Omicidio Vicebrigadiere Cerciello. Tutto pronto per la sceneggiata: tranquillo, Elderino, che papà ti riporta a casa

Stiamo per assistere ad un remake, come si dice in inglese, della sceneggiata che fu messa in atto all’epoca della morte di Meredith Kercher. Attori principali Rudy Guede – condannato per ‘Omicidio in concorso con altri’, attualmente in cella – Raffaele Sollecito e Amanda Knox, attualmente assolti con formula piena. Per cui non si capisce in concorso ‘con chi’ Guede avrebbe commesso l’omicidio, stante il fatto che altre presenze non sono state accertate sulla scena del crimine. E, a quanto pare, neanche quelle di Amanda e Raffaele. Per la legge, dunque, Amanda e Raffaele sono innocenti, e anche per il professor Lavorino, noto criminologo, il quale ha però messo l’indice sulle indagini e le repertazioni scientifiche fatte non proprio in maniera impeccabile: come, ad esempio, la contaminazione – o presunta tale – sul gancetto del reggiseno di Meredith. Anche ai tempi dell’omicidio di Mez si mobilitò la cavalleria. Arrivarono Sollecito padre da Giovinazzo, e Knox padre dagli USA, lancia in resta, per togliere dalle panie della nostra giustizia i relativi figli. I quali, si sa, sono ‘piezz’ ‘e core’ anche per i genitori oltreoceano; soprattutto quando debbano cadere nelle mani di polizia e carabinieri di una nazione subalterna come l’Italia. Una polizia considerata probabilmente un po’ peciona e da operetta, insomma, come descritta in certi film, decisamente di serie B, con il commissario che mangia un panino alla mortadella con i piedi sulla scrivania, e le macchie di unto sulla camicia, mentre dalla finestra di sotto si vede passare una gondola e si sente cantare ‘O Sole Mio’. Conclude il quadro un fiasco di Chianti a garganella per mandar giù il panino, e un Catarella a cui sfugge di mano la porta. Insomma, un quadro da Eduardo di “add’a passà ‘a nuttata’”, quando gli Italiani si accalcavano ai banchi degli spacci UNRRA e una ragazza la potevi avere con una stecca di sigarette o un paio di calze di nailon.

Ethan Lee – sembra d’essere in un film di John Wayne, uno dei suoi figli si chiama appunto Ethan , potrebbe essere “I quattro figli di Katie Elder “– è sbarcato non ad Anzio, anche se probabilmente gli sarebbe piaciuto, con un Camillus tattico fra i denti, ma a Roma, deciso a riportare indietro suo figlio. La certezza di questo, e la sua arroganza nei nostri confronti, gli deriva certamente dalla sua posizione economica e dalla sua provenienza americana. Si sa che gli Americani in ogni frangente invocano le proprie Ambasciate e Consolati, dietro a cui c’è lo Stato: “Nessuno sarà lasciato indietro”, anche a sproposito. Insomma, ci fa pensare ad un ‘sovranista’ sui generis: uno che, invece di venire in Italia ad ammirare la nostra cultura e la nostra civiltà millenaria, a differenza della sua, di soli trecento anni, viene per darci del ‘pecione’sventolando mazzi di dollari.

Passi, finchè questa valutazione la indirizzi ad un privato cittadino. Ma non all’Arma dei Carabinieri

Così facendo, insulta tutto il popolo italiano – quello buono – tranne il partito dell’antipolizia, che si manifesta nei suoi salienti in alcune occasioni, ed è ben definito. Ma la parte buona della nazione tifa ancora Italia, nei suoi valori, e i Carabinieri, a parte le dovute eccezioni, sono fra queste. Quindi, come ai tempi di Meredith arrivarono a portafogli aperto sia Sollecito che Knox (il quale beneficiò di una sottoscrizione nazionale per togliere la figlia dalle grinfie di quei cattivoni ignoranti dei poliziotti italiani), anche Ethan Lee è arrivato a togliere il figlio da quella brutta cella del carcere italiano e riportarlo – manco a dirlo – dritto filato a casa, magari con una tirata d’orecchi e uno scappellotto, mentre il padre si è sbrigato, a nome suo proprio, della sua famiglia, e magari di tutto lo Stato della California, tanto non costa nulla, a rivolgere le sue più sentite condoglianze alla famiglia di Cerciello e alla sua vedova di 43 giorni.

Riportare a casa quel piccolo “presunto” assassino sarebbe come dare l’ennesima coltellata sia alla moglie, che a Mario, che a tutta l’Arma dei Carabineri – oltre che alla nazione. Quindi, investigatori privati assoldati dagli avvocati – italiani e americani – sono stati sguinzagliati nella movida di Trastevere, alla ricerca di testimoni che possano suffragare le fantasiose tesi della difesa. Quelle, cioè, che vedrebbero il giovane Elder colpevole soltanto di eccesso in legittima difesa – magari “putativa” – per aver accoltellato uno “strano uomo” che credeva volesse strangolarlo, come riportano i nostri maggiori quotidiani. Uno dei quali già parla di un supertestimone spuntato negli ultimi momenti, e che avrebbe assistito all’omicidio. Non sappiamo quale sia il succo di questa testimonianza, ma possiamo nutrire forti dubbi sulla sua autenticità, qualora descriva una scena che avvalori le tesi della difesa. Il giustificato sospetto è quello di utilizzare la leva universale del denaro californiano per sollevare il peso della colpa dalle spalle di Elder. Se infatti l’accusa fosse derubricata in “eccesso in legittima difesa”, Elderino ‘di papi suo’ ne subirebbe una condanna così lieve, da giustificare l’intenzione del padre di riportarselo a casa. Speriamo che ora, lubrificati da ricompense in dollari, non si affaccino sul palcoscenico attori di varia e diversa estrazione, come ragionevolmente reperibili in quel gran calderone che è la movida di Trastevere. Se mettiamo a confronto le note caratteristiche e i curricula degli interpreti principali, cioè Elder Lee e Mario Cerciello, certamente la bilancia pende a favore di quest’ultimo. Infatti Mario nella sua attività di custode della legge era il più attivo della Stazione CC alla quale faceva riferimento; aveva avuto i gradi in seguito ad un concorso, ed era impegnato anche nel sociale. Abbiamo la testimonianza di una mamma che riferisce che, dopo aver accompagnato la figlia in ospedale per una situazione critica, pur essendo fuori servizio, era rimasto tutta la notte a vegliarla. Era nei Cavalieri di Malta, per accompagnare i malati con i Treni Bianchi a Lourdes o dove si facesse un pellegrinaggio. Si era sposato, a trentacinque anni, dopo un lungo fidanzamento, con la ragazza del “colpo di fulmine” reciproco, solo da 43 giorni. Quella notte era in regolare servizio con il collega Varriale, in zona di spaccio, in borghese. Se guardiamo il giovane Elder, vediamo un ragazzo che quella notte era evidentemente ubriaco e drogato, “impasticcato”, come riferisce un guardamacchine egiziano interrogato, e con il suo amico in cerca di cocaina. Aveva commesso una rapina, sottraendo lo zaino a Sergio Brugiatelli, e una tentata estorsione al fine di recuperare i 100 euro spesi per una finta dosa di “neve”, più la dose stessa di coca. Era armato illegalmente di un coltello militare di genere proibito, un’arma a tutti gli effetti, progettata per uccidere persone, e non per tagliare bistecche: tale è la differenza tra un’arma impropria e il suo contrario, un’arma militare dei Marines. Il suo italiano poteva anche non essere perfetto, ma capire “Carabineri” e guardare un tesserino militare, a vent’anni, non può essere così difficile. Li vediamo anche nei telefilm da quattro soldi, che i nostri televisivi ci ammanniscono, gli “Agenti speciali” dell’FBI fare irruzione con le armi, gridando “Effebiai, nessuno si muova!” (Chissà perché tutti gli agenti dell’FBI sono ‘speciali’, non ne esistono di ‘normali’?) Che poi quello fosse uno “strano uomo”, come riferisce un quotidiano che lui abbia detto, da’ da pensare: chissà come dev’essere nella testa di Elder, un uomo “normale”. Che poi volesse strangolarlo è una sua illazione, o un ‘consiglio’ del suo avvocato difensore. In realtà, ci sono undici coltellate, sferrate in pochi secondi con estrema violenza, a testimoniare del fatto che Elder Lee non volesse difendersi, ma volesse uccidere un carabiniere che aveva capito che stava per arrestarlo. Ne testimonia la prima coltellata giunta al cuore, inferta alle spalle. Ne testimonia la fretta di lasciare il Bel paese con il primo volo, la mattina seguente. Ne testimoniano lo zaino e i vestiti insanguinati nascosti nel vaso portafiori all’ingresso dell’Hotel Le Meridien. Ne testimonia il coltello, ripulito e nascosto nel sottotetto della stanza d’albergo occupata da lui e dal suo amico. Ne testimoniano i trascorsi di Elder, mandato in Italia dal danaroso genitore per “toglierlo da cattive compagnie” , probabilmente ragazzi come lui del mondo della droga o peggio. Tutto dice che l’omicidio di Mario Cerciello, vicebrigadiere dell’Arma Benemerita, è stato volontario, e che si sarebbe voluto sfuggire alla giustizia italiana, quella che secondo le fantasie di alcuni è peciona, fatta di commissari poco intelligenti, che hanno la camicia con macchie del’unto del fritto mattutino della moglie, e che non vedono un delinquente neanche se glielo metti sotto il naso. E che, sempre secondo le fantasie di alcuni, magari sono pronti a barattare il proprio dovere con qualcos’altro.

Forse in USA guardano ancora i nostri film neorealisti

non si sono accorti che l’aria è cambiata, che non si può più avere una ragazza a letto per un paio di calze di nailon o una stecca di sigarette. Gli stereotipi sono duri a morire. Ci auguriamo che Ethan Lee non riesca, scatenando contro l’Arma tutto il peso economico e politico della sua nazione, a fare in modo che l’adorato figlio torni in patria con lui: sarebbe una palese ingiustizia, che toccherebbe tutti i carabinieri, in servizio e non, e di conseguenza tutta la parte buona della nostra nazione. Perché certa gente non può pensare di venire in Italia a commettere un tale reato, e tornarsene a casa impunemente. Con Meredith Kercher è andata così, praticamente, stando alle sentenze, un omicidio senza colpevoli, o punito in parte. Ci auguriamo di non assistere al bis di quella rappresentazione. E ci auguriamo che gli avvenimenti spengano l’arroganza di Ethan Lee, il quale ha fatto presentare ricorso al Tribunale del Riesame per la scarcerazione del figlio.

Ma non gli basta. La sentenza sarebbe prevista, come di prassi, per settembre: ma lui vuole far riaprire il Tribunale nel mese di agosto, a suo uso e consumo per tirar fuori suo figlio il più presto possibile, con rischio di fuga. Pretesa assurda: ci sono altri imputati in cella che aspettano la sentenza del Tribunale del riesame, ma nessun avvocato difensore si sogna di far riaprire l’attività apposta per lui. Almeno una cosa potremmo insegnare a questo padre poco accorto: che l’arroganza non paga. Pensi piuttosto a come ha educato suo figlio: l’albero si vede dai frutti che da’. Se Elder è arrivato all’estremo di uccidere selvaggiamente a coltellate un carabiniere, certamente la colpa è di chi non gli ha insegnato che “certe cose non si fanno”. Ci viene da pensare alle conseguenze dell’uccisione di un poliziotto americano da parte di un giovane Italiano ubriaco e drogato: secondo voi, come sarebbe andata a finire? Ricordate Sacco e Vanzetti?




Omicidio Cerciello: qual’è la verità?

È notte fonda, quasi le due. All’incrocio di quella via centrale, – sullo sfondo Piazza Cavour, con il retro del ‘Palazzaccio’, la sede della Corte di Cassazione – in quartiere Prati, due carabinieri in borghese, intervenuti con un’auto civetta, aspettano i ragazzi che hanno tentato di ricattare uno dei loro informatori, tale Sergio Brugiatelli, per cercare di rifarsi della piccola truffa subita nell’acquisto di presunta cocaina, rivelatasi poi soltanto aspirina. Non sanno ancora che si tratta di due giovani studenti americani, in Italia non per motivi di studio, come in un primo tempo s’era detto, ma solo per diporto, essendo abitualmente residenti all’estero. Questo fa pensare che ambedue capiscano bene anche l’italiano e la parola ‘carabinieri’. Non sanno neanche, Varriale e Cerciello, che i ragazzi hanno con sé un’arma micidiale, progettata apposta per non lasciare scampo a chi ne venisse a contatto dalla parte sbagliata. È un coltello da Marines, un Trench Knife Ka-bar Camillus, con lama brunita da 18 centimetri, la lunghezza che serve per attingere la zona cardiaca in un uomo adulto, una impugnatura in cuoio ingrassato a noccoliera, un’arma da professionista, in acciaio speciale, affilatissimo. Sarà infatti molto facile per Elder Lee infliggere ben undici profonde ferite in pochi secondi a Mario Cerciello, vicebrigadiere dell’Arma. La prima proprio al cuore, profonda fino all’elsa. I carabinieri sono intervenuti, a quanto pare, proprio perché il derubato è uno dei loro informatori, un occhio sulla zona di spaccio fuori controllo che è ormai anche quel quartiere Prati una volta molto tranquillo e signorile: ma, si sa, dove arriva la polvere bianca o la ‘Maria’, non c’è più remissione. Il collega di Cerciello, Varriale, si apposta poco distante, dietro un angolo. Non conosciamo esattamente cosa sia accaduto all’arrivo dei due ragazzi: la dinamica di quei concitati momenti è ancora oggetto di indagini. Possiamo immaginare che Cerciello, credendo, secondo il racconto del Brugiatelli, di trovarsi di fronte a due innocui e sprovveduti ragazzini, abbia sottovalutato la situazione. Senza alcun dubbio s’è presentato qualificandosi come carabiniere, con tanto di tesserino in mano, come riferito dal Varriale, che osservava la scena. O che Varriale, secondo un’altra versione, si sarebbe qualificato insieme al vicebrigadiere. Ma ciò che avrebbe dovuto rassicurare i ragazzi, cioè il fatto di trovarsi davanti a uomini di legge e non a delinquenti, ha invece fatto esplodere la loro violenza. Avvezzi, come del resto testimoniano i loro amici in patria, ad essere violenti, avevano portato con sè dagli States un colello da Marine, nel bagaglio di Finnegan Elder Lee, l’assassino. Mario Cerciello era un uomo buono, che amava aiutare chi ne avesse avuto bisogno, e la sua espressione piena di dolcezza – quella stessa vergognosamente definita ‘poco intelligente’ da una cosiddetta insegnante, che ha aggiunto ‘uno di meno, non ne sentiremo la mancanza’, come se la morte di un uomo che ha consacrato la sua vita al servizio per i cittadini e la sua nazione fosse uno da eliminare, con altri, probabilmente, come lui – testimoniava di lui, e dei suoi sentimenti. Ambedue gli uomini della legge sono rimasti sorpresi dalla reazione dei due diciannovenni. Mentre veniva trafitto, ancora Mario gridava: “Siamo carabinieri, fermati, basta!”. Non pensando che i due avevano avuto sì paura, come i loro avvocati hanno già messo in evidenza, ma, comprendendo benissimo l’italiano e la parola ‘carabinieri’, la loro paura non fosse quella di soccombere a degli spacciatori, – con cui comunque avevano un appuntamento, e quindi non si sarebbero meravigliati di trovarseli davanti – ma di essere arrestati, imputati per rapina, estorsione e possesso di stupefacenti, e quindi di vedere la loro vita rovinata, come sarebbe successo in America se quei reati li avessero commessi in patria. Un arresto per droga, come è noto, può rovinare la carriera scolastica di un ragazzo ‘bene’, come loro erano, per appartenenza familiare e sociale. La loro paura era unicamente questa. A quel punto Mario Cerciello diventava un pericolo enorme: arresto, notizie in S. Francisco, fedina penale macchiata, curriculum scolastico kaputt. In USA non è come da noi: la scuola, la High School, il College, l’Università sono fondamentali per trovare poi un posto di prestigio nella società, con un lavoro e una carriera di centomila o più dollari l’anno. Tutto questo è passato in un istante davanti agli occhi dei due assassini, e l’ostacolo alla loro vita futura si è materializzato nel mite Mario Cerciello, vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri, grado raggiunto vincendo un concorso interno costato sacrifici e studio. La motivazione della furia di Elder Lee è soltanto questa: eliminare quel carabiniere affinchè la loro fedina penale non sia macchiata da nulla. L’intervento di Varriale, subito dopo l’aggressione, è stato ‘tamponato’ da Natale Hjorsth. Poi la fuga, mentre Mario Cerciello si accasciava al suolo, dicendo “Mi hanno accoltellato”. Cosa gli sarà passato per la mente, in quel momento? La moglie, sua da soli quarantatrè giorni, dopo un lungo fidanzamento: un colpo di fulmine, una coppia d’oro in questo mondo che proprio oro non è. La speranza di poterla rivedere, mentre, non si sa se ancora cosciente, l’ambulanza lo portava all’ospedale. Il dolore per quei figli che tanto avrebbe voluto, ma che non avrebbe avuto mai; che non sarebbero mai venuti al mondo, perché Mario, il carabiniere buono, il Cavaliere di Malta che accompagnava i malati a Lourdes con i ‘Treni bianchi’, aveva capito che stava morendo, e che non avrebbe mai più rivisto quella ragazza con cui aveva fatto tanti progetti. Scappano i due, si rifugiano nell’hotel di lusso, Le Meridien, pagato con i soldi dei genitori. Nascondono il coltello in un controsoffitto, lo zaino rubato e gli indumenti sporchi di sangue in un vaso da fiori, all’ingresso dell’albergo. Vogliono partire subito, dopo poche ore, mentre la notte si è già consumata in un omicidio, una tentata estorsione, una rapina. Una fuga. Al mattino prenderanno il primo volo per tornare a casa. Mario è a terra, in una pozza di sangue che è ancora lì, a testimoniare della violenza cieca e ‘fuori controllo’, come avrà a a dire la Gip incaricata delle indagini, e loro già pensano alla fuga. Nessun pentimento, nessun ripensamento: hanno ucciso in modo barbaro un uomo, un carabiniere, per una faccenda che tutto sommato valeva cento euro più un grammo di polvere bianca. Nessuna meraviglia che li abbiano ammanettati dietro la schiena: lo vediamo fare in tutti i film americani, perché meravigliarsi? E la benda sugli occhi non è quella di Guantanamo, o quella che i Vietcong mettevano sulla fronte dei soldati USA catturati – o viceversa, anche gli Americani hanno questa abitudine, se non peggio, per evitare reazioni poco gradire da parte dei prigionieri. Dobbiamo dire che i carabinieri della stazione Farnese hanno avuto molto autocontrollo. In un’altra nazione, presi così a caldo, non sarebbero usciti interi: questo è più che comprensibile, e smettiamola di perseguitare i nostri uomini d’ordine perché quando arrestano qualcuno lo strapazzano un po’: vorremmo vedere alla stessa bisogna uno dei buonisti di turno! Il mestiere di carabiniere è una missione, per i più. La divisa non s’indossa solo di fuori: chi è davvero carabiniere la indossa anche dentro di sé, e la porta con onore. È chiaro che in tutte le ceste ci sono anche dei frutti bacati, ma non fanno testo: non devono far testo. Ma Mario è stato tradito: è stato tradito proprio da uno dei suoi colleghi. Non quello che ha bendato il ragazzo, che comunque in quel momento non era sottoposto ad interrogatorio: l’interrogatorio, infatti, si è svolto alla presenza degli avvocati, come di legge. No, Mario è stato tradito da chi ha scattato quella foto di nascosto, e ora tutti gridano a Guantanamo. Tanto da dare anche ad una Amanda Knox il destro di attaccare ancora la nostra giustizia, e le nostre forze dell’ordine. Abbiamo anche il commento di Alan Dershowitz, l’avvocato che ha fatto assolvere O.J.Simpson dall’accusa di omicidio, professore alla Harvard Law School – e O. J. era evidentemente non proprio pulito, stando a ciò che è arrivato sui giornali, oltre ad essere fuggito per sfuggire alla cattura, ciò che in USA costituisce ammissione di colpa. Dershowirz, in cerca presumibilmente di visibilità e di denaro, dice chiaramente che “Con una foto come quella” farebbe invalidare l’intero procedimento legale. Rimane il fatto che lunedì la Rai ha trasmesso in diretta il funerale di Mario, il carabiniere buono, quello che si adoperava per gli altri, quello che con tanto sacrificio aveva superato l’esame per vicebrigadiere. Non crediamo che lo stipendio fosse molto più importante, dopo la promozione, ma certamente l’orgoglio della divisa, il desiderio di migliorare, gli davano quella spinta che dava una motivazione in più al suo essere uomo d’ordine e di legge; una ragione in più per continuare ad essere, anche agli occhi di sua moglie, una persona di cui lei potesse essere orgogliosa. Una carriera spezzata, questa sì, sul selciato di una strada di Roma, in piena notte, dalla furia cieca e criminale di un ragazzo che non voleva rinunciare alla sua vita di agi e di prestigio, e che ha finito per toglierla, quella vita, a chi la meritava senz’altro più di lui. Non è stata la paura di avere di fronte uno spacciatore, ad armare la mano d i Elder Lee, ma la paura di perdere tutti i privilegi di cui aveva goduto fino a quel momento e di cui, uccidendo Mario Cerciello, avrebbe voluto continuare a godere.




Le insopportabili fake news dell’opposizione Pd – e non solo

Sono ormai quasi due anni che l’opposizione a questo governo, che pare come l’acqua e l’olio, ma che poi finisce per accordarsi, in nome di un interesse comune – che poi è anche quello di dare un governo stabile agli Italiani – continua, tramite spot elettorali in televisione (ormai è un classico nei Tiggì la sfilata di elementi di Forza Italia, PD e sinistra in genere) a far passare alcuni messaggi: 1) il governo è allo sbando; 2) il governo è fallito; 3) l’Italia è isolata in Europa; la situazione è grave; 4) chi pagherà il conto saranno gli Italiani; 5) siamo sull’orlo della catastrofe. E tante altre trovate fantasiose, volte a metter paura agli elettori. I quali, tra parentesi, ringraziano, quelli che l’hanno fatto, di aver voluto Salvini al governo, l’unico che sta dimostrando di essere efficiente ed efficace, e non soltanto nel contrasto all’immigrazione clandestina, nonostante tutti gli dei dell’Olimpo si siano scatenati contro di lui. È di oggi, fra le notizie di economia che i Tiggì della Rai ci ammanniscono – e non c’è da dubitare dei dati dell’Istat – la notizia che quel famoso spread che fu la bestia nera di Berlusconi, e che, arrivando in maniera truffaldina a circa 600 punti, lo costrinse a rassegnare le dimissioni del suo governo nelle mani di un Napolitano che altro non aspettava, e che, anzi, mostrò di non esserne sorpreso, presentando immediatamente un governo ‘tecnico’ presieduto da un Monti che mesi prima già era stato allertato: potenza delle sfere di cristallo! Oggi il nostro spread è ai livelli del 2016, come dice il buon Paolo Gila, giornalista economista della Rai, sotto ai 200 punti, e anche ai 190, con un bel risparmio per le casse della nostra nazione, con un rendimento, sui decennali, attorno all’1,55%. La conclusione è che quelli che si chiamano ‘investitori istituzionali’ hanno sempre avuto fiducia nei nostri titoli di Stato, e hanno continuato ad acquistarli nl tempo: quando lo spread era alto perché rendevano di più, ora che è più basso, perché comunque sono titoli sicuri. Sappiamo infatti che il debito pubblico italiano è originato dagli interessi sui titoli di Stato, e più basso è lo spread, più bassi saranno gli interessi che lo Stato dovrà corrispondere agli investitori. Secondo l’Istat, l’Istituto Italiano di Statistica, la disoccupazione è scesa a livelli record, con aumento degli occupati sia a tempo indeterminato, (+27.000) che determinato, (+13.000) e sia per gli autonomi (+28.000), quindi il dato occupazionale si assesta sotto al 10%, la prima volta dal 2012. “Disoccupazione ai minimi storici dal 1977. Tagliare le tasse a imprenditori, lavoratori e famiglie è un dovere morale” ha detto il vice premier Matteo Salvini. anche se in Europa siamo terzultimi, e c’è qualcuno che sta peggio di noi. Questo sicuramente si può addebitare a politiche sbagliate dei governi precedenti a questo, dato che nel settore occupazionale i riflessi sono un po’ lenti… Confindustria deve dire da che parte sta, visto che di questo governo non le va bene niente, mentre invece quando c’era Renzi le sue reazioni erano molto diverse. A dispetto di quanto afferma Confindustria, gli indici statistici della fiducia delle famiglie sono aumentati – e questo significa che la gente spende più volentieri e fa girare più denaro – e non solo quelli, ma anche quelli della fiducia delle imprese. Insomma, per dirla tutta, se lasciamo lavorare – o se lasciano lavorare – questo governo fatto di due colori che proprio d’accordo non vanno, può darsi che, con sommo disdoro di chi comanda in Europa – Germania e Francia – l’Italia possa finalmente riprendere la posizione che le spetta, mai subalterna. Né siamo soli, in Europa, anche se il detto recita ‘meglio soli che male accompagnati’, e davvero non sapremmo quale compagnia consigliare alla nostra nazione, fra un Macron insopportabile servo di certi poteri (basta vedere da dove proviene, dalla banca Rotschild), e una tremolante Merkel, che nonostante tutto non molla la poltrona. Siamo riusciti anche ad evitare quella procedura d’infrazione che in ambito comunitario tutti non aspettavano altro che di appiopparci, facendo fallire ogni cosa. Mentre alla Francia di Emmanuel Macron non sono mai stati posti limiti di sforamento consentendo di arrivare anche oltre il 3%. Nonostante questo, negando l’evidenza per ragioni elettorali, si cerca a spallate di far leva sui cittadini meno attenti, per far cadere questo governo. Un rischio reale proviene da una certa parte dei grillini, rimasti legati col loro cordone ombelicale ad una certa sinistra. Quelli, per dirla tutta, che hanno permesso che, per una manciata di voti, fosse eletta in sede europea la candidata di Macron e Merkel, quella Ursula Von Der Leyen che continua la politica anti-sovranista della Merkel. Europeista convinta, con lei alla presidenza della Commissione Europea, non sarà possibile far passare quei cambiamenti che renderebbero l’autoritarismo europeo meno indigesto. Tutto questo per soli 9 voti, tra cui anche quelli di 14 grillini che, in controtendenza a ciò che avrebbe voluto Matteo Salvini, hanno votato con il PD. Quella di una o più correnti in seno al M5S è la bomba ad orologeria che potrebbe sfilare i Cinquestelle dal governo, ma tant’è quando si sentono parlate Fico e Di Battista, cadono le braccia. Troppo variegata a diversa è l’anima del Movimento, e questo alla fine porterà fatalmente ad una resa dei conti. Sono, comunque, e rimangono insopportabili, le affermazioni non rispondenti a verità di Zingaretti e c. che prospettano un orizzonte tempestoso e catastrofico. Chi fa politica evidentemente non la fa per il bene della nazione, riconoscendo almeno in parte, anche se obtorto collo, ciò che di buono sta avvenendo, e che è innegabile. Chi fa politica, oggi, rosica per non essere più al potere, cercando nella dialettica puerile e falsa di ingannare chi l’ascolta: vedi, ad esempio, il gran ritorno di Matteo Renzi su Facebook, che ha incassato soltanto insulti e parolacce. Pare proprio che a questa gente, di fronte alla poltrona, del bene della nazione non glie ne importi – come si dice a Roma – una beata cippa.




Carola Rackete, ricorso del procuratore di Agrigento contro la scarcerazione: per Matteo Salvini l’estate dei trappoloni

Ricorso in Cassazione del Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio contro la scarcerazione di Carola Rackete ordinata dal giudice Alessandra Vella, a proposito dell’ingresso forzato nel porto di Lampedusa da parte della nave ONG Sea Watch 3.

Avevamo allora ragione noi di scrivere che Carola aveva commesso numerosi reati nella sua azione di forza – coordinata con parlamentari dell’opposizione al governo – per sbarcare soltanto in Italia i migranti raccolti in mare, nonostante il divieto assoluto di avvicinarsi alle coste italiane da parte del Ministero dell’Interno.

Per il dottor Patronaggio, PM di Agrigento, la conclusione a cui è giunta il GIP Alessandra Vella è “contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata”

Nel ricorso presentato in Cassazione, i magistrati spiegano perché la Rackete avrebbe dovuto rimanere ai domiciliari. Infatti, nella sua ordinanza del 2 di luglio il GIP avrebbe dovuto verificare se, rispetto alla condotta contestata alla capitana e alla sua nave, “il dovere di soccorso invocato potesse avere efficacia discriminante”. Secondo la Procura, il GIP si è limitato ad affermare tout court che “legittimamente Carola Rackete avesse agito perché spinta dal dovere di salvare i migranti. L’impostazione offerta dal Gip – scrivono i PM – sembra banalizzare gli interessi giuridici coinvolti nella vicenda, e non appare condivisibile la valutazione semplicistica offerta dal giudicante”. La scarcerazione, dunque, “è errata in ragione della tipologia di controllo che egli (il GIP) è chiamato ad effettuare in sede di valutazione di legittimità dell’arresto in flagranza operato dalla Polizia Giudiziaria”. In altre parole, il giudice Vella non poteva, data la regolarità dell’arresto in flagranza da parte della polizia, scarcerare la Rackete.

“Nel caso di resistenza operata da Carola Rackete – continua il PM Patronaggio – si dubita che l’adempimento del dovere di soccorso possa giungere anche a scriminare la condotta del 29 giugno scorso.” In altri termini, il soccorso ai finti naufraghi era già stato effettuato, e nessuno correva pericolo di vita. Aggiungiamo che gli stessi erano stati abbondantemente rifocillati e forniti di beni di prima necessità dalle autorità italiane – oltre al fatto che alcuni di essi, i più deboli, erano stati portati a terra per essere sottoposti a cure da parte dei sanitari. L’azione di forza, quindi, operata dalla capitana non aveva alcun motivo di essere, se non nell’ottica di una dimostrazione politica di trasgressione di regole sancite da un governo sovrano e democratico, per colpire l’odiato Matteo Salvini, tacciato di ogni infamità, ma soprattutto di ‘fascismo’.

Forse è fascista chiunque voglia risolvere i problemi dell’Italia, come è ancora – pur se in misura molto più ridotta – quello dei migranti, protetti da leggi e leggine che consentono a chiunque l’ingresso in Italia e la richiesta di asilo, anche se non aventi diritto

L’ultima boutade di questa situazione pare sia l’iscrizione all’ARCIGAY, che consentirebbe a chi si dichiara ‘dell’altra sponda’, di essere accolto, perchè in pericolo di vita nella sua nazione. In particolare la sinistra allo sbando, ai limiti del ridicolo, non avendo altri argomenti, ha voluto sfruttare questo ‘passaggio’ in mare per minare alla base la credibilità del ministro dell’Interno. “L’ordinanza di non convalida dell’arresto da parte del GIP – continua la Procura – è risultata essere viziata per violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione, in quanto dopo avere operato complesse valutazioni in diritto, non ha provveduto correttamente a valutare gli elementi di fatto e di diritto relativi alla configurabilità della causa di giustificazione, né ha motivato adeguatamente le ragioni per le quali ha ritenuto di applicarla nel caso di specie.” In definitiva, l’ennesimo trappolone per scalzare Salvini e fargli perdere punti. Intanto la Rackete, figlia di cotanti genitori, ancorchè facoltosi – il padre pare sia un commerciante d’armi, e ben ammanigliato nel governo tedesco, tanto da suscitarne l’immediata reazione alla notizia dell’arresto della sua figliuola – è uccel di bosco, né mette conto di sapere dove sia, visto che di lei non sentiremo probabilmente più parlare. E comunque non crediamo voglia avere ancora il privilegio di calcare l’italico suolo.

Ormai, missione compiuta, impunità ottenuta, come da programma, ma Salvini ancora saldamente in sella, forse più di prima, nonostante le bordate dei buonisti che continuano a censurare le morti in mare. Come se dipendessero dagli Italiani, e non da chi mette in acqua, da barche di scafisti, i gommoni ad orologeria! Trappolone, dicevamo, che precede l’ultimo ancora ‘in progress’, quello della fornitura farlocca di petrolio russo. La magistratura indaga, ed è suo dovere, ma non c’è nulla su cui indagare, se non scoprire chi ha montato questo teatro dei pupi, sempre contro il più scomodo ospite del Viminale che l’Italia abbia mai avuto da decenni. Facendo due conti, certamente chi si è mosso per mandarlo a casa non è soltanto quella armata Brancaleone della cosiddetta ‘sinistra’ italica, che a questo punto appare davvero allo sbando – e, con una puntina di cattiveria, ci auguriamo che tale rimanga, visti i danni del passato più prossimo. Dietro le quinte del teatrino ci sono personaggi molto grossi, che vagamente conosciamo, per notizie ormai certe e consolidate, ma dei quali non si può scorgere neanche l’ombra.

Trovato il movente, trovato l’assassino. Se il movente è palese – cioè la caduta di Matteo Salvini – sappiamo benissimo chi è il mandante, o, meglio, chi sono i mandanti, molti dei quali anche i Italia: fanno parte dello stesso circolo, pardon dello stesso Club B., dove, una volta tanto, B. non sta per Berlusconi – né tanto meno per ‘lato B’. Un Club che di recente ha accolto nelle sue fila anche l’ex, ex, ex tutto, Matteo Renzi, la manina del quale qualche quotidiano bene informato ha voluto vedere nel copione della recita di cui sopra, relativa al petrolio russo fantasma. Ma non la regìa: per quello ci vuole ben altro che l’ex sindaco di Firenze. Siamo ragionevolmente certi che la Cassazione darà ragione al PM Patronaggio, e che il giudice Vella non subirà alcuna conseguenza per il suo ‘errore’, neanche un buffetto sulla guancia – magari, come in altri casi, una promozione. Non è forse la Magistratura italiana l’espressione stessa dell’autonomia e dell’indipendenza? E come possiamo noi giudicare i giudici, parafrasando il detto latino “Quis custodiet ipsos custodes?”

Siamo altrettanto ragionevolmente certi che Carola Rackete, la ‘Rasta’ d’assalto, non subirà alcuna conseguenza dalla sentenza della Cassazione, essendo già ora chissà dove, ma certamente non a rischio estradizione. Di solito le sentenze di Cassazione per i ricorsi del PM si fanno aspettare, e questo consentirà alla capitana di imboscarsi ancora di più, ma soprattutto di passare le vacanze in serenità, e non come una persona ‘braccata’ dallo Stato italiano, e latitante. E dopo agosto chi si ricorderà più di lei, dopo i flirt estivi fra ombrelloni, secchielli e palette? “Chi la slunga, la scampa” diceva mia nonna, di origine romagnola. Già dopo l’arresto Carola fu portata ‘in luogo segreto’, per la sua incolumità. Ma da chi la si doveva proteggere, se tutti le battevano le mani? Toghe rosse? Macchè, fantasie di Berlusconi. Né mai sapremo perché e come il GIP Alessandra Vella fosse proprio lì in quei momenti, per occuparsi della questione Sea Watch 3: il che sa tanto di imboscata. Ma, l’abbiamo detto, tutto secondo copione.




Radical chic o politically correct: chi comanda in Italia?

L’Italia da tempo è affetta da un morbo intellettualoide, quello dei ‘radical chic’, o, come si chiamano oggi, dei ‘politically correct’.

Sono una malagenia derivante dai comunisti con il Rolex, quelli che vanno alla guerra con il sedere altrui. Quelli che non si capisce poi bene in nome di quale principio e di quale filosofia, – not in my backyard – sono sempre contro tutto e contro tutti, tranne che contro le loro stesse nebulose idee.

L’origine di tale classe sociale non è lontana. Lo spartiacque, ancorchè portatore di un sano e necessario antigene ad un conformismo ottocentesco dei nostri genitori, che stava uccidendo l’evoluzione delle idee, lo possiamo considerare attorno agli anni ’60, con la musica rock a far da traino e da culla, con Woodstock, l’isola di Wight e Bob Dylan e Joan Baetz e tanti altri a farne da cantori. Noi abbiamo i nostri Guccini, De Andrè, Gaber, De Gregori, Vasco Rossi, Califano, Tenco.

Tutto bene, dunque. La guerra nel Vietnam, fonte di una contestazione epocale e globale – vedi i figli dei fiori – grande sconfitta degli USA, e prolungata da Nixon per motivi politici, è stata una delle più grosse catastrofi di questo secolo. Gli unici che ne hanno beneficiato sono stati i fabbricanti d’armi e i ricostruttori. Oggi il Vietnam è un paese anche turisticamente attrattivo, lasciando ormai da parte le valanghe di cannabis consumate dai militari USA e i milioni di morti da ambo le parti, per nulla. Tutto bene, se queste manifestazioni rimanessero come fatto storico, e non fossero state strumentalizzate dalla solita sinistra come fatto ideologico e partitico. In realtà il Vietnam è stato lo strumento e il teatro di un confronto militare indiretto fra la Russia e la Cina – blocco comunista – contro il gigante imperialista e capitalista statunitense.

Per cui oggi tutto ciò che non rispecchia certe idee è ‘fascista’. Il male di questa definizione, oltre che essere un falso storico – il fascismo è stato un periodo della nostra storia e ormai è morto e sepolto– insegna alle nuove generazioni concetti non esatti e non obiettivi.

Quello che infatti bisognerebbe guardare, al di là di ogni ideologia, è l’obiettività dell’insegnamento, senza della quale la mentalità ancora da plasmare dei ragazzi viene orientata – in buona o malafede, ma propendiamo per quest’ultima – in una precisa direzione, vedi anche il recente argomento arcobaleno del gender e dell’omosessualità che si vuol far passare come normalità.

Come anche la favola del fatto che la cultura esiste solo a sinistra, visto che nelle vecchie foto del ventennio sono raffigurate alcune Camicie Nere che sorridono intorno ad un falò di libri, chiaramente di stampo contrario al regime. Ma si sa, nei regimi totalitari queste cose accadono. Come oggi in Cina, dove tutti devono giurare fedeltà al Partito, pena severe punizioni. Eppure la Cina non è un paese fascista, tutt’altro: è esattamente all’opposto, un paese da falce e martello – questo lo dico per chi ancora oggi canta ‘Bella ciao’, quando i partigiani, anche loro non scevri da colpe, sono ridotti a pochi vecchietti pieni di nastrini e medagliette, con tutto il rispetto per il ruolo della Resistenza.

L’adolescenza è una bella età, e anche l’umanità, per giungere alla maturità, deve esserci passata attraverso. L’adolescenza, ci insegnano i pedagoghi dell’età evolutiva, è l’età della contestazione; l’età in cui, contestando i genitori, ci si può formare una propria personalità e un proprio carattere, senza retaggi. In realtà, l’adolescenza della nostra società, l’età della contestazione, è passata da un pezzo, da quegli inenarrabili, irripetibili anni ’60, quando tutto era una scoperta, dal sesso alla musica, alla cultura, alle letture di autori americani. Era di moda, allora, andare in cerca di un guru, segnatamente indiano, tipo Sai Baba.

Il viaggio in India era visto come una sorta di iniziazione, e il ritorno in patria del viaggiatore visto come l’avvento di un nuovo Messia, capace di spandere attorno a sé un nuovo Verbo, a dispetto delle idee cattoliche ormai cristallizzate e onuste di sensi di colpa e di castigo dei nostri genitori e dei nostri nonni. Insomma, nuove vie spirituali per la soluzione di problemi mai risolti. Anche oggi abbiamo buddisti in ritardo, che credono di trovare la quadra della vita nella filosofia dell’annullamento. Ma non siamo orientali, checché se ne voglia far apparire.

Quindi l’adolescenza della società dovrebbe essere un fatto acquisito, e tutti dovremmo sentirci più adulti e coscienti. Tranne i ‘radical chic’, o ‘politically correct’, gli adolescenti per principio, quelli che non si sa bene cosa vogliano, ma certamente sono sempre e comunque ‘contro’: ma non si capisce neanche bene contro chi o cosa, visto che in questa società vivono, lavorano, prosperano, riuniscono i loro salottini pseudo-culturali, letterari o meno, discutono dell’ultimo film di Wim Wenders o di Sophia Coppola, o dell’ultimo Premio Strega. Sempre centellinando un Veuve Cliquot e guardando al Rolex d’oro assicurato sul polsino della camicia.

Fu proprio questo tipo di società ‘bene’ a far eleggere alla presidenza della Regione Puglia Nichi Vendola, personaggio di rottura in quanto gay e di sinistra. Degli intoccabili egocentrici, parodiati e descritti molto bene trent’anni fa da Paolo Villaggio con il suo Fantozzi. Bene, tutta questa premessa serve ad una sola cosa: spiegare il perché Salvini non riesce a far bloccare i nostri porti. Operazione legittima, secondo la legge e secondo i nostri ordinamenti, e che ha ridotto al minimo le morti in mare. Ma purtroppo il muro dei radical chic e così via fa opinione, appunto, andando a combattere con il sedere degli altri, visto che nessuno di coloro che strepitano contro il respingimento, s’è mai offerto di ospitare i malcapitati. I quali, rei soltanto d’aver dato fiducia a ciò che nella loro patria gli hanno raccontato delle meraviglie dell’Italia e del loro dolce far niente, riscuotendo ogni giorno il corrispettivo di un mese di lavoro, o forse più, fra donne facili perché a capo scoperto – e scoperto non solo quello, oggigiorno – donne che si possono tranquillamente sottoporre con violenza ai bisogni dei propri straripanti ormoni; una terra in cui se protesti perché non ti piacciono le penne al sugo e il Cordon Bleu con le patate, subito lo puoi buttar via e ti danno il pollo e il riso, quello che tu (non) mangiavi a casa tua: giusto per la nostalgia. Puoi prendere i mezzi pubblici, treno, autobus, metro, senza pagare; e se ti chiedono il biglietto puoi picchiare il controllore, l’autista, i passeggeri. E se poi ti beccano, puoi picchiare i poliziotti, i carabinieri, la finanza, i vigili urbani, prenderli a morsi e scappare. E se non riesci a scappare, puoi far causa se ti fanno male durante l’arresto.

Alcuni Comuni, come quello di Milano, ino ossequio alla filosofia radical-chic e politically correct, hanno vietato perfino l’uso del taser, e lo spray al peperoncino è di dubbia legalità. E comunque, anche se vai a processo e ti condannano, stai tranquillo, perché nessuno ti metterà in galera, nessuno ti potrà espellere e rimandare nel tuo paese d’origine: i decreti di espulsione sono di carta, si piegano in quattro e si mettono in tasca. Perché questo è il paese di Bengodi, dove anche i magistrati sono dalla tua parte nell’interpretazione della legge, e dalla parte di chi, come Carola Rackete, la legge la mette sotto i piedi in almeno cinque modi diversi.

E, vedi, neanche lei ne subisce le conseguenze. Dal ‘luogo segreto’ in cui è stata portata per ‘motivi di sicurezza’ in seguito alle proteste della Germania, vedi lettera di Seehofer a Salvini – ma non era morto il Terzo Reich? Questo è il Quarto-Merkel? E perché ve la prendete con Mussolini, il ‘dittatore de noantri’? – non si sa dove sia andata a finire. Qualcuno dice in Australia, a sfogare la sua mania, anch’essa radical-chic e politically correct di donna bianca, rasta, ricca, viziata, nata dalla parte giusta del mondo, carica di opinabili tatuaggi – che brutta moda! – che nella pratica anche lei non sa che vuole. A trentadue anni, ancora adolescente. Il che sarebbe magnifico, se non denotasse una totale mancanza di maturità.

In Italia abbiamo, invece di Carola, il nostro Casarini, anche lui sempre ‘contro’. Dove c’è una legge dello Stato, fa di tutto per disobbedire, un adolescente a vita, un ‘disobbediente’ anche durante i fatti di Genova, insomma, anche pluripregiudicato. Il che non è proprio la giusta compagnia che vorremmo per i nostri figli. Casarini ha guidato l’approdo dell’Alex, la quale barca ha scaricato, stanotte verso l’una, tutti i suoi occupanti, per motivi dichiaratamente igienici. Immaginiamo la coda alle toilettes del porto di Lampedusa, dopo tanti giorni di navigazione: evidentemente non sono rimasti digiuni.

E poi parliamo di inquinamento dei mari per gli scarichi fognari delle città, dove i depuratori funzionano male o non ci sono del tutto! Un’altra nave umanitaria della Sea Eye tedesca ha preferito virare di bordo e dirigersi verso Malta, sperando di trovare meno coda ai cessi. Ma ormai il blocco dei porti non esiste più, e Salvini litiga con la Trenta perché dovrebbe mettere in atto ciò che la Meloni va predicando da anni: un blocco navale. Che non sarebbe una novità, visto che il PD, presidente del Consiglio Gentiloni, lo ha già attuato in passato. Alla faccia di Renzi che ci ha venduti per un piatto di lenticchie all’Unione Europea! Insomma, tanti migranti in Italia proprio non sappiamo dove metterli, ma pare che, secondo i 28 dell’Europa, il nostro paese sia l’unico che li può – li deve – accogliere, pena l’esser tacciati di scarsa o nulla umanità, pietà, principi cristiani, quelli stessi di cui bellamente si fottono i buddisti e gli atei, oltre che gli islamici, tranne che i profughi siano i loro. Anche il Vaticano, notoriamente inconcludente, a parte le esternazioni del Papa e dei suoi subalterni, pontifica – come è corretto dire – a proposito di accoglienza. Ma si vede che anche fra loro ci sono i radical-chic o politically correct. Perché in realtà non fanno nulla di tasca propria, tranne di recente con la Comunità di S. Egidio e le Chiese Evangeliche, creare – questo sì! – un corridoio umanitario con volicharter per profughi che realmente hanno diritto d’essere accolti, come i Siriani – perchè in Siria c’è davvero la guerra.

Allora il problema rimane insoluto. I migranti devono venire in Italia, ma dove metterli e cosa farne non si sa, se non alimentare le solite organizzazioni ‘umanitarie’ che se ne fanno carico e ci fanno la cresta. Se tutti i buonisti di maniera che protestano perchè siamo ‘cattivi e inumani’ prendessero in casa un migrante ciascuno, il problema – nostro – sarebbe risolto, ma non il loro. Perchè a loro basta protestare, anzi è un dovere civico farlo, a spese altrui. E poi? Tranne i pochi onesti, gli altri sono a spasso tutto il giorno a far danni, sapendo d’essere impuniti. E Salvini, sputtanato da Carola e dal giudice Vella, non può più reagire.

Quando un magistrato annulla l’autorità di un ministro del governo, siamo davvero a chiederci chi comanda in Italia. Sta a vedere che sono i radical-chic – o i politically correct?




Carola Rackete, un gravissimo precedente e un insulto per la legalità

Ora anche i meno complottisti del mondo si saranno resi conto della macchinazione ordita alle spalle non di Salvini, e non soltanto di lui, ma di tutto il popolo italiano, proprio quando questo governo ha dimostrato di saperci fare, portando a casa un’epica vittoria contro la dittatura europea – quella sì.

I nostri conti, hanno dovuto ammettere i tristi personaggi che ci fanno le pulci– a differenza di quanto accade con altre nazioni, vedi la Francia di Macron – sono più che in ordine, lo spread precipita e gli interessi sui decennali pure, diminuendo a vista d’occhio il nostro debito pubblico. Sì, perché il nostro tanto sbandierato debito pubblico, come se fosse il risultato di un governo scialacquatore (comunque precedente all’attuale), viene invece da interessi su quel debito che la cara Europa ci ha voluto imporre con il nostro ingresso nella federazione, pretendendo, e inserendo addirittura in Costituzione – con la complicità dei soliti noti al potere in quel momento – il pareggio di bilancio, che, notoriamente è un’idiozia contabile, oltre che un suicidio per le nazioni che lo volessero o dovessero mettere in atto.

Non contenti di questo, i soliti ‘poteri forti’ – ognuno se li può configurare come vuole, tanto non cambia niente fare i soliti nomi, li conosciamo tutti, specie dopo la pubblicazione di un libro subito sparito dopo la sua pubblicazione, ‘La Matrix europea’ del collega Francesco Amodeo, ma reperibile su ebay – si sono scatenati contro il nostro ministro dell’Interno, colpevole, a sentire i soliti ‘antifascisti’ di maniera, buoni per tutte le stagioni, di adottare metodi ‘fascisti’ per governare l’Italia.

Intanto oggi 80 cosiddetti ‘migranti’ risultano ‘dispersi’ al largo della Tunisia, e poche speranze ci sono di trovarli in vita – anzi, nessuna. Questa è la risposta alla vicenda Sea Watch da parte dei trafficanti di esseri umani, complici le navi ‘umanitarie’ che fanno servizio taxi. Queste nuove morti, architettate con sommo cinismo, caricheranno ancora di più il peso sulle spalle di Salvini, come è già accaduto. Senza tener conto che per la sua opera decisa e ferma, di Salvini, molti hanno scelto vie migratorie alternative, diminuendo esponenzialmente il numero dei morti in mare. Accogliere gli stranieri che ne hanno titolo si può, e si fa, con i voli charter organizzati dalla Comunità di S. Egidio di concerto con le Chiese evangeliche.

Non si può tollerare, invece, una migrazione selvaggia e senza regole che ci si vuole imporre, con tutte le conseguenze del caso, non ultimo, come già avvenuto, il disordine sociale e lo sfruttamento delle mafie nostrane sui contributi da erogare agli stranieri. Riteniamo che il magistrato – pare che sia di sinistra – che ha liberato Carola, non confermandone il sacrosanto arresto, non possa non essersi reso conto del gravissimo vulnus istituzionale inferto all’autorità dello Stato, e ciononostante abbia operato in quel senso.

Dobbiamo dire che la Magistratura non è di sinistra, e che le sentenze non si discutono?

Bene, fin quando sono con i piedi per terra. Ma quando si evince dai fatti che:

1) i migranti erano già stati tratti in salvo, dopo essere stati abbandonati in acqua libiche, dove la Sea Watch 3 avrebbe agevolmente potuto metterseli a bordo;

2) la fissa della comandante di volerli per forza portare in Italia, mentre aveva a disposizione, dopo 17 giorni di navigazione, i porti francesi o spagnoli;

3) l’aver forzato, nonostante i divieti e le ripetute comunicazioni delle autorità marittime, un blocco stabilito dal ministero di una nazione sovrana, almeno nelle proprie acque territoriali:

4) aver traccheggiato con i parlamentari di sinistra, sconfitti in patria e alla ricerca di una purchessia rivincita, conniventi in questa operazione illegale, affinchè appoggiassero la violazione palese della legge, a tempo e luogo voluto dalla comandante;

5) l’aver comunque voluto entrare in porto, nonostante il divieto della Guardia di Finanza, notoriamente un corpo militare, contro cui ogni azione viene classificata come di attacco;

6) l’aver costretto, con rischio per la vita dei finanzieri, la motovedetta della GdF contro il molo, schiacciandola e costringendola a cercare scampo nella fuga, motovedetta che si interponeva fra il molo e la nave ‘umanitaria’ per impedirne legittimamente l’attracco; bene, allora non si può tirare in ballo il ‘caso di necessità’, negando l’arresto di una donna che ha commesso più reati, e commettendo, a nostro parere, un ulteriore reato, quello di omissione di atti d’ufficio nel confronti di Carola Rackete, per la quale già s’era scomodata nientemeno che la Germania, senza parlare dei soliti buonisti, pronti a raccogliere centinaia di migliaia di euro per pagarle la multa di 50.000 euro, legittimamente comminata.

Dicevamo che l’azione del magistrato è di una gravità inaudita, a parere di chi scrive, e gravida di conseguenze

Stabilito il precedente, infatti, chiunque potrà ripetere le eroiche gesta di Zorro in gonnella, senza timore d’esser sanzionato in alcun modo. Ci chiediamo se questa solerte Magistratura non voglia piuttosto costituirsi in partito, visto che a Salvini è stato consigliato di vincere un concorso – in Magistratura – per poter parlare. Certo, è comodo trincerarsi dietro una presunta ‘autonomia e indipendenza’ dell’Ordine, per poter fare ciò che conviene ad una certa parte politica, senza rischio di conseguenze, come da ciò che si vede si può dedurre.

Vogliamo chiedere ad un giudice qualsiasi se secondo lui bisogna operare per il bene della nazione in cui si vive, oppure per il bene di qualche altra parte, segnatamente politica. O se colpendo Salvini si può mai pensare di fare il bene dell’Italia, visto che si tratta di un vicepresidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, e di un governo non golpista, ma eletto dai cittadini, dei quali nessuno mostra d’aver considerazione – o ci vuole rispetto per l’Autorità costituita.

Altre volte da queste colonne abbiamo osservato che alcune sentenze – vedi la legittima difesa – non erano state emesse tenendo presente il senso comune dell’uomo della strada, ma abbiamo compreso che le leggi magari non sono chiare o sufficienti, e l’interpretazione può essere di varia natura – come quando mandate a piede libero il solito nigeriano che aggredisce a morsi i nostri carabinieri e poliziotti. Ma questa volta, scusate, dobbiamo proprio ammettere che avete superato voi stessi. In chiusura, dato che l’ho citato, è doveroso riportare il sottotiolo in copertina del libro di Francesco Amodeo ‘La Matrix Europea’, un’inchiesta giornalistica, che vi consiglio di leggere: “Organizzazioni elitarie hanno dichiarato guerra ai popoli e alle loro democrazie. L’Unione Europea è il loro quartier generale, l’Euro la loro arma. Il piano di conquista degli uomini del Bilderberg in Italia”. Vi assicuro che non vi annoierete.




Attacco al governo, la farsa della Sea Watch 3 orchestrata contro Salvini

Che Salvini sia inviso all’Europa, alle sinistre – o presunte tali – , alla Francia e alla Germania, oltre che alle forze oscure che finora non hanno fatto altro che organizzare, da Ciampi e Prodi in poi, con l’avvento dell’euro, la nostra catastrofe (ricordiamo il governo tecnico di Monti e la sua distruttiva politica di austerity), che Salvini sia odiato e minacciato di morte quotidianamente dai soliti imbecilli, dicevamo, è noto a tutti coloro che, almeno con un orecchio, seguono la politica italiana, magari al di là dell’informazione ufficiale, quella dei soliti telegiornali.

Che la sortita della nave taxi raccogli-profughi fosse una trappola per Matteo, lo si era capito fin da subito

Perché al timone di quella barchetta battente in maniera evidentemente abusiva bandiera olandese, dato che la sua paternità da parte dell’Olanda è stata molto comodamente negata, c’era un personaggio sconosciuto ai più, ma che già era stata coinvolta in possesso e uso di cocaina – a quanto riferiscono alcune voci – e fin qui scagli la prima pietra chi è scevro da questo peccato, dati i tempi.

L’altra accusa di cui si sussurra è l’uso di carte di credito rubate

Per cui nel passato la brava emula di Robin Hood aveva già avuto a che fare con la giustizia. A trentadue anni, invece di cercare di formare una famiglia – il che sarebbe giusto e anche morale – questo personaggio, in odore di Soros – le cui fondazioni pare che finanzino le varie ONG per il soccorso in mare – si mette al timone di una barca che poco può raccogliere in termini di naufraghi, ma tant’è, la sua stazza la rende sufficiente a raccogliere una cinquantina di giovanottoni straripanti di ormoni e palestrati, a quel che si evince dalle foto scattate sul ponte: un mucchio, un monticello di persone di colore stravaccate sul ponte, che ci sono presentate come ‘stremate’, forse dal troppo riposo, visto che l’autorità italiana che governa i porti si è preoccupata di mandare a bordo medici, di sbarcare chi fosse in stato di vera necessità di cure, e di caricare sulla piccola nave viveri, acqua e quant’altro – medicinali – fosse stato necessario. Non sono quindi stati abbandonati, i ‘naufraghi’ di plastica, al loro destino, ma curati come e meglio che se fossero stati a terra.

Pura fantasia, non dimostrabile, il fatto che la Rackete temesse il suicidio di alcuni

Aspettiamo che Carola Rackete, con il corpo ricoperto da numerosi e invasivi tatuaggi e la sua capigliatura ‘rasta’ – che sinceramente a noi solleva sempre qualche dubbio sulla sua pulizia e odore – venga proposta per il Nobel per la pace: possibile. Ma lo scopo dell’operazione era quello di forzare il blocco dei porti italiani tanto sbandierato dal nostro ministro dell’interno. Anche se poi i ‘barchini’ sono arrivati ugualmente a Lampedusa, in sordina, e i relativi occupanti sono stati prelevati dalla GdF e avviati ad un centro di identificazione, quella identificazione che, evidentemente, non fa comodo agli occupanti della Sea Watch. Mentre altri profughi siriani richiedenti asilo – nel loro pieno diritto di ottenerlo – selezionati all’origine, scendevano nei nostri aeroporti con voli charter organizzati dalla Comunità di S. Egidio, di concerto con le Chiese Evangeliche italiane; gli uomini avviati ad una occupazione che consenta loro di mantenersi, e i bambini avviati all’istruzione scolastica. Tutto il contrario, insomma, di quello che si ottiene con l’immigrazione selvaggia e incontrollata che tanti problemi causa ogni giorno all’Italia e alle nostre Forze dell’Ordine; un mondo opaco nel quale ci può essere di tutto, come in effetti c’è, dal terrorismo islamico ai rapinatori, stupratori e violenti in genere.

Non che tutti siano così, intendiamoci, ma una mela marcia rovina tutto il cesto

Sarebbe quindi opportuno che i cosiddetti migranti – termine coniato ad hoc per evitare quello più appropriato di ‘clandestini’, visto che ancora una legge sull’immigrazione, di cui nessuno mostra più di ricordarsi, esiste – venissero accolti dall’Europa, e non solo dall’Italia, in maniera razionale, come quella adottata dalla politica dei voli charter. Combattere a monte la mafia dei disperati, a cui si fa credere ogni favola, pur di accaparrarsene la presenza e il denaro, sarebbe condurre un’azione di guerra con forze speciali, ma nessuno mostra di aver voglia di intraprenderla. Sarebbe molto facile individuare i centri di propaganda della ‘migrazione’ e i loro capi, e distruggerne l’organizzazione, ma forse si andrebbero a pestare i piedi ad altre convenienze.

Pare che i ‘medici dal Sahara’ siano disponibili ad intervenire per l’espianto di organi – 15.000 dollari per un rene – su aspiranti profughi ancora vivi. Tanti soldi per un commercio ignobile già praticato anche da noi, vittima Pamela Mastropietro, diciott’anni, a Macerata, smembrata dai mafiosi nigeriani ancora viva, e i cui resti, mancanti di alcuni organi, gettati in due valigie sul greto di un fiume.

Tornando alla Sea Watch, un quotidiano italiano ha riportato la notizia di conversazioni fra esponenti della nostra sinistra ancora a terra e Carola Rackete, la quale esortava i nostri politici a rimandare la loro presenza sulla nave, e ad essere disponibili al loro intervento ‘umanitario’ quando lei lo avesse richiesto. L’opposizione al servizio della Rackete ci dice quanto sia disperata questa sinistra nei confronti di un governo che, pur contrastato con tutti i mezzi a loro disposizione, continua a fare andare dritta la barca dell’Italia. Sono di ieri i risultati dell’Istat, che dicono che è diminuita la disoccupazione, particolarmente quella giovanile, e che il nostro spread, nei confronti dei bund tedeschi, crea un interesse sui titoli decennali, inferiore al 2%, ciò che non accadeva da molti anni. Per rispondere a tutti gli ingenui – mica tanto – che continuano a scrivere sugli striscioni stradali che ‘Salvare la gente non è reato’, rispondiamo che siamo assolutamente d’accordo con loro: è un obbligo di legge, oltreché morale, salvare chi si trovi in difficoltà, ancorchè creata ad arte, e non solo in mare. È reato, invece, operare uno sbarco espressamente proibito, contravvenire alle leggi dello Stato italiano, rappresentato nella fattispecie dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, forzando il blocco nelle acque di Lampedusa, spalleggiata da ‘onorevoli’ membri della sinistra di opposizione, praticamente ‘cespugli’ parlamentari senza nessuna voce in capitolo per l’inconsistenza dei loro partiti, tranne – e questo è ancora più grave – il PD, ex partito di governo.

Un’azione orchestrata per colpire Salvini nella sua azione più rappresentativa, cioè quella della diminuzione degli sbarchi selvaggi, – e dei morti in mare – con l’intento di screditarlo agli occhi del mondo, mandando avanti una Carola qualsiasi, che non ha niente da perdere, e che, anzi, ricopre esattamente il ruolo di martire dell’iniquità. L’attacco sferrato a Salvini è rivolto a tutta la nazione, e alla sua credibilità internazionale, se il fatto non sarà sanzionato con la massima severità. Rifiutare l’obbedienza ad una motovedetta della GdF – apparato militare – e cercare di schiacciarla contro il molo, mettendo a rischio la vita stessa degli occupanti (nessuno dice la la motovedetta avrebbe potuto affondare, nonostante la lentezza dell’operazione) sono fatti gravissimi, che mettono in luce la nostra ridotta capacità di reazione.

Mentre i soliti idoti criticano il comportamente della GdF, che non avrebbe dovuto cercare di evitare l’attracco. Fantastico! In altri paesi la Sea Watch 3, nelle stesse circostanze, nell’avvicinamento alle coste lampedusane sarebbe stata oggetto di colpi di arma da fuoco, davanti alla prua, per avvertimento. Oggi la propaganda fa perno soltanto sul fatto umanitario, ma quello era già stato ampiamente soddisfatto dal nostri interventi a bordo della nave. Quello che si voleva evitare era lo sbarco, l’ennesimo, in Italia, vista l’inanità di un’Europa che pretende di comandare anche a proposito dei nostri prodotti tipici e sulla misura delle vongole, e che poi si volta dall’altra parte quando dovrebbe manifestare più coesione. Ma già, lo sbarco, complici tutti, doveva avvenire in Italia, per mostrare a Salvini che il più forte non era lui, anche andando contro la legge di uno Stato democratico, come l’Italia si picca di essere.

Ricordiamoci che un’azione del genere, ripetiamo, non è contro un ministro, ma contro l’intero popolo italiano, visto che questo governo è stato eletto democraticamente, e che finora, nonostante il berciare dei componenti il Consiglio europeo e la relativa commissione – i quali mostrano di avere più simpatia per l’opposizione che per il governo – ha fatto e continua a fare il bene della nostra nazione. Robin Hood lottava contro lo sceriffo di Nottingham e contro l’usurpatore del trono di Riccardo Cuor di Leone, ma quella era una giusta protesta contro una tirannia iniqua. Invitiamo tutti coloro che ritengono che il nostro regime sia una tale tirannia, a mettersi su di un barcone e farsi abbandonare nel Mediterraneo: prima o poi qualche Robin Hood in gonnella li verrà a raccogliere. Purchè glielo dica Soros.




Morte Sestina Arcuri: Tribunale del Riesame dice si alla custodia cautelare per Andrea Landolfi

RONCIGLIONE (VT) – Il 4 di febbraio di quest’anno moriva, all’ospedale Bel Colle di Viterbo la giovane Maria Sestina Arcuri, 26 anni, venuta dal suo paese in provincia di Cosenza per cercare lavoro a Roma come parrucchiera. A nulla valsero i tentativi messi in opera dai sanitari, di assorbimento dell’ematoma cerebrale che la ragazza presentava dopo un volo dalle scale dell’abitazione della nonna 80enne Mirella Iezzi, in via Papirio Serangeli, a Ronciglione. Per questo evento, che si può leggere come una caduta accidentale o una spinta volontaria, è indagato per omicidio volontario colui che la fatale spinta avrebbe dato al corpo di Sestina, il suo fidanzato 30enne, operatore socio-sanitario e appassionato di boxe, Andrea Landolfi Cudia.

A sostenere l’accusa, corroborata da tre interventi dei RIS di Viterbo nella casa di Ronciglione, oltre che dalle indagini esperite dai carabinieri della Compagnia di Ronciglione, comandati dal Maggiore Alfredo Tammelleo, è il Procuratore Capo di Viterbo Paolo Auriemma, affiancato dal sostituto procuratore Franco Pacifici. Secondo Auriemma esiste un valido e solido impianto accusatorio a carico dell’indagato, per cui lo stesso Auriemma ha chiesto di sottoporre il Landolfi a misure di custodia cautelare.

Di parere contrario il GIP Franco Rigato, secondo il quale non esisterebbero i presupposti per l’adozione di tale misura. Per cui la Procura di Viterbo ha ritenuto di presentare appello contro la negazione della custodia cautelare del GIP, depositata in data 15 aprile 2019. In data 10 giugno il Tribunale del Riesame ha depositato Ordinanza di accoglimento dell’Appello proposto dalla Procura di Viterbo avverso il rigetto della richiesta di custodia cautelare in carcere a carico di Andrea Landolfi, e ha disposto la misura di custodia cautelare in carcere, misura non eseguibile fino alla sua definitività.

Dovremo perciò attendere la decisione della Corte di Cassazione a proposito del prevedibile ricorso che sarà presentato dall’avvocato di Andrea Landolfi Cudia, Luca Cococcia. Secondo l’avvocato Vincenzo Luccisano, difensore della famiglia Arcuri, la motivazione del Tribunale del Riesame ha ribaltato completamente le conclusioni del GIP, accogliendo pienamente le conclusioni della Procura di Viterbo. Dalla sua durezza, rimarca l’avocato Luccisano, si evince quasi una sentenza nei confronti dell’indagato, con toni di riprensione nei confronti del primo giudice. Comunque il PM non ha concluso le indagini, e probabilmente vedremo ancora una volta i RIS di Viterbo all’opera in via Papirio Serangeli.

Nelle motivazioni, il Tribunale del Riesame ha anche valutato la testimonianza del figlio cinquenne di Landolfi, in un primo tempo messo da parte, ma testimone oculare dei fatti. “Il carcere” conclude l’avvocato Luccisano “potrebbe portare ad unteriori sviluppi della situazione di Landolfi, come è successo altre volte.” Certo, se la Cassazione desse il suo assenso, le indagini prenderebbero un ben preciso orientamento, in funzione del processo.




Magistratura: perchè così spesso gli sforzi delle Forze dell’Ordine vengono vanificati?

Abbiamo preso alla rinfusa dal web alcuni trafiletti recenti, pubblicati da vari giornali. Ce ne sarebbero tanti altri, ma non abbiamo voluto annoiare il lettore:

10 maggio 2019– Triggiano (BA) – Extracomunitario sorpreso dal capotreno senza biglietto aggredisce a calci e pugni lui e due agenti in borghese di rinforzo che viaggiavano sullo stesso treno delle Ferrovie del Sud Est. Fuggito.

21 aprile 2019– Torino – uno straniero gridando ‘Allah Akbar’ ha aggredito due poliziotti colpendoli con una spranga di ferro. Fermato.
8 maggio 2019– Salerno – 51enne marocchino ubriaco, già noto alle forze dell’ordine e già in possesso di decreto di espulsione, aggredisce un poliziotto durante un controllo. Arrestato.

8 maggio 2019 – Foggia – Egiziano 21enne privo di biglietto sul Frecciargento 8302 Lecce-Roma aggredisce capotreno e poliziotti. Arrestato.
21 maggio 2019 – Torino – 23enne nigeriano pregiudicato durante un controllo aggredisce i poliziotti e stacca con un morso una falange ad uno di essi. Arrestato.

31 maggio 2019 – Reggio Emilia – Straniero fermato per controllo aggredisce due agenti della Municipale, uno dei quali si difende con la poltroncina di un vicino bar, riuscendo poi ad ammanettarlo.

6 giugno 2019 – Roma – Ospedale Umberto 1^. Nigeriano picchia senza motivo un portantino e fugge. Ricercato. Precedentemente, durante un trasferimento ad un centro di espulsione per essere rimpatriato, aveva aggredito i carabinieri che lo accompagnavano. Giudicato per direttissima, il giudice non aveva emesso alcun provvedimento di custodia cautelare. Fuggito.

5 giugno 2019 – Casal di Principe (CE). Nigeriano 24enne aggredisce i carabinieri dopo aver molestato alcune minorenni. Arrestato.
18 maggio 2019 – Siracusa – detenuto straniero aggredisce ispettore della Polizia Penitenziaria nel carcere di Augusta.

6 giugno 2019 – Torino. Gabonese 35enne accusato di stupro salta dalla finestra al primo piano della polizia e fugge.

Sono solo alcuni dei casi quotidiani di cronaca che sempre più spesso si verificano da noi, da quando l’invasione scellerata e purchessia è stata approvata e incentivata da Renzi, ai tempi del suo governo. Tanti passano sotto silenzio da parte dei giornali, tanti non sono denunziati. Come tanti stupri da parte di ‘migranti’ non fanno più notizia, né le donne li denunziano, stante la situazione della nostra giustizia.

Una giustizia che fa acqua da tutte le parti, al punto di mettere in dubbio l’opportunità della tanto sbandierata autonomia della Magistratura

Dare cinque anni per l’omicidio di Marco Vannini, per esempio – stranieri a parte – è davvero contrario a tutte le regole del comune sentire. Come contrario al comune sentire è accorgersi che gli arresti e le fatiche di Polizia e Carabinieri sono vanificati da alcune risoluzioni che pur condannando l’imputato, lo rimettono in libertà. Quando addirittura lo liberano senza alcuna sanzione.

Addirittura pare che quando lo stupro è di un musulmano, o comunque di un extracomunitario, il giudizio sia più mite

Poverini, da loro si fa così, e si sa che quando si cambia nazione si ha piacere di ricordare la patria attraverso le proprie tradizioni. E poi nessuno glielo ha detto che in Italia non esiste lo stupro libero. Non ancora. Ma dai e dai, se ci impegniamo può darsi che ci arriviamo, come alla ‘maria’ venduta dal tabaccaio. Si parla tanto di percezione sbagliata della mancanza di sicurezza, ma, eccolo là, tutte queste micro-notizie ci fanno sentire meno sicuri. Soprattutto minano il nostro concetto di giustizia e di onestà. Chiedete a chiunque per strada – come fanno alcuni giornalisti tv – e vi dirà proprio quello che è sotto gli occhi di tutti: in Italia non c’è la certezza della pena.

Fra indulti, aministie, permessi premio, libertà vigilata, obbligo di soggiorno, sconti di pena e riti abbreviati, il più incallito dei delinquenti dopo pochi anni può tornare in libertà, libero, stavolta, di tornare a delinquere. Come liberi di fare ciò che gli pare sono gli ‘scuri di pelle’ africani che hanno invaso la nostra nazione, a fronte di una politica dissennata di accoglienza tout-court, nel nome di princìpi cristiani che sono solo una facciata buonista. Mettere riparo a questa situazione è oggi praticamente impossibile.

Bisognerebbe che i giudici interpretassero un po’ di meno le leggi, e guardassero un po’ di più il compito a cui sono preposti, cioè quello di tutelare il cittadino attraverso l’applicazione della legge, e non la sua interpretazione a volte ‘ideologica’.

Non si capisce perché il pensionato che infila una busta di prosciutto sotto la giacca al supemercato debba essere sanzionato, e un immigrato di colore che aggredisce, stupra, spaccia e aggredisce, invece no.

Almeno non sempre. La nostra percezione di sicurezza aumenterà quando i delinquenti saranno giudicati in proporzione al loro reato, e sconteranno per intero la pena, specialmente quelli il cui unico mestiere nella vita è violare la legge. Saremo più tranquilli quando polizia e carabinieri potranno davvero avere in mano il controllo del territorio a cui sono destinati, in modo non solo di intervenire rapidamente, ma di prevenire il verificarsi di furti e aggressioni notturne in casa.

I decreti di espulsione, per chi non l’avesse capito, sono acqua fresca. Ciascuno dei ‘già noti alle Forze dell’Ordine’ ne ha in tasca almeno uno, e non dovrebbe essere sul suolo italiano.

Con l’episodio della notte scorsa, a Ivrea, dove un tabaccaio 65enne, dopo aver subito sette tra furti e rapine dal 2014, ha sparato uccidendo un ladro moldavo (incensurato, precisa il tiggì, ma è importante? Se rubi rubi) alle tre di notte, tutta la nazione seguirà l’andamento di questo primo caso di ‘nuova’ legittima difesa.

Ci saranno, come al solito, gli schieramenti: da una parte quelli che tifano per un cittadino che legittimamente ha esercitato il suo diritto a non subire l’ennesima rapina. Dall’altra il fronte buonista contro le armi e contro chi si difende, extrema ratio, con una pistola. Tutto sta ai giudici, come al solito, i quali dovranno giudicare lo stato di ‘profondo turbamento’ dell’aggredito. Si profila una battaglia medica fra periti.

Ma visto che i togati sono propensi, in alcuni casi, a valutare la capacità o meno di giudizio in circostanze estreme, la bilancia della giustizia dovrebbe pendere a favore del tabaccaio. A meno che non intervengano altri fattori, come ad esempio il non voler creare un precedente che, secondo i soliti, potrebbe spingere a sparare anche chi non è nel diritto di farlo. E se il tabaccaio venisse assolto, si leverebbero alti lai dai banchi della solita sinistra. A questo proposito ci conforta l’episodio che si è verificato a Milano, nel quale un tale G. O., dopo essere stato già processato per reati di violenza e sequestro di persona ai danni di quattro donne, era stato rimesso in libertà dal giudice, perché giudicato ‘incapace di intendere e volere’. Il giudice, quindi, aveva valutato, a favore dell’imputato, lo stato psichico in cui lo stesso si trovava al momento del crimine. Il G. O., purtroppo, dimostrandosi poco degno di tanta fiducia, ha ripetuto ciò che lui riteneva giusto, cioè sequestrare per quattro giorni la sua fidanzata in appartamento cittadino e sottoporla a numerose e reiterate sevizie, minacciandola anche di morte. Al punto che la poverina, nuda, dopo essere stata costretta ad immergersi in una vasca piena di acqua gelata, pur di sottrarsi al torturatore, ha cercato di fuggire dalla finestra del bagno al secondo piano, cadendo e procurandosi numerose ferite e fratture. L’uomo è stato arrestato.

Vedremo se si ripeterà il teatrino. E vedremo anche se il giudice concederà al tabaccaio di Ivrea lo stato di ‘profondo turbamento’. Due pesi e due misure? Speriamo di no, e comunque, nel caso ciò si verificasse, niente paura: ci siamo abituati.




Il giallo di Ronciglione, morte di Sestina Arcuri. Il Sostituto Procuratore Pacifici ha definito il castello accusatorio contro Landolfi, “solido e fondato”

RONCIGLIONE (VT) – Nel loro terzo intervento nella casa di via Papirio Serangeli, a Ronciglione, effettuato venerdì 31 maggio, i Ris di Viterbo hanno, fra l’altro, sequestrato un paio di scarponcini e indumenti sporchi di sangue appartenenti a Maria Sestina Arcuri, la ventiseienne venuta a Roma da Nocara, in provincia di Cosenza, per fare la parrucchiera, deceduta il 5 di febbraio all’ospedale di Bel Colle a Viterbo, in seguito alle ferite riportate per una caduta da una scala interna all’abitazione di proprietà della nonna del fidanzato, dove i due a volte passavano insieme il fine settimana. E durante la quale, riferiscono Andrea Landolfi e la nonna, pare abbia urtato anche il capo contro lo spigolo del caminetto sottostante.

Gli inquirenti che indagano sulla morte di Sestina, il procuratore capo Paolo Auriemma e il PM Franco Pacifici, ritengono che la caduta possa non essere stata accidentale, ma che la ragazza sia stata getta per le scale dal fidanzato Andrea Landolfi, attualmente inquisito per omicidio volontario. Il referto del Pronto Soccorso, infatti, parla di “caduta libera senza resistenza”. Sta di fatto che la sera del 3 febbraio Maria Sestina e Andrea sono andati a cena in un ristorante di Ronciglione, “Il Divino”, dove hanno consumato una bottiglia di vino e alcuni bicchierini di grappa. Riferisce il cameriere che li ha serviti che sia il vino che la grappa sono stati consumati prevalentemente da Andrea, che all’andar via sembrava brillo.

Pare infatti che i due avessero preventivamente consumato anche un ‘aperitivo’, da qualche parte. Come riferisce il testimone, i due non erano in buona armonia, anche se non c’era stata una vera e propria lite. Pare, infatti, che Sestina non volesse tornare a casa con Andrea, ma che poi abbia acconsentito. Dopo il divorzio, infatti – esperienza devastante per chiunque – Andrea non voleva rimanere solo ancora una volta. Dopo la cena al ristorante, i due, accompagnati dal figlio di Andrea di 5 anni, si sono recati al pub “Il Castello”, nella zona del centro storico, dove Andrea ha continuato a bere. Il proprietario del pub, ad un certo punto, vede Sestina piangere.

Fatto sta che verso le 2 di notte, dopo essere rientrati a casa, avviene la caduta. Landolfi e la nonna di lui, l’80enne Mirella Iezzi, riferiscono che Sestina s’è alzata da sola da terra, e ha insistito per andare a letto. La nonna di Andrea, però, si reca a piedi da sola all’ospedale di Ronciglione, – distante un centinaio di metri – dove le vengono riscontrate tre costole rotte, ma le viene detto che non si può far nulla, dato il depotenziamento dell’impianto, e le viene consigliato di recarsi a Bel Colle, dove avrebbe trovato un vero Pronto Soccorso. A quel punto la Iezzi si allontana, e telefona al genero che abita a Campagnano, per farsi venire a prendere. A domanda specifica, Landolfi riferisce che la nonna era presente alla caduta, ma poi s’è allontanata, perché, secondo lui, “presa dal panico”. Il resto è storia. Alle 5,56 Andrea Landolfi, visto che Sestina perdeva sangue dalle orecchie e dalla bocca, telefona al 118 e chiede l’intervento dell’ambulanza. Sestina viene operata a Bel Colle per l’assorbimento di un ematoma cerebrale, ma non ce la fa. Secondo l’avvocato Vincenzo Luccisano, difensore della famiglia Arcuri, a differenza di quanto dichiara Landolfi, con la caduta Sestina sarebbe entrata in uno stato soporoso da cui non si sarebbe più ripresa, né, secondo il suo consulente, sarebbe stata in grado di alzarsi in piedi e di interloquire con chicchessia.

Il referto dell’ospedale di Viterbo parla di “caduta libera senza resistenza”, e di una ferita praticamente dall’occipite fino alla sommità del capo, causata da una superficie piatta. Né, riferisce l’avvocato Luccisano, si sono riscontrati segni di urto con uno spigolo, come quello del caminetto. Nella relazione autoptica i medici legali proff. Mauro Bacci e Massimo Lancia riferiscono anche di quattro lividi sul braccio destro di Sestina, compatibili con un afferramento, oltre che di una lesione estesa sulla schiena di Sestina, compatibile con l’urto su di un gradino.

Resta da spiegare il riscontro sul cellulare di Landolfi, di 100 contatti con la sua famiglia, visto che in un primo tempo lui aveva dichiarato di non aver sentito nessuno. Né si è dato peso alla testimonianza del figlio di Andrea, di 5 anni, presente sia al ristorante che al pub, che alla caduta di Sestina, il quale ha riferito che Andrea avrebbe spinto Sestina giù per le scale. Tutto rimane nel mondo dei “se” e dei “forse”. Ne sapremo di più non appena verrà desecretato il referto autoptico, e sapremo se il Tribunale del Riesame concederà al PM la custodia cautelare per Andrea Landolfi.

Il che sarà una precisa indicazione delle intenzioni degli inquirenti, stante anche il fatto che il Sostituto Procuratore Pacifici ha definito il castello accusatorio contro Landolfi, “solido e fondato”.




Morte di Sestina Arcuri, terza volta dei Ris a Ronciglione: ancora un sopralluogo nella casa di via Papirio Serangeli

RONCIGLIONE (VT) – Omicido o incidente? Su queste ipotesi indagano il PM Franco Pacifici, insieme con il sostituto procuratore Paolo Auriemma e il GIP Francesco Rigato a proposito della morte della 26enne Maria Sestina Arcuri, originaria di Nocara (CS), un paese di circa 400 anime, in Calabria.

Il ‘caso’ di Sestina ha già riempito i palinsesti dei vari programmi TV che si occupano di questi argomenti, da ‘Chi l’ha visto’ a Quarto Grado, a ‘La vita in diretta’. Di certo c’è che Sestina fu accompagnata all’ospedale Belcolle, a Viterbo, dopo che una prima visita all’ex ospedale S. Anna di Ronciglione non potè sortire alcun effetto, dato che il S. Anna , dismesso dai recenti tagli sulla spesa sanitaria, non è più, a tutt’oggi, neanche un PPI, Punto di Primo Intervento.

Sestina è morta il 4 di febbraio, dopo essere stata sottoposta ad un delicato intervento per il riassorbimento di un ematoma cerebrale, e dopo essere giunta già in condizioni critiche al nosocomio. Il fidanzato Andrea Landolfi Cudia ha dichiarato che la notte fra il 3 e il 4 di febbraio, dopo una serata trascorsa al pub ‘il Castello’, di Ronciglione, insieme al figlio di cinque anni di lui, avuto da un precedente matrimonio, erano, lui e Sestina, sulle scale della casa di proprietà della nonna 80enne di lui, dove erano soliti trascorrere alcuni fine settimana, dato che la nonna, come anche i due giovani, vive a Roma. Landolfi ha descritto una caduta di ambedue dalle scale, in cui ha avuto la peggio la ragazza. E comunque, dice il fidanzato, sono ugualmente andati a dormire, nonostante Sestina perdesse sangue dal naso e dalle orecchie. La corsa in ospedale solo quando lei mostrava di non essere più cosciente. Il sospetto degli inquirenti e della madre di Sestina è che Landolfi sia responsabile della caduta della ragazza.

“Un atto dovuto” ha definito le indagini sul 30enne operatore socio-sanitario e appassionato di boxe il PM Pacifici, che ha secretato per 30 giorni i risultati dell’autopsia eseguita dai proff. Mauro Bacci e Massimo Lancia. Pacifici ha anche chiesto una misura di custodia cautelare per il giovane, istanza rigettata dal GIP Francesco Rigato, avverso il quale rigetto il PM ha presentato nuova istanza al Tribunale del Riesame, che ha preso 30 gg. di tempo per stabilire la data dell’udienza. Contrariamente a ciò che ritiene il GIP Rigato, il Sostituto Procuratore Franco Pacifici ha dichiarato che esiste a tutt’oggi un quadro accusatorio solido, costituito, oltre che dai risultati dell’esame autoptico, anche da varie intercettazioni ambientali e telefoniche. In avverso, l’avvocato Luca Cococcia di Roma, difensore del Landolfi, sostiene la tesi dell’accidentalità della caduta e della non responsabilità del suo assistito nella morte di Sestina.

La desecretazione dei risultati dell’autopsia potrà fornire nuove luci sulle due ipotesi in oggetto, incidente o omicidio. Intanto ieri 29 i RIS di Viterbo, accompagnati dal maggiore Alfredo Tammelleo, comandante del Gruppo CC di Ronciglione, hanno effettuato una terza visita nell’appartamento incriminato. Cosa cercassero è avvolto nel riserbo più assoluto da parte di tutti. Anche il risultato di quest’ultimo esame sarà importante per il procedimento penale, che molto probabilmente si giocherà tutto sui risultati dell’autopsia e sulle varie interpretazioni che le parti ne daranno.