola?
E pur sottolineando il ruolo speciale che la scuola gioca nella produzione della società e della cultura e, per questo, pur riconoscendo nella scuola uno dei principali interlocutori di chi lavora in ambito educativo, per l’urgenza dettata dal momento storico e dalle condizioni ambientali in cui ci troviamo, è necessario progettare azioni rivolte a ogni fascia di età.

L’educazione ambientale non può rivolgersi solamente al mondo della scuola: è necessario e improcrastinabile l’apertura all’intera società?
Si ed è necessario investire risorse economiche in questa direzione. Per queste ragioni, a mio avviso, è importante che alla rete dei Ceas venga riconosciuto il ruolo strategico di facilitatori; di fronte all’appellativo di ambientalisti contrari a ogni forma di sviluppo, sarebbe opportuno invece puntare su questa economia nella nostra regione e dimostrare come sia possibile un altro tipo di crescita, più attenta alla natura, agli animali, così come ai legami sociali, alla solidarietà. Sarebbe opportuno, ad esempio, che i Ceas venissero accreditati anche presso gli Enti Parco. E qui rivolgo un invito al presidente Domenico Totaro, presente al convegno odierno, come referente di Federparchi, ma anche come Presidente del Parco Val D’Agri, a farsi promotore affinché si attivi un tavolo (tra tutti i parchi lucani), nel quale discutere questo argomento. Ma non solo, sarebbe opportuno che i Ceas fossero parte integrante dei programmi di educazione ambientale che i Parchi mettono in campo. Come operatore di un Ceas, insomma, mi piacerebbe che la Redus tutta fosse coinvolta nel decidere le sorti di questa regione, che avessimo voce in capitolo nell’indicare la strada da seguire. Per affrontare la crisi che stiamo vivendo, oltre che di una classe dirigente coraggiosa, c’è bisogno del coinvolgimento della società. Penso di poter parlare a nome di tutti nell’affermare che noi vorremmo essere protagonisti di questo cambiamento.
 

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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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