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AUTOSVEZZAMENTO: COME E QUANDO FARLO

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Tempo di lettura 5 minuti L’autosvezzamento è una pratica indubbiamente valida e gradita dai bambini e dai genitori che elimina molti dei problemi

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A cura della Dottoressa Monia D’Amico –  Biologa Nutrizionista

Lo svezzamento è quel delicato momento della vita di un bambino nel quale il latte materno o artificiale inizia ad essere sostituito con le prime pappe liquide. E’ un evento di cui si parla molto per le problematiche che emergono durante questa fase poiché spesso il bambino non accetta immediatamente il cambiamento.

Poche notizie si hanno invece su un particolare tipo di svezzamento chiamato Autosvezzamento o svezzamento guidato dal bambino, tecnica molto innovativa emersa piuttosto recentemente, che consiste nel far alimentare da solo il proprio bambino con alimenti tagliuzzati o interi utilizzando le sue mani senza dover necessariamente passare prima per le pappe. 

Questa pratica nasce nel Regno Unito e negli Stati Uniti, con il nome di baby led weaning, rispondendo all’esigenza di molti genitori di risolvere problemi legati alla scarsa voglia dei loro bambini di passare da un’alimentazione esclusivamente lattea, alle prime pappe.

In Italia la tecnica è poco conosciuta e poco praticata ma sembra essere accettata positivamente dai bambini là dove è applicata.

Molte informazioni derivano dal web ma recentemente si trova qualcosa anche in letteratura (tabella scientifici, libri, manuali ecc). Molto conosciuto è un libro pubblicato recentemente da un famoso pediatra italiano, Lucio Piermarini, intitolato “Io mi svezzo da solo” che riporta dei consigli utili su come praticare semplicemente l’autosvezzamento per non complicare troppo la vita dei genitori che si accingono a praticarlo.

 

Come praticare l’Autosvezzamento

L’autosvezzamento non segue delle vere e proprie regole per essere facilmente praticato dai genitori e risultare poco stressante per il bambino stesso.

Il bambino ha un ruolo attivo nella richiesta del cibo, piuttosto che limitarsi a riceverlo passivamente:  lo svezzamento è guidato dal bambino che inizia a mangiare il cibo solido per gioco da solo con le mani.  In natura i piccoli di animale, passano in maniera indipendente dall’allattamento al seno all’esplorazione dei cibi alternativi, presenti nel loro habitat, così dovrebbe avvenire per il bambino.

Il bambino non riceve le pappe con cui normalmente si inizia a svezzarlo, ma dei pezzetti di cibo opportunamente tagliati che a poco a poco porterà da solo alla bocca. Questa sembrerebbe la naturale prosecuzione dell'allattamento al seno poichè come nell'allattamento, è il bambino che guida i genitori nell’esplorazione del cibo.

Il metodo fondamentalmente si basa su tre principi: in primo luogo, il cibo è offerto al bambino nella sua forma naturale, piuttosto che ridotto in pappa liquida; al contrario dello svezzamento tradizionale, dove il cibo è opportunamente scelto evitando inizialmente alcuni prodotti con rischio allergizzante, in questa pratica non si segue una particolare selezione degli alimenti proposti. Secondariamente, il neonato è del tutto indipendente, si riesce a nutrire da solo, selezionando e afferrando l’alimento, fino a portarlo alla bocca con una soddisfazione più grande, di quella che avrebbe avuto dal cibo portato alla bocca dal genitore, con un cucchiaino. In terzo luogo, il bambino consuma alimenti quasi identici a quelli degli adulti, insieme al resto della famiglia, durante l’ora del pranzo per cui a poco a poco, gli diventano familiari: il piccolo può chiedere e ottenere piccoli assaggi di tutte le portate. Non c’è in questo caso una vera e propria selezione degli alimenti da far provare al bambino come accade nel metodo tradizionale.

In questo modo, senza forzature, il bambino si adeguerà alla dieta e agli orari della famiglia, anticipando quello che inevitabilmente avverrebbe più tardi nella sua vita: il bambino mangerà, prima o poi quello che si mangia in famiglia, e con quelle abitudini alimentari passerà attraverso l’adolescenza e la vita adulta.

E’ fondamentale quindi che i genitori dall’inizio diano il buon esempio al bambino seguendo una corretta alimentazione.

E’ necessario aspettare i sei mesi circa prima di cominciare gli assaggi dei primi cibi solidi poiché in questo momento il fisico è pronto e non rischierà allergie, intolleranze, diarree, inalazione di corpi estranei. Tutti i lattanti, proprio intorno ai sei mesi, oltre a maturare le varie competenze motorie necessarie alla deglutizione dei cibi solidi, e quelle digestive, cominciano a presentare un’insaziabile curiosità e un comportamento imitativo sempre più vivace. Il momento opportuno per iniziare è al primo segnale d’interesse da parte del bambino al pasto dei grandi: gli si offre un piccolo assaggio di ciò che si sta mangiando e si smette quando il bambino non farà più richieste. Lo stesso si fa ai successivi pasti. Mentre iniziano gli assaggi, il bambino continua a prendere tranquillamente il suo latte, naturale o in formula. I primi assaggi cominciano senza una vera programmazione, potendo capitare anche in stretta vicinanza della poppata, sia prima che dopo. Nei primi tempi non cambierà nulla, ma pian piano che aumenta il cibo assunto da solo, le poppate vicino al pranzo e alla cena diventeranno sempre meno consistenti, fino a scomparire. In questo modo, ognuno con un proprio ritmo, i bambini si adeguano alle abitudini alimentari delle loro famiglie e anche se la famiglia si pranza e cena ad orari estremi non sarà necessario cambiare i ritmi e la durata dei pasti.

Aspetti positivi dell’Autosvezzamento

L’autoalimentazione:

  • si propone come un metodo che naturalmente stimola il bimbo nel suo cammino verso l’autonomia senza rendere traumatico il cambiamento. Si fa in modo di rispettare sempre la volontà del bambino che decide se mangiare o meno e la quantità di cibo che vuole assumere.
  • sembra predisporre il bambino ad accettare più facilmente diversi sapori dei cibi che gli vengono proposti
  • è associato anche con una maggiore durata dell’allattamento materno poichè ritarda l’introduzione degli alimenti complementari fino ad almeno sei mesi, quando il bambino appare più pronto a ricevere il nuovo cibo
  • introduce un modello sociale di pasto in contrasto con le pappe che di norma richiedono un pasto separato e cibi diversi dal resto della famiglia e inoltre la partecipazione del piccolo ai pasti in famiglia gratifica molto il bambino
  • fornisce alimenti come sono integralmente, molto nutrienti e densi rispetto alle pappe contenenti bassissima densità di nutrienti e le piccole quantità assunte nelle prime settimane contribuiscono relativamente poco a soddisfare le esigenze di un bambino

 

Aspetti negativi dell’Autosvezzamento

La funzione dello svezzamento è quella di integrare i fabbisogni nutrizionali del lattante nel secondo semestre di vita poiché il solo latte materno non è più sufficiente a soddisfare adeguatamente alcuni fabbisogni nutrizionali del bambino come ad esempio l’apporto di ferro, zinco, proteine e vitamine.

L’autoalimentazione

  • non permette di soddisfare i bisogni nutrizionali del bambino, perché seguendo la volontà del bambino il processo può richiedere molto tempo e il bambino crescendo aumenta i suoi fabbisogni
  • non fornisce necessariamente i nutrienti di cui il bambino ha bisogno (anche se la famiglia fornisce un pasto adeguato nutrizionalmente, il bambino sceglie in base alle sue preferenze)
  • non è sufficientemente supportato dal punto di vista scientifico che ne esamina a fondo la sicurezza e la completezza nutrizionale del metodo
  • può facilmente portare il genitore a commettere errori alimentari determinando un inadeguato apporto di nutrienti e quindi una alterazione della crescita del bambino stesso specialmente se si protrae per tempi relativamente lunghi
  • è sconsigliata nei bambini nati pretermine, oppure per quei bambini per cui è noto un ritardo nello sviluppo

L’autosvezzamento è una pratica indubbiamente valida e gradita dai bambini e dai genitori che elimina molti dei problemi che possono incontrare al momento dello svezzamento ma in mancanza di dati più certi sulla reale efficacia consiglierei di integrarlo con un approccio tradizionale non troppo incalzante.

 

La politica di promuovere l’autoalimentazione e pasti in famiglia in parallelo all’alimentazione che prevede uno svezzamento tradizionale potrebbe essere più realistica.

 

Dott.ssa Monia D’Amico Biologa Nutrizionista 3476003990

www.centropsicologiacastelliromani.it

piazza Salvatore Fagiolo n. 9

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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