LETTERA DI SICARI A LORENZIN

 
 
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO: LETTERA DI VINCENZA SICARI AL MINISTRO LORENZIN
 
 
 
 
 
 
Carissima Ministro Lorenzin ,dott. Patacchia dottor Botti dott. Enrique vi scrivo questa lettera perché sia io che milioni  di italiani vogliamo una risposta a questa storia assurda perché ci chiediamo:  ma se ci fosse stato un vostro caro sul letto vi sareste comportati  nello stesso modo????? 
Da  mesi c chiedo il vostro intervento , avere quello che dovrebbe essere un diritto di tutti i cittadini italiani essere curata ,, purtroppo a mio avviso si è cerato un giro vizioso ,   vi passate la palla da un ufficio all'altro , addirittura in questa assurda  vicenda  è stato coinvolto il dott. Daverio  Direttore Sanità della Regione Lombardia  il quale   disattendendo  alle   direttive  ,al contrario  ha preso  iniziative diverse  da quelle  Voi impartite , nonostante le indicazioni da parte    professor  Claudio Mariani – Primario Ospedale  Sacco di Milano che ha inviato  più di una  richiesta di ricovero presso il Policlinico di Milano , diretto dal prof, Bresolin. 
 
Intanto il giuoco continua ed io rischio la vita . Il mio fisico peggiora giorno dopo giorno, rischio la vita evidentemente questo non basta al  Ministro Lorenzin  affinchè intervenga al più presto,  la l’invio  di  un ispettorato medico  che si renda conto   quali le mie condizioni  è diventato solo un sogno.
 
Nelle ultime 24 ore  a seguito di informativa nella quale si preannuncia una visita collegiale alla quale dovrei sottopormi  ,  vi anticipo quello che vi comunicheranno i miei legali nelle prossime ore: 
 io non ho intenzione di sottopormi a nessuna visita tanto meno senza la presenza del professor Claudio Mariani e non prima di essere stata trasferita al Policlinico di Milano presso il Reparto diretto dal Prof. Bresolin .
Tengo inoltre a precisare  che  ieri il Primario ha ricevuto un'altra richiesta di ricovero senza alcun esito  e se una vista Collegiale vuole visitarmi lo potrà fare solo dopo essermi sottoposta ad esami completi e monitorati presso il Policlinico di Milano.
 
Non ho mai capito i  motivi che mi impediscono ad essere sottoposta a nuovi esami clinici, chi ha paura , chi ostacola tutto ciò?
 
Ho notato atteggiamenti superficiali e preoccupanti , opre al telefono , “ le faremo sapere” , la frse che più si rincorre in questa assurda vicenda che mo vede purtroppo prima attrice.
 
Comunque solo una cosa posso assicurarVi, la vicenda sicuramente andrà discussa nelle dovute Sedi penali e civili, ancora ho la forza di andare avanti nonostante le mie condizioni peggiorano  ora dopo ora. Non ho assistenza, buttata  in questo lettino  all’Ospedale Mondino di Pavia –a mio parere  che ha interpretato una parte principale  negli ultimi due mesi di questa assurda storia – 
 
Ritengo informarVi ,  visto i Vostri atteggiamenti ad oggi ,  non soddisfatti , alle  mie richieste   dovreste vegliare  con più attenzione  su questo tipo di situazioni , non firmare una base di ricovero da un vostro Input  prende sempre più le fisionomie di  una bella presa per i fondelli.
 
Se il Policlinico diventa una mera speranza , allora trasferitemi a Roma  presso un Centro  che sia in grado di affrontare un caso come il mio, essendo laziale  sarei anche felice tornare nella mia città!    
 
 Cordiali saluti 
Vincenza Sicari                                  Pavia  11 agosto 2016
 



Ronciglione: Carabinieri ai minimi termini per la gioia dei ladri

di Roberto Ragone

RONCIGLIONE (VT) – Ci risiamo. Nei giorni scorsi, o, per meglio dire, nelle notti scorse, una squadra di abili ladri d’appartamento ha compiuto diversi furti a Ronciglione, in provincia di Viterbo, in particolare a Poggio Cavaliere, una località a qualche chilometro di distanza dal paese. Di questo abbiamo notizia, ma riteniamo che non si siano limitati a questo. Purtroppo le notizie di questi furti non vengono riportate sui giornali "ufficiali", né sono oggetto di servizi televisivi, di modo che tutti possano allarmarsi e cercare di proteggersi. Il più delle volte non vengono neanche denunziati, dato che solo il 2,7 per cento dei colpevoli sono arrestati, e soltanto per essere rimessi prontamente in libertà dal giudice di turno.

Grazie a questo governo che non sembra capace di adottare una seria politica carceraria: il furto semplice è stato depenalizzato, e le imputazioni vengono direttamente archiviate. Per il furto con scasso o la rapina, se la pena massima non supera i cinque anni di reclusione, c’è la denunzia a piede libero, con la possibilità di continuare ad esercitare il proprio ‘mestiere’. In tutto questo, tagli trasversali indiscriminati hanno minato alla base la capacità delle forze dell’ordine di controllare il territorio.
 
La petizione Abbiamo anche lanciato, come giornale, una petizione per un rafforzamento della sorveglianza nel nostro territorio, ma l’hanno firmata solo in quattro! Forse abbiamo paura di mettere la faccia in una questione così importante, mentre su Facebook siamo tutti pronti a sciorinare tutti i nostri dati sensibili?

A Ronciglione, sede del Comando di Compagnia dei Carabinieri e Stazione territoriale, soltanto una macchina con una pattuglia formata da due militi è delegata a controllare un territorio vastissimo. E’ chiaro che il pattugliamento notturno è decisamente deficitario, dato che i militari delle caserme di paesi limitrofi ne hanno già abbastanza del loro. Bisogna avvertire chi legge queste righe che questi malfattori si sono tecnologizzati. Oltre allo spray narcotizzante al cloroformio –  bombolette il cui compito precipuo sarebbe quello di aiutare a mettere in moto i motori diesel recalcitranti – sembra che dispongano di un metal detector portatile, allo scopo di individuare rapidamente il nascondiglio degli oggetti preziosi; e, aggiungiamo noi, delle casseforti. Sappiamo, da furti compiuti anche in presenza di cani da guardia molto aggressivi, che sono preparati anche ad affrontare una tale circostanza.

Che fare? L'uomo più ricco è colui che non possiede nulla, recita il saggio. Spogliarci di tutto per evitare di essere derubati? Ormai siamo a questo, dato che il governo che abbiamo NON ci protegge, e pensa solo ai propri interessi. Questa la chiamano 'piccola delinquenza', 'reati minori', mentre il presidente del Consiglio dottor – gli piace essere chiamato dottore, dopo tutto è laureato! – Matteo Renzi va a destra  e a sinistra con una scorta che fa invidia perfino a Barack Obama, con decine di grosse auto con i vetri oscurati e altrettanti uomini di scorta moltiplicati per due e armati. Certo lui non lo rapinerà nessuno! Nè alcuno della sua Casta. Soluzioni al problema non ce n'è, soprattutto in presenza di un governo che tende a disarmare i cittadini, togliendo loro la possibilità di una deterrenza nei confronti dei ladri. L'impressione di chi capiti oggi in Italia è quella di un governo che favorisce i delinquenti a scapito degli onesti; i quali, da parte loro, sono già abbondantemente tartassati da tasse, balzelli, imposte, contravvenzioni e così via. Democrazia? Forse. A questo punto viene da dubitarne. In regime democratico ognuno dovrebbe avere il diritto di potersi armare per difendere la propria casa, la propria famiglia e i propri beni, nel caso che, come succede oggi, chi è preposto all'ordine pubblico sia messo in condizioni di non poter svolgere il proprio compito. Una soluzione può essere un buon sistema d’allarme, ma già a questo punto, visto il costo e la manutenzione, ci facciamo due conti.
 
Ci auguriamo allora che i nostri Carabinieri, quelli della Stazione di Ronciglione comandati dal maresciallo Francesco Longobardi, con la loro abituale capacità di contrastare il crimine, possano presto porre rimedio alla situazione, come hanno sempre fatto negli anni passati, nonostante le loro ridotte capacità d'intervento. 



Conservatori di Musica a rischio integrità: un'altra 'buona scuola' all'ombra del 'Giglio d'oro'?

di Roberto Ragone

È in corso un'iniziativa del ministro Giannini, che tenderebbe ad apportare modifiche strutturali ai Conservatori di Musica, dopo anni in cui essi sono apparsi come figure invisibili alle Istituzioni. In questo frattempo essi hanno assunto, in ogni caso, una loro fisionomia ed una logica di funzionamento. Volerli oggi modificare vuol dire distruggere una struttura che si è autocostruita nel tempo, nonostante tutto, trovando comunque un proprio equilibrio che la rende operativa.

La statizzazione degli istituti pareggiati favorirebbe in particolari quelli in Toscana, bacino di voti all'ombra del 'Giglio d'Oro'. A tale proposito abbiamo intervistato  il maestro prof. Carlo Pari, che si sta occupando della questione in prima persona, sacrificando il proprio tempo libero e non solo. L'impressione è che, come purtroppo accade quasi sempre nella nostra nazione, iniziative così importanti vengano gestite da chi poco o nulla ne capisce, senza coinvolgere chi invece in tali mari naviga e ha navigato da tempo, e guardando soltanto a volte a tagli trasversali che tolgono risorse e snaturano ogni situazione, vedi, ad esempio, la 'Buona Scuola', che, a detta di chi ci vive in mezzo, di buono non ha granchè. Vedi anche i recenti trasferimenti di docenti da sud a nord e viceversa, decretati senza alcun senso comune. Se l'iniziativa del ministro Giannini andasse in porto così com'è, senza tenere conto delle obiezioni di chi di queste cose ha fatto la propria vita, l'insegnamento musicale ad alto livello, una delle eccellenze della nostra nazione, andrebbe praticamente distrutto e ridotto a pochi capisaldi preda facile di chi ha santi in paradiso.

 

Giurisprudenza, politica, sindacato, mi dica un po’ Prof. Pari, qual è il suo ruolo in questa faccenda. Io so che esiste un progetto di revisione dei Conservatori di Musica, istituti dove anche lei insegna, da precario, del quale non ho capito granché. Comunque mi spieghi lei, qual è la sua veste ufficiale.

No, non è corretto parlare di veste ufficiale. Vede, ad un certo punto è stato purtroppo necessario prendere coscienza del fatto che il nostro lavoro non poteva più essere caratterizzato unicamente dall’attività didattica e artistica, come dovrebbe, ma proprio per poter continuare a svolgere quel lavoro che ci è peculiare, era necessario volgere verso un impegno più istituzionale. Così ci siamo dovuti rimboccare le maniche, e, con un gruppo di colleghi, ci siamo organizzati, divisi i compiti per aree di competenza, e ci siamo adoperati e lo stiamo facendo tuttora, per risolvere alcune criticità del sistema AFAM, Alta Formazione Artistica e Musicale, primo su tutte il precariato ultradecennale che affligge il settore.

 

Di precariato si parla tanto in questi mesi, soprattutto per la scuola, ma quale è la situazione nei Conservatori di Musica e Accademie delle Belle Arti?

La situazione dei Conservatori e Accademie delle Belle Arti, è, purtroppo, ancora più complessa e grave di quella della scuola. Sebbene i numeri siano nettamente inferiori, la percentuale di personale precario che oggi interessa il settore, circa il 30%, è destinata ad aumentare esponenzialmente in un periodo a breve termine, visto che il Ministero stima, dati alla mano, che nei prossimi tre o quattro anni andrà in pensione il 40% dell’attuale corpo docente. La cosa più grave è che Conservatori ed Accademie non sono capillarmente diffusi come le scuole secondarie, e il precariato non è equamente distribuito sul territorio nazionale. Esistono infatti istituti in cui sono i docenti precari a prevalere sul personale di ruolo per disciplina, o discipline, in cui il personale di ruolo non esiste più all’interno dell’istituto, il che, come lei comprende, rende difficoltoso lo svolgimento delle attività didattiche ed istituzionali. Non dimentichi che il docente precario, in quanto precario, è comunque discriminato nel suo ruolo istituzionale. Non può ricoprire il ruolo di Direttore a meno che lo statuto dell’istituto lo consenta (il che è raro), non può sedere nel Consiglio Accademico, e dipende dal collocamento in graduatorie nazionali o di istituto, quindi non può garantire la continuità didattica. 

 

Come si è arrivati a questo punto? Ci sono analogie con il mondo della scuola?

Il precariato formatosi nel settore dell’Alta Formazione Artistica e Musicale è stato generato da una assenza di procedure concorsuali “aperte” per ben 25 anni (L.417/90 ultimo concorso per titoli ed esami), e “riservate” per ben 16 (OM 247/99 ultimo concorso riservato a 360 giorni di servizio), nonché da una sovrapposizione normativa senza precedenti nella storia dell’istruzione. Ma cominciamo da un lontano inizio. I conservatori erano disciplinati dai regi decreti del 1918, 1930 e 1933. Tali decreti disciplinavano l’offerta formativa, governance e reclutamento, sottolineando già da allora la peculiarità, specificità e quindi atipicità del settore. Quasi ottant’anni dopo che queste norme diedero natali a musicisti illustri, il disposto normativo contenuto nel Decreto Luogotenenziale del 1918 fu assorbito nel D.Lgs n. 297 del 1994 il Testo Unico delle scuole di ogni ordine e grado. L’AFAM subisce un “downgrade” rispetto alla tutto sommato “superiorità̀” e “autonomia” che già gli istituti possedevano verso una gestione più centralizzata a livello ministeriale. Il Ministero avrebbe dovuto bandire i concorsi ogni quinquennio in presenza di posti liberi e vacanti, ma, ne vengono organizzati solo uno nel 1990 e uno nel 2000. Poco cambiò con le modifiche apportate nel maggio del 1999 con la Legge 124. Legge che è stata oggi censurata dalla consulta nei suoi tabella 4 e 11 a seguito della pronuncia della corte di giustizia europea C-418/14 (Mascolo). Qualche mese dopo le modifiche apportate al Testo Unico dalla Legge 124, (siamo a maggio del 1999), a distanza di qualche mese, la politica ci ripensa e, con il Governo D'Alema, vara la Legge di Riforma di Sistema n. 508 con l’ambizioso compito di traghettare il comparto verso l’università. In Europa le arti sono disciplina universitaria. L’Italia è un paese membro. Un sistema legato alla scuola non è più al passo con i tempi. Siamo nel dicembre dello stesso anno. In base alla nuova legge si dovrebbe provvedere ad uno specifico decreto attuativo che disciplini le norme per le assunzioni e nella fase transitoria, provvedere laddove non si possa far fronte con il personale in organico con contratti quinquennali rinnovabili, ma il Ministero, non emana i decreti attuativi, preferisce reclutare i supplenti secondo le regole pregresse ,  non stipula i contratti quinquennali, e da' vita a due graduatorie nazionali di merito che prendono il nome dalle Leggi da cui hanno tratto origine, 143 e 128

 

Quindi in sostanza lei sta dicendo che il problema è che non sono stati indetti concorsi.

No. Non è esatto. Di concorsi finalizzati alle supplenze ce ne sono stati tantissimi. Ricordo che si poteva arrivare ad una ventina di partecipazioni l’anno, ed erano procedure concorsuali altamente selettive. Ogni Istituto, in presenza di posti liberi e vacanti, ha bandito negli anni autonomamente il proprio concorso seguendo delle griglie valutative nazionali contenute nelle note ministeriali 1672 del 2002 e 3154 del 2011, le quali privilegiavano la valutazione artistica e fissavano severi criteri in cui il lavoratore non poteva in alcun modo preservare il proprio posto di lavoro grazie all’automatismo derivante dall’accumularsi dell’anzianità di servizio. Infatti non è raro vedere lo stesso concorrente essere valutato differentemente nei vari istituti e molto spesso anche nello stesso istituto. Non a caso nel disposto di legge della 128 è scritto che la graduatoria racchiude i possessori di tre anni accademici, ovvero 36 mesi, e i vincitori di concorso selettivo.


Questa graduatoria nazionale 128 è stata tuttavia da più parti criticata, lei cosa ne pensa?

Guardi, la verità è che la 128 è stata per un certo periodo un capro espiatorio nazionale. Si lamentava chi era stato escluso perché temeva di non lavorare, si lamentava chi riteneva di essere stato mal valutato perché temeva di perdere la sede, si lamentavano i direttori perché “oddio chissà ora che docente mi arriva”, ma già dopo un anno si è capito che era una delle graduatorie che racchiude il miglior personale docente, relativamente al settore AFAM, che il MIUR abbia mai prodotto e tutte le paure si sono mostrate totalmente infondate, così come le critiche fatte. Infatti i posti vacanti sono talmente tanti più degli inclusi in graduatoria che nessun docente è rimasto senza lavoro, neppure quelli esclusi, e i direttori si sono dovuti ricredere sulla qualità soggettiva dei docenti, tanto che in larga maggioranza hanno recentemente sostenuto delle mozioni in favore della graduatoria nazionale.

 

Molti accusano la mancanza della valutazione nella 128

Chi la contesta in questo senso non conosce la storia. Lei deve sapere che da un punto di vista giuridico la 128 è nata, per mano del governo Letta e l’allora ministro Carrozza, al fine di censire e tutelare il personale idoneo alla docenza, già pluriselezionato e valutato negli anni in ripetuti concorsi selettivi, con trentasei mesi di servizio. L’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea Maciej Szpunar aveva infatti poco prima censurato la prassi italiana di ricoprire i posti liberi e vacanti con il personale a tempo determinato, e preconizzato la futura sentenza Mascolo sul precariato scolastico. L’intento del legislatore era quindi quello di dare una risposta al precariato storico, anche nel settore AFAM, predisponendo un piano pluriennale di assunzioni anche per Conservatori ed Accademie. Infatti nel corpo della Legge 128 all’art. 19 si evidenzia che l’accesso in graduatoria è consentito ai possessori di tre anni accademici di insegnamento, (quindi 36 mesi) e l’aver superato un concorso selettivo. Non bastasse questo, il MIUR ha predisposto una ulteriore valutazione di titoli per graduare i candidati, con un specifico decreto ministeriale. Che si sia scelto di valutare i titoli culturali, diplomi e certificazioni varie, piuttosto che i titoli artistico-professionali, è una scelta che seppur opinabile, non può essere imputata al personale incluso. Se questo non era l’intento del Legislatore, mi dica lei, cosa sarebbe servito costituire un'altra graduatoria nazionale?

 

Lei pare avere una buona conoscenza della normativa di settore. È notizia recente che la Corte Costituzionale, si sia pronunciata sul precariato scolastico, salvando la legge della "buona scuola" del governo Renzi, condannando le pregresse norme che consentivano il rinnovo infinito dei contratti a termine per consentire l’erogazione del servizio scolastico. Lei cosa ne pensa? In che misura questa pronuncia vi riguarda?

Il discorso è lungo e complesso. Nelle linee guida di cui alla direttiva europea 1990/70/CE, meglio conosciuta come “accordo quadro”, si dispone che gli Stati membri debbano prevedere nel proprio ordinamento interno almeno una su tre delle misure ostative contro l’abuso del contratto a termine: la ragione che giustifica il termine, o che spieghi perché i contratti vengono fatti a tempo determinato, oppure il numero dei rinnovi possibili e quando i medesimi contratti si trasformano a tempo indeterminato, o ancora la sanzione, che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore in caso di abuso. In Italia si è scelta la seconda, cioè il numero dei rinnovi possibili, e si è stabilito che, se due contratti non si interrompono, come quelli dei conservatori ed accademie ad esempio, si intendono a tempo indeterminato dal primo. A prescindere da interruzioni proroghe o rinnovi dopo 36 mesi si intendono in ogni caso a tempo indeterminato. Raggiunta una situazione critica e non più tollerabile relativamente al precariato nel pubblico impiego con particolare riferimento alla scuola, sono partite diverse azioni giudiziarie su tutto il territorio nazionale, che hanno dato vita ad un contenzioso che ha interessato tutti i gradi di giudizio e avuto epilogo nella oramai nota sentenza della Corte di Giustizia Europea Mascolo del 26 novembre 2014. Sentenza che ha censurato la normativa italiana sul reclutamento scolastico e sul contratto a termine nel pubblico impiego per assenza di misure dissuasive e sanzionatorie. A sua volta, la sentenza Mascolo è stata tradotta nell’ordinamento italiano dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite e dalla Corte Costituzionale, e anch’esse hanno censurato la normativa italiana in materia di contratto a termine.


Come mai il contenzioso non è però ancora giunto al termine,  nonostante le Supreme Corti si siano pronunciate in favore dei precari?

Ciò che è mancato è stato il coraggio. L’illecito era sotto agli occhi di tutti. Sarebbe stato molto difficile per le corti non censurare il comportamento illegittimo dello Stato Italiano. Però la risposta si è limitata ad accertare l’abuso, senza definire con chiarezza cosa si dovesse fare una volta accertato l’abuso, demandando costantemente la decisione di merito al giudice di ultima istanza, rimpallando così la responsabilità nel fare chiarezza su una questione che evidentemente si scontra con interessi molto più grandi anche del precariato scolastico. In sostanza, si potrebbe dire che, aperto il vaso di Pandora, si è cercato di limitare i danni per lo Stato, dando ai precari ragione sul problema, ma senza la soluzione. La SSUU della Corte di Cassazione, ha tentato di quantificare un risarcimento, stabilendo un indennizzo, dalle 2,5 alle 12 mensilità a seconda degli anni di servizio, ma è ovvio che questa misura risarcitoria è di portata irrisoria rispetto alla richiesta della CGUE – Corte di Giustizia dell'Unione Europea – di una norma che sanzionasse efficacemente il datore di lavoro e lo dissuadesse a commettere nuovamente l’abuso. Non ultimo le SSUU per ricavare la sanzione, non quantificata nell’ordinamento italiano, hanno riesumato una norma abrogata, privandola della sua efficacia originale. Infatti la Legge 183 del 2010 da cui si ricava la misura della sanzione, prevede che il datore di lavoro che commette abuso venga sanzionato con un indennizzo economico che va dalle 2,5 alle 12 mensilità, dopo la conversione del contratto a tempo indeterminato. Vi è inoltre una violazione del principio di equivalenza, stante che secondo la CGUE, si può prevedere una sanzione differente fra pubblico e privato, ma la sanzione deve essere proporzionata a ragioni analoghe di natura interna. Se nel privato si prevede la conversione del contratto e un risarcimento dalle 2,5 e 12 mensilità, va da sè che nel pubblico non possa esserci solo il risarcimento dalle 2,5 alle 12 mensilità. 

 

Dal canto suo la Corte Costituzionale, ha detto, precari avete ragione, ma è intervenuta la legge sulla scuola che ha sanato parzialmente il problema. E laddove il problema non è stato sanato come nei conservatori? La risposta? Ci pensi il giudice di ultima istanza. Si, ma come? Tuttavia gli Istituti Musicali Pareggiati hanno immesso in ruolo docenti secondo il principio dei 36 mesi. Non sono istituti equipollenti?

Quello che sta accadendo negli istituti musicali pareggiati, dimostra solo che l’Italia non è un paese democratico e la giustizia non opera in egual misura per tutti, creando così una evidente discriminazione fra lavoratori dello stesso settore. La cosa è apprezzabile in sè. Gli istituti fanno bene a stabilizzare il proprio personale. Ciò che è assolutamente censurabile è che questo comportamento, nell’individuare la soluzione del problema, sia isolato solo all’istituto pareggiato e non estesa a tutti i dipendenti del comparto, inclusi i dipendenti di Conservatori ed Accademie. Ancora più censurabile è che il Ministero, nonostante abbia già avuto varie segnalazioni in merito, non prenda provvedimenti, in un senso o nell’altro, lasciando nello stesso tempo intendere che il resto dell’AFAM, quindi i docenti con i medesimi diritti e anzianità, non in servizio nei pareggiati, dovranno assoggettarsi all’art. 97 e quindi sottoporsi ad un ulteriore concorso pubblico, quando nello stesso tempo però, si è permessa nei pareggiati la stabilizzazione di personale con trentasei mesi, sempre incluso in graduatoria nazionale, senza ulteriori procedure valutative. La domanda in buona sostanza è, se nei pareggiati si entra con i 36 mesi, perché nel Conservatorio, che è la stessa cosa, sarebbe necessario un ulteriore passaggio concorsuale? Del resto una discriminazione simile si è consumata nel 2013 quando proprio la stessa legge ha permesso al personale, incluso nella  143 con soli 365 giorni di servizio, di avere accesso ai ruoli dello Stato senza ulteriori passaggi concorsuali, e ha destinato personale con 36 mesi di servizio e vincitore di concorso selettivo al solo tempo determinato, in violazione degli artt. 3 e 117 della costituzione.

 

Che rapporto avete avuto con la politica e con i sindacati?

La politica è stata molto gentile e disponibile. Ci hanno incontrato, ci hanno ascoltato, hanno preso nota dei problemi, chiesto documenti, ma l’impressione è quella che gli incontri avvengano più per cortesia che per merito. Il sindacato invece, devo dire con rammarico, ha perso molto del suo valore originale, ed assomiglia più ad un cacciatore di facili risultati nel fitto bosco del ministero, che ad un organismo che lotta per i diritti dei dipendenti e del sistema. Hanno dimostrato più unione, determinazione  e ottenuto più risultati i precari, che le sigle sindacali riunite. Questo mi sembra un segnale da non sottovalutare.

 

Quali sono gli obiettivi a medio e lungo termine?

In tutti gli incontri politici ci siamo messi in gioco e ci siamo dimostrati disponibili ad una soluzione condivisa del problema. Ci auguriamo che anche per i conservatori la piaga del precariato possa presto cessare e noi si possa ritornare, sia fisicamente, visto che molti di noi lavorano a migliaia di chilometri da casa, che psicologicamente,  alle nostre famiglie e al nostro vero lavoro.  Del resto sarebbe ora, la media della nostra graduatoria nazionale è di 51 anni e già una collega è andata in pensione da precaria. Vede, la nostra professione ci porta giro per il mondo e le posso assicurare che il mondo ride di questa situazione. Sfortunatamente è un riso amaro. In Italia tutti avvertono che c’è qualcosa che non va, ma per una qualche ragione la politica identifica il problema sempre nella norma, considerata obsoleta o sbagliata, sentendosi in dovere di cambiarla. Mentre invece, a mio avviso, il problema non risiede nella norma, ma nel rispetto della norma e quindi nell’educazione civica al rispetto delle norme e all’efficacia e sanzione volta a garantire il rispetto della norma. Parliamoci chiaro, all’estero un professore che non va a lavorare, o si comporta male, viene licenziato e basta. Non si cambia la normativa per l’intera categoria in caso di comportamenti illeciti.

 

Un' ultima domanda, professor Pari: che appello si sente di fare al Ministero?

Direi che l’AFAM è un settore strategico. Lo studio delle arti è parte determinante nella nostra tradizione. Gli istituti AFAM hanno caratterizzato quasi un secolo di storia dando i natali ad artisti illustri. Mi sento quindi di suggerire  al Ministero di prendere coscienza della storia di questi istituti, ed operare un confronto vero con tutti gli operatori del settore a partire dai precari, che oggi mandano avanti questi istituti, prima di modificare con leggerezza il nostro sistema ispirandosi a modelli stranieri. Del resto, un pianista italiano in finale ad un concorso internazionale importante c’è sempre, possiamo dire lo stesso di un tedesco, un inglese, o un francese? E dove si è formato questo italiano? Forse bisognerebbe partire da qui, chissà, magari si arriverebbe alla conclusione che ciò che realmente non funziona, è principalmente la mancanza di risorse e non il governo degli istituti, l’offerta formativa, o il personale impiegato.

 




Referendum costituzionale: Tg2 Rai e prove di regime.. "democratico"

di Roberto Ragone
Nonostante il diversivo studiato dallo stratega di Matteo Renzi  Jim Messina, cioè la discussione in aula sulla libera vendita delle droghe cosiddette ‘leggere’ – che poi tanto leggere non sono, anzi – , argomento di cui si sentiva l’impellente necessità, soprattutto in prossimità dei quaranta giorni di ferie estive dei nostri parlamentari, i quali si spargeranno attorno al globo terracqueo a mostrare, chi andrà al mare, i rotoli di grasso attorno alla cintura accumulati nei mesi trascorsi a Montecitorio; nonostante questo, che avrebbe distolto dal referendum vitale per questo governo, quello della riforma costituzionale, l’attenzione dei cittadini in odore di voto, attenzione che stava orientandosi pericolosamente verso una preponderanza del NO; nonostante questo, dicevamo, lunedì sera al TG 2, ma probabilmente anche sulle altre reti RAI, in obbedienza agli ultimi diktat di Campo Dell’Orto, leopoldino della prima ora – quello che quando si è trattato di stabilire il suo compenso come direttore generale si è magnanimamente affidato alla generosità di Renzi & Co., con il bel risultato di vedersi premiato con oltre 650.000 euro all’anno, cosa che neanche un giocatore di serie A – lunedì sera, dunque, è stato trasmesso un servizio che illustrava come e qualmente la riforma costituzionale porterebbe benefici imprescindibili alla nazione Italia e ai cittadini tutti, quasi un farmaco salvavita senza del quale non si potrà più procedere ad amministrare la nazione, ma ci si impantanerà in una palude di sabbie mobili – o meglio, immobili, come se fino ad oggi tutto fosse stato bloccato. Se poi il sistema democratico blocca le iniziative di cui Renzi non vuole dar conto al Parlamento, in questo ha perfettamente ragione, perché il SI’ gli spalancherebbe le porte di un potere assoluto, potendo oltretutto influire sulla scelta dei componenti la Corte Costituzionale. Il servizio, con uno spacchettamento parziale e fazioso ad usum delfini, con slogan da venditore di aspirapolvere,  illustrava quelli che, secondo Santa Maria Elena e don Matteo sarebbero gli irrinunciabili vantaggi dell’operazione Salvaitaliaconlanuovacostituzione, ripetendo ad libitum i soliti slogan che ormai non trovano più credito nelle bocche dei nostri due protagonisti, anche perché ripetuti fino allo sfinimento e non più originali, dimostrando che anche se una bugia viene ripetuta più volte, talvolta non diventa verità. S’è pensato quindi, non avendo più nulla di nuovo da dire, di cambiare il soggetto parlante. Certo, in una nazione in cui il Tiggì, che sia Rai 1, 2 o 3, porta la cronaca in casa della gente, presumendone quindi la veridicità, un servizio a proposito della Nuova Costituzione assume il crisma dell’infallibilità papale. Dopo le solite ovvietà miste a bugie, il servizio continuava con due interviste: la prima ad un parlamentare Cinquestelle, Roberto Fico, movimento notoriamente contrario a questa riforma perché mal fatta, ma non contro una riforma costituzionale che non portasse tutto il potere in mano ad una sola persona, come ampiamente dimostrato dai più fini ed esperti, ma altrettanto inascoltati, costituzionalisti. La seconda non è una novità, essendone il protagonista Emanuele Fiano, notoriamente uno dei più fantasiosi difensori di questo governo e delle sua iniziative, insieme a Claudio Romano e Gennaro Migliore. Secondo Fiano, sorrisetto mellifluo e voce flautata, la Nuova Costituzione sarà un toccasana per tutta la nazione, portando ricchezza, amore, fortuna, prosperità e vincite al Lotto. Potere sbilanciato verso il Premier? Ma neanche per sogno! Come avete mai potuto immaginare una cosa simile, in un contesto democratico come quello in cui – grazie a Dio – viviamo e prosperiamo! E poi, il Partito, non si chiama Piddì, che vuol dire Partito Democratico? Come fa un partito che ha nella sua denominazione già un programma di questo genere a comportarsi in modo antidemocratico? Ma siamo matti? E giù una risatina ironica. Come disse il medico al malato di tumore: non si preoccupi, vedrà che presto le sue sofferenze finiranno. La scorrettezza di questa operazione mostra una volta di più, se ce ne fosse bisogno, la svolta autoritaria e dittatoriale del premier Renzi, dopo l’acquisizione in toto dei vertici RAI e non solo di quelli. Oggi don Matteo ha a disposizione tanti bei soldatini che obbediscono al comando del suo sergente maggiore Campo Dell’orto, in totale assenza di obiettività. Infatti gli spazi televisivi sono stati militarizzati a favore solo del suo governo, mancando totalmente un contraddittorio ed una equa divisione degli spazi politici. Il servizio, infatti è stato mandato in onda senza un vero contraddittorio, in quanto l’intervista a Roberto Fico è stata subito seguita da quella a Emanuele Fiano, quasi la correzione paterna alla castroneria detta da un figlio cretino, ma, si sa, i ragazzi sono così, devono crescere. La cosa più grottesca, è che il referendum è stato programmato ab initio, quando la riforma è stata votata a maggioranza semplice, presumendo, Matteo Renzi, che il risultato del conseguente referendum confermativo sarebbe stato nelle sue mani. La cosa corretta sarebbe stata far votare in aula la Nuova Costituzione con la maggioranza prevista per le modifiche agli tabella costituzionali. Ma tant’è, il Bomba va avanti nonostante gli Italiani, il Parlamento e la latitante democrazia – che significa ‘governo del popolo’. E grottesco sarà anche il caso in cui il referendum passi, per cui poi, a cose fatte e impacchettate, ci sentiremo dire che questa era la volontà dei cittadini. Oltre al danno, la beffa, ovvero, cornuti e mazziati, con un governo Renzi che abdicherà non prima del secondo mandato, e a quel punto non possiamo prevedere dove il nocchiero ci avrà condotti. Tutto però, secondo Renzi, in pieno rispetto della democrazia. Quella, diciamo noi, che l’Italia ha abbandonato da tempo. Semmai l’ha conosciuta.

 




prova ivan

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Italiani abbandonati

“SONO ITALIANO, CON UNA FIGLIA INVALIDA, SENZA CASA NE’ LAVORO. AIUTATECI, SE POTETE”.
I NUOVI RIFUGIATI
DI ROBERTO RAGONE
Questa la scritta su di un cartello che un signore molto dignitoso esibiva al di fuori di un supermercato. Ne abbiamo parlato, ipotizzato, favoleggiato come un paradosso, anche se in televisione – unica mangiatoia di tutti gli italiani – sono apparsi alcuni casi di persone bisognose. La storia non ci racconta cosa ne sia successo dopo che le lucette rosse delle telecamere si sono spente. Di sicuro nelle case grande commozione, negli studi molti applausi, audience sostanziosa, in qualche caso offerte di lavoro e di aiuto in tempo reale, che poi non si sa se siano andate a buon fine. Siamo abituati al nero che ti apostrofa per la strada, con uno zaino in spalla pesante di calze da quattro un soldo, e che ti chiede, extrema ratio, un euro per un panino; e, diciamoci la verità, questa sfacciataggine ci disturba, e allunghiamo il passo per toglierci in fretta da quella presenza. Come siamo abituati a quello che, pur avendo in un canto uno zaino pieno di oggetti vari, ti chiede il carrello, per prendere la moneta che garantisce che lo stesso venga riposizionato. Tutte presenze che oramai abbiamo metabolizzato, e alle quali siamo avvezzi. Come siamo abituati ai cartelli pietosi critti in finto italiano scorretto da parte di mendicanti professionisti che invadono le grandi città; e di questi ormai conosciamo vita e miracoli, sappiamo che vengono da oltre cortina, che fanno capo ad organizzazioni mafiose e che la sera devono rendere conto di quanto hanno raccolto. Anche da costoro cerchiamo di svicolare. Ma una scena come quella di oggi non mi si era mai presentata. All'esterno del supermarket, il migliore della zona – forse pensando che i suoi clienti siano più facoltosi e quindi disposti a una maggiore generosità, mentre è l'esatto contrario – non accosto all'ingresso, ma dieci metri più in là, fermo piantato in piedi come quelle figure assurde che chiedono l'elemosina tinte di argento o d’oro  in centro di Roma, ma molto normale, un signore con un cartello sul petto, scritto in italiano corretto: "Sono italiano, con una figlia disabile, senza casa nè lavoro. Aiutatemi SE POTETE." Subito saltava agli occhi il contrasto fra chi ti tampina cercando di impietosirti e la figura, dignitosa, di chi da lontano ti lancia un messaggio di aiuto, rinunciando, per quanto necessario, al suo orgoglio, mettendo subito una condizione, SE POTETE. Riconoscendo che non tutti possono aiutare tutti. C'è chi si toglie la vita, e c'è chi cerca una soluzione nonostante tutto, soprattutto se ha una responsabilità come una figlia disabile. Ne abbiamo favoleggiato, dicevo poc'anzi, e si avverato: i mendicanti siamo diventati noi Italiani, a fronte di assistenze senza freno a chi invece italiano non è, e viene da lontano. Al di là delle speculazioni che hanno colpito le organizzazioni cosiddette 'assistenziali'  finanziate dallo Stato o dall'Europa, ci fa male vedere come i 'migranti' si comportano quando sono qui. E non parliamo dei neri che vengono in estate per vendere le loro merci, e che fanno capo a organizzazioni commerciali – l'evasione fiscale delle quali è tutta da verificare. Mi sono accertato che quel signore fosse effettivamente ciò che dichiarava di essere, dopodichè ho contribuito con quanto avevo in tasca. In un attimo ho pensato alla mia casa, modesta, dopo quarant'anni e più di lavoro, alla pensione vergognosa a fronte dei versamenti; al mio gatto, che ha una busta di croccantini da due chili tutti i mesi e una cuccia comoda, e non mi sono vergognato. Non sono io che mi devo vergognare. Purtroppo chi dovrebbe vergognarsi non ci pensa neanche. Dopo il governo cinico, più che tecnico, di Monti, teso a mettere sul lastrico tutta la nazione; dopo il timido accenno di Enrico Letta, fucilato con una pacca sulla spalla perchè indeciso; dopo le alzate d'ingegno del governo Renzi, che – non perdendo la sana abitudine di Pinocchio – dichiara che il 23 di dicembre la Salerno -Reggio Calabria sarà interamente percorribile, mentre sa benissimo che il tratto agibile è stato 'bonificato' di numerosi cantieri e tagliato nel percorso, diventando, al massimo, una Salerno-Cosenza; dopo tutto questo, posso ben dire che chi dovrebbe vergognarsi è impegnato in tutt'altre faccende, figuriamo pensare agli Italiani indigenti, pur sapendo che sei milioni e passa dei nostri compatrioti sono in miseria totale. Poi penso alla Boldrini e alle sue dichiarazioni, chiedendomi anche se sia consentito ad una figura super partes come la sua di fare politica e tenere comizi, enunciando principi sociali assolutamente personali. Cara signora Laura Boldrini, lei che vuole sostituire gli Italiani con gente purchessia venuta da dovunque perchè dice che gli italiani non fanno più figli, – metteteli in condizioni di mantenerli e vedrete –  anche lei potrebbe essere leggermente toccata da un sano senso di vergogna quando le dovesse capitare di vedere queste cose. Oppure gioirebbe, nel constatare che 'finalmente' anche gli Italiani hanno acquisito la cultura che viene da lontano, sui barconi? Nel vedere che oggi a chiedere l'elemosina non sono più i popoli di colore, ma i nostri vicini di casa? E' questa la cultura che lei si adopera per diffondere? Oggi tutta quella gente – bisognosa, degna di ogni affetto e rispetto, senza dubbio, che fugge dalla guerra e dalla miseria – non chiede più l'elemosina, perchè decine di organizzazioni vere o false no-profit se ne prendono cura, quindi loro sono a posto. Bisognerà, a questo punto, visto che il bisogno di sopravvivere si è spostato, crearne di nuove, che si prendano cura dei nostri amici, parenti, vicini di casa. No, non sono io , non siamo noi che ci dobbiamo vergognare. Ma c'è chi la vergogna, e non solo in questi casi, non sa proprio dove abita.