ANGUILLARA, LE ASSOCIAZIONI IN GUERRA CON LA PRO LOCO

di Silvio Rossi

 

I rappresentanti di alcune associazioni che negli scorsi anni hanno partecipato attivamente alla sagra del pesce, hanno chiesto di incontrarci per esporci la loro versione sulle polemiche che hanno accompagnato la manifestazione che apre l’estate anguillarina.


“Abbiamo ritenuto giusto – ci dice un appartenente a una delle associazioni – far sentire la nostra voce, perché le accuse ingiuste nei nostri confronti si configurano come la beffa che segue il danno, provocato dai nostri confronti dalla Pro Loco anguillarina, che ha deciso di ignorare tutte le associazioni cittadine, affidando le fraschette della Sagra del Pesce 2016 a un catering esterno, peraltro di scarsa qualità”.
Non è piaciuto l’atteggiamento della Pro Loco, che ha ignorato, da quanto ci dicono, tutte le realtà locali, senza alcun contatto, snaturando una festa che si ripete nella città da oltre mezzo secolo.
“Quanto è avvenuto è grave, non è accettabile che la Pro Loco non collabori con le associazioni cittadine. Fare una festa che è sempre stata partecipata dalle associazioni, c’erano anche i rioni che avrebbero voluto partecipare. Non è vero, come hanno detto, che non avevano trovato collaborazione. Non l’hanno cercata, e hanno fatto di tutto per escluderci”.


Uno dei rappresentanti ci dice che già negli anni passati la Pro Loco aveva provato ad affidare a un catering le attività culinarie, ma grazie all’intervento dell’assessore, sono stati costretti a recedere da questo intendimento.


“Oltretutto quando abbiamo partecipato alla festa, negli scorsi anni, non c’è stata mai una vera collaborazione, a loro interessava soltanto incassare la quota che ogni associazione pagava – ci dice uno dei responsabili di una delle associazioni – senza fare nulla per coinvolgerle realmente. Non si discuteva insieme sul da farsi. La Pro Loco ci portava il compitino da svolgere, ci chiedeva i soldi, che noi pagavamo regolarmente, abbiamo tutte le ricevute, è tutto documentato. Alla fine della festa poi non era dato sapere quanto era stato incassato, quante le spese, quanto eventualmente rimaneva in cassa”.
I rappresentanti delle associazioni escluse hanno lamentato anche in merito alla qualità del servizio offerto dal catering: “Quando gestivamo noi le fraschette, abbiamo sempre curato i materiali in maniera scrupolosa, in questi giorni abbiamo visto fraschette lasciate senza nessuno, con le pentole a prendere polvere, pomodori lasciati tutto il tempo al sole, gente che cucinava con i capelli lunghi, non raccolti, senza i cappelletti che prescrive la legge. Non ha senso prendere un catering esterno, se poi il servizio offerto è di qualità inferiore a quello che solitamente hanno sempre garantito le realtà locali”. Quindi anche accuse di scarsa igiene, elemento che negli anni scorsi è stato accuratamente osservato, e non è mancato nelle critiche neanche il risultato numerico: “Hanno parlato di grande successo, posso dire solamente che gli anni scorsi tutte le fraschette avevano la fila a pranzo e cena per prendere il pesce, nei giorni scorsi invece l’affluenza è stata notevolmente inferiore che in passato”.

Le polemiche intorno alla sagra del pesce non sono quindi mancate, e non sono collegate solo alla manifestazione. Sembra che la nuova amministrazione spiga per una riorganizzazione dell’associazione, in modo da creare un maggiore coinvolgimento con le realtà cittadine. Una riforma che non può essere rimandata, per evitare una città spaccata in due, a difesa di qualche interesse che non riusciamo francamente a comprendere.
Appare ormai evidente che l’associazione ha bisogno di una serie ristrutturazione, la sua mission, ossia il bene della cittadina, deve tornare al centro delle azioni dei suoi protagonisti, senza cercare gli “effetti speciali” o nomi altisonanti, che tali non sono. La Pro Loco deve tornare a fungere da centro aggregante per associazioni, rioni, volontari, e quanti nel tessuto cittadino vogliono mettersi a disposizione per la riuscita delle manifestazioni, non porsi in contrapposizione con esse.




PORTA DI ROMA LIVE: GINO VANNELLI APRE LA STAGIONE 2016

di Silvio Rossi

Roma – È iniziato col cantante canadese Gino Vannelli la stagione estiva 2016 di “Porta di Roma live”, la rassegna di concerti che si svolgono nel piazzale antistante il centro commerciale. Un appuntamento che ormai è diventato tradizionale, con la presenza di numerosi ospiti nazionali e internazionali, che si esibiscono in concerti gratuiti per la delizia dei frequentatori dello shopping center.

Il rocker con origini italiane, i suoi nonni si sono trasferiti a Montreal da Baranello, in provincia di Campobasso, ha cantato i suoi successi più conosciuti, che gli diedero un discreto risultato in particolare negli anni Ottanta, assieme alla sua band, mostrando una verve non intaccata dai suoi 64 anni compiuti poche settimane fa. Un ragazzo ormai maturo quello che ha cantato, scherzato col pubblico, esibendo anche qualche frase di un timido italiano.
Il pubblico, composto da ragazzi di varie generazioni, ha accompagnato il cantante, in particolare quando ha riprodotto i successi più conosciuti al pubblico italiano, come Black Cars, la hit che presentò nel 1985 sul palco del Teatro Ariston di Sanremo.
Il programma di quest’anno vedrà tra gli ospiti della manifestazione anche Patti Pravo, Enrico Ruggeri, Rocco Hunt, fino a chiudere il 30 luglio con la comicità in musica di Lillo e Greg, e la banda del Latte e i Suoi Derivati.
Tutti i concerti sono gratuiti, e iniziano alle 21:30, il programma completo può essere consultato sul seguente link




ITALIA SPAGNA: LE MAGLIE AZZURRE DEI TIFOSI HANNO ACCOMPAGNATO LA VITTORIA

di Silvio Rossi

È stata una partita sofferta, d’altronde gli spagnoli erano avversari che facevano paura. Abbiamo maledetto il tabellone quando abbiamo scoperto che, nonostante il primo posto nel girone, agli ottavi di finale dovevamo affrontare le furie rosse.
Era nei nostri ricordi il 4 a 0 subito nella finale di quattro anni fa, una partita nella quale gli iberici ci avevano dominato, non lasciando agli azzurri la minima possibilità di giocare. Nonostante ciò, anche gli spagnoli non hanno gradito la nostra nazionale come avversaria già agli ottavi di finale.

Nelle competizioni importanti gli azzurri sono sempre un osso duro, una delle squadre più organizzate, indipendentemente dagli uomini che vestono la maglia azzurra. E così è stato anche allo stadio St. Denis, dove gli azzurri hanno dimostrato sul campo che nessuno, che si chiamino Spagna, Germania, o i padroni di casa della Francia, possono portarsi a casa la partita senza fare i conti con noi.

Una partenza decisa, con il pressing alto, specialità per cui i nostri avversari sono diventati famosi negli ultimi anni, un sacrificio esemplare da parte di tutti gli interpreti, hanno portato l’Italia in vantaggio nel primo tempo, con gol di Chiellini, abile a respingere in rete una corta risposta di De Gea, dopo una punizione di Eder e un primo tocco di Giaccherini.
Il secondo tempo, dopo alcune azioni di contropiede italiane che almeno in un paio di occasioni avrebbero meritato altra conclusione, ci ha visti soffrire nell’ultimo quarto d’ora per via del forcing avversario, culminato in un paio di conclusioni sventate da un Buffon in condizione straordinaria.

È stato il “solito” Pellè a mettere al sicuro il risultato, concludendo in rete un cross di Darmian, subentrato nel finale a Florenzi, al primo minuto di recupero. L’Italia ha vinto questa sfida con il carattere, lo stesso che caratterizza il suo allenatore Antonio Conte, con la compattezza del gruppo, con quel qualcosa in più che solo i campioni sanno tirare fuori al momento giusto. Conte, oltre alla guida della squadra, al trionfo azzurro nello stadio parigino, ha avuto un altro grande merito. Dopo le prime due partite con Belgio e Svezia, quando a dare spettacolo, nonostante le sconfitte, sono stati i settori che ospitavano i tifosi belgi e svedesi, colorato nel primo caso di rosso, e nella seconda partita di giallo, per via delle magliette delle rispettive nazionali indossate, ha chiesto ai tifosi azzurri di andare allo stadio indossando una maglia azzurra, per dare compattezza, senso di unità. E i tifosi hanno risposto, in questa gara, allo stimolo del CT. Un mare di maglie azzurre ha colorato il St. Denis, celebrando nel migliore dei modi l’impresa sul campo.




BRACCIANO: PREMIATO IL CAMBIAMENTO CONTRO IL GATTOPARDISMO

di Silvio Rossi

Bracciano (RM) – È stato un vero e proprio trionfo, il neosindaco di Bracciano, Armando Tondinelli ha raddoppiato i voti ottenuti al primo turno, ottenendo quasi cinquemila schede, distaccando di quasi duemila preferenze lo sfidante Claudio Gentili, sostenuto dal Partito Democratico. Una vittoria senza ombra di dubbio, apparsa evidente già con l’arrivo dei primi dati, quelli dei seggi 7 e 8, notoriamente identificati come “rossi”, per i buoni risultati sempre raggiunti dal centrosinistra. Col passare dei minuti la forbice tra i due contendenti aumentava, fino a superare il 60%, e stabilizzarsi, a fine scrutinio, al 62,35% contro il 37,65% di Gentili.

Grande fermento al comitato elettorale di Tondinelli, con i candidati consiglieri e i supporter che son andati a festeggiare la vittoria in Piazza IV Novembre, davanti al palazzo del Comune, dove è stata esposta, sul portone d’ingresso, la scritta: “Bracciano è libera”. Una campagna elettorale condotta sempre all’attacco, con la scelta specifica di individuare l’avversario diretto nel candidato del Partito Democratico Gentili, suo sfidante del ballottaggio.

Proprio le colpe del partito nella situazione economica disastrosa in cui versano le casse del Comune di Bracciano, sono state il leitmotiv di Tondinelli e della sua squadra. Verso gli altri contendenti del primo turno, ricordiamo che i candidati alla carica di sindaco all’ombra del castello Orsini-Odescalchi erano sei, mai è stato lanciato un attacco diretto, una contrapposizione così netta, come quelle sferrate nei confronti dell’uomo del PD.

In particolare la candidatura di Gentili è stata attaccata come contigua all’ex sindaco di Bracciano, costretto alle dimissioni per le inchieste giudiziarie. Su questo tema l’abilità comunicativa di Tondinelli e della sua squadra, sono riusciti ad avere la meglio sull’avversario. Gentili infatti aveva presentato le due liste a suo supporto come il vero rinnovamento cittadino, quasi a rinnegare qualsiasi legame con la precedente giunta. Prova ne era che nelle uscite pubbliche, non erano stati notati ex assessori, non si vedeva Giuliano Sala, tutto era improntato a mostrare “facce nuove”.

Il punto di svolta per Tondinelli, la mossa che ha spiazzato il centrosinistra, è stato un post sul social Fb, che apparentemente sembrava un passo falso di Tondinelli, ma che in realtà era una mossa da grande giocatore di scacchi: ha attirato in una trappola l’avversario. parlando del palazzo comunale, lo ha immaginato trasparente come un Panopticon, una struttura immaginata da Bentham nel tardo Settecento, dove lo sguardo di un sorvegliante poteva controllare molti punti. Una struttura poi utilizzata, anche se non esattamente come indicata dal filosofo, in alcune carceri, qualche fabbrica, un paio di ospedali. A questa provocazione due ex assessori della giunta Sala, il vicesindaco Gianpiero Nardelli e l’assessore ai Lavori Pubblici Remo Eufemi, hanno immediatamente risposto, lanciando un immotivato allarme sul fatto che Tondinelli volesse far diventare Bracciano un carcere, ma cadendo nella trappola di dimostrare come la candidatura di Gentili e di tutta la sua squadra era stata generata dalla stessa logica indicata da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nella sua opera più famosa, quando fece dire a Tancredi, protagonista del romanzo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

La risposta dei due esponenti politici che credevano di mangiare la regina avversaria, restando in tema di scacchi, consegnava invece al neosindaco la possibilità di fare scacco matto. Probabilmente gli ex assessori non hanno compreso come determinati allarmi, non supportati dall’effettivo pericolo, appaiono solo come un giochino ideologico di qualche radical chic, lontano anni luce dai bisogni della popolazione, che non ha certo paura del carcere o delle inchieste, ma che, proprio a causa dei comportamenti fatti oggetto delle denunce di Tondinelli o di altri, riscontra delle difficoltà economiche e sociali che probabilmente non affliggono in egual maniera questi “intellettuali de noantri”.

Se avesse voluto realmente rappresentare una possibilità di governo cittadino, il PD avrebbe realmente dovuto cambiare radicalmente, ristrutturando le basi, e non dandosi una sciacquatina alla faccia. Non basta presentare un nuovo candidato sindaco. Bisogna affrancarsi definitivamente dal vecchio (anche se anagraficamente giovane) che pervade le sezioni. Sarebbe stato opportuno, assieme al commissariamento del comune, che il partito avesse avviato un analogo provvedimento anche per la sua struttura territoriale.




ANGUILLARA, MANCIURIA REPLICA AL MOVIMENTO CINQUE STELLE

di Redazione Politica

 

Ha infastidito gli esponenti del centrodestra la dichiarazione dei Cinque Stelle di Anguillara, che hanno lamentato un gran numero di attacchi, anche personali, in particolare alla candidata sindaco, Sabrina Anselmo. Una lamentela che, agli occhi dei loro avversari al ballottaggio, appare come un piagnisteo immotivato, teso solo a screditare Antonio Pizzigallo, candidato sindaco che ha ottenuto al primo turno quasi la maggioranza assoluta dei voti.
Considerato che, anche precedentemente al primo turno delle elezioni, in più di una occasione, da parte del Movimento è stata richiamata la “macchina del fango”, della quale però, in effetti, non è stata notata nel territorio la presenza, quello odierno appare come un ritornello usuale nella loro strategia comunicativa.
Nel primo caso, un articolo sul loro blog, a metà aprile, si faceva riferimento a voci sentite per cui il movimento avrebbe potuto forse stringere alleanze con qualcuno. Pochi giorni dopo, un secondo articolo reiterava il concetto di macchina del fango dicendo “Su richiesta del nostro candidato Sindaco Sabrina Anselmo vogliamo smentire la voce che circola nei riguardi di una sua presunta conoscenza con la dottoressa Corona”.
Ora, considerato che la dottoressa Corona, candidata in un’altra lista, è una persona rispettabilissima, che ha esercitato per molti anni la professione di medico in paese, impegnata nel volontariato, che è stata presidente del locale circolo dei Lyons, ci chiediamo che significato ha tale articolo. C’è qualche insinuazione segreta nei confronti della dottoressa, o nasce solo per alimentare un vittimismo senza motivo?
Lei stessa, da noi interpellata, ci rispose: "anche io non conosco la signora Anselmo. Ciò che mi preoccupa è che si impegni a parlare di presunte conoscenze o meno invece di impegnarsi sulle cose da fare in città"

Osservando i social network, nei gruppi cittadini, e ascoltando i cittadini nelle occasioni di confronto che non mancano certo nel periodo preelettorale, non ci sembra di aver percepito questa macchina del fango, questi attacchi personali, cui i comunicati fanno riferimento. Abbiamo notato invece come spesso siano proprio i seguaci del movimento ad appellare con epiteti poco costruttivi i candidati delle altre liste, e a insinuare complotti e quant’altro nei confronti di chi non è loro contiguo.
Attacchi giunti non tanto dai candidati, ma da quanti, gravitando intorno allo stesso, sono l’arma di attacco, quasi a giocare il ruolo del poliziotto cattivo, mentre i candidati interpretano quello buono.
Gli attacchi più forti, inoltre, sono arrivati a coloro che hanno rivolto delle domande alla candidata sindaco o ai consiglieri. Domande legittime, sulle posizioni che assumono davanti a temi reali, non teorici. Un coro di improperi, di valutazioni evitabili, di accuse nei confronti di cittadini che facevano domande. Non ci è apparso come il migliore esempio di trasparenza.

Lapidario è stato il commento di Sergio Manciuria, candidato con la lista Anguillara Svolta, a sostegno di Pizzigallo:

“L’appello al voto è sempre legittimo, ma usare il vittimismo gratuito dopo aver impostato la campagna elettorale sulla derisione , sulla diffamazione e sulla presunzione di essere i paladini della legalità e del cambiamento fa solo sorridere coloro che conoscono bene questi interlocutori del movimento. In particolare coloro che, prima della illuminazione chissà su quale via, erano i primi sostenitori di questo o quell’amministratore del passato. Per carità si può avere una visione e un atteggiamento diverso nel corso della vita, ma sempre nel pieno rispetto dell’avversario. La legalità non è prerogativa di un partito rispetto ad un altro ma un dovere morale e civico del singolo candidato che si avvicina alla vita amministrativa e prima di pontificare gli altri è bene farsi un accurato esame di coscienza. Il nostro appello agli elettori non si fonda sul denunciare disastri altrui, tra l’altro inesistenti, ma sulla visione presente e futura di una Anguillara. Queste loro affermazioni fantasiose nascondono la mancanza assoluta di proposte sensate. Si mettono in giro notizie false, e le si stigmatizzano per conquistarsi una credibilità inesistente in realtà.
Parlano inoltre del fatto che la loro incompetenza non sia un problema. Sfido chiunque a curarsi affidando la propria salute ad un chirurgo incompetente che teorizza, invece di scegliere quello capace che sa operare a cuore aperto e salva la vita. Noi siamo l’unica speranza di buon governo per Anguillara e non far sprofondare la città definitivamente nel baratro” .




EURO 2016. GRANDE EQUILIBRIO NEI GIRONI DOPO LA PRIMA GIORNATA

di Silvio Rossi

Terminato il primo turno di partite agli europei francesi, è il momento del primo bilancio. Provvisorio certamente, perché nessun risultato ancora può definire chi tra le ventiquattro squadre impegnate in questa fase a gironi è dentro o fuori, ma già si possono intravedere alcuni interessanti dati.

È la prima volta che la competizione continentale è organizzata con la fase finale a ventiquattro squadre, su sei gironi. Alla vigilia delle gare, alcuni esperti hanno fatto notare la grande differenza tecnica tra le prime della classe e le squadre meno accreditate. Questo ovviamente sulla carta, perché nello sport, e in particolare negli sport di squadra, dove la determinazione, l’organizzazione, l’equilibrio tra i componenti della formazione, riescono a supplire alle carenze di campioni, nessun risultato può essere scritto a tavolino prima del fischio d’inizio.

Per cui le goleade che alcuni avevano previsto, non ci sono state. L’equilibro è stato il vero leitmotiv di questo primo turno di partite. Tre delle quali sono terminate in pareggio, sei con la vittoria di una squadra con lo scarto minimo, e solo tre hanno visto una delle due squadre vincere con un più “rotondo” due a zero. Risultati ottenuti, inoltre, solo nei minuti finali, solo l’Ungheria ha segnato il secondo gol nei minuti regolamentari, le altre due hanno visto i raddoppi nel recupero. Se si considera che inoltre le tre squadre sconfitte in questi ultimi incontri non sono certamente le formazioni definite “cuscinetto”, quelle destinate a superare raramente la metà campo avversaria, e che è destinata a subire molti gol. Una delle sconfitte, avversaria proprio degli Azzurri, è la squadra europea che vanta la migliore posizione nel ranking FIFA, seconda al mondo solo all’Argentina di Messi, Tevez e Higuain.

Probabilmente questo equilibrio non durerà fino al termine della fase a gironi, e qualche partita potrà concludersi con un roboante cinque o sei a zero. Vedere però oggi una squadra come l’Islanda, alla sua prima partecipazione agli europei, riuscire a fermare sul pareggio, sfiorando in alcune occasioni la vittoria, al Portogallo di sua maestà Cristiano Ronaldo, è un piacere per chi spera in un movimento calcistico non dominato dalle solite superpotenze.

Non ci resta che continuare a seguire le gare francesi, sperando in ulteriori belle sorprese, e naturalmente facendo il tifo per la nazionale italiana.




EURO2016. GRANDE EQUILIBRIO NEI GIRONI DOPO LA PRIMA GIORNATA

di Silvio Rossi

 

Terminato il primo turno di partite agli europei francesi, è il momento del primo bilancio. Provvisorio certamente, perché nessun risultato ancora può definire chi tra le ventiquattro squadre impegnate in questa fase a gironi è dentro o fuori, ma già si possono intravedere alcuni interessanti dati.
È la prima volta che la competizione continentale è organizzata con la fase finale a ventiquattro squadre, su sei gironi. Alla vigilia delle gare, alcuni esperti hanno fatto notare la grande differenza tecnica tra le prime della classe e le squadre meno accreditate. Questo ovviamente sulla carta, perché nello sport, e in particolare negli sport di squadra, dove la determinazione, l’organizzazione, l’equilibrio tra i componenti della formazione, riescono a supplire alle carenze di campioni, nessun risultato può essere scritto a tavolino prima del fischio d’inizio.
Per cui le goleade che alcuni avevano previsto, non ci sono state. L’equilibro è stato il vero leitmotiv di questo primo turno di partite. Tre delle quali sono terminate in pareggio, sei con la vittoria di una squadra con lo scarto minimo, e solo tre hanno visto una delle due squadre vincere con un più “rotondo” due a zero.
Se si considera che inoltre le tre squadre sconfitte in questi ultimi incontri non sono certamente le formazioni definite “cuscinetto”, quelle destinate a superare raramente la metà campo avversaria, e che è destinata a subire molti gol. Una delle sconfitte, avversaria proprio degli Azzurri, è la squadra europea che vanta la migliore posizione nel ranking FIFA, seconda al mondo solo all’Argentina di Messi, Tevez e Higuain.
Probabilmente questo equilibrio non durerà fino al termine della fase a gironi, e qualche partita potrà concludersi con un roboante cinque o sei a zero. Vedere però oggi una squadra come l’Islanda, alla sua prima partecipazione agli europei, riuscire a fermare sul pareggio, sfiorando in alcune occasioni la vittoria, al Portogallo di sua maestà Cristiano Ronaldo, è un piacere per chi spera in un movimento calcistico non dominato dalle solite superpotenze.
Non ci resta che continuare a seguire le gare francesi, sperando in ulteriori belle sorprese, e naturalmente facendo il tifo per la nazionale italiana.




ANGUILLARA: ECCO TUTTI GLI ERRORI DEL PARTITO DEMOCRATICO

di Silvio Rossi

Anguillara (RM) – Nel 2009, dopo la caduta della giunta di Emiliano Minnucci, e il semestre guidato dal Commissario Prefettizio, il Partito Democratico di Anguillara sembrava al collasso, tanto da aver candidato una persona a sindaco su cui non credeva. Un professionista, Antonio Di Gioia, del quale dal punto di vista umano non si può eccepire nulla, ma che non aveva certo l’immagine del leader.

Bastava osservarne i manifesti elettorali, e il riferimento con il confronto TV alle presidenziali americane del 1960 veniva spontaneo. Un’immagine che appariva per certi versi trasandata, come la ricrescita della barba e proprio come avvenne a Nixon quando fu sconfitto da Kennedy, erano sintomi indicativi di come le comunali del 2009 fossero giocate da parte del centrosinistra sulla difensiva. Di Gioia non era un candidato sindaco, ma un agnello sacrificale da consegnare all’altare delle urne, convinti che la vittoria non sarebbe scaturita dai seggi, ma dall’aula del Tribunale cui era stata consegnata la denuncia di incompatibilità del neo primo cittadino Antonio Pizzigallo.

Occorreva a quel punto lanciare basi nuove, creare un progetto politico, rifondare il partito. Bisognava ridare fiducia a quel popolo di riferimento che doveva accorrere alle urne per sostenerne il progetto politico. E l’occasione non tardò a presentarsi: due anni dopo la disfatta, grazie all’incompatibilità del sindaco, e alle sentenze della Magistratura, Anguillara tornò di nuovo al voto.

Una occasione buona per ripartire, con un centrodestra spaccato, grazie alla scelta effettuata da Pizzigallo di correre da solo, e l’immagine dell’amministrazione uscente che risentiva della decadenza della passata giunta. Un favore ricevuto dal centrodestra, che permise a Francesco Pizzorno, candidato a sindaco espresso dal locale PD, di riuscire a conquistare il comune pur avendo una percentuale inferiore al 40% dei voti.

Un risultato che non avrebbe dovuto far dormire sugli allori. Con poco più di quattromila voti si può vincere in caso di fortunate coincidenze e l’elezione a turno unico, ma ben sapendo che la prossima consultazione sarebbe stata col sistema elettorale del doppio turno, previsto per i comuni oltre i 15.000 abitanti, sarebbe stato opportuno lavorare per estendere il bacino elettorale.

Il partito avrebbe dovuto, a questo punto, supportare l’amministrazione, fare da pungolo per renderne migliore l’azione, creare una massa critica, compenetrarsi con quella società civile, dalla quale ha invece ritenuto opportuno tenersi alla larga. Un partito, a livello locale, che è stato impegnato, in questi anni, non tanto a creare un’osmosi con i cittadini, con le associazioni, ma al costante e continuo controllo tra le due componenti interne, sempre in perenne lotta tra loro.

Un partito che riesce a mobilitare le masse solo per sostenere le lotte interne, prova ne è che, mentre alle primarie del 20 marzo scorso, i votanti sono stati circa millenovecento, domenica 5 giugno sono stati solo 1608, e se anche dovessimo contare tutti i voti assegnati al candidato sindaco, questi non raggiungono neanche una volta e mezza il numero di persone mobilitate dalle due fazioni per sconfiggere il nemico interno.

Un numero particolarmente basso. Basti considerare che a Roma i sostenitori di Giachetti alle comunali sono stati sei volte quanti hanno votato alle primarie (la totalità dei votanti alle primarie), proporzione simile anche a Milano, a Napoli circa tre volte e mezzo (e quello partenopeo è stato un risultato deludente domenica scorsa).

Un partito dove la tattica conta più della strategia, non può andare lontano, e non andrà lontano finché sarà guidato da chi, invece di ricercare la maggiore coesione, spende le sue energie per sopravanzare la componente “nemica”. Non si possono ottenere risultati se invece di valorizzare le persone di competenza che vogliono mettersi a disposizione, ci si ostina a scegliere la classe dirigente esclusivamente in base alla fedeltà al proprio capobastone.

Se scendere sotto al risultato del 2009, con poco più di tremila voti e una percentuale poco inferiore al 30% sembrava il punto più basso ed era difficile peggiorare questo dato, grazie alla cieca visione della società che lo circondava, l’attuale dirigenza del partito è riuscita in questa impresa. Hanno fatto di tutto per riuscirci. Lasciando un’amministrazione silente che non è mai riuscita a valorizzare quel poco di buono che ha realizzato, nominando i segretari del partito senza un piano condiviso, ma solo in seguito di un braccio di ferro per dimostrare all’altra componente di “avercelo più duro”, candidando a sindaco chi nei quinquennio precedente ha ricoperto il ruolo di assessore all’evanescenza, che ha scoperto il marketing territoriale solo a poche settimane dalle elezioni, illuminato da chissà quale visione superiore.

Il non raggiungimento del ballottaggio non coglie di sorpresa l’osservatore attento. Non è colpa di un voto di protesta. Non era certo imprevedibile. È la naturale conseguenza di tutte le scelte scellerate effettuate dal locale circolo da alcuni anni a questa parte. In seguito a questo risultato, se segretario e consiglieri hanno un minimo di dignità, dovrebbero dimettersi dal ruolo, e farsi da parte. Ma considerato che in molti casi le loro scelte sembrano eterodirette, non accadrà nulla.

L’unica soluzione, a questo punto, può arrivare solo dall’alto. Il commissariamento del circolo diventa imprescindibile. Solo una persona che viene da fuori, che abbia una visione politica più lungimirante dei signorsì locali, può salvare quel poco che rimane. Probabilmente sarebbe stato opportuno che questa soluzione fosse stata adottata già in passato. Forse se Fabrizio Barca, invece di concentrarsi solo sulle sezioni della capitale, avesse potuto estendere la sua azione anche in provincia, il risultato di Anguillara sarebbe stato diverso, e non sarebbe stato il solo nel territorio sabatino.




FORZA ITALIA AL TRACOLLO. A ROMA DETERMINANTE PER LA SCONFITTA DI MARCHINI

di Silvio Rossi

Normalmente in tutte le tornate elettorali amministrative, quando la popolazione impegnata al voto risulta una percentuale non irrilevante sul totale degli italiani, tutti si dichiarano vincitori, mezzi vincitori, e quando non possono affermare ciò, si salvano con la formula di “abbiamo sostanzialmente tenuto le nostre posizioni”, formula edulcorata per affermare che il risultato è stato ben al di sotto delle aspettative.
Oggi, dopo il primo turno di queste consultazioni, oltre all’euforia del Movimento Cinque Stelle, che ha conquistato il ballottaggio in due tra le più importanti città della penisola, nella capitale addirittura con un vantaggio che fa ben sperare nella vittoria al secondo turno, alla soddisfazione di De Magistris, che con una serie di liste che ha voti scarsi in altri territori, si conferma come l’uomo da battere all’ombra del Vesuvio, l’unico dato certo e inoppugnabile è l’inconsistenza numerica di Forza Italia, che proprio nella capitale può recitare il De Profundis.
Una sconfitta, quella dell’ex Cavaliere a Roma, che non ha termini di paragone in nessuna delle precedenti consultazioni. Un tracollo elettorale che pone un interrogativo non trascurabile sul futuro del partito, mantenuto in vita, dopo l’estinzione di ogni proposta politica, solo per dare credibilità all’immagine dell’uomo di Arcore, in una forma di accanimento politico terapeutico.
Se prima del ritiro del candidato designato da Berlusconi dalla corsa per il primo cittadino, l’ex sottosegretario ed ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, i sondaggi tra i due rappresentanti del centrodestra romano, Giorgia Meloni che godeva del supporto di Fratelli d’Italia e della Lega di Salvini, e Alfio Marchini, con la sua lista civica e l’appoggio del partito di Alfano, erano sostanzialmente alla pari, con l’endorsement di Forza Italia e della Destra di Storace, l’idea stessa di lista civica portata avanti dal costruttore prestato alla politica, ha fatto perdere la credibilità guadagnata nella scorsa campagna elettorale, quella che vide l’elezione di Marino, e dalla conseguente opposizione al “Marziano”. L’esempio lampante di questo errore strategico è rappresentato dalle mille ironie scatenate, dopo l’accordo, sui manifesti con lo slogan “liberi dai partiti” che Alfio aveva appeso in tutti gli spazi pubblici possibili, dai manifesti stradali agli autobus.
Berlusconi è stato, per Marchini, un abbraccio mortale, ha rappresentato il parassita che si nutre del suo ospite fino a soffocarlo, e che necessita, per la sua stessa sopravvivenza, di trovare ogni volta una vittima nuova. Ma oggi è difficile, per l’ex premier, intravedere chi potrà nuovamente prestare il fianco alle sue avances. Non certo Matteo Salvini, che sta sempre più spodestandolo nel ruolo di leader dell’intero schieramento di centrodestra.




BRACCIANO: BALLOTTAGGIO A SORPRESA TRA GENTILI E TONDINELLI

di Silvio Rossi

Bracciano (RM) – La consapevolezza di andare al ballottaggio e quindi di una prima vittoria è giunta lentamente, a tarda notte, quando stavano giungendo gli scrutini degli ultimi seggi. Nel comitato elettorale di Armando Tondinelli, la tensione era alta.

Verso le cinque di mattina lo scarto tra i suoi voti e quelli del terzo, il candidato del Movimento Cinque Stelle, Marco Tellaroli, stava diventando incolmabile. Duecento preferenze con due soli seggi mancanti, dai quali pervenivano notizie di un sostanziale pareggio tra i tre sfidanti, che significava il mantenersi dello status quo, ma la prudenza consigliava di non sbilanciarsi prima del dato definitivo, che è giunto quando ormai le luci della mattina stavano risvegliando la città.

Il risultato definitivo vede quindi Armando Tondinelli primo con 2409 voti, corrispondenti al 25,32 %, che se la vedrà al ballottaggio con Claudio Gentili, candidato del PD e una lista civica, che ha totalizzato 2340 voti, pari al 24,60 %.

Grande sconfitto della tornata, rispetto le aspettative iniziali è stato Marco Tellaroli, che si è fermato a 2181 voti, con una percentuale di poco inferiore al 23 %, Il candidato del Movimento Cinque Stelle, nei primi dati giunti sembrava il primo assoluto, che doveva solo attendere di conoscere chi, tra Tondinelli e Gentili, lo avrebbe raggiunto al ballottaggio. Ma i primi seggi scrutinati erano quelli di Bracciano Nuova, dove i Cinque Stelle vantano un numero di preferenze maggiore rispetto alle sezioni più centrali. Infatti, una volta giunte queste, prima Tondinelli, poi Gentili, hanno recuperato lo svantaggio distanziandolo seggio dopo seggio.

Il 19 giugno, al ballottaggio sarà battaglia vera, tra due leader, che hanno dimostrato di avere (politicamente) poca simpatia l’uno per l’altro. Tondinelli in più occasioni ha definito Gentili come la continuazione della giunta Sala, il suo avversario ha risposto negli ultimi giorni con un attacco diretto, proprio a chi, tra gli altri cinque pretendenti alla carica, era percepito evidentemente come il più pericoloso.

Che la gara tra Gentili e Tondinelli fosse al centro della consultazione, il nostro giornale lo ha percepito da subito, infatti, alla partenza ufficiale delle rispettive campagne elettorali, avvenute contemporaneamente abbiamo dato spazio a un confronto parallelo.

Raggiunto telefonicamente dopo i risultati definitivi, Tondinelli ci ha detto: “Ringrazio i cittadini che ancora una volta hanno dimostrato di saper scegliere, nel contempo non posso esimermi dal ringraziare il mio gruppo fatto di persone oneste capaci e preparate che possono far cambiare Bracciano”. Tra due settimane conosceremo chi tra i due sfidanti sarà il nuovo sindaco di Bracciano.




L'INCONTRO CHE NON SI E' MAI COMBATTUTO

di Silvio Rossi

 

Nella sua lunga carriera ha affrontato i più grandi boxeur del periodo. Alcuni dei suoi match sono stati annoverati tra i più grandi avvenimenti sportivi del secolo. Primo tra tutti quello avvenuto nel 1974 a Kinshasa contro George Foreman, “The rumble in the jungle”, quando il pubblico africano aveva adottato Mohamed Alì, incitandolo col canto "Ali bomaye!" (Alì uccidilo), divenuto un canto popolare in Zaire.
Ha combattuto contro Joe Frazier, Ken Norton, Larry Holmes, Leon Spinks. Avrebbe potuto combattere un altro match, che sarebbe stato certamente inserito negli incontri del secolo, se solo si fosse concretizzato il passaggio ai professionisti di quello che è stato considerato il più grande pugile dilettante di tutti i tempi.
Appena concluse le Olimpiadi del 1976 a Montreal, Don King, manager tra i più eclettici della boxe mondiale, contattò i responsabili della federazione cubana, e l’allenatore di Teofilo Stevenson, vincitore delle ultime due edizioni olimpiche (avrebbe vinto la terza a Mosca quattro anni dopo, ed era uno dei favoriti per Los Angeles 1984 se non ci fosse stato il boicottaggio).
Promise cinque milioni di dollari di premio al pugile cubano per incrociare i guantoni contro il campione del mondo, una cifra impensabile per uno sportivo di un paese comunista. La risposta di Stevenson fu: «Cosa valgono cinque milioni di dollari, quando ho l'amore di otto milioni di cubani?»
L’incontro non si fece. A parte alcune difficoltà tecniche (Stevenson non aveva mai affrontato un combattimento oltre i tre round), e le possibili soluzioni fantasiose proposte, come la possibilità di dividere la sfida in tre incontri da cinque round ciascuno, non si riuscì a dare una risposta su chi, tra Alì e Teo, fosse il più grande pugile di sempre. Una risposta che oggi viene spostata nei ring celesti.