Quello strano caso del suicidio del Brigadiere dei carabinieri Salvatore Incorvaia: per il criminologo Lavorino si tratta di omicidio

Sono stati il padre ottantasettenne Giuseppe Incorvaia, Cavaliere dell’Arma in pensione, e i suoi due figli Sabina e Giammarco, fratelli del brigadiere Salvatore Incorvaia, vicecomandante della Caserma dei Carabinieri di Vimercate a volere che le indagini sulla strana dinamica del suicidio del loro fratello Salvatore non finissero in una archiviazione.

I fatti

La mattina del 17 giugno 1994, a Oreno, una frazione di Vimercate, attualmente provincia di Monza e Brianza, in una strada secondaria, all’interno della sua Audi 80, venne trovato il corpo del brigadiere Salvatore Incorvaia, 40 anni, seduto al posto di guida, e con un foro passante che dalla tempia destra attraversava il cranio, per fuoruscire dalla tempia sinistra. La pistola d’ordinanza era in grembo al militare, con il cane ancora alzato, come mostrano le foto. L’incongruenza che fu subito evidente, fu che il finestrino destro lato guida era frantumato, ma non dalla pallottola omicida, dato che era stato frantumato nella direzione inversa e i finestrini posteriori erano semiaperti. Con una ricostruzione tridimensionale è stato dimostrato che la traiettoria di uscita del proiettile dal capo del brigadiere non corrisponde con il foro nel montante dell’auto, venti centimetri più in basso. Altri particolari confermano l’ipotesi dell’omicidio: otto piccole macchie di sangue sulla manica della giacca, tutte rivolte verso il basso, il che sarebbe stato impossibile se avesse alzato il braccio per spararsi; l’assenza di sangue sulla spalla sinistra e sul vetro sinistro dell’auto, l’assenza di tracce ematiche all’interno della canna della pistola, che dimostrerebbe che Incorvaia si è sparato senza appoggiare la canna alla tempia, fatto anomalo, ad una distanza di non meno di cinque centimetri. “Arrivo sul posto” riferisce il padre nell’intervista a La Repubblica “e sento il colonnello Ludovico Tiscari, allora comandante del gruppo di Monza, parlare con un giornalista: ‘Un suicidio. Punto e basta’” .

Le indagini

Alla Procura Generale di Milano è è stata avanzata istanza per la riapertura delle indagini, e per dimostrare che si tratta di omicidio. Ma ora, con un folto gruppo di avvocati il criminologo prof. Lavorino, può riscrivere la storia di questa strana morte, partendo proprio da quelle otto piccole macchie di sangue sulla manica destra della giacca del militare. “Analizzando la loro morfologia, grazie a nuove tecniche di studio, si nota che sono tutte macchiette a spruzzo rivolte verso il basso: non avrebbero quella forma e disposizione se avesse tenuto sollevato il braccio per spararsi.” afferma il prof. Lavorino. Delle altre anomalie abbiamo già riferito. La conclusione logica, che si evince dall’analisi della scena del crimine, è che Incorvaia è stato ucciso.

Il procedimento giudiziario

La famiglia del brigadiere Salvatore Incorvaia, a causa di questa morte per alcuni versi inspiegabile con il suicidio, data l’assenza di qualsiasi prova o testimonianza o motivo fondato e manifesto della volontà del brigadiere di porre fine ai suoi giorni, ha presentato alla Procura Generale di Milano un’istanza articolata e precisa, allegando alla istanza una corposa relazione tecnica del criminologo Carmelo Lavorino, che analizza i vari scenari – omicidio, suicidio, incidente – tramite 18 criteri scientifici di valutazione, e che conclude al 100% trattarsi di omicidio. La famiglia Incorvaia, stante l’inerzia della Procura competente, chiede alla P.G. di Milano giustizia e verità. Alcuni punti di forza della relazione del prof. Lavorino, come già accennato, sono: l’assenza dei microspruzzi di sangue sul dorso della mano destra; l’assenza del sangue sulla canna della pistola; la presenza sulla mano destra di una sola particella ternaria; la morfologia e la direzione delle macchie di sangue sul braccio della manica destra della giacca, che indicano senza ombra di dubbio la totale incompatibilità con l’ipotesi del suicidio. I familiari del brigadiere lamentano, inoltre, che mai sono state fornite risposte e/o confutazioni ai succitati aspetti.

I sospetti

Inizialmente sullo sfondo di questa vicenda si affacciano le figure della cosiddetta ‘Banda dei pentiti, un gruppo di sette persone, pregiudicati veneti e lombardi, che, in regime di protezione, compivano rapine, guidati dal romano Alceo Bartalucci; autori dell’uccisione dello stesso agente di polizia, Massimiliano Turazza, 29 anni, ucciso il 19 ottobre del ’94, che avrebbe dovuto garantirne la protezione. Turazza, in un filmato di telecamera di sorveglianza di una banca, riconobbe il Bartalucci. Per questo fu ucciso proprio dal Bartalucci, o da uno dei fratelli Romano, che facevano parte della stessa banda. Si scopre che la banda era ‘coperta’ da un maresciallo dei Carabinieri del ROS, Angelo Paron, che forniva armi e libertà d’azione in cambio di informazioni. Paron fu processato insieme al colonnello Tiscari, all’epoca comandante del Gruppo Carabinieri di Monza, lo stesso che si affrettò a dichiarare, davanti al cadavere di Incorvaia, che si trattava di ‘suicido, punto e basta’. Il brigadiere Salvatore Incorvaia aveva saputo qualcosa, e andò dal suo comandante per raccontare tutto e chiedere il trasferimento a Genova. In quel momento firmò la sua condanna a morte. A quel tempo al vertice del ROS c’era il colonnello Ganzer, ufficiale d’accademia dalla carriera brillantissima e fulminea. Dal Comando Provinciale di Verona, Ganzer si proiettò ai vertici dll’Arma, spinto dai suoi successi nel contrasto allo spaccio di droga. In quel periodo Verona fu soprannominata ‘La Bangkok d’Italia’. I sequestri di qualsiasi cosa che si potesse vendere sul mercato dello spaccio schizzarono alle stelle: chili e chili di eroinna, marijuana, hashish, cocaina. Il comandante venne definito ‘cacciatore dei narcos’, anche se era evidente che i suoi metodi erano un po’ troppo spregiudicati. In più, a due giorni dall’omicidio dei genitori, arresta Pietro Maso. Nel 1993 arriva a Roma, al comando della Legione Carabinieri di Ponte Salario, dove esporta il ‘metodo Ganzer’. Nel 1994 viene indagato dalla Procura di Verona, nella persona di Angela Barbaglio, per ‘false dichiarazioni rilasciate al pm.’ Il pm indagava sull’omicidio dell’agente Massimiliano Turazza, ucciso dal pentito della mala del Brenta Alceo Bartalucci. Al Bartalucci sia il maresciallo Paron che il colonnello Ganzer ofrirrono un falso alibi, che esisteva una telefonata che lo scagionava, ma che nessuno sentì mai, venne indagato per faslo. Allora il colonnello ‘rettificò’.

Negli atti del processo milanese si legge:

“Il ROS instaura contatti diretti e indiretti con rappresentanti di organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti… Ordina quantitativi di stupefacenti da inviare in Italia…”. Accusato di aver costituito “un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati, al fine di fare una carriera rapida”, il 12 luglio del 2010 il generale Ganzer è condannato, in primo grado, a 14 anni di reclusione, insieme ad altri 13 Carabinieri: in totale pene varie fino a 18 anni di reclusione. Le condanne sono state erogate in ordine ad espisodi commessi nel corso di importanti operazioni antidroga compiute ‘sotto copertura’ dal ROS tra il 1991 e il 1995. In secondo grado, nel 2013, la prima sezione della Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna al generale, ormai in pensione, riducendo la pena a 4 anni e 11 mesi di reclusione. La riduzione è dovuta alla concessione delle attenuanti generiche e alla cancellazione delle aggravanti. Nel gennaio dl 2016 la terza sezione penale della Cassazione ha riqualificato i fatti imputati come ‘di lieve entità’, pertanto è scattata la prescrizione.

Rimane da fare una considerazione, a proposito della morte del Brigadiere Incorvaia: una banda di trafficanti non avrebbe avuto alcun interesse ad inscenare un falso suicidio. A questo punto le parole di Giuseppe Incorvaia pesano come macigni, quando afferma: “E’ stato ucciso da chi aveva le caratteristiche di poter intervenire all’interno delle indagini per depistare e fare scegliere la pista del suicidio.”

Roberto Ragone




LA GIUNGLA DELLA GIUSTIZIA

LA GIUNGLA DELLA GIUSTIZIA

IN ITALIA VIGE LA LEGGE DEL PIU’ FORTE

DI ROBERTO RAGONE

 

È  di questi giorni la notizia, a Trieste, della sentenza che condanna due fratelli di etnia rom, Daniel e Francesco Caris, rispettivamente di 30 e 28 anni, alla pena di un anno e sei mesi, e un anno e otto mesi, con rito abbreviato. In più la difesa ha presentato richiesta di arresti domiciliari, che, se fossero concessi, porterebbero i due a trascorrere il loro tempo presso il campo rom in cui sono sempre vissuti. Questi i fatti: la sera del 10 aprile di quest’anno i due hanno aggredito e picchiato Hellen Prelessi, di 28 anni, madre di due bambini, presso il bar Flavia di Trieste in cui lavora, e nel quale ha trovato lavoro, costretta a lasciare il suo precedente impiego,  dopo le minacce di Francesco Caris, per aver aiutato una sua amica a lasciare quest’uomo violento, indirizzandola presso il Centro Antiviolenza di Trieste. Questa è la colpa di Hellen, aver aiutato un’amica a sottrarsi alle botte di un compagno rom, nullafacente, pregiudicato per reati specifici, membro di una ‘famiglia’ già ben nota alle forze dell’ordine. Hellen ha riportato ematomi sul viso e la frattura del setto nasale. Ma ciò che è più grave è il danno psicologico che ne ha riportato, dato che i due, dopo la rissa durante la quale il fidanzato di Hellen Prelessi ha cercato invano di difenderla, riportando anche lui lesioni varie, hanno minacciato la ragazza di ulteriori e più gravi rappresaglie, prima d’essere intercettati dalla polizia durante la fuga. L’avvocato difensore di Hellen Prolessi parla di un referto medico che descrive condizioni di estremo disagio e sofferenza. Da rimarcare che la Prolessi è madre single di due bambini, che mantiene con il suo lavoro, due bambini in tenera età e vulnerabili. Lo stesso avvocato difensore della Prolessi si è opposto alla concessione dei domiciliari ai due aggressori. Sembra un comune episodio di piccola delinquenza, ma rivela per l’ennesima volta uno dei tanti gravi difetti della nostra amministrazione giudiziaria. Fatte le somme, i due rom potranno scontare la loro pena prima del tempo e continuare a delinquere nei confronti di una ragazza che ha soltanto aiutato un’amica ad uscire da una situazione difficile. Come al solito, in Italia, che delinque non paga, e può continuare indisturbato a nuocere a chicchessia. Come ha rilevato l’avv. Bongiorno, intervenuta ad una trasmissione televisiva, l’errore non è negli avvocati, che fanno bene ad usare tutti i mezzi consentiti per difendere i loro assistiti, né dei giudici, che applicano le leggi vigenti. In realtà sono le leggi ad essere sbagliate. Premiare un imputato con uno sconto di pena del 30%, soltanto per il tempo risparmiato ad istruire un processo, è un premio inaccettabile; visto anche che tale iter giudiziario viene richiesto da imputati che sono evidentemente colpevoli, e che, se processati con rito formale, subirebbero una condanna molto pesante; più pesante, certamente, di quella che ricevono richiedendo l’abbreviazione. Ne consegue che l’iniziativa, che mirava, nello spirito, a far risparmiare tempo ai giudici, si traduce in un illecito e incongruo premio a chi dalla sua colpevolezza non si può più nascondere. Parlando poi di ‘pene alternative’, l’avv. Bongiorno ha detto che dette pene, che si traducono poi, per la maggior parte dei casi, in arresti domiciliari, premiano ulteriormente e indiscriminatamente il condannato. Nel caso di specie, i due rom sarebbero affidati alle loro famiglie, con un paio di controlli quotidiani da parte di Polizia o Carabinieri. Per il resto del tempo, dato che si tratta di persone già ben note per i loro reati, potrebbero tranquillamente continuare la loro vita di sempre: fermo restando che un controllo in un campo rom rimane, per logica, molto difficile. E allora siamo alle solite. Mogli uccise da ex mariti, compagni che uccidono le fidanzate che li vogliono lasciare, episodi di violenza denunciati e malgrado tutto reiterati, fino all’atto finale della tragedia, sono all’ordine del giorno in Italia, dove chi delinque è certo comunque di una cosa: che se non rimarrà proprio impunito, comunque, nella peggiore delle ipotesi, trascorrerà in carcere un periodo trascurabile della propria vita. Fra legge Gozzini, semilibertà, promessi premio e buona condotta, le carceri italiane sono un groviera, e gli Albanesi ci hanno anche insegnato che se ne può ancora evadere in modo classico, con un lenzuolo annodato alle sbarre. Che siamo il ventre molle d’Europa per altri motivi, è ormai sotto gli occhi di tutti: ma che lo siamo diventati anche per il sistema giudiziario e carcerario, è davvero sconcertante. Rimane una donna terrorizzata, madre single di due bambini piccoli che dipendono da lei e dal suo lavoro. Il male contro il bene, e il male in Italia vince sempre. Non vogliamo parlare poi di aggressioni impunite agli autisti dei bus, ai capotreni o ai controllori dei mezzi pubblici: l’ATAC è sulla via del fallimento perché nessuno paga il biglietto, e chi scrive ne è testimone oculare: e non sono solo gli extracomunitari. Ora, obiettivamente, Hellen Prelessi, quale prospettiva ha dinanzi? Armarsi, visto che nessuno la può difendere? Cambiare città, nazione, continente? Subire altre aggressioni e minacce, e vivere morendo ogni giorno di paura? Giriamo la domanda a chi di dovere, a quei politici e magistrati che dovrebbero proteggere i cittadini, amministrare la cosiddetta ‘giustizia’, e fare in modo che la legge e l’ordine proteggano i più deboli, soprattutto gli onesti, e che i delinquenti siano messi in condizione di non nuocere. Senza regole, non c’è democrazia, senza ordine non c’è civiltà, ma solo la giungla. Una postilla: depenalizzare duecentoventi reati non è stata una buona idea. Purtroppo questa aggressione nei confronti della barista di Trieste viene considerato un reato ‘minore’, e quindi non sanzionato sufficientemente: mentre invece è uno dei più pericolosi e nocivi per l’uomo della strada.




Rimini, violenza in spiaggia: l'ennesimo crimine contro una donna

 

di Roberto Ragone

 

“Vi prego, aiutateci a tornare a casa. “ è la voce della ragazza cittadina polacca stuprata dal branco sulla spiaggia di Rimini, al ‘Bagno 130’, nella notte fra venerdì  e sabato. Sarà difficile, per lei, dimenticare quanto accaduto, e molto più probabilmente, porterà dentro di sé una ferita che non potrà rimarginare. L’Italia e la vacanza al mare, per lei, sarà sempre un luogo di terrore, da cancellare dai suoi ricordi e da non consigliare agli amici. Un luogo che un’invasione selvaggia sta riducendo un mondezzaio.  Continua la caccia al branco, e intanto dobbiamo annoverare l’ennesimo crimine odioso contro una donna. Successivamente i quattro si sono spostati verso la statale, dove hanno picchiato, violentato e rapinato un transessuale chi lì aveva il suo luogo di prostituzione. Ogni volta che succede, ci chiediamo come mai lo stupro di una donna ci procuri una sensazione indescrivibile, nel profondo, di dolore e ripulsa per una prepotenza perpetrata contro una persona indifesa, colpita non solo nel corpo, ma nella sua intimità più gelosamente custodita, della quale lei sola ha il diritto di disporre. Lo stupro della ragazza polacca al Bagno 130 di Rimini, l’altra notte, mi ha riportato indietro di cinquant’anni, quando, nella mia città e nelle sue più prossime propaggini, ci fu un’ondata di aggressioni a coppie che si appartavano in auto, e il copione era sempre lo stesso: lui picchiato e rapinato, lei sottoposta alle più atroci e immaginabili sevizie da parte di più persone. Questo provocò un fenomeno di aggregazione, per cui si crearono spontaneamente luoghi in cui si parcheggiavano le auto in gruppo, per proteggersi a vicenda. Gli autori dell’aggressione di Rimini pare siano di colore, ma non troppo scuri di pelle, forse nordafricani. E qui ci vengono da fare altre considerazioni. Immigrazione selvaggia, senza controllo; migranti protetti da ogni parte, perfino dal Papa e dalla presidente della Camera dei Deputati; polizia sottorganico resa impotente di fronte a tutti questi stranieri, e che deve a volte subire perché non può reagire; assurda legge sulla ‘tortura’, che ben si attaglia a chi voglia e debba, per l’onore della divisa, far rispettare l’ordine e la legalità. Eccetera eccetera. L’Italia è sotto attacco. Da una parte i musulmani che prepotentemente e con arroganza pretendono ciò che a loro – e purtroppo anche a molti altri – appaiono come dei diritti inalienabili, in nome della loro religione: tutto ‘a prescindere’, senza una regola e senza un tentativo di quella integrazione unilaterale proclamata soltanto da parte dell’Italia buonista. Appare chiaro infatti che quelli di loro che si dichiarano integrati lo siano soltanto per ragioni economiche, perché magari sono in Italia da più anni e hanno un’attività commerciale, o comunque interessi economici. Diverso è il discorso di quelli che da poco sono approdati alle nostre sponde, che piuttosto tendono a far gruppo fra di loro e a coltivare invece verso di noi l’odio di un popolo invasore verso l’occupato.

 

L’integrazione, posto che sia possibile – ma non lo è, almeno come la intendono i buonisti di casa nostra – dev’essere un’accettazione totale delle nostre regole e dei nostri costumi, e questo appare impossibile. L’Islam sarà anche per alcuni una religione di pace, a parole, ma nei fatti si dimostra tutt’altro. Dall’altra parte i giovani aitanti e pieni di ormoni che riempiono i canotti recuperati dalle ONG. Gente di colore – non è una colpa – che non viene in Italia per sfuggire ad una guerra, almeno per la maggior parte, ma affronta un viaggio verso una terra che a loro è stata presentata come il Bengodi da chi li ha reclutati, per tentare la fortuna. Stranieri in terra straniera, in una nazione di bianchi che loro disprezzano e che per la maggior parte non distingue un ‘nero’ da un altro, per noi fisiognomicamente sono più o meno tutti uguali. Ottima occasione per mimetizzarsi, e ottima occasione per approfittare dell’insufficienza delle nostre forze dell’ordine e della nostra magistratura. Terreno di conquista per chiunque, con un decreto di espulsione in tasca, voglia darsi alla clandestinità e al malaffare. I quattro (presunti?) maghrebini che hanno aggredito e ridotto all’incoscienza il ragazzo polacco, e violentato ‘ripetutamente’ la sua amica, probabilmente provengono da quest’ultima categoria. Lo stupro è un’azione vigliacca, peggio dell’omicidio, e come tale andrebbe sanzionato. Meno male che, molti anni fa, da reato contro la pubblica decenza è stato riconosciuto reato contro la persona: ma le pene sono ancora troppo lievi, e i giudici hanno paura di calcare la mano, ciò che invece andrebbe fatto in questo caso – posto che i quattro responsabili siano trovati e assicurati ‘alla giustizia’.

 

Pare che il trans, anch’esso – o essa – aggredito/a non abbia presentato denuncia di quanto accaduto, forse per evitare il ridicolo che fatalmente scaturirebbe da titoli sui giornali. Ricordiamo che costringere una persona ad un atto sessuale contro la sua volontà, anche se prostituta di mestiere, è sempre uno stupro, e non possiamo noi discernere quali conseguenze psicologiche possa avere, anche su di una persona che di un atto sessuale ha fatto il proprio – disgraziato – mestiere. Per concludere, lo stupro è un atto ignobile, che procura conseguenze irreparabili nella psiche di chi lo subisce, condannando la vittima ad un ergastolo psicologico che i colpevoli certamente non subiranno. Lo stupro è visto come un segno di disprezzo verso i vinti, come è facile discernere in questo caso. L’Italia sta soccombendo agli invasori, da qualunque parte essi provengano, e l’episodio del palazzo di via Curtatone, a Roma, è stato un punto di rottura fra la nostra legalità – rappresentata da quei poliziotti che hanno preso fior di mazzate, ma questo nei Tiggì non viene trasmesso – e i territori conquistati da chi è venuto in Italia non per integrarsi, né per procurarsi un lavoro regolare, ma solo per sfruttare la condizione miseranda in cui la nazione si trova, con un governo – ricordiamo, il quarto non eletto – ed una classe politica a dir poco penosi. Bene ha fatto chi ha organizzato lo sgombero, prevedendo, soltanto per gli aventi diritto, una sistemazione alternativa. Male fa chi protegge senza condizioni questa gente, fra cui certamente si possono trovare persone che, secondo le leggi internazionali sull’accoglienza, hanno diritto d’essere accolti; ma questi ultimi sono solo uno scudo umano per tutti gli altri malintenzionati senza controllo e senza identità che scorrazzano per la nostra penisola. Come, appunto, i quattro violentatori di Rimini, che non sono i primi né saranno gli ultimi, se andiamo a guardare il numero di violenze sessuali che si perpetrano anche nelle città, e in pieno centro, da parte di extracomunitari.

 

D’altra parte, è fatale che ciò accada, quando si accoglie chiunque, proveniente da paesi dove la donna è considerata un oggetto di piacere – con buona pace della signora Boldrini e del suo femminismo spinto – e lo stupro è costume accettato, tenendo presente che, come dicevo prima, i ‘barconi’ sono zeppi di giovani forti e robusti, in pieno rigoglio sessuale. Tutti ci auguriamo che i quattro – presunti – maghrebini vengano al più presto catturati, ma questo non risolverà alcun problema. Infatti, il problema è strutturale, e molto più complesso, e richiederebbe azioni combinate di forze dell’ordine, con più controllo del territorio, magistratura con leggi certe e applicate anche al massimo delle pene, coscienza civile da parte della nostra politica e maggiore efficienza; meno ‘orientamento’ buonista e politico per principio, meno ‘protezioni’ dall’altro, più desiderio di vivere in una nazione finalmente vivibile e ordinata, dove di sera una donna possa anche uscire da sola senza rischi. Ma forse, anzi, probabilmente, tutto questo non accadrà mai più.




L'Italia è allo sbando ma non è una novità


 
di Roberto Ragone
 
 
Più volte da queste colonne abbiamo denunciato ciò che secondo noi non va, in Italia. Soprattutto, quello che non va, in Italia, è che siamo soggetti ad una sorta di masochismo nazionale, barchetta di carta sulle onde di un mare agitato e sempre nemico. Lo sgombero del palazzo occupato da più di quattro anni da persone – di qualunque colore, ceto, appartenenza, non ha alcuna rilevanza, l’occupazione è illegale e illegittima – non aventi diritto ad abitare ad un passo dal centro, gratis e senza controllo, occupazione che ha provocato anche il fallimento della proprietà di un immobile del quale lo Stato, il Comune e comunque le autorità preposte all’incasso hanno sempre preteso il pagamento dei relativi tributi: lo sgombero, dicevamo, di una costruzione divenuta un ghetto in cui bisognava parlare con un ‘responsabile’ – manco a dirlo, di colore – per poter entrare, e nel quale immobile una giornalista della televisione è stata tempo fa aggredita perché avrebbe voluto fare un servizio in diretta; lo sgombero di questo grande fabbricato, ridotto, come possiamo immaginare, ai minimi termini, ha provocato grande sdegno nella Sinistra & Associati, convinti, come sono, che in Italia si debba procedere non secondo le leggi, ma seguendo una logica buonista e distruttiva.
 
È chiaro che a tutti piacerebbe abitare gratis a due passi da Stazione Termini, senza pagare affitto, luce, acqua: il gas no, quello lo tirano, in bombole, addosso ai poliziotti comandati alla bisogna, vero cuscinetto fra un governo insufficiente e i problemi che lo stesso – governo – non è capace di risolvere. Allora, per più di quattro anni s’è fatto finta di niente, e c’era chi protestava. Ma, si sa, a rimestare in certi materiali poco profumati c’è il rischio che la puzza aumenti. Dopo tutto Roma è piena di stabili ‘okkupati’ o a canone zero o poco più… Uno più, uno meno, che differenza fa? Ma quando, come certi sindaci che incominciano ad abbattere case abusive, seguendo i precetti delle leggi dello Stato, iniziano gli sgomberi, allora succede il prevedibile. Non è tollerabile che in una nazione civile si debba assistere a scene come quelle che abbiamo visto nei vari Tiggì. E che oltretutto si debba subire la condanna mediatica delle forze dell’ordine che hanno fatto il loro dovere. Parliamo di evasione fiscale? Bene, perché non parliamo di occupazioni abusive? Il concetto è sempre lo stesso, l’indebito arricchimento, o a danno dello Stato, o a danno dei privati. Il furto, insomma, come quelli che mettono in crisi l’Atac perché viaggiano gratis:  e guai a chiedere il biglietto, c’è da rischiare una coltellata, o peggio.
 
Vien da pensare che il guasto della nostra penisola venga proprio da certa sinistra, che tollera o impone comportamenti al di là della legalità, incitandone la messa in atto; e che poi, a livello più alto, qualcuno, o tutti, chiudano un occhio per convenienza. Convenienza elettorale, convenienza politica, convenienza sociale, convenienza al disordine, all’emergenza, cosa in cui la nostra nazione è maestra. Siamo bravissimi a fronteggiare costose e irregolari emergenze, in nome del momento drammatico, e assolutamente incapaci di programmare opere di prevenzione molto meno costose nel tempo. Ma, si sa, nell’emergenza, c’è sempre qualcuno che ‘emerge’… Così, tutti addosso alla Raggi, al M5S, alla loro amministrazione, già squalificata perché insufficiente.
 
Si può essere o no d’accordo con i Cinquestelle, ma l’attacco che stanno subendo in vista delle prossime consultazioni elettorali è sotto gli occhi di tutti, e ci ricorda un fatto simile, protagonista, o bersaglio, Berlusconi, poi stoppato in volo da Napolitano. Senza dire che gli alloggi per fronteggiare l’emergenza sgombero – 40 villette, e magari tanti nostri homeless ne potessero disporre! – sono stati offerti a chi doveva lasciare il palazzone ‘okkupato’, ma sono stati rifiutati perché poco comodi, lontani dal centro, o perché istigati da una certa parte politica. Meglio inscenare una bella bagarre, così i giornali ‘sinottici’ – ivi compreso il giornale dei vescovi, che, anche loro, ‘bagnano il pane’ – potranno per mesi parlare male della Raggi, della polizia violenta, della cattiva amministrazione di Roma Capitale, del Movimento Cinquestelle, eccetera. Viene da pensare, dicevamo che l’Italia soffra di masochismo nazionale. Ma non è così. La realtà è molto peggiore. Siamo in mano ad una politica autoreferenziale, complice delle multinazionali, orientata solo al potere fine a sé stesso, strumentale al governo e a governare, senza guardare il ‘buon’ governo, quello che fa crescere la nazione. Ci bombardano di dati e di numeri e di statistiche di dubbia sincerità, che dovrebbero ‘dare fiducia’ al cittadino, spingendolo a spendere, per innescare quella ripresa fantasma di cui già parlava il prof. Monti, una delle cui frasi celebri è: “Vediamo la luce in fondo al tunnel”. Ma questo tunnel quanto è lungo? Sono già quattro governi, e ancora non ne siamo usciti. Se mai ne usciremo, con queste premesse.



Caso Regeni: quella manfrina consapevole

 

di Roberto Ragone

 

Fin dall’inizio di questa triste e dolorosa vicenda è stato evidente che gli assassini del giovane Giulio Regeni andavano cercati nei servizi di sicurezza egiziani, e la richiesta di chiarezza da parte dell’Italia – governo Renzi – era soltanto una manfrina consapevole.

Abbiamo finto di credere all’incidente stradale, poi al sequestro da parte di una banda di criminali, alcuni dei quali uccisi durante una finta operazione di polizia. Ma quello che è stato il colmo dell’ingenuità, non tanto da parte italiana, quanto da parte egiziana, è stato il far ritrovare in casa dei pretesi sequestratori i documenti di Giulio Regeni. Soltanto chi l’aveva sequestrato e torturato fino alla morte avrebbe potuto averne la disponibilità. Pian piano s’è anche scoperto il Giuda della situazione, quel personaggio che ha denunciato Giulio Regeni soltanto per averne un vantaggio, magari anche economico. Come sempre accade nei regimi totalitari, e noi, italiani, che abbiamo messo fuori legge il fascismo e la sua apologia, siamo in questo modo complici di un regime di polizia, dal quale dovremmo, per costituzione, prendere le distanze.
 
Ma troppi, e troppo ingarbugliati sono i rapporti fra Italia politica ed Egitto, rapporti che implicano anche interessi economici legati all’energia. Ora le rivelazioni del New York Times, a parte ogni strumentalizzazione che i commenti dei nostri politici vogliano farci ingoiare, sono, appunto, rivelatrici. Fin dall’amministrazione Obama sapevamo per certo che ad uccidere Giulio Regeni erano stati uomini appartenenti ai servizi egiziani, cioè in prima persona il governo egiziano. Ma nessuno, è normale, accusa sé stesso. È vigliacco nascondersi dietro il classico dito, per cui il commento di Renzi & C. è stato che non c’erano ‘prove di fatto’ o ‘prove esplosive’.

Cosa volevano, un selfie dei torturatori con Giulio Regeni legato ad una sedia, sanguinante e tumefatto? O il solito filmato di un telefonino? Che parte hanno avuto in tutto questo i nostri servizi, che rispondono direttamente al premier? Oppure, come al solito, – non si da’ ad un bambino un incarico da adulto, come più volte accaduto nei suoi tre disgraziatissimi anni di governo a Renzi – il nostro ex premier ha avuto paura per la sua leadership, stante il fatto che magari l’intelligence aveva ipotizzato una rottura con Al Sisi che avrebbe portato ad una crisi energetica? Meglio il gas, della nostra dignità, della giustizia, della vita di un cittadino italiano, che era in Egitto non certo per spionaggio?
 
Siamo il ventre molle dell’Europa, anzi, del mondo, e tutti si sentono in diritto di saltarci addosso. E la farsa delle indagini del Tribunale di Roma, bloccate dalla politica? Un’altra bufala, che traspariva dai servizi giornalistici in TV. E ora hanno ragione i genitori di Giulio a protestare per il ritorno del nostro ambasciatore; il cui ritiro è stato, anch’esso, una presa per il fondo della schiena. Questa vicenda ce ne ricorda un’altra, che si è conclusa – speriamo – nel nulla più assoluto: i nostri due marò trattenuti in India, dei quali non è mai stata proclamata ufficialmente – con ‘prove esplosive’ – la colpevolezza, né è stata mai dichiarata l’innocenza, lasciandoli in un limbo indegno che dimostra ancora una volta che la politica italiana, o coloro che ne fanno parte, oltre ad essere per la maggior parte ‘ladri come prima di Mani Pulite, anzi di più, ma non si vergognano più’, come dichiara il giudice Piercamillo Davigo, oltre ad essere schiavi delle lobby multinazionali, come è evidente nel parlamento europeo, oltre ad ospitare propaggini mafiose, come dichiarato da Falcone e Borsellino – proprio da Roma partì l’ordine di lasciare solo il generale Dalla Chiesa, e proprio da quegli ambienti l’indicazione del viaggio di Falcone a Palermo – sono anche affetti da una forma di vigliaccheria politica, che l’Italia non merita.
 
L’ingiusta detenzione in veste di ostaggi di Latorre e Girone, due militari della nostra eccellenza, pare sia stata tollerata dalla paura di perdere un’importante commessa presso la Finmeccanica, di una dozzina di elicotteri. Ora abbiamo davanti un altro caso, che già si prospetta viziato, chissà da che. Qui, infatti, non ci sono servizi segreti, né forniture militari, né interessi energetici internazionali: il massacro, a calci e pugni, del giovane Niccolò Ciatti, a Lloret de Mar, in Spagna. In questo caso abbiamo prove certe ed ‘esplosive’, con il filmato del pestaggio da parte di tre ceceni arrestati subito dopo, mentre cercavano di confondersi fra la folla della movida notturna. Due di essi sono stati immediatamente scarcerati, e sono tornati liberi in Francia, nonostante siano colpevoli non meno del loro compagno; il terzo – atleta di lotta libera, quindi passibile di accusa di omicidio volontario – è ancora detenuto, e si presume che dovrà rispondere davanti ad un tribunale spagnolo per quella morte: pare infatti che sia stato l’unico a sferrare a Niccolò il fatale calcio alla testa, anche se dubitiamo che sia stato l’unico colpo mortale che il giovane Niccolò abbia subito. Ma questo significa spaccare il capello in quattro. Il ragazzo è morto in ospedale, e magari qualche buon avvocato difensore argomenterà che il calcio non è stato la causa diretta della morte, ma soltanto indotta. Con prevedibile sconto di pena per il condannato. il nostro presidente del Consiglio Gentiloni non ha trovato di meglio che ‘telefonare’ in Spagna: una soluzione efficacissima ed energica che gli ha consentito anche di non interrompere i suoi 40 giorni di ferie: poveracci, lavorano tanto durante l’anno, che 40 giorni sono vitali, guadagnati, veramente irrinunciabili per la loro salute. Vuoi mettere lo stress? Allora, dopo la telefonata, il nulla.
 
Alla nostra politica non importa un beneamato cavolo dei cittadini italiani. Questo è già evidente guardando leggi, leggine, decreti, fiducie parlamentari e via così. Come per esempio la ‘truffa’ dell’esenzione di tributi ai terremotati: ora tiriamo – tirano – in ballo l’Unione Europea, che non consentirebbe quanto sacrosantamente promesso: quando poi Renzi si è sempre fatto un vanto delle sue finte liti con la Merkel, e degli sconfinamenti dal fido. Elezioni alle porte, campagna elettorale al calor bianco, coalizioni che si vanno formando e sciogliendo, nel mercatino estivo dei do-ut-des, il nostro magma politico è ben lungi dall’assumere una forma definitiva, assomigliando sempre più ad un’ameba: della quale ha anche la stessa coscienza, la stessa spina dorsale, la stessa fermezza, lo stesso orgoglio nazionale, la stessa dignità, davanti a Dio e agli uomini. 



Il prete "amico della Boldrini" indagato per favoreggiamento all'immigrazione clandestina

 
 
di Roberto Ragone
 
 
Come volevasi dimostrare. Una piccola punta di iceberg spunta all’orizzonte, su quel Mussai Zerai, prete eritreo ‘amico dei clandestini’, ‘numero verde’ delle ONG, amico di Laura Boldrini. La quale signora presidenta della Camera dei deputati si esibisce in due pezzi sulla spiaggia di Castelporziano, la spiaggia dei presidenti della Repubblica italiana: purchè non ci faccia l’abitudine e non sia un funesto presagio per tutti noi. Avere una Boldrini come un Napolitano 2 sarebbe una vera catastrofe. Non per le persone, in sé degnissime, ma per le idee e le alleanze che esse esprimono, che non sempre sono in linea – anzi, mai – con le vere esigenze di questa nazione vituperata, distrutta, tradita, calpestata, svenduta, insultata, inquinata, trivellata, bruciata, derubata, corrotta e corruttrice suo malgrado, sottoposta alle più indegne dittature, più o meno striscianti, in mano alla peggior classe politica della sua memoria.
 
Insomma, quello che ipotizzavamo qualche giorno fa si è avverato, cioè un’indagine della magistratura italiana su di un personaggio che sulla carta dovrebbe godere di potenti protezioni, stanti le sue relazioni e la sua missione ‘umanitaria’. “Aiuto solo a salvare vite” si difende il sacerdote che collega i clandestini agli scafisti,  indagato dalla magistratura italiana; mentre si scopre che i poverissimi possono godere di un ‘prestito umanitario’ per racimolare il denaro che procuri loro un posto sul gommone di turno. Bisogna vedere quali sono i rapporti fra don Zerai e gli scafisti, o quelli che tali personaggi comandano e gestiscono. Lo scudo umanitario, sfruttato sia dalle ONG, che finalmente forse dovranno rispondere ad un regolamento, chiamato a discolpa ogni volta che si raccolgono ‘naufraghi’ nelle acque libiche, e che si sbarcano nei porti italiani, –  pur se la legge del mare parla dei porti più vicini,-  pare che sia tirato in ballo anche da questo prete intraprendente.
 
Angelo o diavolo? Purtroppo dietro tutta l’operazione esodo ci sono tanti, ma tanti soldi, per chiunque se ne voglia impicciare, a qualsiasi titolo, da Buzzi in su, o in giù, ed ogni sospetto è legittimo. ‘Rendere più della droga’, o degli appalti pubblici, prefigura una massa di decine, o centinaia di milioni di euro, che non si sa in che tasche vadano, visto che noi ne percepiamo solo un’ombra. Nel frattempo pare che il problema Tiziano Renzi, come previsto ampiamente, si avvii verso un’archiviazione, o qualcosa di simile, che comunque permetta l’impunità al papà di Renzi per le sue – presunte – mancanze. E questo riguarderà anche i danni collaterali, quelli che hanno coinvolto anche il generale Del Sette e il ministro dello Sport Lotti. Ma la notizia che riporta ‘Libero’ è decisamente contro ogni aspettativa: pare infatti che il libro ‘di Renzi’ sia un grande successo, di vendita, almeno, se non letterario, per cui abbiamo i nostri dubbi che sarà presentato al prossimo Premio Strega. Un libro che praticamente s’è scritto ‘da solo’, visto l’impegno che una tale impresa comporta, quando affrontata in prima persona, cosa di cui – ci perdoni don Matteo la franchezza – dubitiamo che abbia avuto il tempo, dati i suoi molteplici e quotidiani impegni predicatori, tutti tesi a creare in seno al ‘suo’ partito una controcorrente totalmente renziana, anche se ancora con la consistenza di un’ameba. Ancora più incomprensibile il consenso di pubblico che suscitano le ‘presentazioni’ di quel libro, che, un po’ come ‘Mein Kampf’, descrive, o dovrebbe farlo, l’ideologia renziana, posto che questo termine – ideologia –  non sia esagerato. Dopo un referendum perso 60 a 40, si presupponeva che gli Italiani tenessero conto della mancanza improvvisa di credibilità dell’ex premier: ma evidentemente ci meritiamo ciò che abbiamo. L’altra ipotesi è che i dati siano truccati, e che gli acquirenti del libro siano donne che tengono più alla dedica e al conseguente selfie, che al contenuto del libro stesso. Insomma, una maniera per conquistare un trofeo, seppur non proprio fresco e profumato, come un pesce dopo tre giorni. 



Italia anno zero


di Roberto Ragone

 

Quest’anno ci si mette anche Lucifero. Non quello biblico, ma un anticiclone che a memoria d’uomo non ha mai causato in Italia temperature così alte: questa è la cornice. E mentre tutti boccheggiamo, trascinandoci da un ventilatore all'altro, ad un supermercato all'altro, reparto surgelati, dotato – e ci mancherebbe – di grandi climatizzatori; e mentre i volontari stagionali dei VV FF appiccano il fuoco insieme a piromani di ogni genere, per poterlo poi spegnere, intorno a noi si agita e freme tutto un mondo sotterraneo, del quale riusciamo a cogliere solo segnali come punte di iceberg.

La cosa certa e sicura è che per noi cittadini è in arrivo l’ennesima fregatura. Come, appunto, il  Grande Diversivo orchestrato sui media, cioè la cosiddetta ‘invasione’ dei migranti, di cui qualcuno ha fatto un grande business in Italia, e qualcun altro continua a fare grandi soldi all’estero, anche se la ‘Cupola’ è ben protetta, e, possiamo intuire, trasversale, fra Italia, Libia e chissà dove altro. Nessuno sì è preoccupato di andare a vedere dove gli scafisti – l'ultimo anello della catena criminale – acquistino i gommoni usa-e-getta, o i motori fuoribordo, quelli buoni ancora per più volte dato che se li fanno restituire. Questo per due motivi: o approfondire sarebbe pericoloso, o contro i patti stipulati – ma interesserebbe a noi cittadini – o le notizie sono già note a chi di dovere: propendiamo per la seconda ipotesi, per cui allora tutti sono coinvolti, da 'quelli delle ONG', fino ai politici che minacciano di cannoneggiare e bombardare.

E' certo, comunque, che intorno ai 'migranti' girano milioni di euro, elargiti con criminale generosità dall’UE; e che il travaso di popoli di colore nella nostra nazione fa parte di un piano che parte da lontano, sinergico a tante altre azioni tese a rendere l'Italia un paese in balia di chiunque se ne voglia impadronire. E' certo anche che tutto questo, insieme ad altre manovre politiche e finanziarie, –  in prima fila l'euro di Prodi, – sono state adottate per questo scopo: diceva John Adams, grande economista del secolo scorso, che le nazioni si conquistano in due modi: o con la guerra o con la povertà. A noi è capitata la seconda soluzione, inaugurata dal governo Monti, meno cruenta, ma certamente irreversibile e più comoda per chi l'ha messa in atto. Nessuno può negare che l'adozione della cosiddetta 'moneta unica', l'euro, – solo un accordo fra banche, come i soldi del Monopoli, – sia stato l'inizio della fine. Juncker, ex presidente dell'UE, non più tardi di qualche settimana fa, in un suo discorso ha affermato che "senza l'euro la Germania dovrebbe temere l'Italia, e non la Cina". Che staccarsi dall’euro faccia bene, ce lo dimostra la Brexit. In Inghilterra, come riferisce Milano Finanza, il tasso di disoccupazione è ai minimi storici dal 1975, nonostante l’aumento di popolazione attiva dovuto a chi ha scommesso sull’uscita dell’UK dall’euro. Proprio nel 2016 la Gran Bretagna è diventata la prima meta per i più giovani. Per quanto riguarda gli Italiani, secondo l’AIRE, gli espatri sono passati, dai circa 60.000 nel 2011, agli oltre 123.000 del 2016, con un aumento del 104%. Nonostante quindi l’aumento della popolazione attiva, – gli Italiani fra i 20 e i 40 anni – il tasso di disoccupazione è calato più del previsto, attestandosi attorno ad un 4,6%, valore più basso dal 1975, come riferisce l’Ufficio Nazionale di Statistica ONS. I dati parlano di 1.530.000 disoccupati, 145.000 in meno rispetto allo stesso periodo del 2016, prima della Brexit. L’ONS riferisce anche che insieme al calo della disoccupazione, si registra anche un aumento dei salari del 2,1%.

Nonostante le Cassandre e le previsioni disastrose di tutti i nostri media, stampati e in TV, l’uscita dall’euro pare che sia stata la mossa giusta per risanare l’economia di un grande paese come l’Inghilterra, cosa che noi non potremo mai più mettere in atto, stante la classe politica che abbiamo, legata, come noto, a carrettini internazionali interessati a mettere le mani sulla nostra nazione e sulle sue eccellenze. Ma ciò che accade in UK non si deve sapere. E infatti i media non ne parlano. È di questi giorni una notizia, poi smentita dalla May, del pagamento di 40 miliardi di euro dell’UK all’UE, come indennizzo per il divorzio. Una bufala, come sembra, fra le tante che circolano a proposito della Brexit.  E qui arriviamo alla percezione individuale. Se il termometro segna 35° e noi ne percepiamo 45, il problema è la percezione. Se le cifre ci indicano  in percentuale, sulla popolazione europea, lo 0,004% – o qualcosa di simile – di presenza di ‘risorse boldriniane’, il problema è la percezione, perché il nostro giardino ne è pieno – “not in my backyard”. L’Europa è fallita anche sotto questo profilo, e magari ci si aspettava che ciò accadesse, oppure qualcuno se ne è fregato. Finalmente qualcun’altro s’è reso conto che così non poteva continuare, e gli sbarchi operati dalle ONG senza freni e senza controllo – ma non senza denaro, per pura bontà d’animo: diceva Andreotti  che a pensar male si fa peccato, ma ci s’azzecca quasi sempre,  insomma, nulla per nulla –  sono diminuiti. La C-STAR, la nave paramilitare della organizzazione Defend Europe, subito ribattezzata la 'Nave Nera', noleggiata da un cittadino britannico, impegnata in passato in azioni di contrasto alla pirateria, pattuglia ora le acque in cui ONG e navi militari italiane raccolgono disperati provenienti dall’Africa, minacciando azioni a qualsiasi livello pur di fermare l’esodo. Tutto poi va a finire in politica, con la C-STAR  dichiarata ‘fascista’ e perseguibile dalle leggi dello Stato italiano qualora si affacciasse ai nostri porti, e con la controparte ‘umanitaria’ che si fa scudo dei ‘salvataggi’, operati in acqua libiche – e quindi più taxi service che salvataggi in mare. Soprattutto quando il mare è una tavola, e i fuggitivi – a cui non importa un beneamato se fuggono da guerre o da altro – non corrono alcun rischio. Mentre gli scafisti abbandonano il gommone, ma recuperano il motore fuoribordo.

Lo stesso Matteo Renzi, trasformato in predicatore, che ha fiutato l’aria, dichiara – a differenza di ciò che diceva qualche mese fa – che li possiamo salvare tutti, ma non li possiamo accogliere tutti: una chiara espressione di demagogia,  propedeutica ad una campagna elettorale sempre in piedi. Siamo in campagna elettorale permanente, in Italia, dopo il quarto governo non eletto, mentre Napolitano bada a tener basso il profilo,  lavorando sempre e comunque ad un mandato ‘europeista’ del quale si dice convinto, anche nella sua vacanza dorata a nostre spese, trasportato da un aereo di Stato e scortato da decine angeli custodi – sempre a spese dello Stato, cioè nostre. Cantone con l’ANAC – agenzia anticorruzione –  fa nuove scoperte a proposito della Consip, – o mostra di farle,-  che coinvolgerebbero Tiziano Renzi. È di questi giorni la notizia di appalti CONSIP truccati per circa 2 miliardi e 700 milioni, come riferiscono i TIGGI’.

Mentre la Madia, responsabile dell’irresponsabile smembramento della Guardia Forestale, una nostra eccellenza,  sbandiera nuove assunzioni anche in polizia: peccato che non coprano neanche il 50% dei pensionamenti, per cui l’organico per la nostra sicurezza rimane sempre insufficiente. Una polizia perseguitata anche a livello politico – tranne quando i nostri tutori dell’ordine devono proteggere ‘loro’, gli appartenenti alla ‘Casta’, chissà da quali pericoli: oppure ci sono cose che non conosciamo – ma perseguitata quando deve cercare di contenere le ‘esuberanze’ di una popolazione africana proiettata nel nostro mondo occidentale senza preparazione, e senza la benché minima volontà di integrazione. Questo per loro è il paese di Bengodi, dove puoi accoltellare un poliziotto, stuprare una ragazza in pieno centro, evacuare nel giardini pubblici, creare accampamenti abusivi, ubriacarsi, pedalare lungo l’autostrada, fare il bagno nudi in quelle fontane che sono il fiore all’occhiello dei nostri musei a cielo aperto: il tutto impunemente, date le protezioni dall’alto, mentre i puniti sono i poliziotti che fanno – o cercano di fare – rispettare le regole di una società sempre meno civile, minacciati dal nuovo reato di ‘Tortura’, creato apposta per loro, sicchè l’impotenza è totale. Al contrario, non molto tempo fa, fu multata una turista americana che voleva rievocare la ‘Dolce Vita’,nella parte di Anita Ekberg, con un pediluvio nel Fontanone: altri tempi, altre dolcezze, ormai l’Italia è tornata indietro di millenni. Sullo sfondo di uno stivale che brucia di centinaia di roghi – il che non può essere una coincidenza, ma un attacco premeditato alla nostra nazione, orchestrato a tutti i livelli a partire dall’euro di Prodi in poi, e anche prima, da quel Ciampi che disconnesse la Banca d’Italia dal Ministero delle Finanze – , continuato attraverso l’invasione di ‘migranti’ in un cul de sac italiano, persone che nessuno vuole accogliere, con le dimissioni forzate di Berlusconi e del suo governo, propiziate da Napolitano, con l’avvento del governo Monti, poi Letta, poi Renzi, poi Gentiloni, senza che una sola scheda elettorale sia stata riempita; con la svendita dei nostri gioielli, pubblici e privati, con il ‘gran rifiuto’  a proposito della STX di quel Macron che tutti hanno accolto con grida di giubilo, senza sapere esattamente che animale fosse – ma sapendo che proveniva da Goldman Sachs – pur di andare contro la Le Pen a tutti i costi; con una nave canadese – l’ultima in ordine di tempo – che sta scaricando nel nostro territorio 190.000 quintali di grano al glifosato, quel potente pesticida che fa seccare il grano prima della maturazione, permettendone la raccolta, un prodotto altamente  tossico e cancerogeno, assolutamente vietato in Italia, e la cui presenza è negata  da chi dovrebbe vigilare sulla nostra salute.

Forniture fortemente ‘raccomandate’ dall’UE, a vantaggio delle lobby a cui fanno capo. Ora ci si prospetta  un’altra notizia preoccupante: pare che Laura Boldrini abbia dichiarato che, dopo aver sufficientemente ‘dato’ alla nazione come terza carica dello Stato, si presenti alle elezioni, insomma, per ripetere una frase del Cavaliere, ‘scenda in campo’. Per cui le sue ‘esuberanze’ dichiarate e orientate, a volte molto originali,  assumeranno un colore politico ben preciso, e una diversa autorità. D’altra parte era chiaro che questa fosse la sua intenzione, quando, piuttosto che assumere una veste neutrale come avrebbe richiesto la sua posizione, ha partecipato a convegni e incontri politici, oltre che a bacchettare sonoramente in Parlamento parti politiche a lei poco gradite. Nel frattempo si scopre – così riporta ‘Il Giornale’ – che nelle chat degli scafisti sarebbe presente un prete eritreo amico della Boldrini che avrebbe messo in contatto  migranti e ONG. Complicità in qualche reato, per esempio di immigrazione clandestina, o connivenza con gli schiavisti mercati di uomini? Abbiamo i nostri dubbi che quelle chat vengano lette in questa direzione, per ovvi motivi. Mentre gli Italiani, quelli che hanno ancora qualche soldo nella scarsella, vanno al mare o ai monti, subito censiti con grande evidenza dai TIGGI’ di Stato: bollini rossi, blu, neri, verdi, gialli. Se milioni di Italiani vanno in vacanza, ridotti ogni anno di una percentuale trascurabile, vuol dire che dopo tutto non stiamo poi tanto male; anche se i pensionati continuano a raccattare frutta e verdura dagli scarti del mercato e le mense della Caritas sono piene, più d’Italiani, ormai, che di stranieri.  La ripresa è in atto, recitano i fogli di Stato compatti, anzi, supera le previsioni, secondo l’ISTAT, anche se la disoccupazione giovanile è a cifre da terzo mondo. E torniamo alla percezione. Guardandoci intorno, abbiamo la percezione del fatto che i dati dell’ISTAT non siano sempre sinceri: ma lo sanno, i suoi funzionari, che a dire le bugie si va all’inferno?

 




Gli italiani fuggono, arrivano i migranti

 

di Roberto Ragone

 

Alla fine, fra Boeri e Fornero, tutti sono stati costretti a riconoscere che il progetto di affidare al lavoro degli stranieri del barcone le pensioni degli Italiani, era fallimentare, basato sul fatto che tanti stranieri non raggiungono l'anzianità necessaria per maturare una pensione.  Anche perché, a sentire la Fornero, si sta studiando un sistema per conferire agli stranieri tornati in patria dopo avere versato parte dei contributi, quella parte di pensione che spetterebbe loro se rimanessero in Italia.

Tutto ciò senza voler guardare la luna, ma solo il dito, visto che le pensioni basse sono la reale causa dell’esodo degli anziani, costretti ad emigrare per sopravvivere, mentre i giovani vanno all’estero per trovare un lavoro degno di questo nome, magari in USA, dove vengono apprezzati molto di più che da noi, dove se non hai lo zio monsignore finisci a fare il lavapiatti in qualche ristorante – sempre che il posto non sia stato occupato da un ‘migrante’.  In questo momento, a scapito dei paradisi caraibici, la nazione che riscuote maggior successo è il Portogallo, dove i pensionati non pagano tasse, e dove la vita è tranquilla dal punto di vista sicurezza, oltre che a costare molto meno che in Italia. Tutto ciò ha allarmato chi di dovere, e allora l'Agenzia delle Entrate ha incominciato a fare due conti, ipotizzando un accordo fra l'Italia e la nazione di residenza del pensionato, per comunque succhiare altro denaro a chi è costretto a fuggire da una nazione con politiche dissennate e poco democratiche.

Le pensioni agli Italiani all’estero vengono erogate al lordo di detrazioni fiscali, dato che le tasse vanno pagate nel paese di residenza, e questo aumenta di un venti/trenta per cento la disponibilità di chi quel denaro riceve. Se poi, come in Portogallo, i pensionati non pagano tasse, ecco che una pensione di mille euro che in Italia è  assolutamente insufficiente a sopravvivere, diventa fattore di benessere in una nazione meno esosa.  Il tutto grazie ad una politica previdente e assennata, dobbiamo concludere, visto che sulla carta il Portogallo dovrebbe essere, in una scala di valori europea, sotto l’Italia. Un’Italia in cui le emergenze fanno comodo per tanti fattori; e infatti siamo sempre in emergenza, vuoi per gli incendi, vuoi per i terremoti, per gli allagamenti, per la mancanza d’acqua, per i vaccini, per il morbillo – che strano, le epidemie di morbillo divenute mortali! Ma non l’avranno portato con i barconi? – per le inquinanti trivellazioni selvagge in mare, per le inutili ma sponsorizzate TAV e TAP, per gli sbarchi quotidiani, per le aggressioni ai controllori dei treni e ai conducenti dei bus, dove nessuno paga il biglietto, e questo accade anche nelle metropolitane; l'Italia costretta ad importare prodotti agricoli dall'estero, come olio arance e frutta varia, distruggendo la nostra economia rurale, solo perchè “ce lo chiede l'Europa” per conto delle lobby e delle banche. Un'Italia in cui le nostre donne e le nostre ragazze hanno dovuto imparare a difendersi da chi  le considera facile preda alla mercè di chiunque voglia abusarne, di giorno, di notte, in città o nelle campagne, in branco o da soli: soltanto perchè da loro si fa così, con buona pace della signora Boldrini, femminista convinta ma non convincente: eccetera eccetera.

Salvo poi, le emergenze, a fare i conti con la burocrazia, vera spina dorsale dell’italica inefficienza, e, secondo alcuni, fonte ed effetto di corruzione e mala gestione, dove il vero potere è in mano ai burocrati, anonimi personaggi da scrivania e ‘cartellino’. I terremotati abruzzesi, per esempio, per la maggior parte, sono ancora baraccati, per motivi burocratici, nonostante le promesse di Renzi, secondo il quale ‘per Natale 2016 tutti avrebbero avuto una casa’. Già le promesse di Renzi… per chi ancora ci crede, ma ormai non ci credono più neanche quelli del Giglio Magico.

Città invivibili, soffocate dal traffico e dalle multe per fare cassa, e più di recente senz’acqua; quando si sa che il 40%, ma anche di più, dell’erogazione idrica viene dispersa per la cattiva manutenzione degli acquedotti: e questo è noto da almeno trent’anni, ma nessuno si è data la briga di riparare fosse pure una falla. Falla che, riportata nelle pensioni, si moltiplica. Infatti le perdite sono innumerevoli, e per perdite s’intendono pensioni pagate a che non ha sufficientemente versato. In prima fila i politici: Cicciolina-Ilona Staller, per esempio, dopo una legislatura, allo scoccare dei sessantacinque anni, ha maturato un vitalizio di 3000 euro al mese. Ma… i versamenti?

E come lei tanti, tutti, troppi; a fronte di chi ha realmente lavorato e  versato per oltre trenta o quarant’anni, e che si ritrova con una elemosina.  Intanto, nessuno parla delle pensioni che l’INOPS eroga a favore di 14mila sacerdoti. Il governo ha ammesso che, nonostante lo Stato italiano ogni anno versi nelle casse del Fondo Clero una somma pari a 7 milioni e 924mila euro, in quel fondo sopravvive un ‘buco’ di 2 miliardi, e non c’è volontà di intervenire. Tanto paga Pantalone, e il denaro dei nostri versamenti vanno a favore di chi versato non ha, almeno a sufficienza. Con il rischio che a carico del sistema ci siano pensioni d’oro versate ad alti prelati. Il ministro Poletti, ad una interrogazione specifica, ha risposto che il problema risiede nello squilibrio tra contributi versati e prestazioni erogate, con un rapporto, per il 2015, di tre a uno. Cioè, in pratica, una prestazione pensionistica ha avuto versamenti solo per il 30% del necessario.

Insomma, questa Italia sta andando a picco. Governi e partiti che badano solo al consenso politico, fosse pure solo in aula, come faceva Renzi quando era premier, mentre a far andar dritta la nazione non ci pensa nessuno. Un poliziotto della stradale sanzionato per aver detto ciò che tutti, o molti, pensano, a proposito degli stranieri e delle ‘risorse’, senza contare le proteste da parte dei ‘migranti’ [lo metto tra virgolette perché è un neologismo, coniato per fare in modo che non si usasse il termine, che sarebbe più appropriato, di ‘clandestini’, né si potrebbero chiamare ‘emigranti’, visto che per l’emigrazione esistono appositi uffici che rilasciano visti, senza dei quali ognuno rimare a casa sua] che un giorno sì e l’altro pure, avendo intuito il ventre molle della nostra nazione, scendono in piazza perché ‘cibo no buono, no pasta, carne scaduta, cibo scaduto, niente televisore, niente wi-fi, casa troppo piccola’.

Hanno anche imparato a distinguere fra cibo scaduto – il che non corrisponde a verità, tranne forse in alcuni casi – e cibo ‘buono’, che poi non si sa per loro quale sia. Nella realtà abitano in alberghi e sistemazioni molto più confortevoli di tanti nostri connazionali costretti a dormire con la famiglia in auto o in roulotte. Quindi le ‘risorse’, così le chiama la Presidenta Boldrini, non si toccano, pena sospensione e successiva sanzione. Ma lo sapete che questi uomini, i poliziotti, stanno tutto il giorno sulla strada per la nostra sicurezza, con stipendi a volte insufficienti per la famiglia, e che quella ‘risorsa’ su Graziella in autostrada era un pericolo per sé e per gli altri? L’Italia si svuota, come abbiamo detto, di Italiani, e l’Italia si riempie di ‘risorse’. Vanno via gli Italiani, laureati, e arrivano i ‘migranti’, bassa forza. Nessun italiano tende a sposarsi, dimostrando ancora una volta il fallimento della Chiesa cattolica, e nessuno fa più figli, ormai, non solo perché costano troppo, a fronte di nessuna politica seria che incentivi l’incremento demografico, come nelle nazioni più civili della nostra, ma perché le coppie non vogliono in futuro affidare un figlio a questa Italia che non promette nulla di buono. Fra poco nelle classi elementari saranno tutti stranieri, e i nostri nipoti saranno a parlare inglese da qualche altra parte. O portoghese. Svuotare e riempire, questa è la politica assurda che non tutela chi in questa nazione ha la sue radici. Massimo D’Azeglio pronunciò la famosa frase: “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani”. Ormai, posto che li abbiamo fatti – e non è così –  li dovremo ‘rifare’, visto che di Italiani fra un po’ non ce ne saranno più. La Presidenta  Boldrini spinge per lo ‘ius soli’, e quando tanto si spinge, qualcosa accade. Magari non prima della fine della presente legislatura, ma subito dopo. Un’ultima domanda, rivolta al vento: ma se le pensioni sono una rendita derivante da somme versate in età di lavoro, perché devono essere tassate, e tassate come IRPEF?

Non è, la pensione, un reddito da lavoro, ma una sorta di assicurazione, di investimento a lungo termine, una rendita per cui s’è versato per anni, togliendo dal budget familiare cifre anche importanti: come si fa a tassarla come fosse un reddito tout-court?  In pratica, ho messo a frutto un risparmio, e ho già pagato: perché devo pagare ancora? Non si potrebbe, ad evitare l’esodo in età canuta, quando ognuno vorrebbe passare gli ultimi anni della sua vita fra gli affetti e le cose più care, eliminare l’iniquo balzello, e consentire ai pensionati di spendere il proprio denaro in Italia? Pare che così si eviterebbe l’esodo di circa tre miliardi di euro l’anno. Vi pare poco?

Ma forse è una soluzione troppo intelligente. Abbiamo la minaccia di una islamizzazione galoppante, con la creazione di un partito politico che sulla carta ha i numeri per ottenere una trentina di seggi in Parlamento. E abbiamo una frase pronunziata da un imam tempo fa: "Vi batteremo con la vostra libertà, vi conquisteremo con la vostra democrazia", previsione, il 2050. Tutto ciò si sta avverando. Ma abbiamo una illuminante previsione più vicina nel tempo, da parte del professor Roberto Orsi, un professore emigrato in UK presso la London School of Economics, secondo il quale nel 2025 l'Italia non esisterà più, distrutta dall'euro e dalla Unione Europea: “Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate di terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale.

Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. E peggiorerà”. Quando si tratta di individuare le responsabilità, Orsi non ha dubbi nel puntare il dito contro la politica, contro quella che lui chiama 'anomalia costituzionale', avendo la politica portato la nazione ai limiti del collasso nel 2011. Questo è avvenuto, secondo Orsi, da parte dei tecnocrati provenienti dall'ufficio dell'ex Presidente della Repubblica [Napolitano], dai burocrati di diversi ministeri chiave e la banca d'Italia, con l'unico compito di garantire la stabilità italiana nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari, a qualsiasi costo. Ricordiamo le iniziative prese dal prof. Monti, apparentemente tese a sanare una situazione economica della nazione, in realtà aventi l'unico scopo di distruggere la nostra economia: una per tutte, ricordiamo l'aumento sconsiderato delle rendite catastali che ha distrutto il mercato immobiliare e quello delle nuove costruzioni. Orsi prosegue condannando l'interventismo "onnipresente e costituzionalmente discutibile" dell'ex Presidente della Repubblica, che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell'ordine repubblicano, imponendo le sue direttive nella creazione del governo Monti, e suscitando i due successivi governi non eletti, entrambi espressione diretta del Quirinale. " L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano" prosegue il prof. Orsi "è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che solo Monti ha aggravato la già grave recessione. Chi lo ha sostituito ha seguito esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia”.

 

 

 

 

 

 




Scilipoti Isgrò: "Senza dialogo religioso pace nel mondo compromessa"

 
 
ROMA – Presentazione, alle ore 18,00 del 20 luglio 2017, presso la libreria M. T. Cicerone, a Roma, sottopassaggio Largo Chigi, dell'ultimo libro del Senatore Domenico Scilipoti Isgrò, dal titolo "IL DIALOGO COME PROCESSO DI PACE NEL MONDO – per la libertà dei figli di Dio", edito da Hikia Italia. “Le  violenze a cui assistiamo termineranno solo se Cristianesimo, Ebraismo e Islam intensificheranno il loro dialogo" ha dichiarato l'on. Scilipoti Isgrò, fondatore del movimento Politico Unione Cristiana,. "E’ necessario che ciò si realizzi subito, altrimenti la sopravvivenza dell’umanità potrebbe essere compromessa per sempre”. 
“Le tre fedi – ha aggiunto – hanno in comune il credere in un unico Dio, fonte di pace e amore, che è via, verità e vita. Non possiamo dimenticare però che il Signore si è incarnato in Cristo, è morto sulla croce per donarci la salvezza ed è risorto per essere con noi sino alla fine del mondo. Gesù ci insegna, inoltre, a rispettare le opinioni diverse dalle nostre e ad attuare quei comportamenti nei confronti del prossimo che desideriamo ricevere dagli altri. Solo così potremo vivere – ha concluso Scilipoti Isgrò – in armonia, rispettando l’ambiente che ci circonda e porre fine alle ingiustizie che stanno travolgendo l’intera umanità”.   



Senatore Scilipoti Isgrò: "Vogliamo essere un valore aggiunto alla politica laica"

 

di Roberto Ragone


Ci troviamo a Roma, nello studio del senatore Domenico Scilipoti Isgrò, Senatore della Repubblica, parlamentare di Forza Italia, per parlare del Movimento politico di cui lui è fondatore e presidente, l’Unione Cristiana’, che coinvolge non solo le chiese evangeliche, ma tutti coloro che, comunque, vedono in Gesù Cristo il loro personale salvatore.

 

Senatore Scilipoti, abbiamo letto sui media che lei ha fondato un nuovo Movimento politico, che si chiama Unione Cristiana. Lei è un politico di lungo corso, cosa l’ha spinta a fondare questo Movimento?

Mah, è un Movimento di pensiero, vogliamo dare un contributo alla politica attraverso le nostre competenze, le nostre capacità e il nostro cuore cristiano, vogliamo essere un valore aggiunto alla politica laica.

 

Quali sono gli scopi precipui che il movimento si prefigge? Faccio un’ipotesi, magari portare un po’ di moralità in un ambiente che eticamente lascia molto a desiderare?

Prima di tutto rispettare tutti quelli che non la pensano come noi attraverso il dialogo e attraverso le nostre testimonianze, e far capire qual è la strada migliore e per ottenere dei risultati nell’interesse del paese e della collettività. In più, far capire che rispettare le regole conviene sempre, perché a lungo andare chi rispetta le regole ne ha un qualcosa di positivo, per sé, per la propria famiglia, per tutta la comunità dove chi sa rispettare le regole vive.

 

Gli evangelici in Italia sono sempre stati ai margini della vita religiosa, tant’è che la maggior parte della gente non sa neanche che esista una Chiesa Cristiana Evangelica, ci considerano eretici, e quindi condannat all’inferno, ci confondono con sètte e altre aggregazioni pseudo-cristiane, e qualcuno ha perfino paura di noi perché ci considera indemoniati. Questo è certamente una conseguenza dei patti lateranensi, quando la Chiesa cattolica divenne religione di Stato, gli evangelici furono impediti nelle loro riunioni casalinghe, e il fascismo permise che i nostri fratelli fossero arrestati e mandati al confino. A questo proposito ricordiamo la famigerata circolare Buffarini Guidi, abrogata soltanto nel 1953. Pensa che questo Movimento potrà finalmente far conoscere al grosso pubblico la Chiesa Evangelica, nella sua dignità e nella sua realtà, dandole un nuovo impulso?

Io credo che tutti i cristiani, compresi gli evangelici, debbano scendere nell’attività, nella quotidianità, e quando dico attività, quotidianità, mi riferisco non soltanto all’opera che ognuno di noi compie giornalmente all’interno delle proprie competenze, ma allargare ed entrare anche nella gestione dell’amministrazione pubblica per poter dare un contributo personale ed essere valore aggiunto. Io credo che i cristiani possono essere valore aggiunto nell’attività amministrativa e politica, e questo valore aggiunto potrebbe essere determinante affinchè si possa avviare veramente un processo di cambiamento radicale, non mettendo una toppa su di un vestito vecchio, ma cercando di fare un vestito nuovo, cucito da un buon sarto, e il nostro sarto si chiama Gesù Cristo.

 

Ci parli degli argomenti che l’Unione Cristiana si prefigge di portare all’attenzione della politica e del paese.

Sono delle riflessioni che facciamo ad alta voce, per esempio far capire che la sanità pubblica nel paese Italia non può essere produttività, ma dev’essere solidarietà, cerchiamo di far capire che dovremmo comportarci in modo corretto sotto il profilo economico e finanziario, ci rivolgiamo ai banchieri e a quelli che hanno in mano il potere economico per dire: non pretendiamo che vi comportiate come Zaccheo [citazione biblica dai Vangeli, Zaccheo era un pubblicano ed essendo stato incaricato dai Romani di riscuotere le tasse del governo di Roma, riscuoteva dagli Ebrei più del dovuto. Convertito da Gesù, rese ai malcapitati il quadruplo del maltolto], ma quanto meno restituite e chiedete scusa. Noi chiediamo la restituzione della Banca d’Italia agli Italiani, chiediamo la separazione delle banche d’affari dalle banche commerciali, a proposito dell’emigrazione diciamo che ognuno deve vivere bene a casa propria, non a parole, ma facendo un programma e investendo sui territori da dove parte questa gente, nell’agroalimentare, nelle risorse idriche, e anche nella preparazione di governi più democratici che possano permettere una buona amministrazione, avere il pane e l’acqua in quei territori, e di conseguenza quelle persone non si muoveranno dalla propria terra, dove hanno tutti gli affetti, e quindi con il pane, l’acqua, un governo più democratico di quello che attualmente hanno, e quindi che nessuno abbia più l’esigenza di abbandonare quei luoghi. Quei luoghi vengono abbandonati perché c’è carestia, c’è fame, non c’è acqua, c’è un clima pesante, ci sono governi che non rispettano le regole della democrazia, o quanto meno dei governi che non agiscono in modo giusto, e reagiscono in modo non corretto nei confronti di quel popolo. Sono questi gli elementi che poi sommandosi determinano che le popolazioni di quei territori lascino quei luoghi e si avventurino in un percorso di sacrificio, che vede come terra promessa gran parte dell’Europa. Un’altra problematica è la tutela dell’ambiente. Non possiamo permettere che ognuno agisca secondo una pretesa personalissima libertà di coscienza, secondo la quale ad esempio si possono trivellare i mari, e perché pensiamo che sia utile, mettiamo a rischio le case dei nostri fratelli. Noi diciamo invece che dovremmo mettere in atto una libertà di coscienza che sia legata anche al nostro modo di vedere e di pensare. Per quando riguarda in particolare i cristiani, noi diciamo libertà di coscienza legata alla nostra dottrina cristiana, applicando la regola ‘fai agli altri ciò che vuoi che facciano a te’. Parliamo anche di giustizia, e la giustizia dev’essere a giudizio dell’uomo, perché su questa terra c’è una giustizia, che va anche  oltre, se noi crediamo nella vita eterna, oltre la quotidianità della vita terrena. Per la giustizia della vita terrena ci sono i magistrati, per l’altra giustizia ci sarà Qualcuno più grande di noi che un giorno ci chiamerà a render conto di ciò che facciamo. Noi predichiamo anche l’amore verso l’avversario politico, non siamo per l’insulto, per dire che chi non la pensa come noi dev’essere messo fuori della porta, ma chi la pensa diversamente da noi lo vogliamo incontrare, spiegargli quali dovrebbero essere i percorsi che potrebbero portare all’interesse della collettività. Questi sono solo alcuni temi, ma poi ce ne sono molti altri e molto  importanti che dovremo affrontare. Anche per esempio un dialogo a proposito delle problematiche del terrorismo. Il dialogo fra le religioni monoteiste è importante, fermo restando che esso va condotto fra le tre grandi religioni monoteiste con amore cristiano, facendo capire che a nostro giudizio l’unica strada che si potrà percorrere è quella dell’amore che Gesù ci ha insegnato. Perché attraverso l’amore di Cristo noi riusciamo a trovare la via, la verità e la salvezza, cioè, Lui che ci dona la vita eterna.  Dobbiamo avere la forza della testimonianza, la forza di parlare con gli altri, cercare di professare le nostre idee in maniera convincente, attraverso il Vecchio Testamento, il Nuovo Testamento, e anche attraverso Gesù cristo, quel  personaggio importantissimo, che per noi è il punto centrale di tutte le nostre riflessioni.  Attraverso il Quale la ragione ha testimoniato con grande forza che Dio esiste, oltre che all’amore verso Dio che ci può cambiare, e può avviare veramente un processo di miglioramento nelle situazioni drammatiche che viviamo oggi all’interno questo paese.

 

Di recente abbiamo seguito il suo intervento in Senato a favore della libertà di scelta per le vaccinazioni, e lei ha denunciato una situazione di poca chiarezza nel merito, della quale il ministro dalla Salute Lorenzin non si sarebbe sufficientemente fatta carico. Lei pensa che questa situazione di stallo dipenda da una acquiescenza del ministro nei confronti delle lobby del farmaco?

C’è qualcosa che non è chiara, e la Lorenzin dovrebbe intervenire per  fare chiarezza. Noi sappiamo che questo piano vaccinale è stato redatto da quattro multinazionali, due delle quali hanno finanziato una cattedra a favore di un professore universitario che oltre ad essere docente universitario, è un altissimo funzionario dell’istituto Superiore di Sanità. Perciò sono quattro le lobby farmaceutiche che hanno finanziato questa cattedra, le maggiori beneficiarie di questo piano vaccinale; l’altro personaggio coinvolto era stato sospeso per un conflitto d’interessi  all’interno del Ministero della Sanità, era stato allontanato, e oggi ce lo ritroviamo a fare il piano vaccinale. Uno di questi casi, a quello che si dice, è legato al marito della Lorenzin. Per cui ci sono tante cose che si dovrebbero chiarire. Abbiamo anche un altro problema, e questo la gente lo deve sapere: s’era detto che c’era l’urgenza, ma l’urgenza, se c’era, c’era fino a ieri. Oggi noi abbiamo applicato degli emendamenti in Senato che dicono che, intanto, chi non vaccina i figli, la famiglia viene convocata dalla ASL, la quale ASL dovrebbe convincere la famiglia a far vaccinare i propri figli. Ma c’è un secondo passaggio. Nel caso in cui queste persone non dovessero aderire, pagano una penale da 100 a 500 euro, e il figlio resta non vaccinato. Allora, se il governo ha fatto un decreto d’urgenza, il decreto d’urgenza ha una motivazione precisa. Ma se tu approvi degli emendamenti all’interno del senato, dove dici che non c’è l’urgenza, e se la famiglia non aderisce alla vaccinazione deve essere convocata dalla ASL perché ai genitori venga spiegato il motivo delle vaccinazioni, può passare un mese, tre mesi, sei mesi, possono passare due anni, tre anni. Poi, che succede? Se i genitori comunque non aderiscono, pagano una penale, e così possono passare ancora anni. Allora, dov’è più l’urgenza? Cioè, se noi attraverso un emendamento abbiamo affermato che si può aspettare ancora due o tre anni, l’urgenza non ha più senso. Queste sono delle riflessioni, come dicevo prima, da uomini che hanno il cuore di Cristo, non per condannare, non per giudicare, ma per chiedere chiarezza, affinchè chi sta fuori possa capire se effettivamente quel piano che loro hanno redatto è vero, oppure quell’urgenza non corrispondeva alla realtà. Poi ci siamo posti anche un altro problema. C’è qualche vaccino, fra quelli che prima erano dodici obbligatori, poi sono diventati dieci, e se si versa la penale non c’è obbligo di nessuno dei dieci, ma nel momento in cui dovesse consentire la vaccinazione, saranno restituite le somme versate. Abbiamo messo anche in discussione anche quei quattro vaccini che fino a ieri erano obbligatori. Oggi invece, con la penale, e con la discussione fra la ASL e la famiglia, abbiamo rimesso in discussione anche ciò che era stato stabilito, cioè quelli che avrebbero dovuto essere i quattro vaccini obbligatori. In pratica, la confusione che si crea va a danno delle famiglie e dei loro figli. Questa è la chiarezza che noi chiediamo al ministro.

 




Europa, cronaca di un fallimento annunciato


di Roberto Ragone
 
Per usare una metafora abusata, ormai assurta a luogo comune, i ‘Padri Fondatori’ dell’idea europea, nel vedere ciò che i nostri contemporanei ne hanno fatto,  si staranno rivoltando nella tomba. Alludo a coloro che vengono ufficialmente ritenuti all’origine di un progetto europeo, che avrebbe visto, nella loro intenzione, una unica federazione, all’americana, di tanti stati geograficamente europei, ma in realtà eterogenei e con storie, tradizioni, abitudini, lingue, monete, economie e politiche interne profondamente diverse.  Un po’ come pretendere di unire l’acqua e l’olio.
 
Ma si sa, il mondo usciva da una guerra devastante con decine di milioni di morti, con racconti di atrocità compiute da chiunque contro chiunque, e l’America, intervenuta a ribaltare le sorti di un conflitto che senza il suo intervento avrebbe sancito il dominio nazifascista, era un miraggio a cui tendere; oltre al fatto che tutti avevano un gran bisogno di qualcosa che garantisse la pace. Possiamo solo rimarcare, a posteriori, l’ingenuità di tale disegno anche un po’ romantico,  perseguito tenacemente sul piano economico, oltre che politico. Storicamente abbiamo sette nomi: gli italiani Alcide De Gasperi, e Altiero Spinelli, i francesi Jean Monnet e Robert Schumann,  il lussemburghese Josef Bech, il tedesco Konrad Adenauer, il belga Paul-Henri Spaak.
 
A questi s’aggiungono altri, citati nel sito web storico dell’Unione Europea come un vasto ‘gruppo eterogeneo di persone mosse dagli stessi ideali: la pace, l’unità e la prosperità in Europa’, come se il solo fatto di unire popoli e nazioni fosse garanzia di pace, unità e prosperità.  Tra questi ultimi troviamo il britannico Winston Churchill, il tedesco Walter Hallstein, gli olandesi Sicco Leendert Mansholt e Jan Willem Beyen. Ma certamente in quel momento storico l’opinione pubblica vedeva nell’unione di tanti stati che avevano partecipato al conflitto, e che ne erano stati deturpati, distrutti, assassinati, una soluzione imperitura che avrebbe potuto evitare che una terza guerra mondiale distruggesse definitivamente l’Europa.
 
In realtà, tante buone intenzioni erano destinate a naufragare, di fronte all’espansionismo di grandi potenze come gli Stati Uniti, che all’Europa e agli europei presentavano il conto, e della Unione Sovietica, decisa a conquistare al comunismo sovietico l’area del Mediterraneo. Tutto questo a grandi linee. Oggi, l’UE è ben altra cosa di quella che gli ideologi avevano progettato senza tener conto della natura dell’uomo. S'è finito per creare un carrozzone lento e burocratico, che, invece di semplificare e velocizzare qualsivoglia operazione, stenta, nelle pieghe di leggi, leggine e regolamenti, convocazioni, assemblee, commissioni, interventi, ideologie varie, a prendere decisioni che giustifichino la sua esistenza, partorendo, il più delle volte, il classico topolino. Succube, per stessa ammissione di chi a questo parlamento partecipa, delle lobby multinazionali, che impongono a quei parlamentari le loro decisioni commerciali. Dopo aver cercato invano di distruggere i nostri prodotti tipici, perché non rispondenti alle loro capotiche norme di produzione e sicurezza alimentare – mi viene a mente, perché la cosa mi ha colpito all’epoca, la proibizione di produrre ancora il nostro ‘Lardo di Colonnata’, un prodotto che esiste in quella forma solo in Italia, attacco sventato da una decisa reazione dei produttori italiani; e mi sovviene anche la classica frase, pronunciata a giustificazione di qualsiasi castroneria, "Ce lo chiede l'Europa". Come se l'Europa, o l'UE, fosse, Domineddio sulla terra  – nel tempo sono passati ad altro tipo di attacchi, per esempio l’imposizione di importare arance e altra frutta da paesi terzi, e olio d’oliva dalla Tunisia a milioni di quintali. Minando alla base quella che è la nostra economia, basata ancora molto sull’agricoltura e la produzione esclusiva di alcune tipicità. Altro attacco al nostro olio extravergine d’oliva è l’imposizione, purtroppo supportata a livello politico da una pretesa esigenza ‘strategica’, dal TAP, il gasdotto che porterà metano in Italia, e che è stato fatto passare attraverso i nostri secolari uliveti del Salento, quando molto più razionale sarebbe stato allungare il tratto sottomarino fino a Brindisi, già pronta a ricevere la pipeline. Non crediamo al fatto che questo non procurerà inquinamento e guasti, né crederemo mai alla parola delle multinazionali, o dei nostro governanti. Infatti, dietro ogni iniziativa c’è il profitto, a qualsiasi costo e senza scrupoli: come nel caso delle trivellazioni in Adriatico entro le dodici miglia, una volta proibite  e poi rientrate dalla finestra, in sordina. È in atto una operazione di grande respiro per impadronirsi della nostra penisola senza sparare un colpo, riducendo la forza lavoro alla miseria e alla disoccupazione, importando manodopera dall’Africa sotto forma di ‘migranti’, neologismo assurdo inventato per giustificare l’invasione – non sono anche gli Italiani stati ‘emigranti’, dopo la prima guerra mondiale, per fame? Ma con ben altri presupposti, checchè se ne dica. E gli Italiani hanno fatto grande l’America, un paese che aveva bisogno di riempire grandi spazi. Quelli che in Italia non ci sono. Ma torniamo all’argomento della nostra chiacchierata. Più di recente abbiamo scoperto, dalle pagine dei giornali, che l'invasione africana è stata permessa e propiziata dal nostro ex premier Matteo Renzi, in sede europea, in cambio di uno sforamento dei conti pubblici che gli avrebbe consentito di erogare le famose 'mance elettorali', a cominciare dagli 80 euro.
 
Oggi tutte le nazioni facenti parte di questa brigata Brancaleone hanno chiuso le frontiere ai migranti, costringendo l'Italia a 'salvare' gli occupanti dei barconi – in realtà andandoli a prendere in Libia entro le dodici miglia – operazioni compiute sotto molteplici bandiere, ma comunque remunerative. E quando la nave ha a bordo il suo carico umano, e chiede alla Capitaneria di Porto in Italia dove debba portare le centinaia di uomini, donne incinte e bambini senza genitori, la risposta è sempre quella: in un porto italiano, nonostante la legge del mare, quella stessa che impone di salvare i naufraghi, dica che la meta dovrebbe essere il porto più vicino, cioè, il più delle volte, Malta. La quale Malta non ci pensa proprio a ricevere neanche una comitiva in gita domenicale. Qui si dispiega il grande fallimento di una struttura voluta contronatura, che è ormai preda delle lobby e del profitto, e che tende ad appiattire ogni diversità nazionale. Oltre a pretendere di comandare in casa nostra e ad esigere versamenti miliardari: a pro di che? L'uomo della strada non lo può capire, oltretutto confuso com'è dalle notizie di banche e bancarelle, che sembra siano l'unico interesse del nostro governo. Don Matteo ultimamente pare abbia scoperto l'acqua calda: infatti ha dichiarato che con il Fiscal Compact non ci può essere crescita. Ma è la stessa cosa che da anni vanno ripetendo tutti gli economisti che siano obiettivi nei confronti di una politica che ha avuto il solo scopo di rendere l'Italia un paese di poveri.
 
Le statistiche parlano di 4,7 mln di persone in povertà assoluta: probabilmente è una cifra approssimata per difetto. La statistiche sono anche quelle che parlano di 'ripresa' economica, mentre si calcola come nuovo assunto anche chi ha svolto un lavoretto temporaneo, e così aumentano gli occupati. Ma, si sa, le statistiche distribuiscono sempre i dati, li spalmano, come si dice. Per cui sono rimasto esterrefatto nell'apprendere tempo fa che le mie entrate mensili assommavano a qualcosa vicina ai cinquemila euro, in quanto cittadino adulto di questa nazione. La verità è un'altra, nonostante Padoan. Il disegno parte da lontano, e la prima mossa decisiva è stata di Ciampi, il tanto celebrato personaggio già presidente del Consiglio, quello citato per l'ammontare – allora – delle sue numerose pensioni e vitalizi. Quello che disconnesse la Banca d'Italia dal Ministero del Tesoro, eliminando di fatto la possibilità di svalutare la lira a fine anno e pagare i debiti della nazione, sempre comunque virtuali. Per cui essi sono divenuti reali e impagabili.
 
La seconda mossa vigliacca è stata l'adozione dell'euro, targata Prodi. Tutto il resto, Monti compreso, è arrivato in seguito. Letta oggi si dice disgustato del commento di Renzi a proposito del suo "Stai sereno", che, a sentir lui, non sarebbe stato un colpo di Stato. Solo un colpetto sulla spalla. In puro stile renziano. Che fa fatica a rincorrere le sue stesse fantasie. Ora ha anche scritto 'un libro': il titolo è 'Avanti'; che non si sa se riecheggi nostalgicamente il giornale del Partito Socialista di Nenni o il titolo di un romanzo di Alberto Moravia: ma quello diceva "Davanti le donne", in una chiara allusione. Ormai a lui e alle sue bugie ci siamo abituati, e speriamo che nessuno lo prenda più sul serio. Forse crede di essere in un videogioco.